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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 2
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di Sergio Saragosa
L’acqua potabile non manca a Caira solo in questi ultimi tempi per varie ragioni. È un problema che è sempre esistito.
Sfogliando i documenti conservati nell’Archivio di Stato di Caserta, relativi al XIX° secolo, si trovano diverse notizie concernenti il rapporto che gli abitanti del casale di Caira hanno avuto con l’approvvigionamento dell’acqua potabile.
Il problema era già presente nel 1815, come si evince nell’ esposto presentato da alcuni abitanti di Caira al sottointendente di Sora, del cui omonimo Distretto faceva parte il Circondario di San Germano (odierna Cassino). Un gruppo di abitanti e braccianti (contadini) di Caira, fra cui Marco Varone, Lorenzo Velardi, Rosato Pittiglio, Angelo Nardone, Loreto Saragosa, Giovanni Nardone, Antonio Grossi, Nascenzio Miele, Erasmo Miele, Benedetto Saragosa (da notare che quasi tutti i richiedenti, uno solo escluso, portavano cognomi tutt’ora in uso) lamentavano che alcune persone si erano impossessate abusiva- mente di un appezzamento di terreno composto da 33 are di terreno distribuito a trentanove aventi diritto. Parimenti chiedevano che 80 ducati, dei 120 stanziati in precedenza per questa necessità, venissero destinati ad aprire una fontana d’acqua da bere. Questa fontana era necessaria perché gli abitanti del Casale di Caira non avevano altre fonti di approvvigionamento e si era nel mese di giugno.
Per gli anni dal 1824 al 1826 esiste una voluminosa documentazione relativa allo scavo di un pozzo alle pendici di Monte Cairo, sulla proprietà del decurione don Filippo Fiorentini. Il lavoro fu affidato, dopo un lungo e tormentato iter burocratico di previsioni di spesa, di bandi e di promesse sempre rimandate o disattese, al sig. Carlo Conetta per la spesa complessiva di 200 ducati.
Il problema era presente anche con il nuovo Regno d’Italia. Infatti nel mese di luglio dell’anno 1867 gli abitanti avevano provveduto a presentare una ulteriore richiesta all’Amministrazione comunale di Cassino affinché si provvedesse all’esecuzione dello scavo di un nuovo pozzo che doveva fornire acqua potabile alla popolazione locale perché l’acqua di cui fino ad allora si erano serviti gli abitanti del luogo per i normali usi, in mancanza di altre fonti, era quella del fiume. Ma da qualche anno essa era inquinata dagli scarichi della cartiera di S. Elia e, quindi, non era più potabile.
È necessario precisare che dalla lettura dei documenti citati si evince chiaramente che della richiesta inoltrata dagli abitanti all’esecuzione dell’opera passavano diversi anni.
Come è facile dedurre da questi pochi ma preziosi documenti, la popolazione di Caira ha avuto sempre nei secoli scorsi problemi seri dovuti alla mancanza d’acqua potabile, con tutte le conseguenze.
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