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«Studi Cassinati», anno 2021, n. 1-2
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di Costantino Jadecola
Era una domenica il 6 novembre 1932 e proprio quella domenica gli emigrati italiani che vivevano a Lione vollero ricordare il decimo anniversario della rivoluzione fascista e della marcia su Roma.
Che menasse una brutta aria lo si era capito già dalle prime ore del mattino quando un gruppo di antifascisti si era riunito sotto l’albergo che ospitava il Console d’Italia e il deputato Alfredo Giarratana, oratore ufficiale della cerimonia commemorativa, tant’è che la polizia, intervenuta in forze per via dell’affissione di manifesti minacciosi per i fascisti, aveva addirittura operato alcuni arresti.
Tra gli altri emigrati c’era anche un giovane di diciannove anni originario di Roccasecca da qualche tempo impegnato nel pugilato, cosa che lo aveva reso piuttosto noto tra gli sportivi locali. Si chiamava Pietro Antonio Di Mauro.
Quella mattina Di Mauro era stato visto in compagnia del segretario del fascio, dott. Fabrizio Romeo, impegnato nel controllo della buona riuscita delle manifestazioni poi puntualmente svoltesi come da programma. Quindi, ognuno aveva fatto ritorno alla propria casa. Di Mauro, invece, si era recato a pranzare in una trattoria di Villeurbanne, un comune francese, non lontano da Lione.
A un certo punto, sei individui armati fanno irruzione nel locale dove Di Mauro sta pranzando e, senza esitazione alcuna, fanno fuoco contro il giovane pugile di Roccasecca che cerca come può di fronteggiare gli aggressori mentre gli altri avventori presenti si danno alla fuga.
Tre proiettili, però, rendono ben presto Di Mauro inoffensivo al punto che, una volta arrivato in ospedale, spirerà poco dopo; gli aggressori, intanto, una volta eseguito il loro compito, vengono visti, berretti calati sugli occhi, salire su una automobile e allontanarsi velocemente.
Inutile precisare la grande impressione ed il generale rimpianto che la tragica fine di Pietro Antonio provocò tra gli emigrati italiani non solo di Lione così come nel suo paese natale. Insomma quel delitto fece un tale scalpore che il fascismo penso bene di non lasciarsi sfuggire quella occasione e di sfruttare la vicenda per un evento che avrebbe dovuto fare epoca.
Passano, infatti, alcuni mesi e sabato 24 giugno 1933 le spoglie mortali di Pietro Antonio fanno ritorno a Roccasecca in treno dopo una sosta a Roma dove ricevono gli onori delle rappresentanze dei Fasci giovanili dell’Urbe.
La partenza dalla stazione Termini avviene alle 17,15 per raggiungere Frosinone un paio di ore più tardi, dopo aver ricevuto l’omaggio delle organizzazioni fasciste in ogni stazione: ad attendere la salma, ci sono il prefetto, il segretario federale e le autorità provinciali.
Quindi la ripartenza per Roccasecca dove, si legge sul «Corriere della Sera» che dedica all’evento tre colonne in alto in prima pagina – Tra appassionate manifestazioni di fede nel Fascismo e nel Duce / L’on. Starace rende l’estremo omaggio alla salma del martire Di Mauro, questi titolo e sottotitolo -, «deposto dal carro, il feretro viene portato a spalla lungo la salita che conduce al paese da camerati del Di Mauro. Lo seguono i familiari, il segretario federale col Direttorio federale, un rappresentante dei Fasci all’Estero, le organizzazioni combattentistiche e tutto il popolo di Roccasecca. «La scorta d’onore, fiammeggiante di centinaia di fiaccole, è costituita da reparti della Legione Nicola Ricciotti e da due centurie di Giovani fascisti. Ogni finestra ha una bandiera, ogni davanzale è coronato di lumi. Sulle mura dell’antico castello brillano fiaccole, simbolo di fere. Fuochi sono accesi dai pastori sui culmini dei monti, altri dai mietitori nei campi e altri per la valle»1.
Ad attendere la salma all’ingresso del Comune, nel cui salone verrà allestita la camera ardente vegliata a turno per tutta la notte da Giovani fascisti, Avanguardisti, militi e carabinieri, c’è il podestà Notarangelo oltre un rappresentante dell’on. Pellegrino Serena, commissario della Federazione dell’Urbe, ed uno del Comando federale del Fascio giovanile sempre dell’Urbe.
