Cassino: il terremoto del 1231 e l’epigrafe ricomparsa dell’anfiteatro

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«Studi Cassinati», anno 2021, n. 3
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di Emilio Pistilli

Nel 1231 il Cassinate fu devastato da un fortissimo terremoto, secondo, per effetti, solo a quello del 1349 che causò la terza distruzione di Montecassino. Ad esso è legato anche un fatto di interesse archeologico.

Ma andiamo con ordine.

Il 23 luglio 1230, cioè un anno prima del sisma, nella chiesa di San Germano fu siglato un trattato di pace tra la Santa Sede, papa Gregorio IX, e l’imperatore Federico II, trattato passato alla storia come «la pace di San Germano». Era il tempo in cui Montecassino e la Terra di San Benedetto erano al centro di attenzioni internazionali1.

La notizia del terremoto ci è data dal notaio cassinese Riccardo da San Germano (1165 circa – 1243) – fu notaio del monastero di Montecassino dal 1186 al 1232 – nella sua preziosa Chronica2 che narra i fatti avvenuti tra il 1189 circa e il 1243 in Italia e nel Regno di Sicilia.

Leggiamo la narrazione di Riccardo.

«Il primo giugno 1231, domenica, verso mezzogiorno si verificò improvvisamente un forte terremoto in San Germano e nei paesi vicini; quel giorno crollarono i campanili di alcune chiese e le stesse chiese; crollarono solide torri e moltissime case nei paesi; cosa straordinaria, a causa del terreno scosso in profondità, le limpide acque delle sorgenti di San Germano presero il colore fetido degli escrementi; tale fenomeno durò quasi due ore; crollarono le rocce e gli uomini, temendo di essere inghiottiti dalla terra, raccomandarono l’anima a Dio facendo penitenza con contrizione e pentimento. Quel terremoto si fece sentire alla stessa ora da Capua fino a Roma. Dal Colosseo [di San Germano], anch’esso colpito dal sisma, crollò un gigantesco masso. Poiché il terremoto durò più o meno oltre un mese, gli uomini spaventati e per la paura di restare sotto il crollo delle case, le abbandonarono rifugiandosi in campagna. Allora l’abate cassinese Landolfo ordinò che da ogni parte del territorio ci si recasse in processione al monastero scalzi e in contrizione»3.

La descrizione del terremoto di Riccardo da San Germano: cod. cassinese 507.
La descrizione del terremoto di Riccardo da San Germano: cod. cassinese 507.

Ci colpisce la descrizione del traumatico evento non solo per gli effetti disastrosi sugli edifici, ma anche per il fenomeno della putrefazione delle acque e per la singolarità dell’ordine abbaziale di salire scalzi in penitenza a Montecassino. Ma una notizia richiama particolarmente l’attenzione degli archeologi e degli studiosi – ed è di questo che vogliamo parlare –: il lapis ingens eversus, cioè l’enorme masso caduto dal «Coliseo», l’anfiteatro romano dell’antica Casinum.

Da questa segnalazione sono trascorsi sette secoli senza che ve ne fosse un riscontro.

Appena 35 anni dopo il sisma, il 10 febbraio 1266, il Colosseo fu teatro di una sanguinosa battaglia: nella discesa di re Carlo D’Angiò verso il meridione per la conquista del regno di Sicilia le sue truppe dovettero scontrarsi con quelle di Manfredi proprio nell’anfiteatro di San Germano, detto «Verlasci». Ebbe la meglio l’esercito di Carlo sulle soldataglie saracene di Manfredi, che contarono 1.500 morti4.

Ma tornando al nostro masso: nel 1888 l’architetto Michele Ruggiero in Scavi di antichità5, fa una brevissima descrizione dell’Anfiteatro segnalandone lo stato di degrado, provocato, tra l’altro, dal proprietario del terreno, il contadino Mariano Sinagoga, che aveva messo a coltura anche l’interno della struttura. Non accenna al nostro monolite ma ci dà una notizia molto importante: «Accanto il lato settentrionale dell’anfiteatro è stata scoverta nello scorso mese dallo stesso Sinagoga una stanza a volta col pavimento di musaico, la quale appartiene ad un edifizio ancora sepolto di terra e di pietre cadutevi dall’erto monte che lo sovrasta»6. Qualcuno ha voluto vederci il ninfeo, di recente riportato alla luce: la cosa potrebbe essere discutibile per il fatto che il Ruggiero precisa che il terreno era di proprietà di Sinagoga «Accanto il lato settentrionale dell’anfiteatro»; dunque è lì che andrebbe cercata quella stanza.

