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«Studi Cassinati», anno 2021, n. 1-2
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di Francesco Di Giorgio
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Via Secondino Pagano a Cassino, viale Alberto Testa a Pignataro Interamna, sono importanti e centrali arterie ben conosciute dagli abitanti delle due cittadine. Non molto conosciute sono le vicende personali e professionali dei due, Secondino Pagano e Alberto Testa, cui si aggiunge Ottorino Fargnoli, quest’ultimo non titolare di strade, pur se tutti e tre con una sorte comune. Infatti tutti e tre erano piloti dell’Aeronautica militare italiana, in un’epoca in cui l’Arma azzurra faceva fatica a riaffermare il suo ruolo nel panorama italiano e internazionale, tutti e tre periti in incidenti aerei. I loro nomi sono scolpiti sulle lastre di travertino all’ingresso nobile del palazzo dell’Aeronautica in Roma sede del «lapidario dei Tre Archi», considerato il monumento ai caduti dell’Aeronautica militare italiana, un lungo elenco di pionieri del volo e di aviatori che in pace e in guerra hanno perso la vita in attività di volo militare.
L’eccellenza della Aeronautica militare italiana interseca profondamente le vicende storiche, politiche e militari dell’ultimo conflitto mondiale. Infatti in seguito agli atti armistiziali tra i Paesi alleati che combatterono contro il nazi-fascismo firmati nel 1945 a Caserta, l’Italia fu fortemente penalizzata sia nella sua industria aeronautica, sia nella riorganizzazione, sia nella ripresa delle attività dell’Arma azzurra post bellica. Alcide De Gasperi nel suo intervento alla conferenza di Parigi del 10 agosto 1946, propedeutica a quello che fu il trattato di pace del 1947, esprimendo il senso di frustrazione di un paese umiliato dagli alleati, ebbe a dichiarare: «… e soprattutto la mia qualifica di ex nemico, che mi fa considerare come imputato e l’essere citato qui dopo che i più influenti di voi hanno già formulato le loro conclusioni». Aggiunse che nei mesi precedenti non era mai stato invitato a quel tavolo per discutere le condizioni, ma di essere stato convocato soltanto a cose fatte. In un silenzio glaciale De Gasperi proseguì: «nelle precauzioni prese dal trattato contro un presumibile riaffacciarsi di un pericolo italiano si è andati tanto oltre da rendere precaria la nostra capacità difensiva connessa con la nostra indipendenza. Mai, mai nella nostra storia moderna, le porte di casa furono così spalancate, mai le nostre possibilità di difesa così limitate».
Per effetto delle clausole del Trattato, infatti, le Forze armate italiane saranno fortemente penalizzate. Per l’Aeronautica militare le limitazioni consistono, tra l’altro, nel divieto di costituire nuove basi in Puglia, Sicilia, Sardegna e nella facoltà di disporre di un totale di non più di trecentocinquanta aeroplani, di cui duecento da caccia e da ricognizione e il resto per il trasporto, l’addestramento, il soccorso e il collegamento. L’ammodernamento dei mezzi di volo avverrà solo grazie alla cessione di velivoli da parte degli Stati Uniti. Fu così che per diversi anni del dopoguerra, i piloti italiani furono costretti a volare in condizioni precarie e con misure di sicurezza non sempre all’altezza della situazione. Moltissimi furono gli incidenti aerei. E, in molti casi, ebbero come conseguenza la morte dei piloti in quella che fu una lunga lista di sciagure aeree del dopoguerra. Diversi furono gli incidenti che ebbero per protagonisti piloti cassinati.
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OTTORINO FARGNOLI
Nato a Cassino il 27 gennaio 1907 da Amato e Caterina Valletta (genitori originari di Vallefredda, oggi Vallemaio; un suo zio, con nome omonimo, gestiva un negozio di generi alimentari negli anni Trenta nel centro del paese), consegue la maturità classica nel Liceo «Carducci» della città; nel 1926 entra all’Accademia militare aeronautica di Caserta, frequenta il corso regolare «Drago» e passa in servizio permanente effettivo (Spe) nel 1928. Quindi in data 15 maggio 1929 acquisisce il brevetto di pilota e dal luglio dello stesso anno il grado di sottotenente. Dal primo ottobre 1931 viene assegnato al 3° stormo caccia terrestre con sede a Villafranca e, successivamente, è inviato al comando della 23a squadriglia presso Comiso in Sicilia. Fu poi volontario nella guerra di Spagna. Quindi nel corso di una missione svolta nel 1939 a Bengasi presso la 165a squadriglia del 50° stormo comandata da Duilio Fanali, conosce un suo concittadino di Cassino, Carmine Cossuto, specialista fotografo che prestava servizio in quel luogo. Tra i due si stabilisce un proficuo rapporto d’amicizia che durerà nel tempo. Di nuovo a Caserta, prima che l’Accademia fosse temporaneamente trasferita a Forlì per ragioni legate alla guerra, svolge funzioni di istruttore pilota alla scuola di pilotaggio presso l’aeroporto di Capua. Quindi è anche comandante della 70a squadriglia con sede a Torino Mirafiori. Durante il conflitto mondiale Fargnoli presta servizio presso la base aerea di Comiso e, per breve periodo, presso quella greca di Kalamata con il grado di capitano pilota, con promozione nel 1943 al grado di maggiore. Nelle prime fasi del conflitto partecipa ai bombardamenti aerei nel sud della Francia. Dopo essere stato insignito della Croce al merito per i volontari della guerra di Spagna, nel 1940 è decorato di Medaglia di bronzo al Valor militare «sul campo» con la seguente motivazione: «pilota da caccia, abile e valoroso, partecipava ad aspri combattimenti su munite e lontane basi nemiche concorrendo efficacemente alla distruzione di numerosi velivoli – Cielo di Hyéres e du Cuers Pierrefeu, 13-15 giugno 1940», cui seguirà nel 1941 un’altra Medaglia di bronzo al Valor militare. Nel dopoguerra Ottorino Fargnoli è nella ricostituita Aeronautica militare italiana a Napoli, all’aeroporto militare di Capodichino con il 