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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 4
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di Benedetto Di Mambro
L’epigrafe C.I.L. X 5163 incisa su una roccia posta a 120 metri di distanza a monte del Santuario di Casalucense in Comune di Sant’Elia Fiumerapido così recita:
NVMPHIS AETER
NIS SA CRVM
TI CL PRAEC LIGAR
MAGONIANVS PER
PRAECILIVM ZOTICVM
PATREM AQUA(M) INDUXIT
La sua traduzione e interpretazione, a mio parere, dal 1993, è la seguente:
«luogo sacro alle ninfe eterne, al tempo dell’imperatore Tiberio Claudio, Precilio Ligario Magoniano spinse l’acqua attraverso i terreni di suo padre Precilio Zotico» cioè che «costruì una condotta d’acqua attraverso i terreni di suo padre Precilio Zotico»1. Ci torneremo in seguito.
Si tratta di una «metonimìa»2. D’altro canto c’è da dire che molto si è parlato e scritto di questa epigrafe e ancora se ne discute dal 1865 fino ad oggi. E ancora continuano i pareri discordi. Fu scoperta nel 1865 spostando dei grossi massi che la nascondevano e che sarebbero stati utili per il restauro e l’ampliamento del Santuario, in atto in quel periodo fino al 1873. Poco distante, alla sua destra, oggi nascosta da alberi che vi sono cresciuti attorno, resta ancora infatti una grossa calcara adibita alla cottura e scioglimento di quei massi per farne calce. La calcara è profonda m. 9 e ha un diametro di m. 6. L’epigrafe rupestre, purtroppo in avanzata fase di abrasione e con grossi squarci nella pietra, è delle dimensioni di cm. 106×87.
Nel 1873, l’arciprete e storico santeliano Marco Lanni3 riportò l’interpretazione che ne dava il sacerdote latinista Grabiele Iannelli:
«monumento sacro alle ninfe eterne, Tito Claudio Preconio Ligario Magoniano attraverso lo scabroso ciglione del monte aprì l’acquedotto principale».
Iannelli riferì l’epigrafe all’acquedotto romano in costruzione 220 metri più su nel primo secolo dopo Cristo datando l’epigrafe proprio al I sec. d.C. per via, a suo dire, della forma dei caratteri dell’iscrizione. L’archeologo romano Gianfilippo Carettoni, nel 1940 asserì anch’egli che l’acronimo «TI CL» era la datazione dell’epigrafe riferita al I sec. a.C. al tempo dell’imperatore Claudio4. L’ingegnere santeliano Giovanni Picano, nel 1965, in un suo studio manoscritto pubblicato postumo nel 19955, ebbe a contraddire lo studio di Iannelli di un secolo prima affermando che l’epigrafe era da riferirsi ad un acquedotto privato che partiva da una sorgente di acqua che scaturiva proprio lì dove l’iscrizione si legge. Ho a confermare io stesso che sul posto dell’iscrizione c’era in effetti una sorgente di acqua e ancora, interrata, è lì che porta l’acqua al convento attiguo al Santuario. Nel 1980, il cassinate Gaetano Lena traduceva:
«consacrato alle ninfe eterne. Tiberio Claudio Precilio Ligario Magoniano fece costruire l’acquedotto sotto la sorveglianza di suo padre Precilio Zotico»6.
La solita lunghissima polionimia formata da ben cinque nominativi per una sola persona. Credo un po’ troppo. Dovremmo prendere questo Precilio Ligario per un megalomane? Anche per i più titolati di Roma e di Casinum, nelle polionimie non si superavano i quattro appellativi: il praenomen (nome di persona), il nomen (Gens o Famiglia di appartenenza), il cognomen (l’individuazione più precisa) e l’agnomen (soprannome o adozione): Caio Ummidio Durmio Quadrato, Publio Cornelio Scipione Africano, Caio Giulio Cesare Ottaviano e altri ancora.
