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«Studi Cassinati», anno 2022, n. 1
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di Ferdinando Corradina
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Nei primi decenni dell’Ottocento, di concerto fra le autorità del Regno delle Due Sicilie e quelle dello Stato della Chiesa, furono realizzate le due strade rotabili che collegavano, come ancora oggi collegano, Roma con Napoli: le odierne Via Appia e Via Casilina1. Una volta ultimata la costruzione di tali strade, nel Regno delle Due Sicilie ci si pose il problema di realizzare un collegamento rotabile fra le stesse2. Dopo non poche discussioni, dovute al fatto che allora, al contrario di quanto accade oggi, tutti volevano le infrastrutture nel proprio territorio, prevalse l’opinione di costruire una strada rotabile che andasse da Itri, dove passa la via Appia, ad Arce (via Casilina) passando per Pico.
Fu lo stesso Ferdinando Il di Borbone a imporle il nome di «Civita-Farnese», in quanto lambiva il santuario della Madonna della Civita, di cui era molto devoto e che si trova nel territorio di Itri, e attraversava quelli di Pico e San Giovanni Incarico, che, nel passato, erano stati entrambi feudo della famiglia Farnese, alla quale apparteneva quella Elisabetta, madre di Carlo, capostipite dei Borbone di Napoli3.
Sulla decisione della sua realizzazione influirono sicuramente delle esigenze militari, in quanto la nuova strada era posta a ridosso del confine fra il Regno delle Due Sicilie e lo Stato Pontificio, ma probabilmente anche commerciali, in quanto la stessa, grazie alla strada già esistente che andava da Sora a Arce, avrebbe messo in comunicazione le industrie del triangolo industriale di Terra di Lavoro, costituito da Arpino, Isola Liri e Sora, con il porto di Gaeta4. Questo ci spiega perché la strada, come evidenzia Aldo Di Biasio, «neanche nei tronchi più difficili» superava la pendenza del 5%: ciò all’evidente fine di agevolare il trasporto delle merci ai carri a trazione ani-male5. Vi è da aggiungere che «nei tratti a mezza costa» fu costruita «a tetto» vale a dire con un’unica pendenza rivolta verso l’’interno, ove era un fosso per la raccolta delle acque: ciò al fine di regolamentare il deflusso delle acque piovane6. In ultima analisi «dal punto di vista tecnico era un vero e proprio gioiello»7.
Il progetto portava la firma dell’ing. Ferdinando Rocco, direttore delle opere pubbliche provinciali dei distretti di Sora e di Gaeta8. Un’ulteriore considerazione: la strada, lunga ben venticinque miglia, vale a dire poco meno di cinquanta chilometri, in quanto il miglio napoletano era pari a m. 1.851 circa9, fu ultimata in soli due anni, dal 1853 al 1855, e ciò nonostante che la stessa attraversasse «siti sempre montuosi e con grandi problemi tecnici da risolvere»10. E pensare che a scuola ci hanno insegnato che lo Stato borbonico era inefficiente!
La strada, che, per gran parte del suo tracciato, è oggi compresa nella «Valle del Liri», che va da Avezzano a Itri, si stacca dalla via Appia al km. 133 della stessa, proprio a Itri. A segnarne l’inizio è una pietra di forma cilindrica di grosse dimensioni (foto 1) un’iscrizione illeggibile nella parte finale: «STRADA CIVITA FARNESE / DI / MIGLIA 25 E …». Tale iscrizione indica il nome della strada e la sua lunghezza.
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UN’ISCRIZIONE RELATIVA ALLA CIVITA FARNESE
Poco più avanti, sulla sinistra, affissa ad un fabbricato che prospetta sulla piazza dell’Incoronazione, rinveniamo un’iscrizione lapidaria, posta a dimora nel 1977 (foto 2). La stessa, a quel che par di capire, nella parte superiore riproduce il testo di una iscrizione, redatta in latino, del 1855:
AD VIAM VULGO APPELLATAM CIVITA PHARNESIANAM
FERDINANDUS Il
PATRI PATRIAE
AMPLIFICATORI OPERUM PUBLICORUM
INDULGENTISSIMO OPTIMO QUE PRINCIPI
QUOD
VIAM QUAE MAMURRIS AD INTERAMNAM USQUE
PORRIGITUR
CUM INGENTIBUS PONTIUM OPERIBUS
AERARII PUBLICI IMPENSA
EXCITANDAM CONSTERNENDAM ORNANDAM
QUINQUENNITATIS SPATIO JUSSERIT
CAMPANI
OB INSIGNEM ERGA SE BENIGNITATEM
OBSEQUII SUI PIGNUS LOCARUNT
ANNO R. S. MDCCCLV
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LAPIDE COMMEMORATIVA DELLA INAUGURAZIONE
DI VIA CIVITA FARNESE,
AVVENUTA NELL’ANNO 1855.