4° stormo aeroplani caccia. Qui le attività di volo si svolgevano con velivoli forniti dagli Stati Uniti d’America nell’ambito del programma «Mutual Defense Assistance Program». Si trattava spesso di aerei che avevano operato su vari fronti di guerra, revisionati e inviati all’Aviazione militare italiana. Nel settembre 1947 a Capodichino, provenienti da Brindisi (dove erano giunti con navi di trasporto degli Usa), arrivarono i «Mustang P-51», aerei da caccia ribattezzati in Italia F-51 (dove la sigla F sta per Fighter=Caccia). Questo tipo di velivolo fu oggetto di numerosi incidenti di volo. Della precarietà operativa di questi apparecchi se ne rendevano ben conto gli specialisti motoristi della S.R.A.M. (Squadra riparazioni aerei e motori) dell’aeroporto di Galatina che ebbero modo di mettere in linea di volo i Mustang americani. La mattina del 9 aprile 1949 era un giorno di normale routine in aeroporto a Capodichino. Il tenente colonnello pilota Ottorino Fargnoli si preparava a guidare una missione da concludersi in giornata. Il tempo era buono e nulla lasciava presagire il dramma che si sarebbe consumato di lì a poco. Alle ore 9,08 una formazione di cinque aeroplani, del tipo Mustang P-51, si alzava in volo diretta a Treviso. Al comando Ottorino Fargnoli seguito dal ten. pilota Giulio Mainella, dal serg. magg. pilota Gaspari Mario, dal ten. pilota Giacomo Rovina e dal serg. magg. pilota Germano Bertoni. La formazione doveva effettuare una normale esercitazione di navigazione aerea, ma nelle prime ore del pomeriggio il comando del distaccamento carabinieri di Isernia avvertiva telegraficamente che verso le ore 9,30 tre velivoli erano precipitati in località Santa Giusta di Colli al Volturno. Questa la descrizione succinta dell’incidente come verbalizzata dal
comandante della 96a squadriglia del 4° stormo aeroplani da caccia: «il giorno 9 aprile 1949 partivano in volo dall’aeroporto di Capodichino alle ore 9,08 due P-51 il ten. pilota Mainella Giulio ed il serg. magg. pilota Gaspari Mario facenti parte di una formazione di cinque aeroplani al comando del ten. col. pilota Fargnoli Ottorino. La suddetta formazione doveva effettuare una esercitazione di navigazione Napoli-Treviso. Dopo la partenza avvenuta regolarmente, come da ordine ricevuto a terra si è visto il ten. Mainella portarsi gregario sinistro del capo formazione ed il serg. magg. pilota Gaspari gregario destro; a circa 400-500 metri seguivano gli altri due aeroplani (capo coppia ten. Rovina). Subito dopo si videro gli aeroplani mettersi in rotta. Nel sorvolo degli Appennini la formazione incontrava lungo la direttrice di marcia una grossa formazione nuvolosa. La pattuglia guidata dal ten. col. pilota Fargnoli entrava decisamente nel banco di nubi e da quel momento non si sono più avute notizie dei tre apparecchi. Nelle prime ore del pomeriggio il comando distaccamento dei carabinieri di Isernia avvertiva telegraficamente che verso le ore 9,30 tre velivoli erano precipitati nella località Santa Giusta di Colli al Volturno a circa 20 km. da Isernia. Recatomi in macchina sul luogo della sciagura constatavo che i tre velivoli erano precipitati nel raggio di circa mille metri e che i piloti, non avendo fatto uso del paracadute, erano deceduti. F.to capitano pilota Salvatore Barra». Anche la dichiarazione del ten. col. pilota Raul Zucconi, anch’egli recatosi sul luogo della sciagura, evidenzia che gli aeroplani caduti erano i tre P-51 pilotati dal capopattuglia e dai due gregari e che tutti loro «non avendo fatto uso del paracadute erano deceduti».
La fredda prassi burocratica riporta così la descrizione riassuntiva sulle cause professionali-accidentali del tragico evento: «durante un volo di navigazione da Capodichino per Treviso, nella zona di Benevento, il capo pattuglia, ten. col. Fargnoli, seguito dai due gregari, entrava in una grossa formazione nuvolosa temporalesca, senza forse averne apprezzato la consistenza e la natura. Indi, accortosi di trovarsi in una formazione temporalesca più violenta e per più tempo di quanto previsto, si presume che, dopo il tentativo di una navigazione strumentale, abbia cercato per timore di un imperfetto funzionamento degli strumenti, di uscire dalla formazione stessa con un abbassamento di quota. L’orgasmo probabilmente sopravvenuto avrà concorso ad una mancata serena valutazione della zona montana che si stava sorvolando, per cui il terreno sarà apparso improvvisamente e d’una repentina manovra di uno dei velivoli avrà determinato una collisione con conseguente precipitazione contro il suolo. Esclusa ogni responsabilità disciplinare». Dalla relazione redatta dai servizi tecnici del 4° stormo caccia dell’Aeronautica militare, si evince che: «i velivoli oggetto dell’incidente sono: P-51 MM. 4303 pilota ten. col. Ottorino Fargnoli; P-51 MM. 4281 pilota ten. Mainella Giulio; P-51 MM. 4272 pilota serg. magg. Gaspari Mario. Ditta costruttrice «North american aviation ingle. Wood California Packard». Giudizio conclusivo sulle cause: «l’esame dei resti del velivolo non ha portato alcun motivo che potesse far risalire a cause tecniche l’incidente. Le cause della collisione possono attribuirsi a probabile formazione di ghiaccio e scarsa visibilità, turbolenza in formazione temporalesca. Proposte-decisioni: fusoliera, motori, eliche: F[uori] U[so] senza recupero di parti dato il luogo impervio in cui i rottami dei velivoli sono caduti». Le relazioni tecniche di questo tragico evento, così come tanti altri accaduti in quei tempi, presentavano quasi sempre evidenti contraddizioni. Forse era impossibile approfondire eventuali carenze nella gestione tecnico-operativa dei mezzi oppure, come appare più probabile, non utile se non a costo di mettere in luce le grandi difficoltà che l’Arma azzurra aveva in quei tempi anche in ragione delle limitazioni imposte dai trattati armistiziali seguiti alla guerra di cui l’Italia era stata colpevole protagonista.
