Si interessò anche alle antiche vicende del territorio e della diocesi aquinate: Mons. Rocco Bonanni a novanta anni dalla morte

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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 4
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di Costantino Jadecola

Rarissima immagine di mons. Bonanni.
Rarissima immagine di mons. Bonanni.

Aquino, nella sua bontà, gli ha intitolato meno di un moncone di strada – un vicolo che s’innesta su piazza San Tommaso – diversamente dal trattamento riservato a più fortunati personaggi che, pur non avendo nulla a che spartire con questa città o mosso un dito per essa, soprattutto per mero opportunismo politico sono divenuti titolari di strade certamente più degne di questo nome.
Lui, invece, che per Aquino, e per il territorio, qualcosa pur fece, ha subìto, inevitabilmente, le conseguenze della irriconoscenza che di norma paga chi osa operare disinteressatamente a beneficio della propria terra se è vero che da epoche lontane si è soliti ammonire che nessuno è profeta nella propria patria.
Mons. Rocco Bonanni, perché è di mons. Bonanni che si parla, non è sfuggito nemmeno lui a questa ferrea legge infrangere la quale, sia detto per inciso, è cosa oltremodo piacevole vuoi per ricordare il personaggio vuoi per rivendicare, quanto meno al nome di Aquino, una dignità antica che non può essersi del tutto volatilizzata.
Dunque, mons. Bonanni. Dire che la sua famiglia era fra quelle più in vista della comunità aquinate è un dato di fatto dal quale non si può prescindere per inquadrare il personaggio che, nell’ambito della chiesa locale, occupò un ruolo certamente importante se è vero che fu non solo un colto e battagliero sacerdote ma anche vicario generale della diocesi, protonotario apostolico, prelato domestico di Sua Santità, naturalmente arciprete della cattedrale nonché «Regio Ispettore Onorario dei Monumenti Scavi ed Arte».
Il suo interesse per la storia di Aquino e per quella dei vari centri accomunati nella medesima diocesi aquinate non fu certo secondo alla sua missione sacerdotale, l’uno e l’altra portati avanti con amore e con passione e, se necessario, anche con decisione. Così come quando, non ancora trentacinquenne – era nato, infatti, nel 1860, il 21 novembre – e già parroco, conduce una dura battaglia per il recupero della chiesa della Madonna della Libera, recupero già attivato dal vescovo Paolo De Niquesa e, alla morte di questi, proseguito da mons. Bonanni con particolare attenzione. E quando un’imposizione ministeriale blocca i lavori, nell’esprimere in una nota il suo disappunto per tale sospensione precisa: «quello che si va eseguendo è a fin di bene: e non si è toccato, né smossa, neppure per mezzo millimetro una sola delle pietre che vi si trovano».
Ed al suo decisionismo ed al suo intuito si deve anche il recupero del LXXIX miglio della via Latina, di fronte alla piccola chiesa intitolata a San Tommaso durante i lavori di posa dell’acquedotto per Pontecorvo.
Ma è come storico che mons. Rocco Bonanni acquisisce i suoi meriti maggiori. Un’attività iniziata nei primi anni del secolo con un’opera, Aquino patria di San Tommaso, Tip. Pietro Veratti Via Vittoria, Roma, 1903, – poi riedita una ventina di anni dopo – nella quale rivendica ad Aquino il luogo di nascita di San Tommaso che, scrive a chiare note, «nacque dal Conte Landolfo, non a Belcastro, o sul Castello di Roccasecca, ma proprio nella Città di Aquino». E aggiunge: «Si abbia Roccasecca, che nel 1300 era in territorio e pertinentiis Civitatis Aquini, la parte di gloria che le spetta come Castello della città, ma non mai quella di potersi proclamare Patria di S. Tommaso!».
