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«Studi Cassinati», anno 2021, n. 1-2
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di Antonio Crescenzi
Il Comune di Cassino e la Camera di Commercio dell’Amministrazione Provinciale di Frosinone, con trentuno Comuni del cassinate, di cui tre della provincia di Caserta diedero inizio ad un’interessante iniziativa: la costituzione di un comitato promotore per l’istituzione di un nucleo d’industrializzazione del Cassinate. Il lavoro per la predisposizione della relazione economica e tecnica veniva affidata a due funzionari di grande prestigio, il dott. Giulio Certo e l’ing. Vincenzo Ficco.
L’approfondito studio, di trecento pagine, descriveva la posizione geografica e demografica, ambientale ed economica della zona, illustrava il piano della scorrevole autostrada del sole Milano-Napoli, la disponibilità dello scalo ferroviario e il collegamento della superstrada con la statale Casilina. Inoltre venivano indicate le risorse idriche ed elettriche di quattro centrali (Olivella di Sant’Elia Fiumerapido con una potenza di 61Kw, Mignano Montelungo con 32Kw, Rocca d’Evandro con 44 KW e Pontecorvo con 20 KW) che mettevano in risalto l’insediamento industriale di piccole e medie attività già esistenti.
La validità della proposta trovava preciso riscontro nell’articolo 21 della legge 634/57 prorogata dall’articolo 6 della legge 717/65, in cui si prevedevano insediamenti industriali con agevolazioni da parte dello Stato nell’area industriale del Mezzogiorno. In più il Prg. del Comune di Cassino, approvato dalla Regione Lazio nell’agosto del 1964, rispecchiava i requisiti richiesti dalle norme della suddetta legge. La Regione Lazio, ricevuto il progetto e la richiesta specifica, dava parere favorevole con la nota n. 219 del 7 settembre 1966 e ne disponeva l’insediamento nell’area industriale «Lazio Sud» nel 1967.
Alla fine, con Decreto ministeriale, veniva istituito il «Consorzio Industriale della Provincia di Frosinone» che comprendeva: Anagni, Frosinone, Ceprano, Cassino, Pontecorvo, Sora. Il lavoro del Comitato promotore trovava felice coronamento creando così le premesse di uno sviluppo socio-economico in linea con la realtà dei tempi. Numerosi partiti politici, parlamentari e forze sindacali si adoperarono per sostenere lo sviluppo industriale del basso Lazio, primo fra tutti l’on. Giulio Andreotti, il sindaco di Cassino Antonio Grazio Ferraro e il comm. Domenico Gargano neo eletto presidente dell’Amministrazione Provinciale pressarono il governo per coinvolgere l’IRI e la Fiat in modo da far insediare grossi complessi industriali nel Cassinate. Il presidente della Fiat, avv. Umberto Agnelli, sposò la causa e avendo avuto il via libera del Cip (Comitato interministeriale prezzi) avviò la realizzazione di un grosso complesso per la costruzione di auto nel polo industriale Cassino-Pontecorvo-area industriale di Frosinone. L’iter burocratico fu lungo, i sindaci e gli amministratori di tutto il frusinate furono impegnati di continuo a Roma.
Quando sembrava che tutto stesse andando per il meglio, essendo già stata localizzata l’area da mettere a disposizione della Fiat, scoppiò la protesta dei contadini proprietari o conduttori dei terreni, i quali, dopo la guerra, avevano impegnato anni di durissimo lavoro per bonificare i loro campi. Si mobilitarono in massa opponendo una rigida resistenza alla Casa torinese (si racconta addirittura che alcuni facinorosi non esitassero con i fucili a colpire i treni che transitavano). Le forze dell’ordine con il prefetto di Frosinone si prodigarono senza sosta. Nel marzo del 1970 lo stesso prefetto Ciro Conte firmava il decreto di esproprio, circa due milioni di metri quadri, dando l’avvio all’appalto dei lavori per la costruzione dello stabilimento Fiat nell’area prescelta, sita nel comune di Piedimonte San Germano.