IN ESSA, I CAMPANI
UNA DELLE POPOLAZIONI
DEL REGNO DELLE DUE SICILIE,
ESTERNANO PAROLE DI RINGRAZIAMENTO
ED OBBEDIENZA
PER IL RE FERDINANDO II. IL QUALE
” …. DIEDE ORDINE DI COSTRUIRE
LA VIA (CIVITA FARNESE)
CHE SI ESTENDE DA MAMURRA
A TERNI CON INGENTI OPERE …”
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La traduzione della parte scritta in latino, curata dal dr. Marco Sbardella di San Giovanni Incarico, che ringrazio è: «Presso la via comunemente denominata Civita-Farnese / A Ferdinando II / Padre della Patria / promotore di opere pubbliche / indulgentissimo e ottimo principe / per aver ordinato che / la via che si estende dai Gamurra [Città dei Gamurra = Formia] fino a Interamna / dovesse essere elevata, ricoperta e abbellita / con grandi costruzioni di ponti / a spese del pubblico erario nel periodo di cinque anni / i Campani / per la straordinaria benevolenza verso di loro / quale testimonianza della loro obbedienza collocarono / nell’anno della salvezza recuperata del Signore 1855».
Dall’iscrizione si rileva che la strada era stata costruita «nel periodo di cinque anni». In effetti, dal Di Biasio apprendiamo che i lavori erano iniziati nel 1850, ma furono ben presto interrotti e ripresi nel 1853 per essere ultimati nel 185511. Nella parte redatta in italiano (ultimi due righi) è scritto che la strada «da Gamurra [= Formia] va a Terni». Evidentemente si è ritenuto di identificare questa città con la lnteramna indicata nella iscrizione latina. Molto sommessamente, riterrei che il termine Interamna sia da riferire a Isoletta, frazione di Arce, attraversata dalla strada, e che si trova in un’ansa del fiume Liri, oppure a Isola Liri, oppure ancora alla città romana di Interamna che si trovava nel territorio di Pignataro Interamna, nei pressi di Cassino. Nella parte latina dell’iscrizione, che vuol essere classicheggiante, inoltre, non è indicata Itri, che, in epoca classica non esisteva: il suo territorio era ricompreso nella città romana di Formiae, che nell’iscrizione è indicata come «Mamurra», dal nome di un noto personaggio formiano.
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RASSEGNA DELLE COLONNETTE MILIARI SUPERSTITI
Alla distanza di circa 1.700 metri dalla via Appia, al km. 125,150 circa della Strada Regionale n. 82 «Valle del Liri», sulla destra andando verso Arce, rinveniamo la prima delle venticinque pietre miliari che si trovavano lungo la strada (foto 3). La stessa non porta inciso il n. 1, come sarebbe da aspettarsi, bensì il numero 54, e reca anche la specificazione «DA NAPOLI», a voler precisare che la stessa indicava la distanza dalla capitale del Regno. Da notare che il numero 54 è ripetuto tre volte, di modo che fosse ben visibile sia per chi veniva da Itri che per chi veniva da Arce e anche per chi guardasse il miglio dalla strada; l’iscrizione 54, in pratica, manca soltanto nella parte opposta alla via. Non ho rinvenuto i migli nn. 55 e 56. Presente in situ è il 57 (foto 4) che si trova in prossimità di un inghiottitoio, che ha la funzione di raccogliere le acque piovane. Al suo posto è anche il n. 58 (foto 5) che si trova sulla destra andando verso Arce. Questa era la posizione normale dei migli, in quanto nel Regno delle Due Sicilie i veicoli erano tenuti a tenere la destra, mentre nel vicino Stato Pontificio erano obbligati a tenere la sinistra, come, peraltro, ancora oggi in Inghilterra. Mio padre, nato nel 1902, mi riferiva che solo sotto il Fascismo si provvide a uniformare il senso di marcia dei veicoli in tutto il territorio nazionale: a destra, come ancora oggi.
Lungo il raccordo della strada Civita-Farnese con il Santuario della Madonna della Civita, rinveniamo il n. 59 (foto 6). Anch’esso reca incisa l’indicazione «DA NAPOLI». Si trova, però, sulla sinistra per chi va verso il Santuario. Molto probabilmente è stato spostato in occasione di qualche intervento tendente ad allargare la strada. Tornati sulla Itri-Arce, superato il passo di San Nicola, la strada prende a scendere verso la località Taverna di Campodimele. Non si rinviene il miglio 59, ma troviamo in situ il n. 60 (foto 7).
