Studi Cassinati, anno 2015, n. 2
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di Maurizio Zambardi
Non dovette esser stata certo una bella esperienza lavorativa quella svolta a San Pietro Infine, per soli due mesi, dal 31 maggio al 2 agosto del 1909, dal segretario comunale Francesco Crachi, almeno a giudicare da una lettera inviata all’amico Tommaso Comparelli di San Pietro Infine. Non sappiamo da chi e perché fosse stato inviato a svolgere il suo mandato di Segretario comunale proprio in quel di San Pietro, certo è che trovò una situazione amministrativa, contabile e anagrafica, almeno per quanto riguarda gli atti e i registri, a dir poco disastrosa.
Francesco Crachi arrivò a San Pietro Infine1 la sera del 31 maggio del 1909 e, come egli stesso scrive, si recò immediatamente a far visita alla casa comunale, in Piazza Municipio2, dove trovò il collega di San Vittore del Lazio che, egli dice, era «occupato a menar innanzi la difficile barca». Dopo una veloce occhiata all’ufficio, il Crachi si rese subito conto della «baraonda in cui era immerso» e dell’immane lavoro che lo aspettava.
Probabilmente Francesco Crachi dovette trovare una sistemazione provvisoria, presso qualche abitazione del paese, anche se non proprio confortevole come sembra trasparire dalla sua lettera. Come pure, però, dovette essere ospitato più volte presso il palazzo Comparelli, che era situato in Via Portella, nella parte più bassa del paese, a poche decine di metri da piazza San Nicola come è intuibile dalle parole di stima, di affetto e di amicizia che egli riserva non solo nei confronti del capofamiglia, Tommasino Comparelli, ma anche nei riguardi della moglie e dei loro figli. E una tale amicizia non potrebbe che essersi sviluppata solo con una assidua frequentazione, considerato il poco tempo che Crachi rimase in paese. Ed è, infatti, proprio all’amico Tommaso Comparelli3 che il segretario Crachi invierà, circa un mese dopo la sua partenza dal paese, una dettagliata Relazione sulla catastrofica situazione comunale da lui trovata, accompagnata da una lettera4 con lo scopo di chiarire al suo amico e ai «cittadini bravi» di San Pietro Infine il motivo della sua partenza. Ma, probabilmente, il vero intento di Francesco Crachi era quello di voler affidare al tempo, e quindi a futura memoria, il suo rammarico per come era stato trattato e liquidato in men che non si dica dagli amministratori comunali, solo perché era molto scrupoloso nel suo lavoro.
Tommasino Comparelli è ritenuto dal Crachi, oltre che amico, persona sincera e leale. «A chi se non a voi inviare questa relazione, amico mio, che vi conobbi amico certo “amicus certus in re incerta cernitur” appunto per avervi avuto sincero e leale nella mia incerta fortuna?».
Al di là dello sfogo personale, la Relazione del segretario risulta molto interessante dal punto di vista storico perché fotografa, in maniera impeccabile e molto dettagliata, la situazione municipale dell’epoca, finora inedita, del piccolo paese di San Pietro Infine. La relazione sviscera problemi di ordine tecnico-amministrativo, contabile ed economico, per cui si ritiene opportuno riportarla integralmente per aggiungere quel tassello in più per una ricostruzione della storia del paese dell’Alto Casertano, situato a pochi chilometri dalla celebre Abbazia di Montecassino.
Come è possibile capire dai suoi scritti, Francesco Crachi era un segretario comunale molto meticoloso, preciso e ligio al dovere. Nella sua relazione elenca e commenta, attenendosi alle normative dell’epoca, di cui indubbiamente dimostra di avere buone conoscenze, le varie voci inerenti l’amministrazione comunale e cioè: a) Bilancio; b) Deliberazioni originali; c) Registri di popolazione; d) Registri, elenchi ed Indici; e) Inventari; f) Stato Civile; [f bis] Dichiarazione dei morti; g) Convocazione della Giunta e del Consiglio; h) Liste elettorali; i) Contravvenzioni forestali; l) Archivio; m) Tesoreria Comunale.
