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Studi Cassinati, anno 2017, n. 4
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di G. de Angelis-Curtis
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In due mesi dell’estate-autunno del 1917 l’alta Terra di Lavoro perse tre importanti suoi rappresentanti politici, nonché autorevoli esponenti della cultura, delle scienze giuridiche, delle attività industriali e della produzione agricola, di cui due ancora in carica come componenti della Camera dei Deputati e cioè il prof. Vincenzo Simoncelli, il conte Annibale Lucernari, e un altro, l’avv. Emilio Conte, che lo era stato negli anni precedenti. Lucernari era eletto nel collegio di Pontecorvo, gli altri due in quello di Sora accomunati, questi ultimi, anche dallo stesso «fato [che] troncò d’entrambi la brillante carriera forense e politica, poiché la cara esistenza di Emilio Conte si spense anch’essa, come quella del Simoncelli, in età non ancora matura»1.
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Emilio Conte
Nato ad Arpino il 15 aprile 1861, morì, cinquantaseienne, il primo ottobre 1917 a Roma. Formatosi nel Liceo
Tulliano della sua città, si laureò, con il massimo dei voti e a soli 21 anni, in Giurisprudenza presso l’Università di Napoli. Avviatosi alla professione forense fu un avvocato civilista di «grande valore» e, dall’agosto 1890, fu «delegato dall’Avvocatura generale dello Stato a difendere cause nell’interesse della pubblica amministrazione presso il Tribunale di Cassino». Quando poi si trasferì a Roma con la famiglia continuò l’attività forense nella aule del Tribunale capitolino, della Corte d’Appello e della Cassazione dove si fece stimare «per la sua vasta cultura giuridica e per la finezza del suo stile oratorio»2.
Fin da giovane, e contemporaneamente allo svolgimento dell’attività professionale, Emilio Conte maturò significative esperienze amministrative.
A fine Ottocento rilevò il seggio del padre, Antonio, che per il decennio 1884-1893 era stato componente del Consiglio provinciale di Terra di Lavoro. Dunque nel 1893 mentre Emilio Conte fu eletto in tale consesso in rappresentanza del mandamento di Arpino, rieletto poi anche nel 1895 e nel 1903. In sostanza Emilio permase per tre mandati, fino al 1908, complessivamente un quindicennio, nel Consiglio provinciale di Caserta assurgendone alla carica di vice presidente ed entrando anche a far parte anche dell’altro e più importante organo amministrativo, cioè quello della Deputazione provinciale.
Intraprese pure la carriera politica che iniziò nel 1895 quando si candidò nel collegio di Sora alla Camera dei Deputati nelle elezioni per la XIX legislatura, tuttavia senza successo. Infatti in quell’occasione, nonostante avesse ottenuto al primo turno un numero di preferenze nettamente superiore agli altri due candidati3, fu sconfitto al ballottaggio dal conte Luigi Gaetani di Laurenzana4 per 1364 voti a 1127.
Nelle successive votazioni del 21 marzo 1897 (XX legislatura) venne eletto riuscendo a prevalere su Leonardo Carpi per 1412 voti a 790. Tuttavia rimase al Parlamento per soli tre mesi. La sua elezione, su proposta della Giunta delle elezioni, fu annullata dalla Camera nella tornata del 22 giugno 1897 per incompatibilità in quanto prima delle elezioni non si era dimesso dalla carica di componente della Deputazione provinciale di Terra di Lavoro (identico annullamento si ebbe anche per altri due similari casi relativi agli eletti dei collegi di Montefiascone e Busto Arsizio)5. Nelle elezioni del 3 giugno 1900 (XXI legislatura) non si presentò6 mentre invece ripropose la sua candidatura in quelle successive del 6 novembre 1904 (XXII legislatura). La campagna elettorale di quel turno dovette essere accesa7 con gli onn. Federico Grossi, Annibale Lucernardi e Achille Visocchi che sostenevano la candidatura di Conte, il quale in quei momenti deteneva la carica di vice presidente del Consiglio provinciale di Terra di Lavoro, mentre i suoi avversari furono l’avv. Gaetano Zincone8 e l’avv. Vittorio Lollini9, candidato ufficiale del Partito socialista. Al primo turno i 2.881 elettori votanti del collegio di Sora (su 4.097 aventi diritto) accordarono 1.418 voti a Emilio Conte, 694 a Zincone e 692 a Lollini. Nella ricostruzione offerta dal corrispondente del periodico «Il Fuoco», c’erano state 77 schede contestate e gran parte di esse erano a danno di Lollini per cui erano fioccate «le proteste e le querele». I socialisti avevano «fondate speranze» che la Giunta per le elezioni della Camera dei deputati, assegnando a Lollini i voti contestati, avrebbe indetto il ballottaggio tra Conte e l’avvocato modenese10. Invece il turno di ballottaggio si tenne tra Conte e Zincone e vide la netta affermazione del primo con 1.839 voti a 9111.