Il «getto» del primo pilastro avvenne nel marzo 1971: la Fiat era già una realtà, laddove la mano d’opera era disponibile, senza costringere i lavoratori del Mezzogiorno a emigrare all’estero o nel famoso triangolo industriale del nord (Genova-Milano-Torino), fenomeno che aveva raggiunto dimensioni insostenibili (indimenticabili quegli anni in cui noi meridionali, partendo dal sud con la valigia di cartone, con indumenti leggeri, ci trasferivamo nel freddo del nord, pur di mandare qualche soldo a casa, ai nostri genitori, costretti alla sera dopo il lavoro a parlare da soli con le mura di casa).
Grazie ai numerosi cantieri-scuola, prima, e ai Cap, poi, Enap e Enaip, fu possibile il graduale inserimento dei giovani contadini nel settore produttivo industriale e dei servizi.
All’inizio, in verità, e non poteva essere diversamente, poca mano d’opera specializzata venne trasferita dal nord verso il sud. Eravamo una decina di responsabili che il 5 maggio 1972 arrivammo a Cassino: l’addestramento effettuato nei diversi centri non era completo. Mancava la parte pratica, operativa, la mentalità e l’approccio di un lavoro da fare in sicurezza, rispettando le regole organizzative e tecniche. Fu quindi necessario allestire delle aule per implementare conoscenze e competenze. Negli uffici appena costruiti oltre a funzionare come aule, si assemblavano componenti da montare sugli impianti e macchinari: addestramento teorico e pratico da utilizzare anche nei periodi successivi e addestramento sui dispositivi di protezione individuale.
Le difficoltà incontrate nei primi mesi furono tante e di difficile gestione. Un immenso cantiere, polvere, cemento, catrame, pilastri e travi in ogni posto, mezzi di trasporto e di sollevamento che lavoravano ininterrottamente giorno e notte (era peraltro iniziato il periodo estivo).
Al momento erano stati costruiti solo 2 capannoni: il fabbricato N. 6 e il fabbricato N. 2 (lastratura e montaggio). È comprensibile che ci fosse tanta confusione, ma nel frattempo iniziavano ad arrivare, trasportati da mezzi pesanti, attrezzature, impianti e macchinari, bisognava ottemperare al controllo, scarico, deposito e consegnarlo alle ditte, sempre più numerose, per il montaggio e l’avvio produzione.
Esempi di nozioni dell’addestramento teorico e pratico. |
Tutto questo avveniva sotto la responsabilità dei primi capi e degli esterrefatti giovani che con entusiasmo, abnegazione, spirito di collaborazione si cimentavano in ogni attività. Erano dei momenti belli e significativi. Incominciava un’esperienza esaltante. La mensa, come ovvio, non era stata istituita, mancavano oltretutto le corsie servizi, i locali da adibire a refettori e gli spogliatoi.
Ognuno da casa portava la colazione (paesana) che spesso generava momenti di condivisione, di conoscenza, di stima reciproca. C’erano due responsabili che ogni giorno offrivano bottigliette di coca cola e caffè dai distributori automatici.
Lo stabilimento fu inaugurato nel 1972 e rispetto ad altri stabilimenti del gruppo si pose come obbiettivo di operare su scelte progettuali più evolute e infatti fu organizzato secondo lo schema del pluri-fabbricato a schiera, con gli edifici dedicati alle lavorazioni disposti in successione, cosi come richiesto dal processo produttivo: lastratura-verniciatura-montaggio-finizione-collaudo e pista.
La superficie coperta a termine di questa prima fase sarebbe stata di 385.000 mt quadri, disponendo perimetralmente di un ampio ambiente aperto in cui avvenivano le operazioni di carico e scarico materiali e del prodotto finito. Negli anni successivi parte del suolo libero sarebbe stato coperto da altri edifici.
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