RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

Studi Cassinati, anno 2013, n. 3
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SIMONETTA CONTI, ALDO DI BIASIO, a cura di, La Terra di Lavoro nella storia. Dalla Cartografia al Vedutismo, Associazione «Roberto Almagià», Associazione Italiana Collezionisti di Cartografia Antica, Caserta 2012, pagg. 159 + 1 carta, illustr. col. e b./n., f.to cm. 24×23; ISBN 978-88-907457-0-6; € 35.
libro-01Pregevole e prezioso volume edito a cura dell’Associazione Italiana di Collezionisti di Carte Antiche intitolata a «Roberto Almagià, studioso insigne e appassionato collezionista di mappe». Si tratta del catalogo della mostra tenutasi a Caserta e poi itinerante, realizzata con la collaborazione con la Seconda Università di Napoli, con il Centro Italiano di Studi Storico-Geografici, con il Club Unesco di Caserta e con l’Associazione «Pianeta Cultura». Il volume, che si apre con la Presentazione di Domenico Zinzi, presidente della provincia di Caserta, e l’Introduzione di Vladimiro Valerio a nome dell’Associazione «Roberto Amalgià», raccoglie tre saggi e un centinaio di immagini. Il primo dei tre saggi a firma di Aldo Di Biasio e intitolato Terra di Lavoro olim Campania Felix, è un interessante, accurato e documentato studio sulle modificazioni territoriali-amministrative della circoscrizione più settentrionale della Campania prodotte su tale comprensorio a partire dalla Repubblica Napoletana del 1799 fino alla soppressione della provincia di Caserta sancita dal fascismo con Regio decreto 2 gennaio 1927 n. 1, passando attraverso le variazioni introdotte nel corso del decennio francese e quelle determinatesi con l’Unità d’Italia. Le disposizioni normative, le leggi, le proposte di modifica e quelle effettivamente operate oppure quelle introdotte per porre rimedio alle incongruenze determinate da precedenti configurazioni, il tutto teso alla razionalizzazione amministrativa del territorio con la ripartizione delle circoscrizioni subprovinciali (distretti, circondari, mandamenti), con le riunificazioni di Comuni e le ipotesi di accorpamento, sono analiticamente passate in rassegna per spiegare i riassetti territoriali operati nel corso di oltre un secolo. Fra le altre cose Aldo Di Biasio si sofferma su una questione fonte di un ampio dibattito negli ultimi decenni, e cioè sui motivi che hanno indotto il fascismo a sopprimere la provincia di Caserta, unico caso a fronte di ben 23 nuove circoscrizioni amministrative istituite nel corso del ventennio. Le motivazioni che indussero il fascismo ad adottare il provvedimento di soppressione, per Di Biasio, non appaiono essere di natura sanzionatoria o punitiva (per causa politiche dovute alla presenza di un fascismo dissidente come quello di Aurelio Padovani, o all’aspra lotta generatasi tra nazionalisti e fascisti, o alla mancanza di una classe politica ‘adeguata’, oppure per cause di ordine pubblico e cioè come «lotta» alla «delinquenza», alla «mafia», alla diffusa criminalità presente tra quella «popolazione di latrones» che abitava la «plaga dei Mazzoni»), né Mussolini e i gerarchi «ebbero intenti persecutori, come talora si è ipotizzato». L’origine va, dunque, ricercata in aspetti territoriali poiché «più semplicemente la vocazione ad una politica imperiale indu[sse] il fascismo a valorizzare Napoli, antica capitale del Mezzogiorno e perla del Mediterraneo» che, all’epoca, era in Italia la penultima provincia per estensione e Caserta, come