Continuando nella discesa, dopo 1850 metri circa, rinveniamo il n. 61 (foto 8) sulla destra come il precedente. Nella loro posizione originaria, sulla destra, si rinvengono il numero 62 (foto 9), il n. 63 (foto 10) e il n. 64 (foto 11).
Non ho rinvenuto il miglio n. 65. Al suo proprio posto, correttamente posizionato sulla destra, è, invece, il n. 66 (foto 12), al km. 102,850 circa della Strada Regionale «Valle del Liri». Più avanti, dopo 1.850 metri circa, subito prima di una curva a destra, si rinviene il n. 67 (foto 13). Al suo posto originario è anche il n. 68 (foto 14). Non ho rinvenuto il n. 69. Ho rinvenuto, invece, al di là di un guard-rail, il n. 70 (foto 15), spostato, però, sulla sinistra rispetto alla direzione di marcia verso Arce. Il n. 71 manca.
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IL MIGLIONE DI EQUIDISTANZA
Al km. 92,730 circa della Strada Regionale n. 82 «Valle del Liri», alla località Capolicolli di San Giovanni Incarico, sulla destra verso Arce, rinveniamo un «Miglione» del tutto uguale a quello indicante l’inizio della strada collocato sulla via Appia, che indica l’equidistanza da Napoli recando incisa l’iscrizione (foto 16 e 17):
DA NAPOLI PER ITRI
O PER ARCE SONO MIGLIA
71 E 3/7
Il che significa che coloro che vivevano a San Giovanni Incarico, per raggiungere la capitale del Regno, era preferibile che passassero per Arce, mentre quelli di Pico era meglio se passavano per Itri.
Non si rinviene il n. 72, ma, giunti a San Giovanni Incarico, correttamente posizionato, troviamo il n. 73 (foto 18). Lasciato il centro di San Giovanni Incarico, sulla destra, al di là di un guard-rail e dietro un albero, dopo 1.850 metri circa dal precedente, rinveniamo il n. 74 (foto 19), inclinato verso il piano sottostante, sul quale sembra minacci di rovinare. Appena superato il ponte sul Liri, prima di imboccare la galleria, a destra si prende l’originario tracciato della strada Civita-Farnese. Giunti al centro di Isoletta, lungo il viale che porta alla stazione ferroviaria, correttamente posizionato sulla destra, rinveniamo il n. 75 (foto 20). Proseguendo si passa sotto il cavalcavia realizzato in occasione della costruzione della TAV (treno ad alta velocità); si prende, poi, verso destra, la strada che porta ad Arce, che altro non è che l’originario tracciato della Civita-Farnese. Alla località Collerosa, rinveniamo il miglio n. 76 (foto 21) il quale presenta una caratteristica che lo differenzia da tutti gli altri. Il numero, ripetuto per tre volte, è racchiuso in una sorta di cornice, ottenuta a bassorilievo sulla superficie del miglio stesso. Come mi ha riferito il signor Francesco Ciolfi, classe 1929, che vive nelle vicinanze, tale differenza è dovuta al fatto che il miglio n. 76 originale fu abbattuto da un carro armato alleato, che, a tutta velocità, stava raggiungendo Monte Grande per partecipare alla battaglia contro i Tedeschi che fu combattuta il 27 e 28 maggio 194412. Il miglio attuale, quindi, è un rifacimento dell’originale, eseguito subito dopo la guerra. Evidentemente lo scalpellino che lo realizzò pensò bene di impreziosirlo introducendo il motivo della cornice.
Giunti alla località Colle Alto, ci si imbatte nel miglio n. 77 (foto 22) che, come mi ha riferito lo stesso signor Francesco Ciolfi, che si vede nella foto, è stato sbreccato da un carro armato alleato durante la seconda guerra mondiale. Proseguendo verso la Casilina, rinveniamo il miglio n. 78 (foto 23) che, essendo l’ultimo, e, quindi, il primo per chi viene da Aree, reca incisa la precisazione «DA NAPOLI PER ITRI», che ribadiva e ricordava al viandante che la numerazione dei migli era stata fatta partendo dalla capitale del Regno passando per Itri. Tale ultimo miglio, in precedenza mancante, è stato riposizionato in situ di recente dal signor Antonio Esposito Marroccella di Aree, che per tale lodevole iniziativa ha ricevuto un attestato di benemerenza da parte del Sindaco di Arce.
