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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 2
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di Emilio Pistilli
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Uno dei più cospicui monumenti dell’antica Casinum non ha ancora svelato il segreto della sua origine nonostante l’interesse e gli studi dei più valenti cultori dell’archeologia cassinate. Sul grandioso mausoleo che si erge in piena zona archeologica della città romana si sono confrontate le ipotesi più disparate, ma alla fine ha prevalso quella che oggi è la più popolare: tomba della matrona romana Ummidia Quadratilla. La più popolare ma la meno attendibile. Infatti da qualche tempo si usa accennare al mausoleo come ”cosiddetta” (abbreviato ”c. d.”) tomba di Quadratilla. Da alcuni, per non discostarsi troppo da tale denominazione si è usato definirlo ”tomba degli Ummidi” attribuendolo, dunque, alla gens ummidia, la potente famiglia presente in Casinum nel I secolo d. C.
A proporre una tesi diversa è l’emerito archeologo Filippo Coarelli, che, con varie ed articolate argomentazioni, identifica in Marco Terenzio Varrone il fruitore del mausoleo; tra l’altro afferma: «L’ultimo edificio che possiamo probabilmente collegare con il grande studioso è l’imponente mausoleo, che sorge sulla terrazza sottostante al teatro, e che in genere – ma senza argomenti – è attribuito ad Ummidia Quadratilla, la figlia del primo Cassinate che fu console, nel 40 d. C., L. Ummidius Durmius Quadratus, morta in tarda età, nel 107 d. C. (come ricorda Plinio il Giovane) [ … ] esso non può che appartenere a un personaggio di grande rilievo, che per i suoi meriti dovette godere di una vera e propria eroizzazione1». La tesi di Coarelli farebbe anticipare la costruzione al periodo varroniano (Varrone è morto il 27 a.C.), mentre pare accertato, secondo studi più recenti, che il mausoleo debba risalire alla metà del I secolo d.C.
Non affronterò qui il problema della datazione – I sec. a. C. oppure I d. C.2 – o quello dell’ubicazione – a ridosso delle mura cittadine – e tanto meno quello stilistico ed architettonico: lo hanno già fatto autorevolmente vari studiosi3. Prenderò il monumento per quello che è e cercherò di capire quale fosse la sua destinazione.
Concordo con Coarelli quando dice del mausoleo che «non può che appartenere a un personaggio di grande rilievo» e, con lui, escluderei che si trattasse di Ummidia o qualcuno della sua famiglia, ma con altre motivazioni. Non ritengo, infatti, pensabile che membri della gens ummidia, originaria di Casinum, con il loro peso e stato sociale, preferissero risiedere stabilmente – tranne che in alcuni periodi dell’anno – in una cittadina di provincia come Casinum, fino a farvisi seppellire, e non in Roma dove potevano curare ed incrementare più direttamente i loro interessi e frequentare ambienti consoni al loro rango.
Mi sovviene in tali considerazioni Francesca Dal Cason Patriarca quando scrive: «Gli interessi della famiglia [Ummidi] vengono mantenuti nella città d’origine [Casinum] attraverso dei liberti (C.I.L. X 5299, 5300, 5302; epigrafi, queste tre databili al I sec. d.C.; C.I.L X 5301 (epigrafe databile al II sec. d.C.) è l’epitafio di una bambino, di cui si ignora la condizione giuridica, ma il cui cognomen sembra attestare un’origine schiavile; C.I.L. X 5303 nella quale il gentilizio è attestato, è un’epigrafe frammentaria. L’epigrafe C.I.L. X 5248 è l’epitafio di uno schiavo degli Ummidi; l’epigrafe è databile al II-III secolo»4.
Dello stesso parere è Eugenio Polito, che afferma: « …visse certo soprattutto a Roma, dove erano ormai verosimilmente concentrati i principali interessi economici della famiglia»5.
Una ulteriore conferma che la gens Ummidia vivesse prevalentemente nell’Urbe ce la fornisce Plinio il Giovane con la sua lettera a Gemino, dove, dopo aver tracciato una breve biografia della matrona casinate, afferma che Ummidia lasciò i due terzi della sua eredità al nipote prediletto, Quadrato, che andò ad abitare nella casa che era appartenuta al giurista Gaio Cassio6 – morto nel 69 d.C.–; la casa doveva essere la grandiosa Villa Cassia presso S. Gregorio da Sassola, non molto distante da Tivoli, e di cui sono ancora visibili imponenti resti; non è da escludere che quell’abitazione fosse nelle disponibilità degli Ummidi.
