Studi Cassinati, anno 2013, n. 3
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di Anna Maria Arciero
Noi del Cassinate siamo abituati ai rintocchi del campanone di Montecassino, al mattino, a mezzogiorno e alla sera, un suono talmente familiare che quasi non ci si fa più caso, anzi forse si nota solo se suona “contr’ora”, festoso per l’elezione dell’abate o a tristi rintocchi per la morte di un monaco. Ma quando suonano le altre campane, quali, come e perché, quasi tutti lo ignoriamo.
Eppure, come tutte le cose, anche queste campane hanno una storia: nome proprio, luogo e data di nascita, uso, aneddoti e musica. Vale la pena di conoscerle più dettagliatamente, perché le campane sono ‘la voce del Signore’, il richiamo alla preghiera, alla festosità e alla riflessione prima ancora che alle ricorrenze e alle funzioni religiose.
Le campane di Montecassino sono nove, «nove come i cori degli Angeli» dice nel suo opuscolo d. Anselmo Lentini (Voci nuove di perenne vita – Le nuove campane di Montecassino, ed. Scuola tipografica pontificia, Pompei 1951) che, in qualità di latinista, dette loro il nome e ne curò le iscrizioni latine in prosa o in versi.
In ordine di grandezza, si chiamano col nome del Santo a cui sono dedicate:
la prima, il campanone, a S. Benedetto, fondatore di Montecassino e Patriarca dei monaci d’Occidente;
la seconda a S. Scolastica, sua sorella;
la terza a S. Maria Assunta, contitolare della Basilica;
la quarta a S. Giovanni Battista, altro contitolare al quale lo stesso S. Benedetto dedicò l’oratorio situato dove ora sorge appunto la Basilica;
la quinta a S . Gregorio Magno, primo biografo di S. Benedetto;
la sesta ai SS. Mauro e Placido, primi discepoli del Patriarca;
la settima ai SS. Pietro e Paolo, santi sempre molto venerati a Montecassino;
l’ottava a S. Martino di Tours, cui S. Benedetto dedicò l’oratorio inferiore;
la nona ai SS. Bertario Martire e Vittore III Papa, ambedue Abati e Patroni di Montecassino.
Tutte le campane recano in rilievo, su una facciata, l’immagine del Santo o dei Santi a cui sono dedicate; sull’altra facciata lo stemma dell’Abbazia: leone rampante e torre fiancheggiata da due cipressi; in più qualche decorazione geometrica e delle iscrizioni ispirate alla vita dei santi o alla liturgia. Nell’orlo inferiore di tutte compare la scritta che ricorda che le campane sono state eseguite a spese dello Stato (essendo il monastero proprietà del Demanio dal 1868, in applicazione della legge Siccardi, circa la soppressione degli Enti religiosi ed l’incameramento dei loro beni).
Il luogo e la data di nascita è per tutte Agnone (Campobasso), Pontificia ditta Marinelli, 1950. Le vecchie campane, perite sotto il bombardamento del 15 febbraio 1944, avevano forse lo stesso luogo di nascita, certo non la stessa data, a cui è difficile risalire essendo andati persi i registri amministrativi. Queste invece sono nate nella Fonderia Marinelli, che vanta un’esperienza quasi millenaria nel campo, e che, ricevuto l’incarico nell’ottobre del 1949, si mise alacremente all’opera e approntò otto campane già nel febbraio dell’anno successivo (la campana di S. Scolastica fu consegnata in ritardo a causa di un incendio sviluppatosi nella fonderia). Quattro campane furono consegnate alla Badia prima del 15 febbraio 1950, benedette dall’Abate Rea con una cerimonia alla quale erano presenti autorità dello Stato e del Comune e collocate in una provvisoria incastellatura di legno, cosicché poterono accompagnare con i loro mesti rintocchi la Messa dell’anniversario, cantata in suffragio di quanti erano periti nella Badia durante il bombardamento che l’annientò. Al termine della Messa, i sacri bronzi esplosero in un festoso scampanio annunciando alla pianura sottostante la rinascita di una nuova vita. Si spandeva così, augurale e solenne, il messaggio del motto cassinese Succisa virescit. Nei mesi successivi fu innalzata la torre campanaria e ai primi di dicembre tutti e nove i bronzi furono issati sulla incastellatura in ferro e legno, anch’essa approntata dalla ditta Marinelli. Con grande emozione le campane di Montecassino suonarono la sera del 7 dicembre, mentre i monaci si disponevano a cantare i Vespri dell’Immacolata: inno di gioia a Maria e cantico di ringraziamento a Dio.