Nel corso del quinquennio del suo mandato parlamentare Emilio Conte svolse un’attività rivolta «soprattutto in difesa dei vitali interessi del collegio che rappresentava». Dopo la sua scomparsa fu commemorato, assieme all’on. Simoncelli, alla Camera dei Deputati nella tornata di mercoledì 17 ottobre 1917 dall’on. Achille Visocchi il quale lo ricordò come un « giurista acutissimo», dotato di «eletto ingegno», che aveva occupato uno «dei primi posti nel foro civile». A giudizio del parlamentare atinate era «scomparso uno degli uomini migliori della … provincia, che in ogni manifestazione della sua attività fu nobilissimo esempio di carattere e di rettitudine»12.
Un’altra commemorazione di Emilio Conte, ancora assieme a Simoncelli, fu tenuta il 5 gennaio 1918, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico presso la Corte dei Cassazione di Roma, dal senatore Alfonso De Blasio13, procuratore generale, il quale ricordò la «sincera amicizia» che lo aveva legato all’arpinate, giudicato «valoroso giurista», dotato di «mente equilibrata, carattere fiero e leale, nemico d’ogni compromesso e della mediocrità di espedienti e ripieghi», uomo «esemplarmente modesto, schivo di plauso e d’onori»14.
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Vincenzo Simoncelli
Nato a Sora il 22 luglio 1860, morì, cinquantasettenne, il 10 settembre 1917 a Frascati.
Ultimo di sei figli di una famiglia di modeste origini «del ceto operaio»15 (il padre Domenico era un «semplice decoratore») compì gli studi superiori presso l’Istituto «Cesare Baronio» della sua città. Dopo il raggiungimento della maturità classica, conseguita al Tulliano di Arpino nel 1879, a causa delle «precarie condizioni economiche della sua famiglia» non poté proseguire gli studi universitari. Accettò dunque l’«impiego di amanuense» presso il Comune di Sora e, allo stesso tempo, svolse l’attività di istitutore privato. Tuttavia grazie a un sussidio messo a disposizione dall’Amministrazione provinciale di Terra di Lavoro riuscì a iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Napoli dove «ebbe la fortuna di avere come maestro» il celebre giurista Emanuele Gianturco (poi ministro dei LL.PP con Giolitti). Si laureò nel 1883 e dopo aver frequentato per quattro anni lo studio giuridico Gianturco, iniziò la carriera universitaria. Nel 1887, appena ventisettenne, ottenne la sua prima cattedra per l’insegnamento di Diritto civile, Diritto romano, Diritto internazionale ed Economia politica presso l’Università di Camerino, poi passò nel 1893 a quella di Pavia e nel 1899 a «La Sapienza» di Roma dove insegnò Istituzioni di Diritto civile e Diritto ecclesiastico.
«Alternò l’insegnamento universitario col libero esercizio forense» e le sue numerosissime pubblicazioni, lavori monografici o articoli sparsi su riviste giuridiche, italiane e straniere, sono «prevalentemente dedicat[e] alle discipline dei suoi insegnamenti», toccando importanti temi come quello sulle servitù prediali, sulla enfiteusi, su Le istituzioni di dritto civile e sul diritto ecclesiastico, e «testimoniano efficacemente la tempra giuridica» di Simoncelli che fu definito dal presidente del Consiglio dei ministri di Spagna, José Canalejas Mendéz, «il più squisito giurista della modernità». «Di grande interesse» furono pure le «molteplici conferenze, di argomento sociale, religioso e storico» che egli tenne nel corso della sua vita16.
