Studi Cassinati, anno 2014, n. 3
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di Costantino Jadecola
Una non notizia. O, meglio, una notizia priva di fondamento: «Il Comune di San Biagio Saracinisco festeggia 150 anni di vita». Lo annuncia il 26 luglio 2014 il sito istituzionale del comune (www.comune.sanbiagiosaracinisco.fr.it) e lo riprende pari pari il 4 agosto quello della provincia di Frosinone (www.provincia.fr.it) proponendo, di seguito una dichiarazione sul tema del commissario dello stesso ente, l’iperattivo Giuseppe Patrizi, che testualmente recita: «Il Comune di San Biagio Saracinisco, immerso in uno scenario naturale da sogno, ha compiuto i 150 anni di vita. Mi pregio di aver festeggiato con il Sindaco Dario Iaconelli e con i suoi concittadini questo importante anniversario e mi dico onorato di aver potuto portare a loro il saluto della Provincia nonché la convinzione che la ricchezza del nostro territorio passi anche, forse soprattutto, per i tesori nascosti che essa custodisce, qual è San Biagio insieme a tanti altri, e che proprio la Provincia debba finalmente lavorare affinché tanta ricchezza e tanta bellezza ottengano la notorietà che loro spetta nell’interesse collettivo di tutti noi. Un grazie sentito a tutti gli abitanti di San Biagio Saracinisco, un luogo che per primi i cittadini della provincia di Frosinone devono sapere e conoscere quale spettacolo naturale e patrimonio culturale che ci inorgoglisce».
Pur condividendo la gioia del commissario straordinario di quella “cosa” che era la provincia di Frosinone e degli altri che con lui e come lui hanno esultato, si ha il fondato sospetto, però, che si sia festeggiata una cosa per un’altra dal momento che sarebbero molti, ma molti di più di centocinquanta gli anni sulle spalle della caratteristica località montana essendo la sua origine addirittura collegata a un villeggio protostorico.
In realtà, quello che si intendeva festeggiare non era la nascita di quel Comune che, peraltro, data la sua posizione fortemente strategica dovette avere un qualche ruolo nelle guerre tra romani e sanniti, ma, più semplicemente, ricordare la sua nuova denominazione a seguito dell’avvenuta Unità nazionale, appunto all’incirca un secolo e mezzo fa.
Se certe distanze abissali, ma forse meglio sarebbe dire siderali, non si frapponessero fra chi è “impegnato”, si fa per dire, in politica e una sempre più sparuta pattuglia di soggetti interessata alla ricerca storica locale, forse una siffatta figura barbina la si sarebbe potuta evitare.
Anche perché è più di un anno ormai che ha visto la luce l’interessante lavoro di Gaetano de Angelis-Curtis su Le variazioni della denominazione dei comuni dell’alta Terra di Lavoro, variazioni finalizzate a superare tutta una serie di omonimie e in gran parte attuate tra il mese di settembre del 1862 e quello di gennaio dell’anno successivo.
Il caso di San Biagio fu, invece, un caso a parte. Nel senso che gli amministratori di quel Comune non avevano adempiuto al disposto della circolare del ministero dell’Interno del 28 giugno 1862 che, appunto, imponeva ai Comuni che si chiamavano allo stesso modo di eliminare l’omonimia o modificando del tutto il nome o facendolo seguire da un suffisso.
Ma perché non c’era stata l’adesione? Perché il vero nome del paese, precisarono i suoi amministratori, era San Biase e non già San Biagio. Ma nemmeno per sogno, ribatterono quelli del ministero con una «ragguardevole nota»1, come ebbe a definirla il prefetto di Caserta Carlo Mayr: il paese si chiama San Biagio, come risulta dalle «statistiche ufficiali»2, e per evitare che esso possa confondersi con San Biagio della Cima (Imperia), San Biagio Platani (Agrigento) e San Biagio di Callalta (Treviso)3, il nome deve essere modificato. Così come dovrà farsi se a San Biagio dovesse preferirsi San Biase dal momento che, oltre ad un omonimo comune molisano, c’era anche quello di Sambiase in Calabria, che, poi, nel 1968 sarebbe stato unito a quelli di Nicastro e di Sant’Eufemia Lamezia per dar vita a Lamezia Terme.
Quando il 13 febbraio 1864 il consiglio comunale di San Biagio si riunì per deliberare in merito, all’unanimità, però, fece tutt’altra cosa, decidendo «di non trovare a far aggiunzione al nome di questo Comune, ma che continui a serbare la sua antica denominazione di S. Biagio, sotto cui venne edificato»4.
Al ministero, evidentemente, cominciavano a mal sopportare tale comportamento. Tuttavia, con santa pazienza invitarono di nuovo gli amministratori del Comune montano ad attenersi alle disposizioni ricevute cosa che finalmente essi fecero con un successivo Consiglio comunale (1 maggio 1864) quando a San Biagio aggiunsero il suffisso «Saracinisco».
Ma perché «Saracinisco» ovvero «Saracenisco»? «Non crediamo», scrive Torquato Vizzaccaro, «che ‘Saracenisco’ provenga dalla versione data da Marco Antonio Palombo e che cioè la zona sia stata la patria o il rifugio dei Saraceni scampati al massacro del 915 sulle rive del Garigliano»5, poiché quell’area «‘ab antiquo’ fu abitata dai Caraceni, schiatta bellicosissima dei Sanniti» che «abitavano le regioni più occidentali del Sannio»6.
Fin qui la vicenda della pseudo “nascita” di San Biagio forse generata dalla non corretta interpretazione della comunicazione sia cartacea che via web che il Centro di Documentazione e Studi Cassinati ha inviato ai Comuni già del circondario di Sora e di Gaeta dell’ex provincia di Terra di Lavoro interessati a suo tempo alla variazione del proprio nome sollecitando la loro attenzione al fine di promuovere iniziative pubbliche finalizzate a ricordare l’evento.
Ma delle oltre venti amministrazioni comunali interessate una sola si è resa disponibile: quella di Castrocielo7. Tutte le altre, Cassino compresa, hanno del tutto ignorata la proposta.
Cosicché una domanda sorge spontanea: «Ma da chi (…..) siamo amministrati?».
1 G. de Angelis-Curtis, Le variazioni della denominazione dei Comuni dell’alta Terra di Lavoro, Centro Documentazione e Studi Cassinati–Onlus, Cassino 2013, p. 144.
2 Idem.
3 Fino al 1866 sotto la dominazione austriaca.
4 G. de Angelis-Curtis, Le variazioni … cit., p. 149.
5 T. Vizzaccaro, Atina e Val di Comino. Lamberti Editore, Cassino 1982, p. 349.
6 Idem.
7 «Studi Cassinati», anno XIII, n. 4, ottobre-dicembre 2013, p. 307: Incontro CDSC-Consiglio Comunale di Castrocielo.
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