Aggiungo: se realmente Ummidia Quadratilla avesse fatto costruire il mausoleo destinandolo a tomba di famiglia non avrebbe mancato di far scolpire una lapide a memoria, vistosa almeno quanto quelle relative ai suoi interventi sul teatro e sull’anfiteatro: un tale manufatto difficilmente avrebbe fatto perdere ogni sua traccia, come è stato per le citate epigrafi; ed infatti neppure un frammento del genere è mai apparso in suolo casinate. Constatato che per l’attribuzione alla gens ummidia o a Varrone ci si è basati solo su congetture e non vi sono riscontri obiettivi offerti dalla ricerca archeologica o dalle fonti, non sarebbe errato esaminare la possibilità di un ulteriore personaggio.
L’epigrafia casinate ce ne segnala diversi ma ve n’è uno in particolare che sembra giganteggiare nel panorama epigrafico di Casinum, alla pari di Ummidia.
Sto parlando di Marcus Obultronius Cultellus prefetto dei fabbri7 e duumviro, del quale ci sono rimaste svariate importanti epigrafi, almeno otto tra quelle note.
Una fu ritrovata da Carettoni negli scavi al teatro romano (epigrafe n. 1): da essa si deduce che il nostro Obultronius Cultellus rivestiva la carica di duovir insieme a Lucius Sonteius8:
Ancora, nei pressi del teatro romano si rinvenne una sua dedica all’imperatore Claudio qualificandosi come Praefectus Fabrum (cm. 62×185): ora è conservata nel lapidario di Montecassino (epigrafe n. 2)9. È molto probabile che egli abbia proceduto al restauro del teatro per conto di Ummidia Quadratilla dedicandolo al divino Augusto10. Maurizio Fora pone il restauro nella seconda metà del primo secolo d.C.11.
Silvana Errico pone Marcus Obultronius Cultellus tra gli uomini vicini all’imperatore Claudio dicendo che «ebbe un ruolo importante nell’abbellimento della città»12 e lo definisce «un amico degli Ummidii, che si era fatto valere presso l’imperatore Claudio e che collaborò anche al piano esecutivo della Casinum imperiale, negli ultimi anni della dinastia giulio-claudia». Un frammento è segnalato da A. Giannetti (epigrafe n. 3): «Fu recuperato fra le macerie dei loculi sottoposti alla biblioteca [di Montecassino]»13 dove si legge solo M(arcus) OBUL[tronius – –
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Altro ritrovamento si ebbe nel 1876 nella zona della curva del primo tornante di Montecassino durante i lavori di costruzione di quella strada (epigrafe n. 4); fu segnalata da Filippo Ponari, che supponeva non fosse quello il sito originario (ma di questo si parlerà più avanti); vd. anche Mommsen C.I.L. 5188.
In tempi molti più recenti (2004) fu rinvenuta altra epigrafe in località Prepoie di Belmonte Castello (epigrafe n. 5) che riportava un testo identico alla precedente14.
Anche in queste ultime due Obultronius si qualifica come Preafectus Fabrum.
In un frammento a grosse lettere rinvenuto presso il teatro, in terreno di Cosmo Petrarcone, troviamo ancora il praefectus fabrum che sembra fuor di dubbio debba riferirsi ad Obultronius Cultellus15.
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pr AEF · FABR Epigrafe n. 6
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In un altro frammento epigrafico funebre, apparso nel 1780 in territorio di Trocchio (epigrafe n. 7) si fa menzione di una certa Obultronia16.
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Ancora un frammento epigrafico potrebbe far riferimento al nostro Obultronius
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PATR · PRAEF Epigrafe n. 8
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L’iscrizione è a grandi caratteri e probabilmente era murata nel teatro17.
Coarelli la data a fine età repubblicana e legge [p]at(ronus) praef(ecturae) attribuendola a M. T. Varrone18, ma non concorda Heikki Solin che la colloca nella prima metà del I secolo d.C.: «PRAEF può anche rappresentare un’abbreviazione di praefectus, ma non nell’accezione di un magistrato della città, bensì come indicazione di qualche altra funzione. Si potrebbe per esempio pensare a un praefectus fabrum e viene in mente il duoviro M. Obultronius Cultellus, che ha eretto una dedica Divo Augusto e tre altre dediche locali dell’età neroniana come praefectus fabrum. L’ordine delle parole patronus praefectus potrebbe sembrare sorprendente, tuttavia il tipo esiste»19 ed elenca alcuni casi che lo confermano.