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ALBERTO TESTA
Nasce a Pignataro Interamna il 29 agosto 1923 da Giuseppe e Filomena Pedale. Dopo il conseguimento della maturità classica al Liceo «Carducci» di Cassino, entra all’Accademia della Regia Aeronautica di Caserta dove frequenta il corso «Aquila 2». Alla cerimonia del giuramento e del battesimo del corso, il 19 maggio 1943, partecipa in prima persona sua altezza reale Umberto di Savoia, principe di Piemonte. Con il precipitare degli eventi bellici, gli allievi dell’accademia si disperdono: chi torna a casa e chi corre a rinforzare le fila della resistenza ai tedeschi. Nel 1945, a guerra cessata, l’Accademia viene trasferita a Nisida dove riprende gli studi anche Alberto Testa. Il brevetto di navigazione aerea lo consegue a Frosinone dove si esercita su un aereo SM 84. Da qui è trasferito al 3° stormo di Centocelle e poi a Gioia del Colle dove acquisisce il brevetto di aeroplano su aereo CA 164 e a Lecce acquisisce il brevetto di pilota militare su G 55. Quindi il ten. pilota Alberto Testa viene trasferito a Galatina per frequentare i corsi di addestramento per piloti da caccia. L’8 febbraio 1950 l’ufficiale pilota ha un appuntamento con la giovane fidanzata Angela Luisi. Dovrà disdire l’impegno perché convocato dal comandante di squadriglia per un volo di addestramento acrobatico su velivolo Macchi MC 205. L’occasione è importante viste le difficoltà operative della base di Galatina in quel tempo. I velivoli non erano sempre disponibili e questo rendeva difficoltose le possibilità per i piloti di effettuare le ore minime annuali utili a confermare i brevetti di volo. Così in quello stesso giorno, l’8 febbraio, alle ore 10 Alberto Testa decolla con il suo aereo MC 205 matricola 92289 per una esercitazione acrobatica. Appena 23 minuti dopo il dramma con l’ennesimo incidente mortale. Questa la relazione tecnica in merito all’incidente di volo: «Il giorno 8 febbraio 1950 mentre il tenente pilota Testa Alberto effettuava un volo di addestramento con l’apparecchio MC 205 si verificava durante una manovra acrobatica (virata in cabrata o looping) l’entrata dell’apparecchio in vite piatta rovescia–sinistra.
Sembra, a detta di testimoni all’incidente, che il pilota riuscisse per un istante a rimettere l’apparecchio, ma subito dopo ritornava in vite piatta rovescia–destra a causa della scarsa velocità dell’apparecchio. Il pilota alla quota di circa 1600 metri sganciava il tettuccio e l’apparecchio assumeva l’assetto di picchiata, perdendo rapidamente quota. Poco dopo si è intesa un’esplosione e si è visto il fumo dell’incendio dell’apparecchio. Recatomi subito dopo sul luogo dell’incidente, distante circa un chilometro dalla pista di volo, ho trovato l’apparecchio completamente distrutto per l’urto e per l’incendio. Il compianto ten. Testa, che era caduto decedendo, a poco più di 100 metri dall’apparecchio, era stato portato già via dall’ambulanza. Esaminato il paracadute, ho notato come la fune di vincolo fosse stata tutta tirata e che aveva fatto funzionare il trancia spago. Il sistema funicolare si era svolto in parte, rimanendo inserite le ultime due spire. Il comando a mano non era stato manovrato. Da quanto sopra si presume che il compianto ten. Testa non abbia potuto abbandonare rapidamente, per il vento di corsa, l’apparecchio dopo sganciato il tettuccio e, tenendo presente che la picchiata è durata un tempo all’ordine di 10 secondi, si comprende come il lancio si sia potuto effettuare a quota relativamente bassa. Considerando il tempo di apertura del paracadute di 2 secondi, risulta che il pilota che si lancia con l’apparecchio in volo orizzontale discende di circa 18 metri; con l’apparecchio in picchiata di 610 km/h (170 m/sec.) si discende di circa 160-170 metri, mentre la velocità si è ridotta da 170 m/sec, a 50 m/sec. Pertanto si può dedurre che il compianto ten. Testa si sia lanciato ad una quota dell’ordine di 130-140 metri, appena insufficiente allo spiegamento completo del paracadute.
Per l’incidente si esclude ogni responsabilità tecnica del personale di squadriglia e l’incidente deve attribuirsi ad errata manovra acrobatica. F.to il capo reparto tecnico Zizzi ing. Giovanni». Il linguaggio freddo e burocratico che accompagnava la descrizione del fatale incidente fu sufficiente per archiviare l’ennesimo incidente mortale di quel periodo della storia aviatoria italiana. Nessun dubbio sull’affidabilità degli aerei o sul servizio meccanico, lasciando indirettamente dedurre che le responsabilità fossero solo e soltanto dei piloti. Intanto proprio in quel periodo, sempre nell’ambito del «Mutual Defense Assistance Programme», l’Aeronautica militare Usa implementò le Scuole di volo dell’Aviazione militare italiana di corsi per volo strumentale al fine di migliorare la sicurezza in condizioni di scarsa visibilità. L’introduzione ai corsi significativamente affermava: «il corso di volo strumentale è stato da qualcuno – e molto a ragione – definito la migliore polizza d’assicurazione sulla vita che un pilota possa contrarre. Oggi giorno, solo chi sia in grado di condurre un apparecchio in volo senza visibilità con la stessa sicurezza e precisione di quando la visibilità esterna è perfetta, può legittimamente considerarsi meritevole della qualifica di “pilota”». Un passo avanti notevole sulla strada della sicurezza in volo che per essere rafforzata dovette affrontare ancora per molto tempo altre dure prove fino a quando furono ripristinate le normali ore di volo necessarie per mantenere i brevetti e una adeguata gestione dei reparti di manutenzione degli aeromobili.