E allora vediamo più da vicino cosa scrive.
Per quanto riguarda il Bilancio:
«È un fascicolo qualunque, monco, senza gli allegati della parte 1ª e 2ª per un dettaglio chiaro delle previsioni delle entrate e spese fisse per dare a comprendere a chi arriva i debitori del Comune ed i creditori con date delle deliberazioni debitamente approvate».
Mentre in merito alle Deliberazioni originali dice:
«Vi sono comprese quelle che vincolano l’amministrazione con i terzi, quasi tutte sfornite di firme del Presidente, o del Consigliere anziano o di entrambi. Mancanza gravissima, perché tutti gli atti, susseguenti al primo, nulli, di nessun valore pel noto principio “quod nullum est ab initio, nullum effectum producit”».
Subito dopo il Crachi, anche se non lo specifica concretamente, punta il suo dito accusatore verso la persona con cui certamente entrò in contrasto che lo giudicava un «formulista», e che si può presumibilmente ritenere che fosse il sindaco dell’epoca5, come lascerà intuire in seguito. «E di ciò un intelligente vostro cittadino poco o nullo si curò, ed aggiunse, anzi, ch’io ero formulista. Ma lascio considerare alla saggezza vostra, intelligente, istruito, se accettabile quella risposta, non dirò altro per non dilungarmi a dimostrare la poco felice espressione, perché la via lunga ne sospigne».
Per quanto riguarda i Registri di popolazione scrive:
«Non esiste trovandosi solo un armadio in cui si conserva un antico registro secondo l’istruzione del 1873, ma mancante di ogni notizia corrente».
Anche altri Registri, elenchi ed indici risultano:
«Tutti mancanti, di modo che si rendeva difficile la ricerca dei Consiglieri attuali, circa la loro elezione, e durò non poca fatica per cercare le date per corrispondere alla analoga richiesta urgente della Prefettura. Così anche della data di nomina del Sindaco e della Giunta, della Commissione Censiaria Comunale, del Rappresentante comunale del Comitato forestale, dei Revisori del conto, dei Membri della Congregazione di Carità e via dicendo; indice delle deliberazioni, registro depositi presso la Cassa Comunale, insomma addirittura nulla, nulla, mancante tutto ciò che è previsto nell’alligato 4° del Regolamento per l’esecuzione della Legge Comunale».
Gli Inventari non esistevano per niente:
«Incredibile, ma è pur vero. Non esistono. Si diceva di esservi, ma era come l’Araba Fenice».
E per quanto riguarda lo Stato Civile?:
«O Dio che disgrazia!!! Mancano gl’indici decennali. Questo è oltremodo mostruoso. Se le Autorità lo sapessero non so quali gravi provvedimenti prenderebbero».
Per la Dichiarazione dei morti riferisce:
«Si portano al Camposanto i cadaveri senza dichiarazione preventiva al Municipio dell’avvenuta morte, di modo che bisogna cercare notizie per sapere chi muore».
Riporta poi alcuni casi verificatisi durante il suo breve periodo di lavoro al Comune:
«In due o tre casi di morte versificati durante la mia reggenza si son dovuti appurare per caso e registrati dopo dieci o dodici giorni, ma con data falsa mettendo la dichiarazione di un giorno l’avvenuta morte e segnando per testimoni persone vicine di case del defunto, compilando così un atto falso. Questa è la ragione per la quale non si rintracciano, alle volte, le morti avvenute, nei registri».
Continua poi parlando della Convocazione della Giunta e del Consiglio:
«Si trasgrediscono gli articoli 135 e 120 della Legge Comunale, perché la Giunta non è mai convocata per stabilire la sessione straordinaria del Consiglio, ed i Consiglieri non sono convocati con avvisi scritti, né avvisato il Prefetto della convocazione consigliare, ma ciò si fa contro legge dal solo Sindaco».