Per avere notizia certa e documentata del nostro monolite bisogna spostarsi ai primi decenni del Novecento. A darcela è l’archeologo Amedeo Maiuri, al quale devo dare la parola.

«Iscrizione monumentale presso l’Anfiteatro – Alla esterna periferia dell’anfiteatro di Cassino, e precisamente, in corrispondenza di uno dei fornici d’ingresso del settore occidentale, venne in luce vari anni or sono, a poca profondità dal terreno, un grande lastrone di calcare riquadrato da cornice, della notevole lunghezza di m. 4.05 per l’altezza di m. 0.85-90. Un’iscrizione di carattere monumentale (alt. delle lettere della prima linea m. 0.16, della seconda m. 0.15) occupa la superficie del blocco monolitico; in basso la cornice da cui il titolo è racchiuso, appare fratturata dall’urto della caduta.

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VMMIDIA C ·F · QVADRATILLA

ASCONIA SECVNDA

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La forma, le dimensioni ed il luogo stesso di giacimento di questa lapide lasciano chiaramente riconoscere che il suo originario collocamento era al di sopra del fornice d’ingresso al di sotto del quale si rinvenne; era destinata perciò a commemorare e ricordare agli spettatori che da quell’ingresso erano ammessi ai pubblici spettacoli, il nome della munifica matrona alla quale si doveva l’erezione dell’anfiteatro casinate. Del ritrovamento e del significato di questa lapide dà infatti esplicita ragione l’altro titolo rinvenuto fin dal 1757»7.

Lo stesso Maiuri in nota aggiunge: «Non diversamente sull’anfiteatro di Pozzuoli trovasi in altrettante tabelle collocate al di sopra degli ingressi e nei luoghi più in vista, ricordato il nome della città che l’edificio aveva eretto a proprie spese»8.

La posizione originaria del monolite.
La posizione originaria del monolite.

Come si presenta ora la pietra dell’epigrafe.
Come si presenta ora la pietra dell’epigrafe.

La notizia è ripresa pari pari da Gianfilippo Carettoni9, il quale precisa che la data del ritrovamento era il 1923: « … venne scoperta nel 1923: il blocco giaceva dinanzi al primo ingresso occidentale, sepolto nel terreno, ed è evidente ch’esso era collocato sopra il detto ingresso, in corrispondenza della larga breccia che si nota nel muro di coronamento, al quale s’adatta anche come spessore».

Devo segnalare che il blocco monolitico di cui parliamo è ancora in situ, accanto all’ingresso principale (occidentale) dell’anfiteatro, ma il suo stato di conservazione è gravemente compromesso: intanto alla misura della lunghezza rilevata da Maiuri, m. 4.05, mancano ben 70 centimetri, misurando attualmente m. 3.35; inoltre le lettere dell’epigrafe sono quasi del tutto illeggibili, mentre la cornice si è dissolta: gli agenti atmosferici e la mancanza di manutenzione lo hanno reso praticamente inservibile. Non possiamo sapere se il pezzo mancante si sia fratturato in seguito al crollo dall’alto muro della struttura con il terremoto del 1231 o ad altra causa, per es. gli eventi bellici del 1943/44. Ad ogni modo doveva ancora essere prossimo al corpo principale dal momento che il nostro informatore ci dà la misura della lunghezza completa. Purtroppo il manufatto è stato poco fotografato dopo il suo ritrovamento per cui è difficile fare raffronti.