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SECONDINO PAGANO
Nasce l’11 febbraio 1918 a Civitavecchia da Giuseppe e Erminia Macari, originari di Cassino. Proprio a Cassino consegue la maturità classica presso il Liceo «Carducci» per entrare poi all’Accademia aeronautica di Caserta dove frequenta il corso «Sparviero» per allievi piloti. Successivamente ricoprirà, presso l’Accademia, anche ruoli di istruttore pilota. Allo scoppio della guerra viene impegnato su vari fronti con missioni aeree di particolare delicatezza e pericolo. Sul fronte greco-albanese partecipa – con il grado di sottotenente pilota – a diverse missioni in operazioni di guerra e la sua condotta gli vale il conferimento della Medaglia d’argento al Valor militare con la seguente motivazione: «Capo equipaggio di velivolo da bombardamento, in lunghe e difficili missioni offensive e in audaci mitragliamenti e bombardamenti da bassissima quota su munite basi nemiche, dava ripetute prove di coraggio, di valore e di perizia professionale, raggiungendo risultati di grande importanza – Cielo della Grecia, ottobre 1940-febbraio 1941». Nell’estate del 1943 è a Forlì dove si era temporaneamente trasferita, per ragioni connesse allo stato di guerra, l’Accademia aeronautica. Le clausole dell’Armistizio dell’8 settembre, e conseguente resa delle forze armate italiane, imponevano che ogni aereo italiano rimasto sotto il controllo della Regia aeronautica, venisse trasferito nelle basi alleate. Il personale dell’Accademia non opera però scelte uniformi. Ad esempio c’è chi, come Lamberto Bartolucci, abbandona l’Accademia e si trasferisce a Roma per entrare nella clandestinità e partecipare alla guerra di liberazione (nel dopoguerra farà una brillante carriera fino a capo di stato maggiore dell’arma). Invece Secondino Pagano fa una scelta diversa e
si dispone ad applicare rigorosamente i dettami delle clausole armistiziali. Malgrado le grosse difficoltà per la mancanza di combustibile, per la presenza delle truppe tedesche e per la distanza delle basi nell’Egeo, in Albania e in Grecia, oltre alla limitata autonomia degli aeroplani italiani, parte con il suo aereo e atterra a Brindisi mettendosi a disposizione degli alleati. In questa operazione spericolata, furono ben 203 gli aerei che si spostarono al sud (39 caccia, 117 bombardieri e trasporto e 47 idrovolanti). Questi velivoli diventarono il nucleo fondante della «Aeronautica cobelligerante italiana» partecipe fianco a fianco degli alleati in azioni di guerra contro i tedeschi. Nel dopoguerra, dopo aver frequentato la scuola di guerra aerea dell’Aeronautica militare a Firenze, a Secondino Pagano viene conferito il grado di maggiore pilota e assume incarichi presso la Commissione delle Nazioni unite in Somalia. Nel 1957 è aiutante di volo del generale Giuseppe Sgarlata presso la scuola di volo di Caserta e da qui assegnato al Centro elicotteri di Frosinone. Pilota di grande esperienza professionale è abilitato su aerei BA 25, RO 41, S 81, C 45, S 81, MB 308, Saiman 202, C 5, G 46, DC 53, G 212 e istruttore pilota su elicottero Bell 47 G.
Nell’aprile del 1957 si apre la Fiera di Milano. Il maggiore pilota Secondino Pagano viene comandato in missione nel capoluogo meneghino per una serie di voli dimostrativi nell’ambito delle manifestazioni fieristiche, oltre che per i trasferimenti dell’on. Antonio Segni, presidente del Consiglio dei ministri, dall’aeroporto di Linate all’eliporto della Fiera. La base dell’elicottero Samba 23 – Agusta Bell 47 G 2 proveniente dal Centro elicotteri di Frosinone, viene fissata
presso l’aeroporto di Linate. I voli dimostrativi in ambito fieristico si svolgono dal 12 al 27 aprile. In questo arco di tempo il Comando del «Centro elicotteri di Frosinone», con nota di servizio telegrafico del 17 aprile 1957, dispone pure che l’elicottero Samba 23 pilotato da Secondino Pagano fosse a disposizione dell’on. Virginio Bertinelli, sottosegretario alla Difesa, per esercitazioni in montagna nella zona di Sondrio, in occasione dello svolgimento dell’ottavo Rally internazionale sciistico in programma dal 28 aprile al 1° maggio 1957. La missione aveva lo scopo di dimostrare il possibile e utile impiego degli elicotteri in azioni di soccorso alpino. Per effetto di questa disposizione, il 28 aprile alle ore 8,20 l’elicottero decolla dall’aeroporto di Linate diretto a Como. Qui arrivato e atterrato al campo sportivo, prende a bordo l’on. Bertinelli e alle ore 9,50 decolla nuovamente con rotta verso Sondrio. Qui giunge alle ore 10,35 atterrando sul locale campo sportivo. Dalle ore 11 e fino alle 13 è impegnato in vari voli di propaganda, con a bordo alcune autorità del luogo1. Per le ore 13 circa era previsto un volo che avrebbe dovuto raggiungere Pizzo Bernina e la capanna Marinelli, ma a causa delle avverse condizioni meteo esistenti nell’alta Valmalenco si era rinunciato momentaneamente al volo programmato.