Nel 1992 l’epigrafista finlandese Heikki Solin7 assegnava all’acronimo gentilizio «TI CL» (Tiberius Claudius) la funzione di adozione nei confronti di Precilio Ligario Magoniano, a Praecilius il gentilizio paterno, Magonianus il cognomen originario, a «Ligar(iua)» il gentilizio della madre. «In alternativa – scrive Solin – si potrebbe, ad es. intendere Ligar(ianus), nel qual caso il personaggio avesse due cognomi». Un vero e proprio guazzabuglio! Heikki Solin, inoltre, data l’epigrafe al II sec. d.C., differentemente da Iannelli ma anche lui facendo riferimento ai caratteri lì scolpiti, collegandola all’acquedotto pubblico, quello distante 220 metri dalla roccia incisa. Va precisato però che, se pure si volesse datare l’acquedotto pubblico al II sec. d.C., la cosa non avrebbe alcun fondamento per due semplici motivi: 1) grandi opere idriche in età imperiale furono costruite in epoca tiberiana, caligoliana e le più grandi in quella claudia e cioè tutte nel I secolo dopo Cristo. Nel II, poco o nulla; 2) su un masso ben lavorato, la «petra scripta» di cui nei Privilegi Cassinesi del X secolo, fortunosamente rinvenuto nel 2004 in località Ordicosa di Prepoie, poco al di sotto del passaggio dell’acquedotto per Casinum ed oggi perfettamente conservato nella chiesa di Santa Maria dell’Ulivo della frazione santeliana Olivella, è ben precisato assieme al nome del praefectus (fabrum) Obultronius Cultellus, anche il nome dell’imperatore Claudio, quindi I secolo dopo Cristo. Il masso è alto cm. 113, largo cm. 75 e spesso cm. 35, recante in basso, in uno spazio di cm. 63×38, un’iscrizione latina sicuramente riferibile alla costruzione dell’acquedotto romano da Valleluce a Casinum:
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OBVLTRO… …NIVS CVLTELLVS
PRAE……DIVI CLAVDI
IVSSV
CAESARIS DEDICAVIT
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Con Sabatino Di Cicco8, nel 1995, la costruzione del piccolo acquedotto viene attribuita a Precilio Ligario Magoniano, al tempo dell’imperatore Tiberio Claudio, e l’epigrafe incisa lì dallo stesso Precilio Ligario Magoniano starebbe in memoria del padre Precilio Zotico. Più tardi, nel 2005, il compianto archeologo ed epigrafista Lidio Gasperini parlò di piccolo acquedotto privato che scaturiva dalla sorgente che era nei pressi della rupe con l’epigrafe e traduceva, con il solito polionimico:
«Tiberio Claudio Precilio Ligario Magoniano attraverso Precilio Zotico (suo) padre condottò la sorgente»9.
Nel 201710 il sottoscritto ha avuto modo di ribadire, come già nel 199311 e nel 200212, che l’epoca era quella dell’imperatore Claudio («TI CL») nel I sec. d.C. e che si parlava di un piccolo acquedotto fatto costruire da Precilio Ligario Magoniano attraversando i terreni di suo padre Precilio Zotico. Perché questa mia convinzione? Quella improbabile polionimia non mi convince affatto. L’acronimo «TI CL» a mio avviso segna l’epoca dell’imperatore Claudio. Quel «per» seguito dall’accusativo «Praecilium Zoticum patrem» è senza alcun dubbio una preposizione di moto per luogo: attraverso il padre Precilio Zotico e cioè attraverso qualcosa di sua appartenenza. Cioè, come dicevamo all’inizio, una «metonimia»: un parola al posto di un’altra logicamente conseguente. In questo caso il possessore «Precilio Zotico» al posto della cosa posseduta «il terreno (di Precilio Zotico)». A tal proposito si rimanda al trattato di Giuseppe Maria Platina13, in cui, citando il IV libro dell’ Ad Herennium di Cicerone (Quintiliano lo attribuisce a tale Cornificio), scrive: «Cicerone ha tenuto questo metodo nella divisione delle varie spezie della Metonimia, cioè nominando il possessore per significar la cosa posseduta». E poi è assolutamente da scartare l’idea che in epoca romana un figlio possa far costruire un lungo manufatto in pietre e opus signinum dal Pater Familias con tutto quello che proprio il Padre della Famiglia rappresentava sia a livello di potestà paterna sia a livello di proprietario dei terreni della propria Gens.
Per l’interpretazione di quel discusso «per» basta studiarsi, poi, anche quanto scrive l’architetto e archeologo cagliaritano Luigi Tocco14, che trattando dell’argomento del diritto di passaggio di acquedotti attraverso terreni privati porta l’esempio di un acquedotto che passava attraverso i campi di tale Sextius e usa due soli termini: …per Sextium…! Allo stesso modo, per un lampante esempio abbiamo, poi, una frase semplice di un efficace cronista quale il grande Giulio Cesare che scrive: «Reliquebatur una per Sequanos via…»15 e cioè : «Restava solo la strada attraverso il territorio dei Sèquani».