Lo stesso ingresso nel 1889, prima che venisse dissotterrata l’epigrafe: notare l’originario spazio di alloggiamento nella parte superiore (Peter Paul Mackey, British School at Rome).  A lato: Le poche lettere appena leggibili.
Lo stesso ingresso nel 1889, prima che venisse dissotterrata l’epigrafe: notare l’originario spazio di alloggiamento nella parte superiore (Peter Paul Mackey, British School at Rome).
A lato: Le poche lettere appena leggibili.
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Tuttavia il nostro masso assume oggi importanza fondamentale per la conoscenza delle origini dell’anfiteatro casinate. In esso, per la sua spettacolare collocazione originaria, leggiamo che a costruire il «Colosseo» fu Ummidia Quadratilla, la munifica matrona romana che donò alla città di Casinum anche il teatro, posto poco al di sopra dell’anfiteatro, entro le mura urbane; mentre l’anfiteatro è al di sotto delle mura, sovrastato dalla strada basolata di accesso alla città, in corrispondenza della cosiddetta Porta Campana.

La sua epigrafe richiama inevitabilmente l’altra più nota ritrovata nel 1757, sempre all’interno dell’anfiteatro:

VMMIDIA · C · F

QVADRATILLA

AMPHITHEATRVM · ET

TEMPLVM · CASINATIBVS

SVA · PECVNIA · FECIT10

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L’epigrafe ritrovata nel 1757
L’epigrafe ritrovata nel 1757

 

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Venne trovata, ci dice Flavio Della Marra11, da alcuni cercatori di tesori.

Misura m. 1,06 x 0,84 ed è ciò che rimane dopo essere stata rifilata ai contorni salvaguardando però il testo, che è ben conservato.

Non ne conosciamo la collocazione originaria, salvo che provenisse dall’interno dell’anfiteatro. Carettoni suppone che fosse collocata sopra uno degli ingressi alla precinzione superiore12. Ma per le sue ridotte dimensioni è più probabile che fosse posto in luogo facilmente accessibile (e dunque leggibile) nella zona di accesso del pubblico.

L’anfiteatro dall’alto: il monolite evidenziato nel cerchio.
L’anfiteatro dall’alto: il monolite evidenziato nel cerchio.

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La breccia nel coronamento del muro dove alloggiava l’epigrafe del 1923 vista dall’interno.
La breccia nel coronamento del muro dove alloggiava l’epigrafe del 1923 vista dall’interno.
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Per lungo tempo, dopo il ritrovamento del 1757, si ritenne che la notizia del crollo del gran masso dal Colosseo nel terremoto del 1231, raccontato da Riccardo da San Germano, si riferisse a questa lapide. Gli studiosi dovettero ricredersi dopo che il nostro monolite fu riportato alla luce nel 1923.

Le due epigrafi si supportano a vicenda testimoniando – senza ombra di dubbio – che fu senz’altro Ummidia Quadratilla a farlo costruire, smentendo così a priori i dubbi di chi traduce il «sua pecunia fecit» con «fece restaurare a sue spese».

L’archeologo Filippo Coarelli, attribuisce a Marco Terenzio Varrone (116 a.C. – 27 a.C.; risiedette per 30 anni nella sua villa in Casinum) la costruzione del monumento: «Il suo patronato coincise dunque con una munifica opera di mecenate, che comprende, come abbiamo visto, la costruzione del teatro e probabilmente anche quella dell’anfiteatro: le iscrizioni pertinenti a quest’ultimo, che ricordano l’intervento di Ummidia Quadratilla, si riferiscono infatti, con tutta probabilità, alla realizzazione delle gradinate lapidee, dal momento che il tipo della costruzione, a terrapieno e con muri in opera quasi reticolata analoga a quella del teatro, permette di attribuirla ad età tardo-repubblicana»13.

Non concordano con l’insigne studioso gli archeologi Alessandro Betori, Silvano Tanzilli, Patrizio Pensabene (cfr. nota 13).

Non entro nel merito della questione, mi limito a riportare quanto afferma Carettoni, sulla scorta di Maiuri (vd. supra), riguardo alla datazione ed alla struttura muraria: «L’edificio resta dunque datato dalla seconda metà del secolo I d.C.: contingenze particolari di materiale adoperato, di luogo e di finanziamento della costruzione possono giustificare, come osserva il Maiuri, la struttura muraria e la disposizione architettonica che apparentemente sono in contrasto con la datazione».

Chiudo con le stesse conclusioni di Carettoni: «La scoperta della nuova iscrizione è venuta a confermare, con l’inequivocabilità della sua mole e la sua laconicità, che si trattava veramente di un generoso dono [l’anfiteatro] di Ummidia ai suoi concittadini»14.