Infatti la sera del 27 aprile alle ore 20, il capitano Giuseppe Sironi (Arma aeronautica ruolo servizi) dalla capanna Marinelli entrava in contatto telefonico con i Carabinieri di Sondrio incaricandoli di riferire al capitano Ferrari Aurelio (Arma aeronautica-pilota) che non vi era possibilità alcuna di poter attrezzare uno spiazzo per il programmato atterraggio dell’elicottero alla capanna Marinelli, in quanto la notevole quantità di neve esistente sul piazzale era stata ammassata irregolarmente dal vento dei giorni precedenti. Pertanto il programma di cooperazione con le squadre di soccorso del Cai avrebbe dovuto eventualmente essere limitato a un sorvolo della zona da parte dell’elicottero. Poi alle ore 9,30 di quel 28 aprile 1957 lo stesso cap. Sironi, in una successiva comunicazione telefonica con il cap. Ferrari, «sconsigliava anche la possibilità del sorvolo sulla capanna Marinelli, per peggiorate condizioni meteo». Pagano era ben cosciente di tutto ciò, e ne sentiva tutta la responsabilità nel dover effettuare esercitazioni di cooperazione con squadre di soccorso del Cai impegnate nel Rally internazionale sciistico, tanto che aveva anche adottato delle opportune misure precauzionali per il volo in montagna. Prima dell’ultimo volo, infatti, il pilota aveva dato ordine telefonico agli specialisti addetti all’elicottero di togliere l’apparato ricetrasmittente esistente a bordo, di spostare conseguentemente la batteria allo scopo di regolare il centraggio della macchina, di togliere le ruote di manovra e di limitare il carico di benzina a 100 litri. Purtroppo né queste misure, né l’abilità del pilota, né l’esperienza del rag. Bombardieri furono sufficienti a portare a termine con successo la prima esercitazione di volo in alta montagna. Alle ore 15,50 del pomeriggio il pilota Pagano, dopo aver preso a bordo il rag. Luigi Bombardieri del Cai di Sondrio, decollava. Come risulta da testimonianze oculari raccolte, l’elicottero segue inizialmente il torrente Laterna quindi, dopo aver sorvolato la località Franscia e imboccato la valle del Scerscen, punta verso il rifugio Marinelli dove, lasciando alla sua destra le cime di Musella e il monumento degli Alpini, vira verso est. Tuttavia a causa delle avverse condizioni del tempo, alle 16,15 urta i fili di una teleferica e precipita sulla vedretta di Caspoggio. La durata del volo risulta essere di 25 minuti, tempo necessario a percorrere la distanza tra il punto di partenza e quello di caduta e raggiungere la quota di circa 2.700 metri. Il pilota Secondino Pagano e Luigi Bombardieri perdono la vita nel tragico evento. I due corpi furono recuperati subito dalle squadre di soccorso, portati prima al rifugio Carate e subito dopo a valle giungendo nella notte a Sondrio. Dalle interviste a testimoni oculari: «I due finanzieri Giorgio Costa e Biagio Gaio, in zona per l’occasione del Rally sciistico, erano a poco più di duecento metri dal luogo della sciagura, sul ghiacciaio, verso il Monumento degli Alpini. Sentito il rumore delle pale, guardarono per un attimo l’elicottero, poi si chinarono per calzare gli sci. Erano le 16,10, e non udendo più ronzare il motore guardarono a valle, e, agghiacciati, videro una pala del velivolo roteare in aria, e l’elicottero scendere a vite, e poi uno schianto! Dopo alcuni minuti erano sul posto: i due uomini che erano a bordo dell’aereo giacevano tra i rottami in mezzo alla neve, senza dar segno di vita». Celso Ortelli, uno dei fondatori del Soccorso alpino, si trovava alla Marinelli per preparare il tracciato del rally con altri collaboratori, questa la sua testimonianza: «Il 28 era una giornata uggiosa, con nebbia. Abbiamo sentito l’elicottero che arrivava e improvvisamente il rumore della fiondata del cavo metallico della teleferica rotto e il rumore della caduta. Siamo scesi subito nel vallone e abbiamo visto che si trattava di Luigi Bombardieri e del Maggiore Secondino Pagano, mentre arrivavano le prime squadre del rally con Carlo Mauri, Tizzoni, Bartesaghi ed altri. Il rally venne effettuato ugualmente e venne anche girato un filmato. Io stesso mi recai alla capanna Bignami (quasi finita) e all’imbocco della Val Poschiavina a indicare la strada ai concorrenti».
Questa la descrizione succinta dell’incidente così come riportata nella Relazione di inchiesta tecnico-disciplinare redatta dalla Commissione d’inchiesta tecnico-disciplinare sull’incidente di volo occorso il 28 aprile 1957 all’elicottero tipo Augusta Bell 47 G 2, nominativo Samba 23 MM 80111 in località capanna Marinelli, Comune di Lanzada provincia di Sondrio: «… L’elicottero, giunto sulla vedretta di Caspoggio, mentre sorvolava la conca a circa 150 mt. dal suolo, urtava con la pala del rotore principale, contro i fili della teleferica congiungente il monumento degli alpini alla capanna Marinelli, posti anch’essi a circa 150 mt. di altezza. Nell’urto l’elicottero perdeva una pala del rotore principale e subito dopo precipitava al suolo, sprofondando nella neve. L’equipaggio decedeva nell’urto, e veniva subito recuperato e trasportato al rifugio Carate». Dagli atti dell’Inchiesta si rileva pure: «… Si presume che nell’ultima fase del volo sopra descritto, e cioè durante la virata verso destra, il pilota, ignorando la presenza della teleferica, venne a trovarsi nell’impossibilità di evitarla. Si ritiene inoltre che il passeggero, pur sapendo della teleferica, abbia omesso di segnalare in partenza, al pilota, l’esistenza dell’ostacolo. L’ipotesi può essere attendibile in quanto in nessuno dei documenti di navigazione recuperati è segnata la traccia della esistente teleferica». In realtà la stessa Commissione d’inchiesta è portata a ritenere che il pilota, alzatosi per un volo locale, intravista lungo la Valmalenco la possibilità di inoltrarsi verso nord, abbia proseguito il volo confortato dalla presenza e dai consigli di un esperto della montagna quale era il rag. Bombardieri. Sembrerebbe che quest’ultimo, pur essendo a conoscenza della ubicazione della teleferica, al suo primo volo non sia stato in grado di valutare potenzialmente il pericolo e di conseguenza non abbia richiamato l’attenzione del pilota. Il 1957, l’anno dell’incidente aereo di Secondino Pagano, comincia ad essere abbastanza lontano dalle prime emergenze del dopoguerra che il Paese dovette affrontare e delle difficoltà a ricostituire l’Arma azzurra secondo criteri di efficienza e sicurezza. Tutto ciò lo si evince anche dalla meticolosità con cui operò la Commissione d’inchiesta tecnico-disciplinare che per la prima volta affronta con decisione e tempestività il tema della sicurezza in volo. Archiviata la fase del dopoguerra con le sue emergenze e difficoltà, l’Aeronautica militare riconquista, passo dopo passo, lo spazio che gli è proprio sia in termini di efficienza operativa sia nel teatro europeo e mondiale. La Commissione non si limitò ad analizzare fatti e circostanze connesse all’incidente, bensì provvide ad emanare anche chiare ed inequivocabili “raccomandazioni” che, qualora applicate, diventavano utili ad evitare che simili sciagure potessero ripetersi in futuro. Questo lo stralcio completo:
«… poiché l’impiego dell’elicottero va generalizzandosi anche in ambienti orografici complessi e quindi meteorologicamente sensibili la commissione ritiene opportuno richiamare l’attenzione delle competenti autorità superiori, sui seguenti punti:
necessità di costituire un organismo particolarmente competente per disciplinare l’impiego dell’elicottero in alta montagna;
necessità di un rigoroso controllo perché tutti gli ostacoli esistenti in montagna e nelle relative valli, che possono essere comunque di nocumento al volo, siano resi chiaramente visibili;
nel caso specifico di funivie, teleferiche e linee elettriche ad alta tensione, attraversanti vallate, siano munite di opportuni e standardizzati segnali visibili chiaramente in volo;
la presenza degli ostacoli anzidetti e relativi segnali, sia riportata su tutte le carte di navigazione, nella prescritta forma convenzionale;
a titolo prudenziale, infine, si suggerisce che l’equipaggio (pilota e specialisti) comandato ad operare in alta montagna sia inviato in precedenza, con mezzi terrestri, nella zona interessante il volo, allo scopo di conoscere dettagliatamente la natura del terreno, gli eventuali ostacoli esistenti e le condizioni meteo locali». Questo tragico incidente, forse ancora più degli altri, mette in evidenza le grandi carenze nell’assumere regolamenti e procedure circostanziate in materia di sicurezza. Al pari mette in luce la grande importanza della meteorologia a supporto della sicurezza dei voli. Proprio ciò diventa il punto di partenza che produce, sul piano della sicurezza in volo e in particolare in alta montagna, l’emissione di un complesso di norme tendenti a preservare la vita umana. Infatti le raccomandazioni della Commissione d’inchiesta vennero recepite per intero e furono convertite ben presto in leggi e norme attuative. Fu così che da allora in poi tutti i cavi aerei di teleferiche ed elettrodotti sono vistosamente segnalati con sfere colorate per favorirne l’individuazione anche in condizioni meteo poco favorevoli oltre che ad essere diligentemente riportati sulle mappe aeronautiche.