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IL MIGLIONE
Giunti alla Casilina, al km. 110,200 circa della stessa, troviamo un «Miglione» (foto 24) del tutto uguale a quello che abbiamo già visto a Itri sulla via Appia (foto 1) e all’altro indicante l’equidistanza da Napoli (foto 16). Anch’esso reca incisa l’indicazione «STRADA CIVITA FARNESE». Tale «Miglione», che ha dato il nome alla località in cui si trova, in precedenza era posizionato nel punto in cui la Civita-Farnese incontra la Casilina. Qualche anno fa è stato spostato al centro dell’aiuola spartitraffico, dove oggi si trova.
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ALTRE PARTICOLARITÀ
La via Civita-Farnese superava il Liri fra San Giovanni Incarico e Isoletta grazie a un ponte in muratura progettato dall’ing. Stefano de Focatiis13. Nei quattro pilastri centrali di tale ponte vi erano delle aperture “passanti”, a forma di gigli. Le stesse, oltre che una finalità decorativo/celebrativa (il giglio è l’emblema dei Borbone di Napoli), servivano ad alleggerire la pressione esercitata dall’acqua sulla struttura in occasione delle piene del fiume. Come apprendiamo dal Sacchetti, il ponte fu fatto saltare con la dinamite dai tedeschi in ritirata il 25 maggio 194414.
Quando, nell’immediato dopoguerra, fu ricostruito, nessuno si ricordò dei gigli. Solo gli ingegneri borbonici progettavano le loro opere in modo che sfidassero i secoli, tedeschi permettendo.
Il 25 febbraio 1863 fu inaugurata la ferrovia Roma – Frosinone – Isoletta – Cassino – Napoli15. Grazie alla Civita-Farnese, Isoletta divenne lo scalo ferroviario di tutta la parte meridionale della odierna provincia di Latina, vale a dire di centri quali Gaeta, Formia, Minturno, Fondi, ecc. A ricordarcelo è l’on. Pietro lngrao di Lenola, il quale nella sua autobiografia dal titolo Volevo la luna riferisce che quand’era ragazzo andava a prendere il treno a Isoletta. Solo durante il Ventennio sarà inaugurata la linea ferroviaria Roma – Latina – Formia – Napoli.
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NOTE
1 Per tali strade, v. A. Di Biasio, Territorio e viabilità nel Lazio meridionale. Gli antichi distretti di Sara e di Gaeta, Caramanica Editore, Marina di Minturno 1997, capp. III e IV, pp. 37-54. Per i migli presenti lungo le stesse strade del Lazio meridionale, v. F. Corradini, La via borbonica da Cassino a Sora e i miliari superstiti, in «Studi Cassinati», a. VIII, n. 2, aprile-giugno 2008, pp. 107-117; ID., Miliari di epoca borbonica lungo la via Appia nell’ex distretto di Gaeta, in «Studi Cassinati», a. XI, n. 1, gennaio-marzo 2011, pp. 40-45.
2 A. Di Biasio, Territorio … cit., cap. VI.
3 Su questa strada, v. A. Di Biasio, Territorio … cit., cap. VII, pp. 77-81 nonché C. Jadecola, Una strada modello: la Civita Farnese, in «Quaderni Coldragonesi 6», Edizioni del Comune di Colfelice 2015, pp. 95-105, scaricabile dal sito del detto Comune al link “Quaderni Coldragonesi”.
4 La strada Sora-Arce era un tratto della Napoli-Sora, che era stata ultimata nel 1823, cfr. A. Di Biasio, Territorio … cit., p. 51.
5 Ivi, p. 80.
6 Ibidem.
7 Ivi, p. 81.
8 Ivi, p. 79.
9 B. Scafi, Notizie storiche di Santopadre, Sora 1871, rist. anast. a cura del Comune di Santopadre, Sora 1979, p. 173.
10 A. Di Biasio, Territorio … cit., pp. 80 – 81.
11 Ivi, pp. 79-81.
12 Per tale battaglia, v. F. Corradini, … di Aree in Terra di Lavoro … Edizioni del Comune di Aree 2004, vol. I, pp. 382-385.
13 G.B. Piccirilli, Isoletta sotto il regno di Ferdinando II, Roma 1860, p. 4; C. Jadecola, Una strada … cit., p.
103.
14 G. Sacchetti, Storia e cronaca di Isoletta, Borgo San Dalmazzo 1957, p. 40.
15 Ivi, p. 44.
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