Mons. Rocco Bonanni si cura ovviamente anche degli altri suoi conterranei che in qualche modo hanno lasciato una traccia del loro cammino terreno e dedica perciò la sua attenzione agli Uomini illustri di Aquino e Diocesi per santità, dottrina e valore (Cav. Prof. P. Isola Editore, Alatri, 1923). Ma gli interessi culturali dello studioso aquinate vanno ben oltre né, come si è detto, sono limitati alla sola storia della sua città natale. Infatti egli, nella prefazione a Ricerche per la storia di Aquino, pubblicato anche questo presso lo stesso editore alatrino nel 1922, riferisce di aver scritto servendosi «di notizie raccolte, massime a Montecassino, in Napoli ed in Roma per mia sola cognizione personale» un po’ su tutti i paesi della diocesi di Aquino e che sarebbe suo desiderio dare alle stampe tali “monografie” al fine di ricavare dalla loro vendita un primo fondo di cassa a beneficio dei comitati che, secondo una sua idea, avrebbero dovuto operare nei vari Comuni per promuovere la costruzione di altrettanti monumenti in memoria di quanti si erano immolati per la patria durante la Prima guerra mondiale.
Nella medesima circostanza – nella quale, peraltro, ci fa anche sapere di aver quasi completata una storia di Aquino ma di non avere al momento alcuna intenzione di pubblicarla «pel costo elevatissimo della stampa e della carta» – mons. Bonanni è particolarmente duro con Pontecorvo, Roccasecca ed Arce località dalle quali, scrive, sebbene «mi ebbi lettere piene di entusiasmo “per l’opera bella”, “l’opera geniale”, per “l’opera patriottica”, “per l’opera di una genialità sui generis” etc.!» non ho ancora ricevuto «neanche il solo elenco dei morti in guerra!!!». Se per Roccasecca ed Arce riuscirà comunque a «formare» un elenco sicuramente incompleto, per Pontecorvo niente di niente «quantunque», scrive, «interessassi al riguardo molti amici di quella Città». Di conseguenza, non trova di meglio da fare che porre «da parte la voluminosa Monografia della Città, che era quasi al suo termine», sottolineando a chiare note: «non la darò alle stampe, poiché manca per me lo scopo della pubblicazione». Infatti, rendendo fede alla parola data, non pubblicherà Pontecorvo tra le Monografie storiche (F.R.E.S.T. Fabbrica Registri e Stab. Tipografico, Isola del Liri, 1926) anche se, un tantino più addolcito, si riserva di farlo, così come per la storia di Aquino, «non appena il prezzo della carta e della stampa diminuirà» ed il lavoro stesso sarà stato ultimato; parlerà, invece di «Arce e Rocca d’Arce (con Isoletta, Coldragone e Le Case), di Castrocielo e cioè Colle S. Magno e Palazzolo (ora Castrocielo), di Esperia (già Roccaguglielma) con Monticelli e S. Pietro in Curolis, di Pico (con qualche notizia su Pastena e la descrizione della grotta del ‘Pertuso’ in quel Comune), di Piedimonte e Villa S. Lucia, di Roccasecca (con Caprile e Castello), di Santopadre, di San Giovanni Incarico, di Terelle».
Anche nella prefazione a questo volume, dedicato «ai caduti della nostra regione nella guerra 1915-1918», ribadisce la propria delusione ed amarezza perché l’iniziativa che aveva concepito con tanto affetto non ha avuto l’esito sperato ma fornisce anche una serie di informazioni che possono tornare utili circa il lavoro svolto nel reperimento del materiale poi però non utilizzato così come egli avrebbe sperato: «Tengo 2 Clichés per S. Giov. Incarico, Capit. Tasciotti, Ten. Loiola – 1 per Arce, Tenente Sera – 1 per Roccadarce, Colonnello De Camillis – 13 per Coldragone – 3 per Roccasecca – 3 per Terelle – 5 per Castrocielo, Capitano Grossi e Sottot. Murro – 5 per Colle S. Magno, Sott. Murro – 10 per Piedimonte – 1 per Villa S. Lucia – 46 per Aquino, fra cui i Tenenti Venditti e Pelagalli».