Dunque l’incidente del 28 aprile 1957 pone fine, in maniera drammatica, alla prima missione dimostrativa sull’uso dell’elicottero in alta montagna effettuata in Italia. Tra errori di valutazione e mancanza di misure adeguate di sicurezza, si conclude tragicamente una pionieristica quanto generosa missione di esercitazione di elisoccorso alpino che si rivelerà fatale per Luigi Bombardieri e per Secondino Pagano, pioniere del volo in elicottero, uomo dal carattere gioviale, generoso, espansivo, a cui tutti riconoscevano grande temperamento, doti che gli conquistavano grande simpatia e carisma. Una fase si chiude ma una consapevolezza nuova si afferma: l’attenzione alla sicurezza degli operatori. Con la morte del maggiore pilota Secondino Pagano, scompare uno dei maggiori protagonisti dei primi anni di vita del Centro elicotteri dell’Aeronautica militare italiana costituito il primo febbraio 1955 presso l’aeroporto dell’Urbe (Roma). Tra i costituenti il comandante pilota ten. col. Giulio Marini, il magg. pilota Silvio De Giorgi, il cap. pilota Pennacchi, il ten. pilota Ferretti, tutti provenienti dall’Inghilterra dove erano impegnati in addestramento su elicotteri della Westland-Sicorsky. Tra i primi elicotteri in dotazione al neo costituito Centro ci furono tre unità Bell 47 D provenienti dagli Stati Uniti. Più esperti su questo tipo di macchina erano il ten. Del Giudice e il maggiore Pagano. Entrambi su un Bell 47, ceduto all’Italia dalla Fondazione Rockefeller, avevano volato per la disinfestazione delle zone malariche poco dopo la fine della guerra. Nel corso di quello stesso anno il Centro, oramai cresciuto e consolidato, è trasferito dall’aeroporto dell’Urbe al «Moscardini» di Frosinone. Il maggiore pilota Silvio De Giorgi è il primo comandante di questa nuova struttura, mentre all’epoca dell’incidente di Secondino Pagano il comando era stato rilevato dal col. pilota Sebastiano Baduel. Perché il trasferimento a Frosinone? Perché in questa base si trova il personale necessario e il supporto logistico per la creazione di un Centro elicotteri articolato su un gruppo impiego e un gruppo scuola, quest’ultimo indispensabile per la formazione tecnico-pratica per piloti e specialisti delle tre forze armate e del nascente gruppo elicotteri del Comando generale della Guardia di finanza.
LUIGI BOMBARDIERI, lo sfortunato compagno di sventura di Secondino Pagano era nato a Milano il 10 luglio del 1900. Direttore della filiale di Sondrio della Cassa di Risparmio, era un grande appassionato della montagna, «accademico» e colonna portante della vita e delle attività del Cai (Club alpino italiano). A lui si deve la particolare cura della capanna Marinelli, il rifugio alpino posto a 2.813 mt lungo la via italiana al gruppo del pizzo del Bernina (4.019 mt). Parimenti a Bombardieri si deve la scoperta di una delle più innovative idee in fatto di attrezzatura tecnica alpinistica, il cosiddetto «arpione tubolare Roseg», un chiodo particolare che segnò una tappa importante in tema di sicurezza per le scalate su pareti di ghiaccio. Fin dal 1933, Bombardieri aveva fatto testamento nel quale esprimeva la volontà, qualora fosse perito in un incidente di montagna, di lasciare una cospicua somma in denaro, derivante da una assicurazione sugli infortuni alpinistici, alla sezione valtellinese del Club alpino italiano. In un secondo testamento, del 5 aprile 1945, esplicitava meglio le sue volontà disponendo il lascito di tutti i suoi averi a favore della sezione valtellinese del Cai affinché venisse creato un Ente avente lo scopo di educare i giovani alla montagna e, attraverso di essa, alla scuola di carattere, onestà e altruismo. Uno stralcio del testamento del 1945: «premesso che tutti i miei parenti si trovano in condizioni economiche tali da non abbisognare di aiuti di sorta, lascio l’intero mio patrimonio in amministrazione alla sezione valtellinese del C.A.I. a condizione che la medesima crei nel suo seno una istituzione che attui nel modo più opportuno un’azione di sana propaganda per la montagna riallacciandosi alle antiche e nobili tradizioni dei primi fondatori del Sodalizio in Italia. Tale istituzione dovrà creare in Sondrio una propria sede adeguata che sia il centro di tutte le iniziative per realizzare i suoi scopi nel modo più degno, tenendo presente che non è mio desiderio quello che venga curata l’abilità alpinistica esclusivamente tecnica (scuole di alpinismo ecc.) per il quale settore già si interessa in modo spiccato il Cai, ma bensì quello che venga attuato un Centro di educazione che avvii seriamente alla montagna come forgiatrice delle più nobili doti e dei più elevati sentimenti che rendono l’uomo, anche nella vita civile, veramente degno di essere chiamato tale; e sia quindi scuola di carattere, di onestà, di solidarietà umana e di amore per la natura». Alla sua scomparsa le volontà di Bombardieri si concretizzarono con la nascita della «Fondazione Luigi Bombardieri». Notevoli le attività svolte nel corso degli anni da questa benemerita istituzione, dalle attività didattico-culturali alle pubblicazioni inerenti l’editoria sulla montagna, all’azione di sostegno economico per le varie attività del Club alpino italiano. Inoltre tra gli impegni assunti dalla Fondazione va rilevata anche l’attenzione rivolta, dal 1960 e fino al 1978, all’educazione e agli studi dei figli del pilota Secondino Pagano. La scuola di Alpinismo, istituita dal Cai-sezione valtellinese, nel 1969 porta il nome di Luigi Bombardieri. Anche questa è una istituzione di particolare importanza perché è qui che si formano a livello nazionale gli istruttori di alpinismo.