Sulla stessa posizione è Silvana Errico: «… un eventuale personaggio in questione potrebbe essere il noto praefectus fabrum M. Obultronius Cultellus, per nessi logici e cronologici: essendo anche duoviro della città, un suo patronato sarebbe plausibile»20, e cita Ségolène Demougin che afferma: «M. Obultronius Cultellus è tra i notabili municipali introdotti nella corte imperiale»21.
Ma le fonti ci segnalano altri riferimenti a personaggi di nome Obultronius fuori di Casinum.
Tacito ci narra di un figlio del nostro Obultronius Cultellus, Obultronius Sabinus, questore nel 56 d.C. e proconsole della Baetica nel 67/68, fatto uccidere da un certo Helvidius Priscus su ordine dell’imperatore Galba22.
Sembra accertato che gli Obultronii avessero prospere attività commerciali soprattutto nel campo della produzione della ceramica in altre aree della Penisola: bolli ceramici sono apparsi in Calabria e Puglia, nel Piceno ma anche in Egitto e nella costa dalmata. Ce ne dà conferma Daniele Manacorda quando si occupa della produzione agricola e ceramica nella Calabrìa romana tra Repubblica e impero in particolare ad Apani in provincia di Brindisi23: «Agganci interessanti sono offerti dal gentilizio Obultronius, attestato dal bollo Q. OBVLTRON, con le sue varianti (Desy 578-583) 24, noto – sia pure sporadicamente – anche in Egitto (Alessandria, assente in Desy 1989)25. La famiglia è ben nota nella prima età imperiale a Casinum, dove sono attestati un M. Obultronius Cultellus praefectus fabrum ed una Obultronia, madre di un magistrato locale26, e raggiungerà gli honores urbani nella stessa epoca con Obultronius Sabinus, quaestor aerari nel 56 (PIR, 2, V, p. 408, n. 4). Gli Obultronii sono dunque assai verisimilmente originari di Casinum (Alföldy 1966)27, e i bolli di Apani sembrano dare quindi un’ulteriore testimonianza delle capacità di intervento economico in area brindisina da parte di famiglie di origine centro-italica, analoga a quella che abbiamo ipotizzato nel caso dei Visellii. Degna di considerazione in questo caso è la notizia relativa ad una tegola, bollata M. OBVLTRONI, rinvenuta sulla costa meridionale del Piceno28 traccia tanto della diffusione del gentilizio in aree caratterizzate da un’agricoltura intensiva,29 quanto della sua relazione con attività produttive ceramiche facenti forse capo a membri della stessa famiglia, di cui sono ben documentati i contatti con la corrispondente costa dalmata»30.
A fornirci maggiori informazioni sulla gens Obultronia è Ségolène Demougin: «M. Obultronius Cultellus appartenne al ceto dei notabili municipali che erano introdotti nella corte imperiale. Ma conosciamo solo qualche tappa della sua carriera. Duoviro a Casinum, figura su una dedica ufficiale ad Augusto con il suo collega L. Sontius. In seguito ottenne la prefettura dei costruttori di Claudio. Questa prefettura si colloca probabilmente durante l’uno dei consolati rivestiti dall’imperatore nel 43, 47, o 51. Propendiamo per quest’ultima data perché le iscrizioni che ricordano le sue funzioni furono incise dopo la scomparsa di Claudio, nel primo anno di regno di Nerone. Dopo aver esercitato la sua carica, Obultronius Cultellus sembra essersi ritirato nella sua città d’origine, Casinum. Apparteneva ad una famiglia d’origine etrusca stabilitasi a Casinum dove fece parte della classe dirigente (un altro ramo della famiglia si stabilì in Dalmazia31). In città si conosce una Obultronia Prisca, madre di un duoviro (CIL, IX, 5205). È possibile che Obultronius Cultellus abbia approfittato dei favori imperiali per far entrare suo figlio nell’ordine senatoriale; riteniamo che si debba identificarlo con Obultronius Sabinus, quaestor aerarii nel 56 d.C. ucciso nel 68 (Tacite, Ann., 13, 28; Hist., 1, 37)»32.
Da quanto su esposto la figura di Obultronius Cultellus emerge in tutto il suo prestigio nelle élites casinati del primo impero, senza sfigurare nei confronti della gens ummidia, con cui ha avuto stretti rapporti d’affari e di finanza (il restauro del teatro, per esempio).