E per quanto riguarda invece le Liste elettorali? Eccone la descrizione:
«Le liste si vedono compilate con nomi aggiunti a lapis, annotazioni a lapis per le cancellazioni e per parecchi anni, mancanti così le liste annuali prescritte dall’art. 26 della Legge Comunale».
Così poi per le Contravvenzioni forestali:
«Si compiono atti assolutamente arbitrari. Si accettano transazioni con incasso a favore del Comune contro il disposto delle leggi del 1906, 1907 e 1908 che dettano le norme per la conciliazione».
Pittoresca è poi l’immagine offerta per la tenuta dell’Archivio:
«Che spavento!! Le pratiche gettate come carte di una bottega di pizzicagnolo, senza i modelli prescritti dal Ministero, messe le lettere alla rinfusa, una pratica posta in categoria diversa, insomma nessuna al suo posto e senza, dal 1897, alcuna classifica sulle lettere di arrivo e mancano le notizie della classifica quasi a dispetto delle istruzioni ministeriali del 1897».
E qui lancia un’altra frecciatina al sindaco, ed è proprio qui che si può avere la conferma che era questi il principale artefice dei suoi contrasti con l’Amministrazione comunale. «Le ricerche delle pratiche si rendevano impossibili ed il Sindaco, per ammazzare il tempo, si metteva alla ricerca per molte ore, ma sempre riuscivano infruttuose».
Grave è poi la descrizione che fa della Tesoreria Comunale, anche se ci tiene a precisare che la colpa non è del Tesoriere:
«A tutto si pensa fuorché a questo importante servizio. Il Tesoriere, persona distintissima, onesta, istruita, adempie scrupolosamente alla difficile impresa, ma il Comune, che trasgredisce tutto, non si cura di adempiere al disposto dell’art. 108 del Regolamento per l’esecuzione della Legge Comunale, di modo che non si mandi, col Bilancio reso esecutorio, le deliberazioni esecutive relative a storni, ed a maggiori e nuove spese, e partecipazione di nomina degli amministratori.
Alle volte mancano i ruoli di riscossione e quasi sempre senza ordine d’incasso per l’eventuali.
Mancano i registri delle entrate fisse.
Se vi fossero state non si sarebbe portato un grave danno alle finanze comunali.
Il medico condotto è tassato per r.6 mobile di lire 180:00 all’anno, e questa, per l’articolo 15 della legge sulla r. mobile, la paga il Comune sotto l’art. 3 dell’esito “tassa di r. mobile[”].
Ma dai conti, mentre il Comune l’ha pagata, non risulta incassata fra le riscossioni municipali.
E occorre far rilevare che il medico condotto, persona colta e straricca, se avesse saputo che gravava sul suo stipendio la r. mobile ed era a suo carico, avrebbe certamente rimborsato il Comune della relativa somma.
Egli, persona distintissima, onesta, facoltosa non avrebbe curato la misera somma
di L. 180:00 all’anno».
Anche qui, a leggere bene tra le righe, possiamo cogliere una sottile ironia anche nei confronti del medico del paese che definisce una «persona colta e straricca», il quale non sapeva che a suo carico vi era una tassa concernente la «misera somma» di 180,00 lire all’anno (che risultava comunque versata attingendo, però, dalla Cassa comunale), perché altrimenti lui l’avrebbe certamente pagata …!
Francesco Crachi non si tira poi indietro nel riferire del mancato pagamento delle tasse anche da parte del segretario comunale che lo aveva preceduto ed anche da parte del maestro del paese:
«Il Segretario Comunale anche non ha versata la somma di L.[1]75:38 fin dal 1904.
Il Maestro Sig. Malagoli pure non versò L. 62:50 e poi L. 52:30, a cui fu ridotta in seguito, fin dal 1905.
Le spese impreviste ed il calcolo si fanno a casaccio, si emettono mandati senza mai prendere una deliberazione della Giunta come impongono gli articoli 135 e 136 del Regolamento per l’esecuzione della Legge Comunale e si lasciano mandati provvisori contro il severo disposto dell’art. 198 della Legge Comune ed anche in eccedenza dei fondi stanziati senza che prima si provveda con relative deliberazioni.