Le tre sezioni attraverso le quali la Fondazione esplica le proprie attività istituzionali:
Sezione educativa: storia delle Alpi e dell’alpinismo in Italia e nel mondo. Il Club alpino italiano. I rifugi del Club alpino italiano. Letteratura alpina. Biblioteca.
Sezione scientifica: Fisiologia umana in rapporto all’alpinismo. Mineralogia, fauna, flora ecc. Problemi scientifici economici e sociali interessanti la montagna. Raccolte varie.
Sezione tecnica organizzativa: Topografia. L’alpinismo. Lo sci. Le ascensioni. Equipaggiamento alpino. Il soccorso alpino e il pronto soccorso. Premi. Borse di studio. Cinefotografia. Segnavie. I funerali di Luigi Bombardieri e di Secondino Pagano si svolsero per tutti e due nella chiesa parrocchiale di Sondrio alle ore 17.30 di martedì 30 aprile 1957. Al termine della funzione religiosa il corteo funebre sfilò per le strade della città. Partito da Piazza Campello, passò in via Piazzi dove, a quell’epoca, si trovava la sede della Sezione Valtellinese del Cai di Sondrio, accompagnato da autorità, alti ufficiali dell’Aeronautica, guide alpine e numerosa folla e dagli «orfanelli» incappucciati, cioè bambini di famiglie indigenti che vivevano nell’orfanatrofio sito in Sondrio, via Bassi, e che venivano fatti sfilare in occasione dei funerali di prima classe assieme alla banda locale. Al termine dei funerali, la salma di Luigi Bombardieri venne deposta nel loculo della sua tomba nel cimitero di Sondrio, mentre quella di Secondino Pagano partì «per raggiungere la sua terra natale»2.
La Sezione valtellinese del Cai fece erigere un monumento nei pressi del rifugio Marinelli (poi definito come Marinelli-Bombardieri) utilizzando parti dell’elicottero precipitato e ponendo su un masso una targa che recita così:
Affratellati nel gioioso “Siam giunti” La Sezione valtellinese del CAI |
Un’altra lapide campeggia nella sede valtellinese del Cai con la scritta: «Luigi Bombardieri / della montagna fece motivo di vita / ne suggellò l’amore oltre la morte / destinando ogni suo avere / ad una fondazione / che educasse i giovani / alla purezza dei suoi ideali».
Il 9 dicembre 2008 un hangar del 72° stormo dell’aeroporto «Moscardini» di Frosinone è stato dedicato alla memoria del maggiore pilota Secondino Pagano, Medaglia d’argento al V.M. e Pioniere volo in elicottero. . . |
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Archiviati i tempi difficili della guerra e del dopoguerra l’Aeronautica militare si conferma sempre di più come istituzione essenziale della Nazione, depositaria di alta tecnologia e competenza professionale e la città di Cassino continua a dare a questo importante sodalizio molti dei suoi giovani, uomini e donne, che si distinguono nei vari campi in cui l’aeronautica espleta la sua opera: dal pilotaggio alla meteorologia, nella ingegneria, nella meccanica, nella medicina, al comando di macchine volanti sempre più sofisticate e complesse. Di Cassino sono gli ufficiali pilota Marco De Santis e Marco Lanni. Da quando anche le donne sono state ammesse alla carriera militare non manca nell’Arma azzurra la rappresentanza femminile cassinate, come il caso di Alessandra Pacitto.
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MARCO DE SANTIS E L’EVENTO CHE SCONVOLGE LE COSCIENZE DEL MONDO
Classe 1971, dopo aver frequentato l’Istituto tecnico industriale statale «Ettore Majorana» di Cassino diplomandosi in perito in elettronica e telecomunicazioni, nel 1990 entra all’Accademia aeronautica di Pozzuoli dove frequenta il corso «Marte IV» e consegue la laurea in Scienze aeronautiche. Negli anni 1994-95 frequenta le scuole di pilotaggio negli Stati Uniti d’America presso la US-Air Force e consegue il brevetto di pilota militare su velivolo T-38. Sempre negli Usa frequenta il corso su velivolo B767, presso la Boeing di Seattle ed acquisisce la qualifica di “comandante” su velivolo B767-300 dell’Aeronautica militare. Nel 2009 lascia l’Aeronautica militare con il grado di maggiore e viene assunto presso la compagnia Neos. Dal 2011 è alle dipendenze della compagnia aerea Emirates, con sede a Dubai dove vola con titolo di comandante su velivoli B777. Nel 2001 Marco De Santis ricopriva il grado di maggiore ed era in servizio presso il 14° stormo della base aerea di Pratica di Mare, trasferito poi presso la base aerea Nato B 707-Awacs di Geilenkirchen (Germania). In quel periodo si consuma l’evento terroristico più dirompente dal dopoguerra ad oggi: l’attacco alle torri gemelle di New York. Era l’11 settembre del 2001. Scatta immediatamente l’operazione «Noble Eagle» e poi la «Eagle Assist». Gli equipaggi della Nato vengono impiegati per la prima volta dopo la Seconda guerra mondiale in difesa degli Stati Uniti d’America in base all’art. 5 del Trattato secondo il quale «un attacco ad uno dei membri equivale ad un attacco a tutta l’alleanza». Anche Marco De Santis partecipa a questa operazione in difesa dello spazio aereo americano. Il suo gruppo Nato operante in Germania viene assegnato alla base americana di Tinker AFB in Oklahoma. La copertura di protezione e controllo dello spazio aereo americano veniva realizzato con velivoli caccia, impiegando gli aerei Awacs, in volo sui cieli di Washington e New York 24 ore su 24. In questa grande mobilitazione generale seguita agli eventi drammatici dell’11 settembre, praticamente ogni aereo in volo sulle zone sensibili veniva intercettato, riconosciuto e scortato lontano da possibili obiettivi.