Ma ritorniamo alle epigrafi nn. 4 e 5 che hanno una lunga storia da narrare.
Su entrambe si è argomentato collegandole tra loro: fui il primo a proporre l’attribuzione delle due epigrafi al costruttore dell’acquedotto romano che da Valleluce giungeva a Casinum dopo aver percorso circa 22 chilometri33, cioè al nostro Obultronius Cultellus. Silvana Errico si limita ad attribuirgli il ruolo di controllo: «Tra gli uomini vicini all’imperatore Claudio troviamo Marcus Obultronius Cultellus, il suo già citato prefectus fabrum, che ebbe un ruolo importante nell’abbellimento della città, come vedremo. È certo che egli sia stato uno dei duumviri che consacrò al divino Augusto il teatro, restaurato a spese di Ummidia Quadratilla; inoltre, egli era stato incaricato anche del controllo dell’acquedotto cittadino, secondo un’epigrafe ritrovata da qualche anno»34.
Manuela Tondo ed altri sono più espliciti nell’attribuzione dell’acquedotto ad Obultronius: «Grazie al contesto di rinvenimento della base dalla località Prepoie, è stato possibile identificare l’opera pubblica inaugurata da Obultronius Cultellus con l’acquedotto romano che da Valleluce giungeva nel centro urbano di Casinum»35.
L’epigrafe ora è conservata a S. Elia, nella chiesa di S. Maria dell’Olivella; il restauro, finanziato dal Comune di S. Elia Fiumerapido, è stato curato da Enrico Montanelli.
L’epigrafe n. 4 appare più interessante ai fini di questo lavoro.
Dinanzi al Tribunale di Cassino, al centro della struttura monumentale che ricorda la distruzione della città nel 1944, è posto un masso calcareo con una epigrafe ormai poco leggibile (fig. 4). Il testo:
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M · OBVLTRONIVS · CVLTELLVS · PRAEF · FABR
DIVI · CLAUDI · ISSU · CAESARIS · DEDICAVIT
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La pietra fu ritrovata tra le macerie del vecchio Liceo ginnasio durante lo sgombero per la costruzione del Tribunale. Da allora è sempre rimasta nell’attuale zona ma con vari spostamenti; ha ricevuto danni in occasione dell’ultima collocazione. Si potrebbe dire che l’epigrafe, dal momento che è nota agli specialisti per essere stata pubblicata dal Mommsen nel Corpus delle iscrizioni latine (C.I.L., X1, 5188), sia di non rilevante importanza sul piano storico, ma questo è tutto da vedere per quanto si dirà appresso.
Non è possibile, a tutt’oggi, accertare i tempi e i modi del trasloco del masso nel sito attuale di piazza Labriola: è probabile che sia stata spostata lì fin dal suo ritrovamento, nel 1876, su ordine dell’allora sindaco Benedetto Nicoletti. Venne fuori durante i lavori per la costruzione della strada per Montecassino e fu posta nel locale museo, ci dice Mommsen (che scrive nel 1883), che raccoglie la notizia del ritrovamento dall’abate Filippo Ponari di Cassino; aggiunge che si tratta di una base o piedistallo con sopra dei fori. A quale museo si riferisca lo studioso tedesco non è dato saperlo, anche se pochi anni prima l’amministrazione Nicoletti aveva progettato l’apertura di un museo nei locali delle «Scuole Pie» della vecchia Cassino, ubicate ai piedi di Rocca Janula in zona S. Silvestro; non risulta, però, che il progetto sia mai stato realizzato.
Alla stringata indicazione del Mommsen ora possiamo aggiungere qualche nuovo elemento che getta una luce nuova sull’origine della nostra epigrafe.