Le entrate eventuali non mai denunziate pel disposto dell’art. 196 della Legge Comunale.
Tutto questo non è che un sunto delle irregolarità di quel Comunello».
Ma di tutta questa disastrosa situazione che trova il segretario Crachi, dotato di collaudata esperienza, non si spaventa e con buona volontà ed impegno certosino affronta la difficile situazione con l’intento di risolvere man mano i vari problemi, lavorando perfino per dieci ore al giorno.
«Un giovine segretario si sarebbe spaventato e fatto il fardello si sarebbe ritirato, ma io invece affrontai l’ardua impresa, mi accinsi con passione al glorioso ufficio, impiegando dieci ore al giorno dalle sei alle due e dalle cinque alle sette e ne perdei le vene ed i polsi.
In due mesi misi al corrente tutto ciò che giaceva: liste, ruoli di tasse, verifica di cassa, registri contabili, lettere non date […] compilai gli elenchi mancanti, registri inesistenti e via dicendo.
Poi mio primo pensiero fu quello del riordinamento dell’archivio e vi riuscii per quello corrente, perché misi a posto tutto. Avrei fatto di più se fossi stato secondato, non avendo voluto il Sindaco riordinarlo per casella, che doveva contenere la sua classe, nonostante che egli con molto rincrescimento si metteva per molto tempo in ricerca di carte nel mare magnum della confusione, per non far spendere pochi soldi al Comune.
Cercai di regolarizzare l’archivio di deposito, ma per sommi capi detti un certo assetto non in modo però come avrei voluto, per la brevità del tempo e perché occorreva una persona pel lavoro materiale, ciò che mi fu rifiutato quantunque gesuiticamente mi si prometteva.
E dedicandomi io di persona feci quello che potetti».
Così termina la sua Relazione. Ma dalla lettera di accompagnamento apprendiamo che Francesco Crachi in qualche modo fu umiliato anche in merito alla sua persona e alle sue origini, infatti scrive:
«Qualcuno si lasciò dir [che] io fui una persona qualunque in paragone di [certi] individui [di] codesto [illustre] comunello, ma io risposi come il poeta: “Non ti curar di loro ma guarda e passa”». E allora egli vuole riscattarsi andando a scavare nel suo albero genealogico e quindi elencando i meriti e le cariche di prestigio ricoperte sia dai suoi antenati che dai familiari più prossimi, ed è proprio grazie a questo suo sfogo che riusciamo a saperne di più sulle sue origini.
«Ma perché si sappia con chi avevano che fare, accenno brevemente alla mia famiglia. Ebbe origine dalla Calabria fin dal 1750. Il primo fu D. Filippo Crachi avvocato laureato a Napoli sotto il Rettore Lucio De Sangro. Ebbe per figlio Vincenzo, gentiluomo, Sindaco del paese, Ruggiero, Notaio, Carlo, monaco Provinciale. Da Vincenzo nacquero Pasquale, Cancelliere, Filippo, monaco dei minori osservanti, Provinciale, e poi Definitore Generale, cioè il Capo di tutti i monasteri del suo ordine ovunque si trovavano nel Napolitano. Da Pasquale nacquero: 1° Vincenzo, Parroco del paese, 2° Salvatore, Geometra, 3° Filippo, Segretario comunale, 4° Ruggiero, Cancelliere di Pretura, 5° Francesco, (vostro umilissimo servo), 6° Leonardo, Cassiere della Cassa di Prestanze Agraria, 7° Gaspare, Cancelliere della Conciliazione.»
Sempre in merito alle notizie della sua famiglia riusciamo a sapere che aveva due figli (un maschio di 17 anni, nato nel 1892, e una femmina di 13 anni, del 1896), e che era vedovo, infatti nell’elogiare la moglie di Tommasino Comparelli scrive: «Io pregherò sempre il Signore che ve la conservi lungamente […]. So io quanta è atroce, che grave sciagura è la perdita della diletta consorte».
