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«Studi Cassinati», anno 2022, n. 3
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di Gaetano de Angelis-Curtis
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Antonio Maria Marziale Labriola nacque il 2 luglio 1843 nella città di Cassino, allora San Germano1, figlio di Francesco Saverio e di Maria Francesca Ponari.
La famiglia paterna apparteneva a una casata originaria della città di Brienza in Basilicata, fattasi poi peregrina tra Sicilia e Calabria. Lo stesso Francesco Saverio riporta una tradizione familiare, anche se non suffragata da prove documentali, di un’origine patrizia di discendenza dai «Baroni di Labriola» (che ricorda il nome di un piccolo Comune, Abriola, limitrofo a Brienza)2. Certo è che i Labriola lasciarono la Basilicata e si spostarono prima in Calabria, poi nella punta meridionale della Sicilia quindi di nuovo «nella feconda Calabria». Da lì Francesco Saverio si trasferì a Napoli per attendere agli studi universitari e proprio dall’allora capitale partenopea raggiunse S. Germano-Cassino dove si sposò e fissò la dimora del nuovo nucleo familiare.
La famiglia Labriola, di stampo «patriottico-liberale», come la definì lo stesso Antonio in una lettera a Friedrich Engels3, finì per essere penalizza nel Regno borbonico a causa della parentela con Francesco Mario Pagano4 ed anche con Francesco Saverio Bruno5, ambedue originari, appunto, di Brienza. Mario Pagano, una delle menti più colte del tempo, pagò con la vita la sua adesione alla Repubblica partenopea del 1799, infatti fu impiccato a Napoli in Piazza Mercato il 29 ottobre 1799, mentre il cognato Francesco Saverio Bruno «perì di crepa-cuore» in quegli stessi frangenti. Inoltre se quei cugini «perivano perseguitati», anche condannati alla forca, altri componenti della famiglia Labriola caddero «trucidati dal ferro de’ briganti» oppure «combattendo».
Intanto era iniziata la diaspora dei Labriola che avevano abbandonato Brienza perdendo il patrimonio familiare. Lasciarono la Basilicata e ripararono in Calabria, a Nicastro6 (oggi Lamezia Terme), dove nel 1783 nacque Giovanbattista (talvolta indicato nei documenti anche come Giambattista o Giovanni) padre di Francesco Saverio. Giovanbattista Labriola sposò Teresa Caruso Ulivo, appartenente a un’antica famiglia di Noto in provincia di Siracusa e la famiglia andò a risiedere nella punta meridionale della Sicilia. La coppia ebbe almeno quattro figli e cioè Angela, Gaetano, Enrico e, appunto, Francesco Saverio, nato il 20 dicembre 18097 a Vittoria, cittadina della ex provincia di Ragusa. Quest’ultimo fu avviato da piccolo agli studi a Noto ma la famiglia, dopo «lungo errare per inettezza» del padre, finì per fare ritorno «nella feconda Calabria» prendendo «stanza» in Monteleone (oggi Vibo Valentia) in quanto Giovanbattista vi era stato chiamato come «maestro di Belle arti nel Collegio Vibone[se]»8. Nella cittadina calabrese Francesco Saverio fece progressi «specialmente nelle matematiche, e nella filosofia» e a Monteleone, avvalendosi della «biblioteca publica [sic] studi[ò] tutt’i classici storici di tutte le nazioni antiche, e moderne». Quindi si trasferì a Napoli per attendere agli studi universitari e di lì a qualche anno giunse nell’alta Terra di Lavoro9.
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FRANCESCO SAVERIO LABRIOLA A SAN GERMANO-CASSINO
Ci si potrebbe domandare in che periodo Francesco Saverio Labriola sia giunto a San Germano-Cassino e quale sia stata la motivazione che lo abbia spinto a trasferirvisi.
Sul quando è lo stesso Francesco Saverio che indica la data ben precisa. Scrisse infatti che giunse nel Cassinate il «cinque febrajo 1834» in quanto era stato inviato da Francesco Fuoco10 «a [S.] Vittore in Terra di Lavoro» allo scopo di «precettare in uno istituto» cioè insegnare in una scuola basata sul «metodo d’impostura» di analoghe istituzioni scolastiche fondate a Napoli, appunto, dal sacerdote-educatore mignanese11. Per qualche motivo tale tentativo dovette rivelarsi infruttuoso, per cui Francesco Saverio fece ritorno a Napoli.