Nell’Archivio Centrale dello Stato di Roma è conservato un carteggio, inedito fino al 199936, tra Filippo Ponari, ispettore agli scavi e monumenti di Cassino, e Giuseppe Fiorelli, presidente della Commissione Archeologica del Regno37. In due successive lettere il Ponari informa la commissione del ritrovamento dell’epigrafe in questione. Nella prima, del 3 luglio 1876, dice: « Mi affretto a farle noto un altro monumento uscito dai rottami dell’antica Cassino non molto lungi dal Teatro in occasione degli scavi che si fanno per la nuova via per monte Cassino. Esso consiste in un piedestallo dell’altezza di un metro, e della larghezza di un metro, e quaranta centimetri circondata da larga fascia, o cornice nel cui mezzo è incisa la iscrizione che segue»; l’iscrizione è riportata in maniera sbagliata; ma prosegue: « Al di sopra poi della base avvi un incavo di forma quasi quadrata, entro cui doveva posare a mio credere il busto, o statua che doveva porsi sopra, né vi si scorge alcuna tenuta in ferro o in calce»; infine aggiunge: «È da avvertirsi ancora, che ai lati del monumento sono alcuni avanzi di mura, la qual cosa fa supporre una Edicola, o altro edificio, entro cui doveva esser collocato il detto monumento dedicato al Prefetto dei fabri». Purtroppo il Ponari non dà indicazioni precise circa il luogo del ritrovamento; da quanto dice, però, si può supporre che dovesse essere in prossimità del primo tornante per Montecassino, al di sotto dell’attuale sede stradale.
A distanza di qualche giorno (9 luglio) il Ponari scrive di nuovo al presidente della Commissione Archeologica per rettificare il testo dell’iscrizione, che è quello più su riportato, e per precisare: «Contrariamente a quanto ho detto prima il masso sembra ivi trasportato, e pare che faccia parte della costruzione della maniera etrusca di cui un monumento è quello che qui va sotto il nome di mausoleo degli Ummidi, costruito come è noto di massi ciclopici, come pare che sia la pietra con la incisione della scritta di sopra riferita»; conclude la lettera riportando l’intenzione del sindaco di far rimuovere il masso per consentire il passaggio della nuova strada.
Mi pare particolarmente importante l’indicazione del Ponari circa lo stato del ritrovamento («ai lati del monumento sono alcuni avanzi di mura, la qual cosa fa supporre una Edicola, o altro edificio, entro cui doveva esser collocato il detto monumento dedicato al Prefetto dei fabri»), ma soprattutto riguardo al luogo di provenienza dell’epigrafe (anche se solo come ipotesi): il c.d. mausoleo degli Ummidi. Se così realmente fosse bisognerebbe rivedere definitivamente la supposizione che il ricordato mausoleo fosse di proprietà degli Ummidi e che quindi si trattasse della tomba della benefattrice di Casinum, Ummidia Quadratilla. Infatti non avrebbe senso una statua con dedica del prefetto dei fabbri, Obultronius Cultellus, in un mausoleo appartenente ad altra famiglia38.
Ma riepilogando circa la levatura sociale del nostro Obultronius, ne viene fuori non un semplice costruttore (faber) ma una sorta di sovrintendente (praefectus) ai lavori pubblici alle dirette dipendenze dell’imperatore; si aggiunga il suo coinvolgimento nell’amministrazione cittadina con la carica di duumviro; inoltre va segnalata la sua appartenenza ad una famiglia dedita alla produzione ed al commercio della ceramica in tutta l’area meridionale della Penisola fino all’Albania; né va tralasciata l’inclusione del figlio nell’ordine senatorio grazie al benvolere dell’imperatore.
A questo punto è pensabile che un costruttore del livello di Obultronius Cultellus che, per conto dell’imperatore (anzi, degli imperatori), realizzò grandiose opere pubbliche, come l’acquedotto di Casinum o, con il finanziamento di Ummidia, il restauro del teatro (e, perché no, anche l’anfiteatro), non avesse provveduto a costruire per sé una sontuosa domus nella sua città?
Vista anche la residenza stabile della famiglia in Casinum39, non sarebbe azzardato pensare ad una tomba gentilizia pretenziosa e di gran pregio, come un mausoleo.
Possiamo individuarla nella cosiddetta tomba degli Ummidi? Sarà invece qualche altra costruzione di cui non ci è giunta notizia mentre il noto mausoleo appartenne realmente ad Ummidia? Allo stato attuale non ci è dato appurarlo. In ogni caso, ribadisco, non è consentito ritenere che gli Obultronii, con il loro prestigio sociale ed economico, non avessero in Casinum una loro importante abitazione e tanto meno una tomba monumentale.
Tuttavia tutta la letteratura relativa al mausoleo, al di là dei dubbi più volte sollevati da illustri studiosi, verte sulla supposta appartenenza agli Ummidi, che in definitiva, sono considerati l’unica famiglia di elevato rango presente in Casinum degna di possedere un tale monumento funerario; alla stessa si tende attribuire il ninfeo, detto «Ponari»40 e l’annessa domus non ancora riportata alla luce: insomma è come se gli Ummidi e Casinum fossero una sola cosa. Qui, invece, ho voluto prospettare la possibilità che in città vi fossero anche altre importanti presenze familiari, come gli Obultronii.