Passa quindi ad elencare le sue proprietà, quasi a voler dimostrare ai signorotti che lo avevano deriso e umiliato che anche lui aveva una buona condizione economica che gli permetteva di vivere con dignità. «Tengo una discreta abitazione di 7 vani, cantina, legnaia, magazzino, 2 grandi vigne con 200 piante di ulivi, parecchie case che do’ in fitto». Infine chiariva i motivi che lo avevano portato a chiedere un aumento di stipendio e riconducibili alle spese fisse di 60 lire al mese, probabilmente per il fitto, sostenute per vivere in un paese che oltretutto era privo di molti beni e servizi.
«Costà spendevo lire 60 al mese e se avessi portato o meglio condotto mia figlia di anni 13 e mio figlio di anni 17, non mi sarebbe bastato lo stipendio.
Come dunque potevo accettare con L.1200:00?».
Fa poi un paragone tra i due paesi, quello lucano di San Mauro Forte e quello campano di San Pietro Infine, e qui, però, non possiamo non cogliere un senso di campanilismo utilizzato per supportare la sua richiesta di adeguamento della sua retribuzione.
«Qui7 si trova tutto, costà nulla, nulla del più necessario, in mia casa lettino con materassi, costà un letto schifoso, qui sarti, calzolai, stiratrici, sartine per cucire camicie, costà nessuno, non un sarto per ammendare gli abiti, non una donna per cucire camicie, non un calzolaio per pulire le scarpe, e, per averle pulite, bisognava andare nel tugurio dello scarparo, insomma era proprio una disperazione».
Un paese, quello di San Pietro, privo di molti servizi ma ricco di buoni ed onesti cittadini che fanno da contraltare a pochi altri, ricchi e prepotenti.
«Non credo perciò che mi tacceranno codesti buoni in alcuna maniera e tutti si convinceranno che con lire 1200:00, stipendio lordo, io non potevo vivere da galantuomo».
La richiesta di aumento di stipendio viene subito sfruttata dal sindaco e dagli altri amministratori per liberarsi di un segretario la cui precisione dovette risultare molto scomoda, per cui quando egli li pone di fronte alla scelta di accettare la richiesta di aumento oppure di rivolgersi ad altro segretario essi non perdono tempo e senza mezzi termini lo sostituiscono. «E poi, dal modo con cui si è proceduto mi sono accorto che buona parte del Consiglio aspettava il momento per trovare il mezzo come provvedersi di altro segretario».
L’amarezza del segretario Crachi, che probabilmente non si aspettava una risoluzione così drastica e immediata, è accentuata dal fatto che il sindaco e gli amministratori non si attennero a quelle regole del buonsenso che imponevano quantomeno una contrattazione, o, al limite, un respingimento formale della richiesta di aumento motivata dalle difficoltà economiche in cui versava il comune, e invece: «È vero che io dissi che se non si poteva si fossero rivolti altrove i vostri amministratori, ma il galantomismo vero porta con sé tutte le convenienze sociali del gentiluomo, quindi prima di deliberare di far le pratiche con altri, avrebbe il vostro Consiglio dovuto dirmi se insistevo o no sul mio proposito e non già tenere la via tenuta, degna solamente di persone che vogliono tirar il povero segretario negli atti arbitrari, falsi, addirittura nulli. Ma poveri loro verrà un giorno che piangeranno».
Nel periodo che Francesco Crachi ha operato a San Pietro Infine, come già detto, avrà più volte frequentato e stretto amicizia con la famiglia Comparelli, apprezzandone l’ospitalità e la nobiltà d’animo:
«Io non vi dimenticherò mai, perché siete un gentiluomo perfetto, liberale, uno dei migliori cittadini per istruzione, ciò che completa la nobiltà dell’animo vostro.