Fu anche un «qualificato studioso delle tradizioni popolari» del meridione collaborando come redattore al periodico mensile «Giambattista Basile. Archivio di Letteratura Popolare» sul quale «pubblicò molte produzioni poetiche e canti popolari elaborati dai contadini e dai pastori della Selva di Sora», dell’Abruzzo ecc. In campo sociale si impegnò nella sensibilizzazione e nel sostegno alla Società operaia di mutuo soccorso di Sora, sfociato, nell’arco di qualche anno, nella fondazione dell’ospedale di Sora17, inaugurato il 12 aprile 1899 e intitolato al «card. Cesare Baronio»18. Inoltre ebbe «molto a cuore il patrimonio storico-artistico della sua Terra». Nel 1899 si adoperò affinché venissero sistemati i locali del pianterreno del Palazzo Municipale, in cui erano custoditi i reperti archeologici rinvenuti a Sora, in modo che potessero ospitare anche un «piccolo nucleo di epigrafi latine», primo nucleo del Museo civico. «La conoscenza e l’amicizia che legava il Simoncelli con i migliori uomini di cultura del periodo portarono ad interessarsi di Sora personalità del calibro di Francesco Brandileone, Francesco D’Ovidio, Pietro Fedele, Clemente Merlo ed Alfredo Rocco, spesso ospitati a sue spese dall’illustre giurista in Terra lirina»19.
All’attività professionale e accademica Simoncelli affiancò quella di parlamentare. Fu per due legislature eletto alla Camera dei Deputati, ambedue le volte in rappresentanza del collegio di Sora. Un primo tentativo, tuttavia infruttuoso, si ebbe nella elezione del 26 maggio 1895 (XIX legislatura) quando conseguì solo 491 preferenze che non gli consentirono di partecipare al ballottaggio, poi vinto dal conte Luigi Gaetani di Laurenzana20. Quindi si candidò nelle elezioni per la XXIII legislatura, tenutesi il 7 marzo 1909 e, su 3.560 voti espressi nel collegio di Sora, andarono a Simoncelli 1815 preferenze rispetto ai 1563 voti ottenuti dal suo avversario politico Vittorio Lollini.
Quest’ultima elezione fu, però, contestata e il 18 marzo 1910 giunse in Parlamento la discussione sulla convalida o meno a deputato di Simoncelli. La Giunta delle elezioni, con dieci voti favorevoli, tre contrari e quattro astenuti, aveva deliberato di proporre alla Camera la convalida dell’elezione di Simoncelli. I tre parlamentari contrari, appartenenti alla minoranza, invece, ne chiedeva l’annullamento essendo state esercitate, a loro giudizio, «violenze dirette e violenze indirette a mezzo di pressioni morali» nonché a causa di irregolarità venutesi a determinare nel corso delle operazione di voto. Ad esempio risultava che a Sora nel computo definitivo dei votanti ci fossero stati sei elettori oltre al «numero regolare» così come ben 29, nelle sezioni di Gallinaro e Santopadre, erano stati «fittiziamente inclusi nel computo». Invece ad Alvito era stata asportata l’urna con le schede. Inoltre, sempre a Sora, risultava che non fosse stato rispettato la segretezza del voto poiché «tutti» gli elettori avevano «votato a scheda aperta», alla presenza dei componenti del seggio e che coloro i quali «furono visti a votare per il Lollini vennero fischiati, cacciati dalla sala, insultati»21. Tutto ciò veniva interpretato dai parlamentari di minoranza alla stregua di «mezzi punto leciti … adoperati per impedire la riuscita dell’onorevole Lollini» in un collegio che, a loro giudizio, invece aveva una forte tradizione socialista o di sinistra espressa soprattutto nei paesi in cui risiedeva una «popolazione industriale e operaia» come «Isola Liri e Formello» (intendendo, forse, Carnello). Infatti, sostenevano, che Sora era stato il collegio di elezione di Matteo Renato Imbriani-Poerio22, così come Lollini nelle precedenti votazioni del 1904 (XXII legislatura) per soli «quattro voti»23 non era riuscito ad accedere al ballottaggio, in un turno nel quale aveva ottenuto 692 preferenze di cui ben 330 nella sola sezione di Sora. Ora, si domandavano, com’è che a cinque anni di distanza Lollini aveva avuto nella sezione di Sora solo cinque preferenze dagli 800 votanti? La maggioranza in seno alla Giunta delle elezioni attribuiva il motivo di un così diverso esito di preferenze nella città di Sora allo