Un enigma da risolvere, una pietra di confine sul monte Aquilone

 

Studi Cassinati, anno 2015, n. 1
> Scarica l’intero numero di «Studi Cassinati» in pdf
> Scarica l’articolo in pdf
.

di Emilio Pistilli

04L’uso di pietre o cippi di confine come segnali tangibili per delimitare i confini di territori (a volte interi stati, a volte semplici poderi) è antichissimo e diffuso su tutto il pianeta.
Ne ritroviamo in abbondanza nell’ex Terra di San Benedetto, lungo la perimetrazione esterna ma soprattutto trai i comuni o castelli, come si diceva una volta, all’interno di essa.
A tali pietre fa riscontro un apposito registro elaborato dai benedettini nel sec. XIII, ai tempi dell’abate Bernardo Ayglerio (ab. (1263-1282), il “Registrum  censuum et confinium” del 1278, che per tutti i secoli successivi ha regolato dispute e controversie per i confini tra comuni, oltre a definire i censi da devolvere all’abbazia di Montecassino.
Su Studi Cassinati ce ne siamo occupati più volte: si veda per es. G. Petrucci, “I confini del Castello di S. Elia Fiumerapido” (n. 2/2012, pag. 144 e sgg.), o, prima ancora, E. Pi­stilli, “Cassino – S. Elia: un cippo di confine con una lunga storia” (n. 4/2011, pag. 252 e sgg.).
Ora vorrei occuparmi di un cippo alquanto enigmatico, segnalatomi dal socio arch. Bruno Palombo da Cervaro.
Per fotografarlo dovetti ricorrere alla disponibilità dell’amico Bruno, che mi accompagnò sul luogo, lungo le balze del monte Aquilone.
Si tratta di un macigno nativo (cm. 120×80) spianato sulla superficie superiore sulla quale è incisa una marcata linea retta, direz. NNE – SSO; sul lato destro è incisa una grossa “M” (cm. 13×15) con la base rivolta ad est (direzione Cervaro), mentre sull’altro lato della linea sono incise le lettere “CC” (cm. 10×11) con base rivolta a nord (vd. foto 1), dunque con visuali prive di reciprocità.
Il sito della pietra è a quota 677 slm tra le alture del Frontone e colle Castellone, in posizione dominante la contrada S. Michele. Lo si trova al termine di un sentiero in salita, su un breve spiazzo, e prima dell’ascesa al colle Castellone (vd. foto 2, 2 bis e 3).
In prossimità di quel punto si diramano i confini dei comuni di Cervaro, Cassino e S. Elia Fiumerapido, ma, stando agli attuali confini dei comuni, sarebbe collocato su quello tra Cassino e S. Elia, mentre la demarcazione di Cervaro è molto più ad est (vd. Foto 4, cartina).
È il caso di segnalare che gli attuali confini politici tra i comuni in questa zona del Lazio meridionale corrispondono più o meno costantemente a quelli fissati dal regesto di Bernardo Ayglerio più su ricordato. Ho avuto modo di documentarlo in altri miei precedenti lavori1.
Tuttavia volendo verificarli secondo il Regesto analizzando i confini dei comuni contermini di Cervaro, S. Elia e S. Germano (odierna Cassino), ci troviamo in grave difficoltà per l’identificazione dei toponimi antichi. Molti di essi sono ancora presenti nell’attuale toponomastica dei luoghi montani sulle pendici dell’Aquilone, però non coincidono con un tracciato razionale che consenta di seguire un percorso riconoscibile. Per Cervaro abbiamo toponimi come “sancte Marie Ascensu” “petre Acquare”, “vadum de Vetica”, “mons Paganus”, “Aquilone”, “Forcella de Cruce” (monte S. Croce), “Porthelloni” (Portella?), lo stesso “Aquilone”, ecc., che figurano ancora oggi, sia pure con lievi modifiche, nelle carte topografiche IGM della zona. Analoga situazione circa i confini di S. Elia, dove troviamo, per esempio, località come “petre Acquare” fortemente dislocata rispetto a quella omonima di Cervaro; la carta delineata nel 1745 dal padre Innocenzo Cobelli di Montescaglioso per contrastare le mire di Vallerotonda sui territori di S. Elia presenta numerose indicazioni dubbie che non ci aiutano a far chiarezza, mentre nella descrizione dei confini di S. Germano del nostro regesto, non troviamo toponimi in comune con Cervaro, almeno nella zona che ci interessa. Il voler collegare le suddette località secondo la successione del regesto, includendo anche gli altri toponimi non riconoscibili, diventa un vero rompicapo. La linea che risulterebbe unendo i vari punti procederebbe in maniera incoerente incrociando più volte se stessa. Si puó ipotizzare che i nomi di quei luoghi, pur essendosi tramandati fino ad oggi, abbiano perso l’originaria ubicazione.
Ma siamo nel campo delle ipotesi senza accettabili riscontri.
Altro enigma è costituito dalle lettere incise sul cippo.
A cosa rinviano le due “CC” e la “M” e perché sono orientate in modo ortogonale tra loro? Sembra vogliano indicare, con la loro disposizione, la direzione in cui guardare per indicare l’area a cui si riferiscono.
Volendo dare una chiave di letture a quelle lettere potremmo ipotizzare “Castrum Cerbarii” per le due “CC” e “Monasterium” per la “M”.
Così, ponendoci di faccia alla base delle “CC”, dovremmo avere di fronte il territorio di Cervaro, mentre ponendoci sulla base della “M” dovremmo vedere il territorio di Montecassino. Ma che senso ha? Se da una parte c’è Cervaro, perché dall’altra non c’è S. Germano? Sia l’uno che l’altro sono parte del territorio dell’abbazia.
Insomma nulla di certo e nulla di chiaro.
Alla fine si puó ancora ipotizzare che il cippo non sia da ricondurre ai tempi di Ayglerio e che abbia invece attinenza ai confini delle proprietà di privati possidenti terrieri; ma il fatto che è posto proprio sull’attuale linea di confine – come lo sono altri già noti – pone seri dubbi su quest’ultima eventualità.
Analoghi problemi suscita l’altro cippo posto sulle pendici del monte Cassino che reca la scritta “MN” sormontata da una croce2. Anche questo, una piccola stele sagomata (vd. Foto 5), è posto sul confine (presumibile) tra S. Germano e l’Abbazia. Ma cosa indicano le due lettere? Molti si sono sbizzarriti a trarne una lettura, ma senza alcuna proposta attendibile.
Altro discorso è per le pietre di confine ritrovate sulle pendici del Monte Trocchio delle quali possediamo ampie notizie e documentazione; ma di queste ci occuperemo in un prossimo intervento.
Lo scopo di questo articolo, in definitiva, è quello di una mera segnalazione dell’esistenza di quel cippo, nella speranza che altri riescano a dare risposte ai nostri interrogativi.

1 “I confini della Terra di S. Benedetto. Dalla donazione di Gisulfo al sec. XI”, CDSC onlus 2006, pag. 8 e passim: “Acquafondata e Casalcassinese”, Cassino 2003, pag. 19.
2 Da me pubblicato in “Antiche strade per Montecassino”, Cassino 1992, pagg. 17-18.

(491 Visualizzazioni)