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MARCO LANNI
Nato il 15 ottobre 1980 a Cassino, si è diplomato presso il Liceo Scientifico «G. Pellecchia» per iniziare la sua carriera nell’Aeronautica militare nell’anno 2001 come cadetto dell’Accademia aeronautica con il corso «Borea V». Successivamente, ha frequentato il corso di pilotaggio presso la Vance Air Force Base (Usa). La sua prima assegnazione nel 2007 è stata presso il 41° Stormo AS presso la base di Sigonella. Nel 2015 ha conseguito l’abilitazione su velivoli a pilotaggio remoto, «predator», in grado di assolvere a un’ampia gamma di compiti sia in missioni di intelligence, sia in ambito di operazioni di pattugliamento, ricerca e soccorso. Nel 2016 ha frequentato l’Istituto di scienze militari aeronautiche per il master in Leadership ed analisi strategica. È abilitato a volare sui seguenti velivoli: SF 260, TWIN ASTIR, T-6, Northrop T-38, Macchi T-339, Breguet Br 1150 Atlantic, General Atomics, MQ-1C, Boeing 707 E-3 AWACS. Ha al suo attivo circa 3500 ore di volo. Ha preso parte alle operazioni: Active Endeavour, Unified Protector, KFOR, Joint Enterprise. Attualmente ricopre il grado di maggiore pilota con posizione di vice comandante del 2° Gruppo volo presso la Nato Airborne Early Warning & Control Force.
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ALESSANDRA PACITTO
Classe 1990, diplomatasi presso il Liceo classico «Giosuè Carducci» di Cassino, ha iniziato la sua carriera nell’Aeronautica militare frequentando l’Accademia di Pozzuoli nel corso «Nibbio V». Consegue la laurea in Ingegneria civile, specializzazione strutturalista, presso l’Università Federico II di Napoli e quindi il Master in ingegneria delle infrastrutture aeroportuali presso l’Università “La Sapienza” di Roma. Assegnata presso il 3° Stormo reparto genio di Villafranca-Verona, oggigiorno ha il grado di capitano ed ha da poco terminato la missione semestrale negli Emirati Arabi presso la base aerea di Al Minhad, quale responsabile lavori.
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L’Aeronautica militare italiana è oggi, grazie anche al sacrificio di uomini come Secondino Pagano, Ottorino Fargnoli, Alberto Testa e grazie alla dedizione e alla professionalità di coloro i quali si sono formati nelle varie Accademie nazionali, una grande eccellenza italiana ed internazionale. Eccellenza che si esprime nelle grandi capacità tecnologiche e nell’alta professionalità dei suoi uomini e donne. L’Aeronautica militare italiana dei tempi moderni è presente in tanti settori e tra questi spicca l’avventura nello spazio. Alle missioni spaziali hanno contribuito e contribuiscono tra gli altri i nostri astronauti: Samantha Cristoforetti, Luca Parmitano, Umberto Guidoni (di origini ciociare), Franco Malerba e Maurizio Cheli. In era di pandemia che sconvolge il mondo, l’Aeronautica diventa decisiva per assicurare con celerità e uniformità in tutto il paese la fornitura dei vaccini, come pure per il trasporto aereo in alto bio-contenimento. Il Lazio meridionale con Cassino e il Cassinate possono essere, dunque, orgogliosi di esprimere uomini e donne che eccellono in campi così difficili e delicati. Un poco di orgoglio in meno, se non addirittura frustrazione, è dovuto alle negligenze che il territorio della provincia di Frosinone ha espresso nella mancata tutela e valorizzazione degli importanti siti aeronautici dell’aeroporto di Aquino, dismesso alla fine dell’ultima guerra mondiale, e dell’aeroporto di Frosinone, la cui prestigiosa scuola elicotteri verrà trasferita nel prossimo 2025 a Viterbo. Ma questa è la storia con i suoi alti e i suoi bassi.
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Fonti:
Archivio storico dello Stato Maggiore Aeronautica militare
Fondo libretti caratteristici dei voli
Fondo incidenti di volo
Fondo memorie storiche b. 23 fasc.132
Ministero della Difesa – Roma, Direzione personale militare
Istituto Nastro Azzurro – Roma
«Corriere della Valtellina», 3 maggio 1957
«Fondazione Luigi Bombardieri» (a cura di), Luigi Bombardieri. Una vita per l’alpinismo, Editrice «Fondazione Luigi Bombardieri», Sondrio, 2007
Francesco Di Giorgio, Erasmo Di Vito, L’Aeronautica militare nel cassinate dal Regno alla Repubblica, Cdsc-Onlus, Cassino 2013
Il maggiore Secondino Pagano 1918-1957, in «Studi Cassinati», n. 1, gennaio-marzo 2007, a. VII, pp. 57-58
Francesco Di Giorgio, Il palazzo dell’Aeronautica Militare a Roma, in «Studi Cassinati», n. 4, ottobre-dicembre 2018, a. XVIII, pp. 276-281.
1 In uno dei «voli di propaganda» effettuato dall’elicottero pilotato da Secondino Pagano, tra i vari passeggeri c’era anche l’allora sindaco di Sondrio che portò con sé «a provare l’ebrezza del volo» il figlio, un bambino di sette anni, attualmente presidente della «Fondazione Bombardieri», l’avv. Angelo Schena. Quest’ultimo ricorda che forse proprio quell’esperienza gli fece nascere la «passione per il volo, sfociata nel 1991 con l’ottenimento del Brevetto per pilota di aerei monomotore conseguito presso l’aeroporto di Locarno in Svizzera».
2 «Corriere della Valtellina», 4 maggio 1957. Nell’articolo il maggiore Pagano viene indicato con il nome di «Secondo» e non come «Secondino», errore che compare anche sulla targa del monumento del rifugio Marinelli-Bombardieri.
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Si ringraziano le famiglie Alberigo, Gentile, Fazio e Pagano per la loro adesione e disponibilità.
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