spirito campanilistico e alle diverse condizioni determinatesi nelle due elezioni. Infatti Lollini nel 1904 aveva avuto come competitore non solo un candidato non originario del luogo ma addirittura proveniente da Arpino, «città rivale di Sora», mentre nel 1909 si era trovato a competere con un uomo originario del posto la cui candidatura aveva provocato a Sora «un’esplosione di entusiasmo popolare» che aveva finito per travolgere «ogni barriera» e spazzare «ogni avversione». La maggioranza della Giunta reputava, altresì, che la questione della votazione a scheda aperta non potesse essere motivo di annullamento in quanto ciò non era avvenuto «per imposizione di alcuno» ma in conseguenza di una «spontanea manifestazione dell’entusiasmo e del sentimento unanime che tutti riuniva nel nome di Simoncelli». Invece la minoranza, oltre a ritenere che un entusiasmo popolare per una candidatura di un esponente locale non avesse bisogno di «violenze» e «minaccie», stimando che a Simoncelli andassero sottratti «almeno» 35 voti pari al numero degli elettori che risultavano erroneamente essere stati aggiungi ai votanti, ribadì la richiesta di annullamento dell’elezione. Quindi a Camera, dopo che il governo ad opera dello stesso presidente del Consiglio e ministro dell’Interno, Sidney Sonnino, dichiarava di astenersi, si apprestò a votare. Una prima votazione, per alzata e seduta, dette un esito incerto per cui ne fu necessaria una seconda in cui chi era favorevole all’annullamento doveva spostarsi nella parte destra dell’Aula e chi era contrario a sinistra. La proposta di annullamento venne approvata e il presidente della Camera dichiarò vacante il collegio di Sora24.
Di lì a poco tempo si dovette arrivare a una nuova votazione nel collegio di Sora che, comunque, confermò l’esito precedente, anche in termini di numero di voti perché Vincenzo Simoncelli ottenne 1879 preferenze rispetto ai 1574 voti di Lollini25. Per tale votazione non furono prodotti ricorsi e Simoncelli giurò alla Camera dei Deputati nella tornata del 28 aprile 191026.
Simoncelli fu poi riconfermato nel successivo turno elettorale, quello del 26 ottobre 1913, XXIV legislatura, sempre nel collegio di Sora e sempre sopravanzando, ancora una volta e con poche centinaia di voti in più, 4740 preferenze a 4532, l’on. Vittorio Lollini.
Cattolico praticante, Simoncelli si era collocato politicamente su «posizioni conservatrici di centro». Il suo principio ispiratore era quello di «educare a fecondare nella massa l’animus rei publicae» convinto che nell’azione politica l’elettorato dovesse dividere con il proprio rappresentante «il merito e le responsabilità» e che i «rapporti diretti tra eletti ed elettori divenissero non rapporti di clientela per protezioni e favori ingiusti e privati, ma di idee e di azioni per raggiungere fini di giustizia e d’interesse generale»27. La sua attività parlamentare si sviluppò principalmente su temi concernenti il bilancio della Pubblica Istruzione, la riforma dell’ordinamento giudiziario, la delinquenza minorile, l’insegnamento professionale, il delicato problema dell’esercizio di Stato in materia ferroviaria su cui cooperò con Emanuele Gianturco, ecc.
Particolarmente impegnativo per Simoncelli si rilevò il 1915 a causa delle gravi ricadute sociali dovute a due drammatiche questioni prodottesi: il terremoto della Marsica e l’entrata in guerra dell’Italia. Tenne vari e importanti discorsi alla Camera dei Deputati sui provvedimenti che andavano adottati a favore delle popolazioni locali colpite dal sisma del 13 gennaio 1915 che si era abbattuto violentemente su Avezzano e fortemente anche su altra città e paesi come a Sora e nelle aree circostanti28, così come nei giorni successivi alla scossa tellurica si prodigò nel reperire viveri e materiali nei vari Comuni del suo collegio, accompagnò delegazioni e componenti di Comitati provenienti dal nord Italia, in particolare da Torino e dal Piemonte, distribuì personalmente sussidi economici ai più bisognosi adoperandosi per venire in loro soccorso «senza curarsi di pericoli e disagi» nonché si impegnò per la tutela del patrimonio storico-artistico del territorio29.