E veniamo ai personaggi riportati nell’epigrafe: «Ti Cl», «Praec Ligar Magonianus» e «Praecilium Zoticum». «Praec Ligar Magonianus» è senza alcun dubbio Precilio Ligario Magoniano. Non c’è il praenomen, a meno che non sia proprio Praecilius. Era questo, in epoca imperiale, il nomen gentilizio di una Gens romana minore di origine sabina molto probabilmente derivante dal praenomen servile Praeciulius. Come praenomen Praecilius, infatti, lo usa più volte Cicerone16. In epoca imperiale i praenomina più diffusi per la Gens Praecilia erano Lucius, Quintus e Publius. Nessun Tiberio Claudio, per cui quell’acronimo «TI CL» sta proprio a datare l’iscrizione all’età claudia e quindi dell’imperatore Tiberio Claudio. Il famoso «TI CL» (Tiberius Claudius) sarebbe altrimenti un nomen di derivazione adozionale in contrasto con il successivo appellativo Magonianus. Ligarius perché sicuramente di discendenza servile della Gens Ligaria che era una famiglia equestre di ricchi commercianti di grano provenienti dall’Africa mediterranea e custodi del culto per il dio Juppiter Sabatius, protettore proprio del grano, derivante dal dio afro-orientale Savadius17. Magonianus perché adottato dal nonno materno della Gens di origine campana Magonia18, come si evince dal suffisso «-ianus». Quindi Praecilius Zoticus, padre di Praecilius Ligarius Magonianus, schiavo liberto della Gens Ligaria con agnomen Zoticus e cioè proprio «contadino zotico» a meno che non lo si voglia far derivare, come fa Solin19, dal nome grecanico Zoticòs (Ζoτιкώς = pieno di vita). Perché lì a Casalucense? Solo ipotesi, la mia: adsignationes militari nell’ager casinas di cui una proprio a Precilio Zotico nel bosco (lucus) dove sarebbe sorta la sua villa, sicuramente dopo operazioni belliche in Africa settentrionale, in epoca augustea del 2 d. C. contro i Nasamoni della Tripolitania con il proconsole Publio Sulpicio Quirino. Casa luci (la villa del bosco) da cui, nel Medio Evo, derivò il nome Casalucense.
Per finire, dunque, l’epigrafe andrebbe proprio così interpretata:
«luogo sacro alle ninfe eterne, al tempo dell’imperatore Tiberio Claudio, Precilio Ligario Magoniano fece passare una condotta idrica attraverso il terreno di suo padre Precilio Zotico».
Quindi nessun improbabile «fece costruire l’acquedotto da suo padre Precilio Zotico».
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NOTE
1 B. Di Mambro, L’epigrafe rupestre di Casalucense, in «Spazio Aperto», settembre 1993.
2 Metonìmia (alla greca metonimìa) s. f. [dal latino metonymĭa, e dal greco μετωνυμία, propriamente «scambio di nome», comp. di μετα- «meta-» e ὄνομα, ὄνυμα «nome»]. – Procedimento linguistico espressivo, e figura della retorica tradizionale, che consiste nel trasferimento di significato da una parola a un’altra in base a una relazione di contiguità spaziale, temporale o causale. (Voc. Treccani).
3 M. Lanni, Sant’Elia sul Rapido – L’epigrafe rupestre di Casalucense, in «Spazio Aperto», settembre 1993).
4 G, Carettoni, Casinum, 1940.
5 G. Picano, L’acquedotto romano di Cassino, 1995.
6 G. Lena, Scoperte archeologiche nel Cassinate, 1980.
7 H. Solin, Iscrizioni rupestri del Latium Adiectum, 1992.
8 S. Di Cicco, L’acquedotto romano da Valleluce a Cassino, 1995.
9 L. Gasperini, L’epigrafe rupestre di Casalucense, in «Studi Cassinati», anno 2005, n.2.
10 B. Di Mambro, Sant’Elia Fiumerapido ed il Cassinate, 2002.
11 Ibidem.
12 B. Di Mambro, Sant’Elia Fiumerapido, il Sannio, Casinum e dintorni, 2017.
13 G. M. Platina, Trattato dell’eloquenza spettante ai tropi, 1730, cap. III, p. 4.
14 L. Tocco, Degli antichi acquedotti e delle acque per i medesimi, 1867.
15 Caio Giulio Cesare, De bello gallico, Libro I, paragrafo 9.
16 Marco Tullio Cicerone, Epistulae ad familiares, XIII.
17 C. Molle, Un cavaliere patrono di Aquinum, 2007.
18 J. Kajanto, The latin cognomina, 1966.
19 H. Solin, Iscrizioni rupestri … cit.
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