Il palazzo Bonanni nell’allora piazza Pasquale Pelagalli distrutto dagli eventi bellici della Seconda guerra.
Il palazzo Bonanni nell’allora piazza Pasquale Pelagalli distrutto dagli eventi bellici della Seconda guerra.

E coglie l’occasione per citare e ringraziare quanti hanno collaborato dai vari comuni: il cav. Paolo De Camillis di Roccadarce, il cav. Silvestro Roselli di Esperia, il comm. Pasquale Pelagalli di Piedimonte San Germano, il sig. Tommaso Bartolomucci di Pastena, i sindaci e i segretari comunali di Santopadre, Villa Santa Lucia, Colle San Magno e San Giovanni Incarico, gli arcipreti o sacerdoti De Marco di Piedimonte, Corda di Santopadre, Ricci e don Michele Ricci di Castrocielo, Marrocco di Arce, Camilli di Roccadarce, Marzilli di Coldragone, Proia di Monticelli, Cerrito e don Antonio Grossi di Pico, Sdoia di Colle San Magno, Santopietro di San Giovanni Incarico, Elia e don Paolo Azzoli di Terelle, Terilli di Esperia, Delli Colli, Di Rollo e mons. Pellegrini di Roccasecca, De Pascale di Villa Santa Lucia, Flaminio Cavaioli di Isoletta; c’è, infine, un pensiero per le «care memorie» dell’arcivescovo Paolo Emilio Bergamaschi di Pontecorvo, dell’abate Marco Quagliozzi di Roccasecca e del cav. Francesco Roselli di Esperia.
Certo, mons. Bonanni – che morì l’11 novembre 1928, proprio novant’anni or sono – meriterebbe ben altre considerazioni. Ma le fonti sulla sua vita sono pressoché inesistenti e, dunque, averne tracciato questo che è ancor meno di uno schizzo è, forse, già un piccolo passo avanti: di lui, purtroppo, non restano altre memorie se non quelle intuibili dai suoi scritti tra i quali, peraltro, si sente certamente la mancanza, per via del «costo elevatissimo della stampa», della preannunciata storia di Aquino così come, anche per via della guerra, è andata dispersa la sua biblioteca e quant’altro era riuscito a raccogliere sulla sua città come, ad esempio, il più volte da lui citato manoscritto anonimo intitolato Ragguaglio dello stato passato e presente dell’Antica Città di Aquino e suo Contado.
Anche di mons. Bonanni come sacerdote, non è che si conosca più di tanto. Una cosa, però, sembra certa: che se in chiesa sentiva volare una mosca, non te lo mandava certo a dire. Era, insomma, un tipo apparentemente autoritario che all’occorrenza, però, sapeva anche essere più che disponibile. Chi, avanti negli anni, ma a quei tempi bambino, ricordava che, smessi gli abiti da chierichetto, talvolta lo si andava ad accompagnare fino a casa, che dalla cattedrale di San Costanzo non distava nemmeno centro metri, essendo sia l’una che l’altra in piazza Pasquale Pelagalli (un altro aquinate prima “declassato” e poi dimenticato che, peraltro, di mons. Bonanni fu padrino), per avere quel soldo che don Rocco era solito elargire come ricompensa per quella non certo disinteressata e temporanea compagnia.
C’è poi una storiella che lo riguarda, storiella che anni addietro venne rispolverata da tre alunni delle scuole elementari, Tommasina Marsella, Pasquale Della Posta e Lucia Fusco, impegnati in una ricerca su Aquino («Aquino nostra»). Racconta che in occasione di un imprecisato Natale mons. Bonanni venne omaggiato di una grossa anguilla pescata nei Pantani tagliati dal corso delle Forme dove, precisa lo storico aquinate, non solo «se ne trovano in buon numero» ma sono anche «squisitissime». Piuttosto che tenerla per sé, mons. Bonanni pensò bene di farne dono a monsignor vescovo, a Sora, il quale a sua volta ritenne che, più che lui, quell’anguilla la meritasse il suo vicario di Pontecorvo. Che, ricevutala, ne apprezzò il gesto ma pensò anche che sarebbe stato un bel presente per l’arciprete parroco di Aquino. L’anguilla, dunque, tornò da dove era partita. Mons. Bonanni «la guardò, la riconobbe e, con un debole sorriso, ‘Ah…’, disse, ‘sei ritornata?… Ebbene, stai sicura che questa volta non scapperai più. Si volse alla governante e, tracciata una bella croce sulla conca dov’era l’anguilla, con allegra solennità ci cantò sopra con aria di messa: Mezza allessa mezza arrosto,/ va per Cristo Domine nostro…’ Amen!».

 

 

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