Poi il 23 maggio 1915 l’Italia dichiarò guerra all’Austria-Ungheria e immediatamente dopo anche Vincenzo Simoncelli fu tra quei parlamentari del territorio, assieme ad Achille Visocchi, allora sottosegretario ai Lavori pubblici, Annibale Lucernari e Fulco Tosti di Valminuta, che esortarono i sindaci, gli amministratori e i cittadini dei Comuni dei rispettivi collegi elettorali, Sora, Cassino, Pontecorvo e Gaeta a mettere da parte, «dinanzi ai supremi interessi del Paese», i dissidi interni, ma, soprattutto, a svolgere un’«azione alacre e benefica» affinché si giungesse alla costituzione di «Comitati di preparazione civile e di assistenza» volti a indirizzare il «moto spontaneo della carità cittadina verso le famiglie di coloro che [stavano combattendo] per la Patria» e verso i feriti. Differentemente rispetto ad Achille Visocchi che inviò un contributo di L. 5.000 al prefetto di Caserta, comm. Diodato Sansone, affinché provvedesse a distribuirlo alle famiglie bisognose dei Comuni del collegio di Cassino, probabilmente l’on. Simoncelli trasmise direttamente il suo personale contributo ai Comitati istituitisi nei Comuni del suo collegio versando, ad esempio, a quello di Santopadre L. 50, a quelli di Campoli, Pescosolido e Vicalvi L. 100 ognuno, a quello di Isola Liri L. 450, a quello di Sora L. 2.00030.
Commemorato alla Camera dei Deputati il 17 ottobre 191731 dal presidente Giuseppe Marcora, nella stessa seduta in cui fu celebrato anche Emilio Conte, lo ricordarono gli onorevoli Achille Visocchi (che lo definì una figura dotata di «squisite virtù civili e morali» e di «mente acuta e robusta»), Agostino Santamaria (che lo presentò come uomo «di rara modestia e sovratutto di grande bontà»), Arnaldo Agnelli, suo discepolo all’Università di Pavia (che lo qualificò come «innovatore» ed «educatore», devoto ai sui ideali «con nobile integrità di costume, con assoluta purezza di intendimenti») e il ministro dell’Istruzione Francesco Ruffini (che lo giudicò di «nobile personalità», «dotto, equilibrato, acuto, lucido, anzi luminoso giurista»)32.
Un’altra commemorazione di Simoncelli fu tenuta, ancora assieme a Emilio Conte, il 5 gennaio 1918 presso la Corte dei Cassazione di Roma33. Il senatore Alfonso De Blasio lo ricordò come uomo d’«animo assai mite» dotato di «vastissima» cultura nelle scienze giuridiche che gli aveva permesso anche di «insegnare economia politica e procedura civile fra l’ammirazione dei dotti e la devozione della scolaresca», nonché per l’attività svolta nella Camera dei Deputati dove aveva acquistato una «invidiabile posizione, e molto in alto sarebbe salito nella carriera politica, se la morte non avesse spezzato anzitempo la sua preziosa esistenza». Ricordò pure che Simoncelli era «pieno di tenerezza per la famiglia che adorava» e fece riferimento anche a «una triste pagina familiare» quando il giurista sorano aveva perso la figlia, una bambina, una morte che «gli schiantò il cuore nel petto ed ebbe ad affrettarne la fine»34.
Anche l’Università di Roma volle ricordare Simoncelli con una cerimonia svoltasi il 14 febbraio 1918 nell’aula della Biblioteca Alessandrina alla presenza del rettore, di presidi delle Facoltà, di professori, senatori, deputati, signore, studenti, e alla quale aderirono, «fra gli altri, S. E. Orlando, presidente del Consiglio dei Ministri e ministro dell’Interno, e S. E. Berenini, ministro della Pubblica Istruzione». La «commemorazione solenne» fu svolta dal prof. Giuseppe Chiovenda, docente di procedura civile dello stesso Ateneo, il quale ricordò Simoncelli come una «figura veramente italiana di sana semplicità nella dottrina e nel sapere» che, «nella sua prodigiosa attività di scienziato, di insegnante e di uomo d’azione», aveva messo «in luce tutta la nobiltà del suo carattere e la grandezza del suo animo»35.
Nel corso degli anni Sora ha inteso onorare uno dei suoi figli più illustri «intitolandogli il viale lungo il fiume Liri, il Liceo classico statale e la Società operaia di mutuo soccorso. Nell’aula consiliare del Comune di Sora è stata apposta in suo onore una lapide marmorea con un’epigrafe dettata dal giurista Alfredo Rocco, suo discepolo. Presso la villa comunale, inoltre, è stato eretta in sua memoria un busto scolpito dal valente artista Giuseppe Tonini e recante un’iscrizione dettata da Vittorio Scialoja»36.
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NOTE
1 «Terra di Lavoro», n. 6, 18 febbraio 1918, L’on. Simoncelli e l’on. Conte commemorati da S. E. De Blasio.