Qualche tempo dopo, però, decise di tornare in questo territorio stabilendosi a San Germano dove aprì una sua scuola. Sulla decisione maturata probabilmente non dovette risultare estranea l’estrazione territoriale della famiglia della moglie. Infatti Francesco Saverio il 12 agosto 1838 a San Germano si unì in matrimonio con Maria Francesca Saveria Ponari. La sposa, che all’epoca aveva trent’anni, essendo nata il 25 gennaio 1808 a Napoli, battezzata12 nella chiesa di Santa Maria delle Grazie in Monte Santo13, era «domiciliata in San Germano», città di cui era nativo il padre Tommaso Andrea (figlio di Federico14 e di Teresa Belmonte), di professione dottore (nell’atto di matrimonio è riportato come «dottore di legge»), mentre la madre era Raffaela Scala Congi15.
Le pubblicazioni del matrimonio tra Francesco Saverio Labriola e Francesca Ponari furono affisse sulle porte della casa comunale di Monteleone, provincia di Calabria Ultra seconda, il 18 marzo 1838 con la formula di rito che gli sposi «intend[evano] procedere … alla solenne promessa di celebrare tra loro matrimonio avanti alla Chiesa secondo le forme prescritte dal Sacro Concilio di Trento». Quindi a partire da domenica 8 luglio 1838 la pubblicazione della promessa di matrimonio fu affissa sulla porta della Casa comunale di San Germano.
Tuttavia all’epoca per poter contrarre matrimonio bisognava avere il consenso scritto dei genitori. Quello del padre e della madre dello sposo fu rilasciato il 24 luglio 1838 presso lo studio notarile di Pietro Salamò di Monteleone. Davanti al notaio e a due testimoni i «coniugi Don Giovanbattista Labriola del fu Francesco [di professione proprietario] e donna Teresa Caruso del fu Vincenzo originari del comune di Noto in Sicilia dimoranti da più anni a Monteleone», dopo aver dichiarato di essere «bene fruiti», cioè a conoscenza, «delle qualità e buoni costumi della giovine», prestavano, con «massimo piacere», il «loro pieno assenso e consenso onde effettuare il matrimonio enunciato, precedenti le dovute ritualità tanto presso gli atti dello Stato Civile che nella Chiesa Parrocchiale». Diversamente la sposa non dovette esibire alcun documento essendo, al momento delle nozze, orfana di entrambi i genitori in quanto il padre Tommaso era morto il 3 aprile 1824 a sessantatré anni nella sua casa di proprietà a S. Germano16, mentre la madre Raffaela era deceduta il 18 ottobre 1833 a sessantatré anni sempre a S. Germano17.
Il 23 luglio 1838 Francesco Labriola e Francesca Ponari comparvero nella Casa Comunale di San Germano davanti al sindaco di San Germano e ufficiale dello Stato civile, Domenico Antonio Fusco, per dichiarare la loro intenzione di «procedere alla solenne promessa di celebrare tra loro il matrimonio». Poi fecero ritorno nel Palazzo Municipale il 12 agosto successivo per rilasciare «solennemente» la promessa di celebrare il matrimonio in forma religiosa18. Quindi si spostarono nella Chiesa parrocchiale di San Germano dove furono uniti in matrimonio dal canonico don Germano Petronzio alla presenza dei testimoni Francesco Ranaldi e Francesco Marselli19.
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FRANCESCO SAVERIO LABRIOLA
All’epoca del matrimonio Francesco Saverio aveva 29 anni ed era «di professione proprietario». Nei documenti del tempo è descritto come un «uomo di alti sensi e di estesa cultura benché non eccellesse per intelligenza», una «figura moralmente integra, ma segnata da non poche sventure», un «maestro di scuola» che nel 1863 era noto come «un antico insegnante, laborioso, onestissimo e povero» che conosceva «bene il latino, meno il greco»20.
A San Germano aprì e gestì una sua scuola frequentata dai rampolli della borghesia locale. Sembrerebbe inoltre che svolgesse anche le funzioni di educatore presso alcune famiglie di Cassino. Secondo Torquato Vizzaccaro, fu precettore di casa Iucci21.