Il concerto campanario è tutto intonato in La-b maggiore, ma le campane non suonano mai tutte insieme per il pericolo che le vibrazioni e lo scuotimento possano provocare crolli (è capitato una volta che il povero fra’ Filippo, mentre suonava il campanone, sentì un rumore fortissimo: aveva ceduto uno dei supporti e per fortuna, essendo stretto lo spazio tra supporto e muratura, il campanone non precipitò).
Rifacendosi al Salmo Septies in die laudem dixi tibi (Ti ho lodato sette volte al giorno), S. Benedetto nella sua Regola stabilì che un signum (un segnale, un battito, un tintinnio) suonasse, come una liturgia celeste, sette volte nell’arco del dì: per le lodi, per le preghiere dell’ora di prima, terza, sesta e nona, per i vespri e per la compieta.
Il suono delle campane può essere di due tipi: a rintocchi o a distesa (la ‘scampaniata’ nel gergo cassinese).
Per la sveglia, alle cinque, ora di alzata dei monaci, il campanone di S. Benedetto suona da solo e spande i suoi rintocchi nella valle, quasi a diffondere il messaggio inciso sulla sua facciata: «La voce di Benedetto da qui grida fino alle più remote regioni che a tutti sia la pace e il comune amore di Cristo». Il suo peso di quaranta quintali fa sì che i rintocchi risuonino a lungo. Infatti il maggiore peso e il maggiore spessore permettono una prolungata vibrazione dello strumento e un suono più caldo e gradevole. Prima che entrassero in funzione i motori forniti di teleruttori, per cui oggi basta un bottone per metter in funzione le campane, il campanone, dotato di quattro funi, quando doveva fare la “scampaniata” in occasione della novena per la festa di S. Benedetto o altre festività, richiedeva il contributo di quattro robuste persone e spesso il monaco campanaro chiamava i rinforzi: quattro coloni che, se giovani, si legavano alle funi e adempivano al compito giocando spericolatamente a lasciarsi trascinare dalle funi in alto. Nel 2003 si è notato che il campanone aveva una forte lesione ed è stato rifatto. Grazie ai moderni mezzi tecnologici, un braccio meccanico ha staccato il vecchio e messo il nuovo attraverso le ampie finestre della torre campanaria.
Alle 5.30, precedute da nove rintocchi, suonano a distesa tre campane (la 5, la 6 e la 9) per richiamare i monaci alla preghiera del ‘mattutino’, che è la preghiera di notte, come dal salmo «Mi sono alzato di notte e ti ho lodato».
Alle 6.40 ancora le campane 5, 6 e 9 suonano per le ‘lodi’ e alle 7.00 per la messa cantata.
Alle 12 il campanone con i suoi rintocchi annuncia l’Angelus.
Alle 12.45 suona a distesa la campana numero 9 per l’ora di sesta dedicata alla preghiera (nell’ordine monastico le ore di preghiera erano – il Concilio ne ha abolite alcune – divise in: prima, ore 6.00, terza, ore 9.00, sesta, ore 12.00, nona, ore 15.00, vespri, che non hanno orario fisso perché legati al tramonto, e compieta, ore 21.00, compimento della giornata).
Alle 16.00 per i vespri, la fine del giorno, che cambia con l’ora legale, a distesa suonano la 5, la 6 e la 9.
Alle 21.00 l’ultima preghiera, quella conclusiva della giornata, è annunciata dal campanone, che dà la buonanotte al Cassinate.
Nei giorni festivi la campana numero 9 suona solo alle 8.00 per annunciare l’ora di terza dedicata alla preghiera, mentre alle 10.00, per la messa cantata, suonano a distesa la 3, la 5, la 6 e la 9.
Curiosamente i monaci questo suono di campane, che noi da lontano avvertiamo, nel chiuso delle celle non lo sentono: c’è un campanello interno che scandisce le ore di preghiera e riunione. Altra curiosità: nel triduo della Settimana Santa le campane restano mute, ma i monaci sono avvertiti dal suono della bàtola (“tràccola” nel dialetto cassinese, altrove bàttola), uno strumento rudimentale molto antico, fatto di una tavoletta a cui sono attaccate delle maniglie di ferro che producono un suono sordo e gracchiante al loro scuotimento contro la tavoletta stessa.
Ultima curiosità: le campane di Montecassino sono talmente recepite nell’immaginario collettivo come strumenti cantanti la gloria del Signore da parte di tutte le creature che vengono citate anche in un vecchio detto degli ortolani. Infatti, per ricordare che le cipolle non vanno interrate profonde, si usa dire che «anche le cipolle vogliono sentire le campane di Montecassino». Segno che da sempre queste campane accompagnano l’arco della giornata nella Terra Sancti Benedicti.
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