affermò lo stesso duce nel cosiddetto discorso dell’Ascensione, aveva «compreso che bisogna[va] rassegnarsi ad essere quartiere di Napoli». Invece Simonetta Conti nel suo saggio su Alcune note sui Siti Reali in Terra di Lavoro si sofferma a analizzare i motivi che portarono Ferdinando IV di Borbone a scegliere, per la costruzione della reggia, un sito come quello di Caserta «che era quasi disabitato», nonché le altre aree provinciali in cui vennero erette delle strutture edilizie destinate ad alloggiare la corte durante l’attività venatoria praticata dai reali, al pari del comprensorio di San Leucio con le sue attività industriali e le particolari coltivazioni agricole finalizzate a farne una «città totalmente autonoma ed indipendente». Il saggio di Giosi Amirante, Montecassino e S. Vincenzo al Volturno nelle rappresentazioni settecentesche del territorio, opera una pregevole rassegna e analisi dei documenti iconografici relativi alle due abbazie benedettine e al territorio circostante. Quelli riguardanti la badia cassinese fanno riferimento all’affresco realizzato dal pittore fiammingo Paul Brill che fissa la Veduta di Montecassino e S. Germano nel 1603, all’«accurata descrizione grafica del territorio inserita nell’opera di Scipioni del 1643», al disegno a inchiostro acquarellato di Francisco Cassiano de Silva più volte replicato, e ai famosi disegni eseguiti tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento da Arcangelo Guglielmelli e dal figlio Marcello che, seppur appaiono «rappresentazioni prive di scala e senza alcun rapporto tra le distanze indicate tra i vari territori e la misurazione reale … costituiscono un indispensabile riferimento per chiunque voglia intraprendere lo studio analitico degli insediamenti che rientrano nella Terra di S. Benedetto». In merito all’abbazia di S. Vincenzo al Volturno, la lettura delle terre circostanti è possibile attraverso sei tavole di cui una redatta da Marcello Guglielmelli tra il 1714 e il 1716. Quest’ultima «è l’unica rappresentazione grafica di tutti i possedimenti dell’antica abbazia» per cui, prescindendo dalle «ingenuità del rilievo a vista, è documento di fondamentale importanza per la conoscenza di quei territori». Le oltre cento immagini pubblicate nel volume sono «relative a piante e vedute della Terra di Lavoro e dei suoi principali centri abitati o ambiti territoriali come i laghi e le coste» e sono accompagnate da 53 schede riportanti varie indicazioni (titolo, autore, editore,  stampatore, incisore, data, tecnica, dimensioni, iscrizioni, notizie storico-critiche e descrizione). Le immagini dei centri ubicati una volta nella parte settentrionale di Terra di Lavoro sono complessivamente 54 di cui 13 relative a Gaeta, 9 a Montecassino, 6 ad Arpino, 5 a Fondi e Itri, 5 a Formia e Minturno, 4 a Isola del Liri, 3 al Garigliano e altrettante a Ponza, una per Picinisco, Rocca d’Evandro, Sora, Carnello e Posta Fibreno. In ultimo va segnalato che il volume si compone anche di un utilissimo allegato, prezioso strumento per chi si interessa o intende studiare le modificazioni territoriali prodottesi nelle aree settentrionali della Campania in più di un secolo. Si tratta della rappresentazione cartografica di Terra di Lavoro, la cui elaborazione scientifica è stata curata da Aldo Di Biasio, costituita dalle configurazioni amministrative della provincia fissate in ben cinque differenti momenti, relativi al 1807, al 1811, al 1816, dal 1868 al 1896 e dal 1897 al 1927.