Solo una campagna di scavo sulle pendici di Montecassino a ridosso della nota Casinum potrebbe darci questa ed altre risposte. Infatti è da tener presente che buona parte della città romana è ancora sepolta da metri di terreno di frana e di erosione causata dalle acque meteoriche e attende di riemergere: una conferma ce la dà il sito del ninfeo, che solo in minima parte è stato portato alla luce: nonché la domus che attende interventi di scavo.
È comunque indubitabile che quella metà del primo secolo d.C. rappresentò per Casinum un irripetibile periodo aureo di grandi opere e ristrutturazioni urbane: oltre quelle di cui qui si parla possiamo aggiungere la lastricazione della strada che dalla porta Campana conduceva al foro – 57 d.C., console Lucio Calpurnio Pisone –41; in tale contesto è da presumere in loco una classe dirigente di tutto rispetto e la presenza di élites sociali di prestigio molto connesse alle vicende dell’impero: gli Ummidi e gli Obultronii ne furono solo una rappresentanza e Marco Terenzio Varrone, con la sua villa sulle sorgenti del Gari, un precursore.
Intanto, ritornando all’epigrafe n. 4 e per concludere, va segnalato il suo pessimo stato di conservazione con rotture recenti e danni causati senz’altro dagli ultimi eventi bellici. La scritta sembra sproporzionata nella sua ampia cornice: è ben centrata ma sembrano eccessivi gli spazi tra essa e i margini superiore ed inferiore (cm. 42+42). La cornice è larga cm. 10 circa e la sua area interna è cm. 92×94. Si ha l’idea che l’iscrizione fosse stata scolpita dopo aver abraso una precedente scritta: qualche traccia di ciò sembra ancora visibile ad un’attenta osservazione. Sul lato destro, verso il retro, vi è un’ampia scalpellatura vagamente incavata, come se si fosse voluto adattare il masso al margine di una costruzione: e infatti la parte posteriore è molto grezza e irregolare, il che confermerebbe l’ipotesi del Ponari. Le misure attuali corrispondono solo in parte a quelle fornite dallo stesso Ponari: larghezza cm. 140, altezza massima attuale cm. 90 (anziché 100); lo spessore va dai cm. 60 alla base a cm. 37 in alto; il carattere misura cm. 3,7 in altezza. È evidente che al manufatto mancano molti frammenti perimetrali, specialmente sul lato superiore.
La collocazione attuale è abbastanza decorosa, ma mi chiedo se non sia il caso di proteggere l’epigrafe da ulteriori possibili danni collocandola nel nuovo lapidarium del museo archeologico: lì, oltre tutto, sarebbe molto prossima al sito del suo ritrovamento. Vista la segnalazione del Ponari circa la sua provenienza sarebbe opportuno effettuare ulteriori indagini, specialmente presso il mausoleo.
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NOTE
1 F. Coarelli, Le mausolée de Varron à Casinum? Une hypothèse d’identification, «REL», 75 (1997), pp. 92-102.; Id., Varrone e Cassino, in «Studi Cassinati», a. 2008 n. 4, pp. 250-251.
2 Per la questione si veda A. Betori e S. Tanzilli Cassino e Venafro: episodi di edilizia monumentale a confronto, in Ghini (ed.), «Lazio e Sabina», 7, Atti del convegno Sesto Incontro di Studio su Lazio e Sabina, Roma 2010, ripreso da S. Tanzilli, Cassino, Architettura, Archeologia, Arte, Storia, Graficart 2016, p. 101 e sgg., alla cui bibliografia rinvio. Tanzilli pone la costruzione nei decenni centrali del I sec. d. C.
3 Da Filippo Ponari (Ricerche storiche sulle antichità di Cassino, Napoli, 1867), a Gustavo Giovannoni (La tecnica della costruzione presso i Romani, Roma 1925), a Giuseppe Lugli (in Encicl. Italiana, sub v. Casinum), a Gianfilippo Carettoni (Casinum, Ist. St. romani, XVII, Roma, 1940), a Filippo Coarelli («Studi Cassinati» 2008/4, pag. 251), e, recentemente, a Silvano Tanzilli e Alessandro Betori («Studi Cassinati» 2009/4, pag. 250 e sgg.), nonché il già citato Silvano Tanzilli (Cassino, Architettura, Archeologia, Arte, Storia), solo per citarne alcuni.