2 L. M. D’Emilia, C. D’Emilia (a cura di), Un’istituzione e i suoi protagonisti. Cento biografie rappresentative di una storia secolare 1814-1964, Associazione ex Alunni ed Amici del Tulliano, Grafiche del Liri, Isola Liri 2013, p. 41.
3 Al primo turno, tenutosi il 26 maggio 1895, Emilio Conte aveva conseguito 1129 preferenze rispetto alle 728 di Gaetani di Laurenzana e alle 491 di Vincenzo Simoncelli. Al ballottaggio Conte confermò i voti del primo turno ma, l’esclusione di Simoncelli e l’aumento del numero di votanti (che passò da 2498 a 2662) portarono al ribaltamento del risultato con l’affermazione di Gaetani di Laurenzana.
4 Luigi Gaetani di Laurenzana, conte (1863-1918), di Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese), diplomatico (console generale d’Italia a Trebisonda, Filippopoli, Corfù, Ginevra), fu eletto anche per la XX e XXI legislatura nel collegio di Piedimonte d’Alife.
5 Atti del Parlamento Italiano, Camera dei Deputati, XX Legislatura – Sessione 1897, Discussioni. Tornata del 22 giugno 1897 Vol. III, Roma, Tipografia Camera dei Deputati 1897, p. 2232.
6 Quel turno elettorale vide l’affermazione dell’arcese avv. Federico Grossi che, dopo sette elezioni consecutive (1876-1897) nel collegio uninominale di Pontecorvo e in quello a scrutinio di lista di Caserta III, si era spostato nel collegio uninominale di Sora. L’on. Grossi fu poi eletto per la sua nona e ultima volta nel turno elettorale successivo del 1897 nel collegio di Cassino.
7 «Il Fuoco», a. 1, n. 31, 13 novembre 1904. Il periodico, diretto e fondato da Gaetano Di Biasio che aveva appena aperto una sezione socialista a Cassino, prevedeva una «lotta disperata», condotta «in condizioni impari» per Zincone che doveva fronteggiare un candidato appoggiato dall’ex on. Grossi, un «vecchio bianco per antico pelo» il quale, dopo la mancata nomina a senatore aveva «dovuto capitolare o capitombolare di fronte alle invettive e alla sassaiola a cui [era] fatto segno dagli operai di Isola Liri», dall’on. Achille Visocchi che nel corso di un comizio aveva terminato il suo discorso dopo soli «16 minuti» in seguito alle contestazioni fatte da «dieci sovversivi», nonché dal conte Lucernari che si era staccato «a malincuore dagli amici della passatella per trasformarsi in agente elettorale, per affidare (oh! Proprio lui!) il nome dell’avv. Conte agli elettori di Sora».
8 Gaetano Zincone fu Carlo, avvocato originario di Casalvieri, era anche lui un componente del Consiglio provinciale di Terra di Lavoro eletto nello stesso collegio di Conte, quello di Arpino (che in base alla popolazione esprimeva due seggi) dal 1885 al 1905.
9 Avvocato e politico socialista originario di Modena (1860-1924), fu deputato alla Camera per tre legislature (. Già eletto per la XXI legislatura nel collegio di Gonzaga, si candidò nel collegio di Sora per le elezioni della XXII, XXIII e XXIV legislatura, battuto da Emilio Conte e poi da Vincenzo Simoncelli. Riuscì invece a prevalere nelle tornate per la XXV (1919-21) e la XXVI (1921-24) legislatura nel collegio di Terra di Lavoro. Nel Psi faceva parte dell’ala riformista e nel 1924 aderì al Partito socialista unitario di Filippo Turati e Giacomo Matteotti.
10 «Il Fuoco», a. I, n. 33, 27 novembre 1904.