FRANCESCO DI GIORGIO, ERASMO DI VITO, L’aeronautica militare nel Cassinate dal Regno alla Repubblica, Centro Documentazione e Studi Cassinati, Ivo Sambucci editore, Cassino 2013, pagg. 192, illustr. b./n., f.to cm. 17×24; ISBN 978-88-97079-09-5; s.pr
libro-02Il volume scaturisce da una documentata, seria e certosina ricerca e il Centro Documentazione e Studi Cassinati si compiace di poterlo ricomprendere nelle proprie edizioni. Stampato con il patrocinio del Comune di Pignataro e quello del 72° Stormo di Frosinone, si apre con le note del sindaco della cittadina, Benedetto Evangelista, e del comandante Elio Volpari seguite dalla Presentazione del presidente del CDSC, Gaetano de Angelis-Curtis. I confini spazio-temporali dettati dal titolo risultano ampliati in quanto gli autori, che hanno maturato già interessanti esperienze editoriali e sono dei validi collaboratori nonché autori di saggi pubblicati nel bollettino «Studi Cassinati», giungono a operare un’attenta ‘ricognizione’ su strutture che sono state installate su questo territorio, oppure si soffermano su vicende umane e professionali di persone di questo territorio o che, trasferitesi, hanno svolto la loro attività su di esso. Tali circostanze, oltre a essere ripercorse dettagliatamente, appaiono riportate anche con un non certo malcelato senso di orgoglio. È il caso, ad esempio, della positiva esperienza che ha rappresentato per questo territorio l’installazione dell’aeroporto ad Aquino, per la crescita in termini di arricchimento umano dovuta all’alto livello professionale di chi era stato inviato (comandanti, istruttori ecc.) a prestare la propria attività nella struttura e degli aspiranti piloti che si sono formati nella scuola di volo, ma anche una crescita in termini economici con ricaduta immediata sulle attività locali e con buone prospettive e potenziali margini di sviluppo del sistema produttivo locale con l’ipotesi di installazione, tuttavia mai realizzata, di industrie aeronautiche, cui, purtroppo, ha fatto seguito il declino successivo con la deprecabile situazione attuale. Il lavoro di ricerca, oltre a snodarsi tra le accennate situazioni connesse all’impianto e all’attività dell’aeroporto di Aquino, si è soffermato su aspetti concernenti alcune strutture pressoché misconosciute oggigiorno, come l’Osservatorio meteorologico di Montecassino, e sulla ricostruzione di fatti e avvenimenti biografici, relativi a giovani aviatori di Cassino e del Cassinate come Alberto Testa e Secondino Pagano, senza dimenticare gli albori del volo e i suoi pionieri, tra aerostieri e dirigibili in cui si va a inserire la vicenda di Vincenzo Pomella, e per finire con una consistente appendice documentaria. Un tragico destino sembra legare i tre aviatori di questo territorio che, accomunati dall’amore per il volo e destinati a raggiungere alte vette professionali, in epoche diverse e in situazioni diverse rimangono coinvolti in incidenti aerei che hanno spezzato le loro giovani vite. Dell’incidente aereo in cui perse la vita Alberto Testa nel 1950, gli autori non si sono limitati alla ricerca e alla pubblicazione della documentazione ufficiale emessa dalle autorità militari del tempo ma hanno voluto scandagliare più a fondo, nelle pieghe degli scarni comunicati che scaricavano tutta la responsabilità al pilota sollevando il personale «tecnico-specialista». Al contrario hanno inteso offrire una soluzione diversa evidenziando le difficoltà in cui si dibatteva, a cinque anni dalla fine della guerra, l’aeronautica militare italiana dotata di scarse risorse economiche, di un numero molto limitato di aerei e di pochissimi pezzi di ricambio. I sei incidenti aerei che si registrarono nel mese precedente a quello in cui rimase coinvolto Alberto Testa e gli altri quattro mortali successi pongono, a giudizio degli autori, dubbi più che legittimi dovuti alla precarietà dei velivoli operanti a quel tempo a causa dell’inadeguatezza dei mezzi aerei e delle difficoltà di approvvigionamento dei pezzi di ricambio per la manutenzione. La seconda parte del volume risulta arricchita dalla disamina di un’importante e grave questione, quasi del tutto sconosciuta, relativa agli Internati militari italiani (Imi), che ha riguardato sei-settecentomila soldati italiani, i quali, all’indomani dell’8 settembre 1943, furono deportati (in prevalenza provenienti dalle aree insulari e continentali dei Balcani