Alle 9 di domenica mattina, sospeso il flusso di visitatori che nella notte appena passata è stato praticamente senza soluzione di continuità, nella camera ardente vengono celebrate funzioni religiose mentre all’esterno del Comune affluiscono sempre più persone, molte quelle giunte anche a piedi dai paesi vicini, oltre reparti giovanili inquadrati: «l’ammassamento delle forze è imponente. Trenta centurie di Giovani fascisti, dieci centurie di Avanguardisti, cinquanta Fasci di combattimento della provincia coi gagliardetti e un reparto di fascisti universitari. Una folla di oltre 20.000 perone, in gran parte rurali, partecipa alla celebrazione del caduto in terra straniera per la causa fascista».
Alle 11 l’arrivo del segretario del partito, on. Starace, accompagnato dal direttore generale degli Italiani all’estero, comm. Parini, e dalla fiduciaria dell’Associazione nazione delle famiglie dei Caduti. Ad accogliere gli ospiti all’ingresso del paese ci sono il prefetto Pasquale Randone, il segretario federale Carlo Bergamaschi, il podestà di Roccasecca, il console generale della milizia, Curti-Gialdino, ed altre autorità provinciali.
Terminati i convenevoli di rito, l’on. Starace «attraversa l’ammassamento salutato alla voce dei reparti inquadrati, mentre dalla folla si levano altissime acclamazioni al Duce. Presso il monumento ai Caduti il Segretario del Partito sosta in raccoglimento deponendo fiori. Quindi si reca a rendere omaggio alla salma del Caduto, attorno a cui sono raccolte le cento fiamme dei Fasci giovanili di combattimento della provincia».
Appena dopo, il feretro, preso a spalla dai Giovani fascisti di Roccasecca e seguito dai familiari, dall’on. Starace e dalle varie autorità, lascia la camera ardente diretto al cimitero accompagnata oltre che da moltissimi cittadini «da una centuria della Milizia, dal labaro della Federazione dei Fasci di combattimento, da una centuria di Giovani fascisti con l’insegna del comando federale dei Fasci giovanili di combattimenti e dalla centuria e dalle fiamme dei Fasci giovanili di combattimento. Le musiche suonano gli inni fascisti. All’altezza della Casa del Fascio la scorta d’onore sosta. Quivi è l’erma monumentale che Roccasecca ha innalzato a ricordo e gloria del figlio caduto» in quello spazio, tuttora esistente, tra il Palazzo comunale e l’edificio scolastico.
«Preannunciato da tre squilli di tromba il rito si compie: l’on. Starace chiama con voce ferma ed alta il nome del martire e dalla immensa folla erompe un grido che si ripercuote nella vastità della valle: ‘Presente!’. Nello stesso momento viene scoperto il busto marmoreo nel quale rivive l’effige del Di Mauro. Un coro di Mille Balilla e Piccole Italiane eleva il canto Giovinezza. «Il rito di devozione e di commosso rimpianto si ripete man mano che la salma passa attraverso lo schieramento. È il saluto della gioventù della provincia al fratello caduto. I singulti serrano le gole delle madri, ma più alto si leva il grido che più glorifica il Caduto: ‘Viva il Duce’».
Quindi il corteo si avvia verso il cimitero dove, mentre la salma viene tumulata, «si rinnova ancora una volta il rito. L’appello riecheggia sull’enorme massa che si è serrata sul piazzale: per volontà del Segretario del Partito l’appello è stato fatto dal più giovane dei Giovani fascisti».
Questa la cronaca, ripresa da quella del tempo, senza nulla aggiungere e senza nulla togliere, di un evento che, come già si è detto, allora fece epoca meritandosi, e non poteva essere diversamente, anche un filmato del mitico Istituto Luce, che testimonia in effetti la massiccia presenza di gente. Titolò del pezzo: Caduto ma presente. Tutta la Ciociaria laboriosa e fedele accoglie a Roccasecca la salma dell’Avanguardista Antonio Di Mauro assassinato a Lione per la sua fede fascista.
Insomma, «un martire del regime, caduto per aver voluto difendere l’onore dell’Italia contro chi aveva vilipeso la nostra bandiera nazionale»2. Sta di fatto, però, che di quell’evento non è rimasta memoria se non in quella dei più anziani.
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1 «Corriere della Sera», a. 58, n. 150, lunedì 26 giugno 1933 (anche per le successive citazioni).
2 T. Molle, Tra le due guerre: il rosso e il nero, in D. Ascolano, Storia di Roccasecca, II edizione. Amministrazione Comunale di Roccasecca, 1997, p. 240.
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