11 Secondo un anonimo articolista de «Il Fuoco», che si firmava con lo pseudonimo di «alfa», l’esito elettorale aveva determinato un «profondo senso di disgusto» per la «bruttissima commedia» cui gli elettori avevano assistito con vari emissari governativi che erano apparsi ed erano scomparsi «con la più grande facilità e disinvoltura» sul «palcoscenico di un teatro di candidati governativi». La polemica coinvolgeva anche il sotto prefetto di Sora, accusato di aver «avuto gran parte» nella elezione di Conte, nonché il governo Giolitti che, «per ottenere l’elezione di un ascaro o moretto ministeriale come l’On. Conte», aveva fatto ricorso a «sistemi di corruzione» («Il Fuoco», a. 1, n. 32, 20 novembre 1904, La vittoria del governo nel Collegio di Sora). Strascichi polemici sembrerebbero essere proseguiti anche sul piano personale quando il neo eletto deputato Conte avrebbe incontrato, il 6 novembre alla stazione di Cassino, un suo compaesano socialista, Alfonso Notarmarco, cui in precedenza era legato «da vincili di amicizia» ma al quale si rifiutò di stringere la mano e di accettare le congratulazioni per l’elezione e da lì sarebbe scaturito un «breve ma concitato battibecco» («Il Fuoco», a. 1, n. 35, 11 dicembre 1904).
12 Atti del Parlamento Italiano, Camera dei Deputati, XXIV Legislatura – Sessione 1913-1917, Discussioni. Tornata del 17 ottobre 1917, Vol. XIV, Roma, Tipografia Camera dei Deputati 1917, p. 14572.
13 Avvocato (1849-1930), originario di Caserta fu nominato senatore il 3 giugno 1911.
14 «Terra di Lavoro», n. 5, 10 febbraio 1918, L’on. Simoncelli e l’on. Conte commemorati da S. E. De Blasio.
15 «La Provincia di Frosinone», numero unico della Federazione provinciale fascista, Società Tipografica Arturo Macioce & Pisano, Isola del Liri [1927], p. 55.
16 A. Lauri, Dizionario dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro antichi e moderni, Ed. Vincenzo D’Amico, Sora 1915, pp. 168-169.
17 L. M. D’Emilia, C. D’Emilia (a cura di), Un’istituzione e i suoi protagonisti … cit., pp. 205-207. Qualche anno più tardi, da deputato, Simoncelli si fece promotore di disegno di legge, depositato alla Camera dei Deputati nel marzo 1912, concernente «Per una tombola a favore degli ospedali di Sora, Arpino e Isola Liri».
18 Oltre alla pubblicazione Cesare Baronio, discorso letto nell’inaugurazione dell’Ospedale Baronio in Sora il 12 aprile 1899, Vincenzo Simoncelli dedicò al cardinale sorano vari studi nonché la stampa del volume Per Cesare Baronio. Scritti vari nel terzo centenario della sua morte, [a cura di V. Simoncelli], Perugia 1911.
19 E.M. Beranger, Sora, inaugurata la prima sale del Museo civico della media Valle del Liri, in A. Della Valle (a cura di), Eugenio Maria Beranger. Curiosus Terrae Laboris, Associazione Antares, Piedimonte San Germano 2016, p. 32-39.
20 Cfr. nota n. 4.
21 La Giunta delle elezioni condusse un’indagine molto approfondita basata anche su testimonianze di elettori che deposero sotto il vincolo di giuramento. Uno di essi dichiarò che mentre votava aveva visto qualcuno che lo stava spiando alle spalle. Quando poi consegnò la scheda, il presidente di seggio l’aprì e dopo aver visto che vi aveva scritto il nome di Lollini gli diede «del giuda» e lo cacciò «a spintoni per le scale». Differentemente altri «numerosi testimoni escussi» descrissero il «fanatismo» nei confronti di Simoncelli «come un vero delirio, come una di quelle correnti che trascinano irresistibilmente, e di fronte alle quali nessuno si sente in grado di dissentire».
22 In realtà quel turno elettorale, concernente la XVIII legislatura, fu molto contrastato e Imbriani-Poerio non fu eletto in quella occasione a Sora ma nel collegio di Bari II (Corato). Nel turno tenutosi il 6 novembre 1892 prevalse, al ballottaggio, il contrammiraglio Raffaele Corsi che poi optò per il collegio di Gaeta. Nel nuovo turno tenutosi il 26 febbraio 1893 si impose, al ballottaggio il conte Francesco Lefebvre, sindaco di Isola Liri, ma l’elezione fu annullata per incompatibilità non essendosi dimesso dalla carica di primo cittadino prima delle elezioni. Nel nuovo turno, che si tenne il 21 maggio 1893, non ci fu nessuna proclamazione e la Camera dei Deputati deliberò il ballottaggio tra Imbriani-Poerio e Lefebvre attribuendo al primo 2253 voti e al secondo 2254. Quindi nel ballottaggio tenutosi il 9 luglio 1893 prevalse il conte Lefebvre (2659 a 2301). La Giunta per le elezioni della Camera dei Deputati ritenendo che le «accuse di pressioni da parte delle autorità governativa, di violenze, corruzioni, irregolarità e illegalità elevate contro l’elezione stessa» fossero «insussistenti, o quanto meno non sufficienti a decretare l’annullamento», dopo aver effettuato il riconteggio dei voti (assegnando a Lefebvre 2827 voti, a Imbriani 2302 voti) propose la convalida della elezione che la Camera approvò nella tornata del 29 aprile 1894.