Comunque il monolite andrebbe protetto dalle intemperie e segnalato con opportuna didascalia.

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NOTE

1 Per una rapida informazione su quell’evento si può leggere la mia nota su «Studi Cassinati» a. IX, n. 2, aprile-giugno 2011, pp. 101-108 anche all’indirizzo web: https://www.cdsconlus.it/index.php/ 2016/09/18/la-pace-di-san-germano-del-1230/, con la relativa bibliografia di riferimento.
2 Ryccardi De Sancto Germano Chronica, in L. A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, Raccolta degli Storici Italiani dal Cinquecento al millecinquecento, Tomo VII, Parte II.
3 «Mense Iunii primo die circa meridiem, qui erat dies Dominicus, terre motus magnus factus est subito in Sancto Germano et per vicina loca, qui die ipso nonnulla ecclesiarum campanilia, ipsas etiam ecclesias, firmas turres et domos plurimas in civitatibus et castellis evertit, qui quod dictu et auditu mirabile est, terre fundamentis concussia limpidos aquarum fontes de Sancto Germano in fecis fetulente colorem mutavit, et talis color aquarum per duas ferme horas duravit, saxa disrupit, propter quod homines timentes vivos a terra sorberi, in multa contritione et luctu penitentiam agentes, suas Domino pre timore mortis animas commendabant. Terre motus iste intonuit die illo et hora predicta, a Capua usque Romam, et terra mota est. Et tunc de Coliseo concussus lapis ingens eversus est; et quia duravit ultra mensem terre motus huiusmodi, interdum plus interdum minus, attoniti homines, dimissis laribus et locis propriis, ne domorum illos ruina contereret, ad agros exibant. Tunc iussu Landulfi Casinensis abbatis fit ad Casinense monasterium de gulis terris suis processio generalis discalciatis pedibus in fletu et planctu» (Cod. Casin. 507, p. 63r, ex 32 r).
4 S. Malaspina, Storia delle cose di Sicilia (1250-1285), a cura di Francesco De Rosa, F. Ciolfi, Cassino 2014, libro III, cap. 5, p. 108.
5 Degli scavi napolitani di antichità dal 1743 al 1876 – Documenti raccolti e pubblicati da Michele Ruggiero Architetto Direttore degli scavi e monumenti del Regno, Napoli 1888; anche G. Fornari, Di due iscrizioni romane inedite, conservate a Montecassino e a Cassino, p. 17, in «Bullettino dell’Istituto Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano», n. 47, 1932.
6 Ivi, p. 422.
7 Notizie degli Scavi di Antichità, R. Accademia Nazionale dei Lincei, R. Istituto di Archeologia e Storia dell’Arte, anno 1929, Regione I, Latium et Campania, II Cassino, II. p. 29.
8 Ibidem.
9 G. Carettoni, Casinum, Ist. St. Romani, 1940, p. 82.
10 CIL, X1, 5183; ora nella raccolta lapidaria dello scalone reale dell’Abbazia di Montecassino.
11 F. Della Marra, Descrizione istorica del monastero di Monte Casino. Con una breve notizia dell’antica città di Casino, e di S. Germano, Montecassino 1775, p. CXIII e segg.
12 G. Carettoni, Casinum … cit. p. 81, n. 9.
13 Varrone e Cassino, in «Studi Cassinati», a. VIII, n. 4, ottobre-dicembre 2008, p. 250; anche: F. Coarelli, Varrone e il teatro di Cassino, in «Ktema», 17, 1992, pp. 87-108. Per la questione si veda anche M. Fora, Ummidia Quadratilla ed il restauro del teatro di Cassino in una nuova lettura di AE 1946, 174, in ZPE 94, 1992, pp. 269 sg.; in risposta critica a Coarelli: A. Betori, S. Tanzilli, Casinum e i suoi monumenti. Esame storico-architettonico: prosegue il dibattito, in «Studi Cassinati» a. IX, n. 4, ottobre-dicembre 2009, pp. 243-252; anche P. Pensabene, Marmi e committenza nel teatro di Cassino, in E. Polito (a cura di), Casinum oppidum, Cassino 2007, pp. 101-122.
14 G. Carettoni, Casinum … cit.

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