Serberò grata memoria della vostra gentilissima consorte, che fu troppo generosa di complimenti, che non meritavo, indice di quegl’alti e nobili sentimenti di perfetta e vera signora.
Io pregherò sempre il Signore che ve la conservi lungamente per essere di conforto a voi nelle traversie della vita e di consolazione alla vostra rispettabile famigliuola. […] Ricorderò il vostro Olindo come la più cara ed amica persona.
Rammenterò la vostra figliuola8, giovanetta semplice e piena di suggezione, ma vispa e vivace».
Non cita l’altro figlio Giuseppe, probabilmente perché questi non lo ha conosciuto o lo avrà visto solo per qualche giorno perché nei due mesi trascorsi a San Pietro Infine Giuseppe era a Napoli a studiare medicina presso l’Università. Infatti Crachi nella parte finale della sua lettera, oltre a dare i saluti a tutta la famiglia, augura tutta la felicità al futuro medico.
«Addio, amico mio, a voi un abbraccio affettuoso, alla cara […] spettabile consorte ossequi infiniti e immensi saluti alla […] ed un bacio al caro Olindo ed al futuro medico, al quale auguro tutta la felicità che [possa] desiderare il suo nobil cuore».
Da bravo segretario Crachi non manca di accludere una specifica delle spese ed anche una piccola somma pari a 6 lire e 35 centesimi per i primi due giorni di agosto:
«Come ben vi ricordate io partii il 3 Agosto, quindi mi spettano L. 6:35 pei due primi giorni, che devono rimanere nelle vostre mani per r. mobile di Luglio.
Vi compiacerete perciò di farmi rilasciare il mandato alla quietanza del quale alligherete l’acclusa ricevuta in giustifica dell’avvenuto pagamento.
Vi farete consegnare da Lorenzo9, che saluto, L. 1:00 per diritti di Stato civile di Luglio e L 0:30 per diritti di segreteria pure di Luglio, denaro che gli lasciai partendo.
Di tutto vi prego assicurarmene».
Inoltre si appella a Tommaso Comparelli affinché questi si faccia portavoce e spieghi i motivi veri nei riguardi dei cittadini buoni:
«Vi prego di rendermi giustizia facendo intendere a tutti codesti cittadini buoni che se chiesi l’aumento dello stipendio ne avevo ragione ed ecco come.
[Qui] ricevo per stipendio netto L 1.050:00; Dritto di segreteria L. 60:00; Compenso qual segretario della cassa per le imposte 90:00; in uno L. 1.200:00; Spendo [all’incirca] L. 500:00, mi avanzano: 700:00».
Ci tiene poi a precisare:
«Noi abbiamo l’obbligo di dover [inviare] tutte le irregolarità, che riscontriamo nella procedura delle amministrazioni, all’Ill/mo Prefetto, Capo della Provincia, [ma] siccome io ho una grande stima di voi come [sapete], così ho pensato di mandarvi l’acclusa relazione che [io] dovrei indirizzare all’Ill.mo Signor Prefetto, con preghiera di darmi il vostro parere, convinto come sono, che me lo darete spassionatamente […] Ed ora un’ultima preghiera, per ricordarmi sempre di voi, [vogliate] mandarmi i vostri libri stampati».
Non sappiamo se poi il segretario Crachi abbia mandato veramente la sua relazione al prefetto, e se ci sono stati poi dei provvedimenti disciplinari da parte di quest’ultimo nei confronti del sindaco e degli amministratori comunali. Pietro Troianelli rimase comunque sindaco di San Pietro Infine per altri 5 anni e cioè fino agli inizi del 1914.
In sostanza lo scopo del segretario Francesco Crachi era di far conoscere ai sampietresi quanto egli fosse stato corretto e ligio al dovere e i motivi che lo avevano indotto ad andare via da San Pietro Infine, e oggi, con questo articolo, crediamo che gli sia stata finalmente resa giustizia, anche se ha dovuto, purtroppo, attendere 105 anni.