e della Grecia) in campi di concentramento dislocati nell’Europa centrale. Una parte minoritaria di quei militari, i cosiddetti «optanti», sollecitati da Mussolini e da emissari della neo istituita Repubblica sociale italiana, decisero di continuare a combattere al fianco dei tedeschi e furono inquadrati nel nuovo esercito della Rsi. Invece in maggioranza quei soldati, stanchi, delusi, provati, facendo leva anche su elementi quali la fedeltà alla monarchia in seguito al giuramento prestato al re, si rifiutarono di aderire. Quindi, relegati in fatiscenti campi di concentramento recintati e ben sorvegliati in cui vissero soffrendo la fame e il freddo e patendo per le precarie condizioni igieniche, furono trasformati in Imi e obbligati (con l’eccezione degli ufficiali) a prestare il proprio lavoro per i più disparati compiti. Nel corso dell’internamento morirono tra i 30 e i 50.000 soldati per la maggior parte per malnutrizione e malattie, e poi per esecuzioni per insubordinazione o a causa dei bombardamenti alleati o nel corso dei lavori coatti. Le salme degli Imi periti in quei frangenti furono inizialmente sepolte in fosse comuni scavate in cimiteri ubicati in prossimità dei campi, o, talvolta, furono cremate. Alla fine della guerra il Commissariato generale onoranze ai caduti di guerra si adoperò per dare degna sepoltura a essi. Furono apprestati sei grandi cimiteri militari italiani d’onore di cui quattro in quella che allora si chiamava Germania Ovest o Repubblica Federale Tedesca (ad Amburgo, Berlino-Zehlendorf, Francoforte sul Meno e Monaco di Baviera) uno in Austria (a Mauthausen-Gusen) e uno in Polonia (a Varsavia nel quartiere di Bielany). Tuttavia nei territori tedeschi fu possibile operare solo nell’ambito nella parte occidentale, mentre invece nella cosiddetta Repubblica Democratica Tedesca o Germania dell’Est, non fu possibile intervenire se non dopo la caduta del muro di Berlino avvenuta il 9 novembre 1989 con il recupero di circa duemila salme, anche se ancora oggi molti altri caduti riposano in tombe singole o in fosse comuni di cimiteri locali. Va aggiunto, infine, che alcune salme sono rientrate nei luoghi di estrazione territoriale per volontà delle famiglie di origine. Opportunamente Francesco Di Giorgio ed Erasmo di Vito hanno voluto inserire un elenco di Imi provenienti dal Cassinate che sono morti nei campi di concentramento tra il 1944 e il 1945, con l’indicazione dei dati anagrafici, del cimitero in cui riposano con segnalazione della posizione tombale e, per taluni, di alcune note a corredo.
Il volume è stato presentato nella Sala consiliare del Palazzo comune di Pignataro Interamna il 29 settembre 2013.


FEDERICA G. PEDRIALI, CARLO PIROZZI, No Where Next. War Diaspora Origin. Dominic Scappaticcio. A journey (1946-1947), ISRC Diaspora Series, Longo editore, Ravenna 2013; pagg. 57 illustr. b./n., f.to cm. 24×22; ISBN 978-88-8063-757-8; € 20.00
Ilibro-03l volume, bilingue (italiano e inglese), è edito dall’Italo-Scottish Research Cluster (ISRC), centro di ricerca interdisciplinare sullo studio della migrazione italiana in Scozia istituito nel 2012 presso l’Università di Edimburgo. Il volume si configura come catalogo della mostra fotografica allestita presso il Chiostro dei Benefattori dell’abbazia di Montecassino il 5 maggio 2013, nell’ambito di una serie di manifestazioni incluse nell’Edimburgh Gadda Prize in occasione della seconda edizione del Gadda Giovani, premio letterario nato nel 2010, dedicato alla figura di Carlo Emilio Gadda, rivolto a studenti italiani e scozzesi, e teso alla creazione di «nuove connessioni tra le culture, in particolare tra l’Italia e la Scozia, intorno a concetti fondamentali – centrali anche alle opere [dello scrittore, ingegnere e poeta italiano] – quali comunità, responsabilità sociale, identità, memoria, mobilità, libertà, emigrazione». Dei sedici finalisti italiani, sette sono risultati vincitori del premio consistente nella partecipazione alla prossima edizione che si terrà a Londra nel 2014. Il volume si apre con il Saluto del Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, prof. Ciro Attaianese, cui seguono la Premessa di Terri Colpi (autrice di ricerche e pubblicazioni sulla comunità italiana in Gran Bretagna), Convergenze di Federica G. Pedriali (docente ordinario di Metateoria Letteraria e Letteratura Italiana Moderna presso l’Università di