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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 2
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di Alberto Mangiante
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Il 4 novembre 1918 di fatto cessava la prima guerra mondiale, “l’inutile carneficina” come l’aveva chiamata Papa Pio XI, ed il nuovo anno che di lì a poco sarebbe arrivato si presentava pieno d’incognite. Il Paese cercava lentamente di rialzarsi da quell’abbrutimento in cui era precipitato e anche a Cassino la situazione si presentava con difficoltà: molte famiglie erano rimaste prive di padri, mariti, fratelli caduti sul fronte, mentre molti altri erano ritornati invalidi, provati sia nel corpo che nello spirito. A questo si aggiungeva una situazione economica già in crisi prima della guerra e alla fine delle ostilità, perfino una fonte di guadagno come il campo che accoglieva i prigionieri Austro-ungarici ormai stava smobilitando.
A questa situazione precaria supplivano in qualche modo le opere caritatevoli messe in piedi dall’abate di Montecassino, don Gregorio Diamare che, affidandosi alla protezione della Vergine Assunta protettrice della città e per dare maggiore peso alle sue iniziative, decise di ornare per le successive feste patronali il venerando simulacro dell’Assunta con una corona d’oro.
Facendo fondere parte dell’oro donato nel corso dei secoli dai fedeli, ordinò ad un orafo napoletano la nuova corona che cinse il capo della statua il 14 agosto 1919. La corona, simile a quella settecentesca in argento, è ornata da diverse pietre dure e, all’interno, presenta dei “denti” che servivano a fissare la corona nei capelli veri della statua. Sul bordo inferiore è incisa la scritta «oro donato dai fedeli agosto 1919».
Nel corso degli avvenimenti bellici che portarono alla distruzione di Cassino nel 1944, la corona e l’oro furono messi in salvo da don Alessandro Varone (1876-1944), canonico parroco della Collegiata di San Germano, coadiuvato dal nipote don Francesco Varone (1912 – 1998) e da Domenico Ruscillo, imprenditore edile, vicino di casa e capo portatore della statua. La corona e l’oro furono sotterrati in casa Varone in via Monte Maggio, più precisamente nella camera da letto, sotto il letto matrimoniale, per essere poi recuperati dagli stessi con l’esclusione di don Alessandro, morto nel 1944 a Roma.
Alla fine di questa tragedia che aveva raso al suolo la città, la corona servì per la cerimonia dell’Incoronazione avvenuta nello slargo subito dopo l’Istituto delle suore Stimmatine, vicino ad un cimitero di soldati neozelandesi. La cerimonia fu celebrata da don Umberto Di Meo (1882 – 1954), arciprete canonico della Collegiata, per la mancanza dell’Abate trattenuto a Roma per impegni.
L’Incoronazione dell’Assunta era stata l’ultima cerimonia pubblica del 1943 ed era ora la prima del 1945. La processione si svolse questa volta in una landa desolata di macerie e cimiteri militari, seguita da un popolo disperato e affamato ma con una grande speranza per il futuro che di lì poco, con grandi sacrifici di tutti, avrebbe portato alla ricostruzione e alla rinascita della città.
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