4 Per una storia demografica di Casinum – La cura annonae e il declino della classe dirigente, in «Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, classe di scienze morali, storiche e filologiche«», Serie IX, Vol. VII, pp. 741-798 (1996).
5 E. Polito, Il complesso archeologico di Cassino: uno sguardo d’insieme nel segno di Ummidia, in Per Gabriella – Studi in ricordo di Gabriella Braga, a cura di Marco Palma e Cinzia Vismara, Edizioni Università di Cassino, 2013, III.
6 Plinio, L. 7, cap. 24: «Laetor etiam quod domus aliquando C. Cassi, hujus qui Cassianae scholae princeps et parens fuit, serviet domino non minori. Implebit enim illam Quadratus meus et decebit, rursusque ei pristinam dignitatem celebritatem gloriam reddet, cum tantus orator inde procedet, quantus juris ille consultus».
7 S. Errico, CIL X, 5182. Scritto nella pietra, Boré 2013, p. 190, n. 26: «In letteratura, la figura del praefectus fabrum viene citata solo a partire dal I sec. a.C.. Egli era esclusivamente un ufficiale di legione e perciò non doveva trovarsi fra gli ausiliari: Vegezio (Mil. 2,11) lascia intendere che il praefectus fabrum fosse una sorta di responsabile del settore logistico dell’esercito, che si occupava della costruzione di opere di vario genere, come quartieri invernali o macchine da guerra, e della manutenzione e riparazione di ogni tipo di armamento». Si veda anche M. Verzàr-Bass, Il Praefectus fabrum e il problema dell’edilizia pubblica, in Élites municipales de l’Italie péninsulaire de la mort de César à la mort de Domitien entre continuité et rupture …, Collection de l’École Française de Rome, p. 271.
8 G. Carettoni, Il teatro romano di Cassino, in «Notizie degli scavi», 1939, fasc. 4, 5 e 6, p. 126.
9 A. Giannetti, Iscrizioni latine e greche di Montecassino, Rend. Mor. Acc. Lincei, S. 8, XXVI (1972), p. 439, n. 34, fig. 2
10 S. Errico, CIL X, 5182, Boré 2013, p. 190, ne è certa.
11 M. Fora, Ummidia Quadratilla ed il restauro del teatro di Cassino (per una nuova lettura di AE 1946, 174), Aus: zeitschrift für papyrologie und epigraphik 94 (1992) 269–273.
12 Loc. cit.
13 A. Giannetti, ibid.
14 G. Petrucci, S. Elia: Ritrovata la “Petra scripta” citata dal Chronicon cassinese?, in «Studi Cassinati», a. 2004, n. 1/2, p. 23; E. Pistilli, Dall’epigrafe di Prepoie nuova luce sulla paternità dell’acquedotto romano di Casinum?, ibid., p. 26 e sgg.
15 T. Mommsen, C.I.L., X, n. 5189.
16 T. Mommsen, C.I.L., X, n. 5205.
17 G. Carettoni, Il teatro romano di Cassino .. cit. p. 126, n. 156.
18 F. Coarelli, I magistrati di Casinum, in «Studi Cassinati», n. 4-2011, pp. 246-247.
19 H. Solin, Sulle trasformazioni amministrative di Casinum, in «Antichità adriatiche», vol. LXXXV, ‘Voce concordi’, Scritti per Claudio Zaccaria, sez. 1-674, b.
20 S. Errico, op. cit., p. 193.
21 Per Ségolène Demougin vd. ultra.
22 Tacito, Annales, I 13,28 – Historiae, I, 37; S. Errico, CIL X, 5182 Scritto nella pietra, Boré 2013, pag. 188.
23 D. Manacorda, Produzione agricola, produzione ceramica e proprietà della terra nella Calabrìa romana tra Repubblica e Impero, in: «Epigrafia della produzione e della distribuzione», Actes de la VIIe Rencontre franco-italienne sur l’épigraphie du monde romain (Rome, 5-6 juin 1992), École Française de Rome, Publications de l’École française de Rome, 193, Roma 1994, pp. 3-59.
24 Ph. Desy, Les timbres amphoriques de l’Apulie républicaine, BAR International Series, 554, London.
25 Z. Szetillo, Timbres céramiques des fouilles polonaises à Alexandrie (1973-1974), in Etudes et travaux, X, 1978, p. 309, n. 16.