1 A quell’epoca il paese contava circa 1600 abitanti e faceva parte della Provincia di Terra di Lavoro. Oggi è in provincia di Caserta.
2 Anche nota come “Piazza di Basso”, essendo posta nella parte più a valle del paese.
3 Tommaso Comparelli, chiamato da tutti Tommasino, nacque nel 1847 a San Pietro Infine, dove morì il 4 febbraio 1913, all’età di 66 anni. Era figlio di Nicola e Vincenza Renzi. Il 30 marzo 1881 aveva sposato Filomena Marone (figlia di Francesco e Angela Mancini), da cui ebbe sei figli: il primogenito fu Giuseppe, nato il 14 marzo 1882 e morto il 28 maggio 1953, all’età di 71 anni. Giuseppe fu medico ed anche sindaco di San Pietro Infine, ma solo per un mese circa, tra gennaio e febbraio del 1915. Gli altri figli di Tommaso e Filomena Marone furono: Giuseppa, nata il 2 luglio 1883 e morta il 17 agosto 1898, all’età di 15 anni; Olindo, nato il 2 luglio 1886 e morto il 21 aprile 1963, all’età di 77 anni; Elvira nata il 14 luglio 1888 e morta, nubile, l’8 giugno 1966, all’età di 78 anni; Vincenzina, nata il 10 maggio 1890 e morta l’11 marzo 1901, a soli 11 anni, infine Alfredo, nato il 31 ottobre 1892 e morto il 2 luglio 1893, a soli otto mesi. Tommaso Comparelli, letterato, filosofo e poeta, è autore di varie pubblicazioni tra cui ricordiamo: Sonettiata, del 1894; Il Duello, del 1907; una raccolta di poesie dal titolo Versi di Tommaso Comparelli, S. Pietro Infine, del 1907, e due saggi di filosofia: Trinità, Dualità ed Unità – Saggio di filosofia moderna e Voltaire e il secolo XVIII (Diatriba ed Apologia), del 1912. Don Giustino Masia nel suo libello San Pietro Infine e la sua Protettrice Maria Ss.ma Dell’Acqua, Cassino 1964, p. 33, lo ricorda come «poeta e scrittore satirico», mentre il monaco Benedettino Angelo Pantoni nel suo saggio su San Pietro Infine lo definisce: «avverso al clero, poeta e scrittore dalla satira vivace e spumeggiante» (cfr. Angelo Pantoni, San Pietro Infine. Ricerche storiche e artistiche, a cura di Faustino Avagliano, Montecassino 2006, p. 105).
4 Da una analisi sommaria della calligrafia sia della Relazione che della lettera di accompagnamento possiamo facilmente dedurre che vi sono due scritture diverse, molto probabilmente la scrittura relativa alla lettera appartiene proprio a Francesco Crachi, perché è meno curata e contiene considerazioni più intime e informali in quanto dirette ad una persona amica, mentre la relazione è scritta con molta più cura, probabilmente trascritta da un suo familiare o amico e comunque da persona che doveva avere una certa dimestichezza con la scrittura. Il motivo potrebbe essere ricercato nel fatto che il segretario Crachi sapeva che la Relazione poteva essere letta o inviata a persone di riguardo, e di competenza in materia, non escluso il prefetto, quindi avrà preferito farla trascrivere da persona con mano più ferma della sua.
5 A quell’epoca il sindaco di San Pietro Infine era il cinquantottenne Pietro Troianelli, figlio di Angelo e Brigida Brunetti, che ricoprì tale carica dal 1896 fino agli inizi del 1914. Il 23 luglio 1910 Pietro Troianelli aveva sposato la quarantaduenne vedova Elisa Marone, figlia di Francesco e Angela Mancini, di Cassino. Elisa era, tra l’altro, sorella di Filomena Marone, la moglie di Tommaso Comparelli.
6 Ricchezza.
7 Si riferisce a San Mauro Forte, un paese di circa 1700 abitanti, in provincia di Matera, in Basilicata.
8 Elvira Comparelli.
9 Lorenzo Barone.
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