Edimburgo), Ricognizioni di Carlo Pirozzi (borsista post-doc del Dipartimento di Lingua e Letteratura Italiana dell’Università di Edimburgo) e un saggio di Nicola Milazzo intitolato Dominic Scappaticcio. Un viaggio (1946-1947). In quest’ultimo è tracciata una breve biografia, appunto, di Dominic Scappaticcio autore delle trentasei fotografie in mostra nel chiostro della badia cassinese e poi ricomprese nel volume, nonché delle vicissitudini che hanno permesso la conservazione di quegli scatti e il fortunoso ritrovamento dei negativi. Dominic Scappaticcio (di cui Nicola Milazzo è nipote, in quanto sua madre era la sorella di Dominic) faceva parte di una famiglia di immigrati italiani che partendo da Cassino, erano originari della località Sant’Antonino, percorsero nella seconda metà dell’Ottocento, probabilmente a piedi, mezza Europa per raggiungere la Gran Bretagna. Era nato a Windsor, in Inghilterra, nel 1893 ma qualche anno più tardi la sua famiglia, composta da altri nove figli, si trasferì in Scozia apprestandosi a entrare nel settore della ristorazione. Quindi nel 1910 Dominic raggiunse Detroit, negli Stati Uniti, per andare a lavorare nella catena di montaggio della fabbrica Ford, che aveva appena iniziato la produzione industriale di automobili, ma fece ritorno in Scozia qualche anno più tardi. Nell’inverno 1946-1947 Dominic assieme al coppia formata dalla sorella Tolina e dal cognato Salvatore Milazzo appena sposatisi, si portarono in Italia per raggiungere anche la città di origine degli avi familiari, Cassino, in quei momenti faticosamente in via di ricostruzione dopo la totale distruzione patita in seguito ai cruenti eventi bellici connessi con la seconda guerra mondiale. Trentadue delle trentasei foto che compongono il volume furono scattate da Dominic nel corso del viaggio in Italia, mentre le ultime quattro colgono momenti di vita a Edimburgo. A parte le undici foto che riguardano i luoghi di transito toccati da Dominic (il Canale della Manica, la frontiera svizzera, le stazioni di Domodossola e Milano, un soggiorno a Roma), particolare importanza rivestono i restanti ventuno scatti, di cui undici, desolanti e terrificanti, ritraggono le rovine della «città martire» e le prime forme di ripresa della vita (il mercato settimanale del sabato che si svolgeva con bancarelle e carretti tra mezzi militari distrutti e abbandonati nelle strade cittadine, tra le macerie dell’abitato che fu e le prime baracche, le prime casupole, le prime strutture edilizie edificate), due riprendono le adiacenze, sotto la neve, della fattoria dei parenti materni dei Valente a Sant’Antonino e sette raffigurano amici, personaggi, gruppi familiari, compreso quello che sembra un momento di una festa popolare in svolgimento in quei momenti nella frazione di Cassino. Dunque le suggestive immagini ritraggono, per la maggior parte di quelle riguardanti Cassino, un panorama desolante con il suo carico di distruzione tra macerie e monconi di case, abitazioni, chiese e della torre campanaria, cioè di quanto sopravvissuto alla furia bellica e laconicamente descritto nella didascalia apposta sulle fotografie come «bomb damage», accanto, però, alla tenacia e alla voglia di tornare a vivere rappresentate dagli abitanti della «città martire» e del comprensorio rientrati immediatamente nei loro territori d’origine dopo il passaggio della guerra pur tra le enormi difficoltà incontrate quotidianamente, dovute alla forte penuria di prodotti alimentari, di materiali per l’edilizia, di medicine, alla grave situazione igienico-sanitaria, alla mancanza di risorse finanziarie e di lavoro, oltre alle implicazioni determinate dall’aver perso i propri cari e i propri averi. Le fotografie scattate da Dominic nel corso del viaggio in Italia furono raccolte in un album, chiamato dai componenti della famiglia Milazzo-Scappaticccio, in cui si è tramandato, con il nome di «Libricino Verde», «incollate con cura e corredate, per identificarle, di concise didascalie scritte a mano». Il casuale e fortuito ritrovamento dei negativi, avvenuto trent’anni dopo la scomparsa di Dominic, ha poi permesso di poter giungere all’allestimento della mostra e alla pubblicazione del volume.
Si sottolinea, infine, che i curatori del volume hanno inteso ricomprendere il Centro Documentazione e Studi Cassinati tra i Project partners dell’iniziativa.

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