26 CIL, X, 5188 e 5205; un M. Obul(tronius?) Apollonius – probabilmente un liberto – è noto da un signaculum di Pozzuoli (CIL, X, 8059, 287). Nota di Manacorda.
27 G. Alföldy, Zur italischen Gentilnamenforschung: die Obultronii, in Beitr.z.Namenforschung, n.F., 1, 1966, pp. 145-152.
28 CIL, IX, 6078, 121. Il lemma del CIL indica il ritrovamento «ad Salinellum flumen», non lontano da Hatria. Nota di Manacorda.
29 Per le anfore picene si veda Brecciaroli Taborelli 1984, Carre 1985, Tchernia 1986, p. 129 ss., Carre-Cipriano 1989. Nota di Manacorda.
30 Cfr. Alföldy 1966, pp. 150-151, che ritiene però che le attività economiche degli Obultronii si svolgessero prevalentemente a Casinum. Nota di Manacorda.
31 «partie de la gens s’établit en Dalmatie»; cf. G. Alfòldy, Zur italischen Namcn- forschung: die Obultronii, Beitr. Namenforschung, 1, 1966, pp. 145-152.
32 S. Demougin, Prosopographie des Chevaliers Romains Julio-Claudiens (43 Av. J.-C. – 70 Ap. J.-C.), n. 523, pag. 435, École Francaise de Rome, 153, Palais Farnèse, 1992: «M. Obultronius Cultellus appartint au milieu des notables municipaux qui étaient introduits dans la cour impériale. Mais nous ne connaissons que quelques étapes de sa carrière. Duovir à Casinum, il figure sur une dédicace officielle à Auguste avec son collègue, L. Sontius L. f. [Fl?]orus. Il obtint ensuite la préfecture des ouvriers de Claude. Cette préfecture se place probablement durant l’un des consultats revètus par l’empereur, en 43, en 47, ou en 51. Nous penchons pour cette dernière date, puisque les inscriptions qui rappellent ses fonctions furent gravées après la disparition de Claude, dans les premières années du règne de Néron. Après avoir exercé sa charge, Obultronius Cultellus semble s’ètre retiré dans sa patrie, Casinum. Il appartint à une famille d’origine étrusque, établie à Casinum où elle fìt partie de la classe dirigeante. On connait dans la cité une Obultronia Prisca, mère d’un duovir. En revanche, il est possible qu’Obultronius Cultellus ait profité de la faveur impériale pour faire entrer son fils dans l’ordre sénatorial; nous pensons qu’il faut identifier celuici avec Obultronius Sabinus, quaestor aerarii en 56 et tué en 68»..
33 E. Pistilli, Dall’epigrafe di Prepoie nuova luce sulla paternità dell’acquedotto romano di Casinum?, ibid. p. 26 e sgg.
34 Silvana Errico, CIL X, 5182, cit., p. 188; l’epigrafe di cui parla è quella del n. 5.
35 M. Tondo, D. Sacco, F. Cerrone, E. Nicosia, Ager Casinas. Comune di S. Elia Fiume Rapido. Note di topografia ed epigrafia, in «Lazio e Sabina» 9, Atti del Convegno Roma 27-29 marzo 2012, p. 494, n. 25.
36 E. Pistilli, Scritti inediti di Filippo Ponari. Ritrovamenti archeologici in Cassino tra il 1875 e 1879, in «Studi Cassinati», II (2002), n. 2, pp. 96-114.
37 m.p.i., aabbaa, vers. i, b. 15, fasc. 26/6.
38 Ho sollevato la questione già in precedenza sul giornale «L’Inchiesta», a. IV, n. 25 (20 giugno 1999), p. 14.
39 L’epigrafe n. 7 è databile al II sec. d.C.: Del Cason Patriarca, cit. p. 778.
40 Per il ninfeo si veda, M. Valenti, Il “Ninfeo Ponari” di Cassino (FR): analisi stilistica e cronologica delle decorazioni, in «Archeologia Classica», vol. XLIV 1992, e la documentazione offerta da Tanzilli nella sua citata opera, p. 75 e sgg. e la relativa bibliografia.
41 La notizia ci viene dal ritrovamento di un’epigrafe avvenuto il 12 febbraio 1805; per la questione si veda M. Valenti, Sull’ubicazione del foro di Casinum, in «Quaderni di Archeologia Etrusco-Italica», 24, Archeologia Laziale XII, 2, 1995.
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