23 Secondo i dati riportati da «Il Fuoco» si trattava di due voti di differenza (cfr. nota n. 4).
24 Atti del Parlamento Italiano, Camera dei Deputati, Sessione 1909-10, Legisl. XXIII, 1ª sessione, Discussioni. Tornata del 18 marzo 1910, vol. V, Tip. della Camera dei Deputati, Roma 1910, pp. 6272-6276.
25 C. Cimmino, Governi, deputati, movimenti politici e stampa periodica nel Mezzogiorno (1799-1926): Terra di Lavoro, in Stampa periodica in Terra di Lavoro 1840-1927, Catalogo della mostra, Ministero per i Beni culturali e ambientali, Stab. Saccone, Caserta 1988, p. 19.
26 Atti del Parlamento Italiano, Camera dei Deputati, Sessione 1909-10, Legisl. XXIII, 1ª sessione, Discussioni. Tornata del 28 aprile 1910, vol. V, Tip. della Camera dei Deputati, Roma 1910, p. 6404.
27 L. Gulia, Vincenzo Simoncelli giurista e Sora, in «Lazio ieri e oggi», n. 34, 1998, pp. 84-89.
28 Diecimila, il 95% della popolazione residente, furono le vittime nella sola città Avezzano e circa quattrocento a Sora.
29 Cfr. E.M. Beranger, Pagine per servire allo studio del terremoto del 1915. L’opera di Vincenzo Simoncelli in difesa delle popolazioni e del patrimonio storico-artistico della Media Valle del Liri ed alcune ipotesi per una rapida ricostruzione dei paesi distrutti, in «Rivista Storica del Lazio», a. VI, 1997, pp. 161-203.
30 G. de Angelis-Curtis, La Prima guerra mondiale e l’alta Terra di Lavoro. I caduti e la memoria, Cdsc-Onlus, Cassino 2016, p. 13.
31 Atti del Parlamento Italiano, Camera dei Deputati, XXIV Legislatura – Sessione 1913 – 1917, Discussioni. Tornata del 17 ottobre 1917, Vol. XIV, Roma, Tipografia Camera dei Deputati 1917, pp. 14562-14572. Ampio stralcio della commemorazione di Simoncelli e Conte tenuta in quella seduta della Camera, così come di quella, successiva, fatta per Annibale Lucernari è riportato nel periodico «Terra di Lavoro», n. 28, 11 novembre 1917.
32 Nel suo lungo e appassionato intervento il ministro Ruffini volle ricordare Simoncelli anche attraverso le parole di un giovane suo discepolo dell’Università di Pavia, partito per la guerra e morto sul Carso. Il padre, Angelo Silvio Novaro, non potendo «comporre e fiori sulla tomba» del proprio diletto figlio, aveva raccolto le sue lettere scritte e le aveva pubblicate. In una di queste il giovane, ricordando i tempi dell’Università, aveva scritto del suo maestro: «Uno dei professori, il Simoncelli, di istituzioni di Diritto civile, è valoroso davvero: non parla, incide, scolpisce e trascina!»; in un’altra facendo riferimento al terremoto del 13 gennaio 1915 scriveva: «È ritornato Simoncelli da Sora che fu semidistrutta. Per riacquistare il tempo perduto, farà lezione ogni giorno. Ne sono lieto per due ragioni: si usufruisce del suo piacevolissimo ed efficacissimo insegnamento, e si ha un esempio di dignità civile e di coscienza del dovere non troppo frequente nell’Università».
33 Cfr. nota n. 15.
34 «Terra di Lavoro», n. 6, 18 febbraio 1918, L’on. Simoncelli e l’on. Conte commemorati da S. E. De Blasio.
35 «Terra di Lavoro», n. 6, 18 febbraio 1918, L’on. Simoncelli commemorato alla R. Università di Roma.
36 L. M. D’Emilia, C. D’Emilia (a cura di), Un’istituzione e i suoi protagonisti … cit., p. 207.
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