Inoltre Francesco Saverio si dedicava a ricerche archeologiche22. Così collaborò al Corpus delle iscrizioni (CIL=Corpus Inscriptionum Latinarum) di Mommsen23, quindi dal 1854 divenne socio dell’«Istituto di Corrispondenza Archeologica» e scrisse memorie archeologiche e storiche in gran parte rimaste inedite. Esse non furono «pubblicate per mancanza di mezzi [finanziari]» ma consentirono a Francesco Saverio di ottenere vari «riconoscimenti autorevoli, tra i quali la nomina a ispettore degli scavi di antichità di Cassino, Aquino, Interamna Lirinate, Fregelle, Arpino»24.
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LA FAMIGLIA LABRIOLA
Dopo aver contratto matrimonio, Francesco Saverio Labriola e Francesca Ponari fissarono la loro dimora, a San Germano, nel palazzo Tari (andato anch’esso distrutto in seguito alle vicende belliche e riedificato nel secondo dopoguerra dalla famiglia Ciolfi) un immobile ubicato alle falde del colle Janulo lungo quell’asse stradale che prese poi il nome di Corso Vittorio Emanuele II ed oggi di Via Enrico de Nicola.
Dal loro matrimonio nacquero almeno tre figli, due femmine, Angela25 e Teresa26, e un maschio, appunto, Antonio Maria Marziale27 venuto alla luce nella casa di abitazione dei genitori alle ore 9,30 del 2 luglio 1843, battezzato il 4 luglio successivo nella chiesa di S. Andrea, padrini di battesimo Federico Jucci da San Germano e Battista Vecchioni da Napoli28.
Francesco Saverio Labriola morì nel 1874 mentre Francesca Ponari scomparve nel 1890.
A sua volta Antonio Labriola contrasse matrimonio con Rosalia Carolina von Sprenger29 il 23 aprile 1867 a Napoli. Da quella unione vennero alla luce nella città partenopea tre figli: Francesco Michelangelo nato il 13 luglio 186930 e morto a tre anni l’8 ottobre 187231; Alberto Francesco Felice nato il 19 novembre 1871 e morto nel 193832; e infine Teresa Carolina nata il 17 febbraio 1873 e morta a Roma il 6 febbraio 1941, anche lei una importante figura intellettuale del panorama culturale italiano33.
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LA FORMAZIONE SCOLASTICA DI ANTONIO LABRIOLA
Una questione su cui si è dibattuto riguarda dove Antonio Labriola si sia formato in età giovanile.
Da piccolo, Antonio fu allevato dalla zia Pasqualina, sorella della mamma Francesca definita da Gualtiero Gnerchi come «donna pensosa e ardita, che consertava sul capo del figliuolo una corona di virili speranze»34 ma «benché d’intelligenza elevata e di nobili sentimenti religiosi, era poco dedita alle cose domestiche»35.
Poi sotto la guida del padre, il giovane Antonio ricevette i primi rudimenti educativi e scolastici e studiò «fervosamente il latino e il greco». Quindi Antonio, a giudizio di tutti gli studiosi, proseguì gli studi nel collegio di Montecassino dove frequentò le scuole inferiori e superiori.
Per Carlo Fiorilli36, caro compagno di studi a Napoli assieme ad Arturo Graf37, il giovane Antonio ricevette la «prima educazione a filosofare» dall’abate Simplicio Pappalettere38, uomo di sentimenti liberali39.
Gli faceva eco Gualtiero Gnerchi secondo il quale in abbazia ricevette la «prima educazione filosofica» a opera dell’«Abate Pappalettere, il quale, come è noto, divenne inviso al governo borbonico per certa indipendenza di carattere, e per larghezza e libertà di dottrina»40.
Anche il prof. Luigi Dal Pane, lo studioso per eccellenza di Antonio Labriola, è convinto che il giovane Labriola abbia frequentato il collegio cassinese e che fu l’abate Pappalettere a iniziarlo agli studi filosofici su Kant ed Hegel41.
Al pari ne appare persuasa pure Monia Giazzi poiché Montecassino, a quel tempo, appariva estremamente aperto al «pensiero moderno» essendo, «nell’età del Risorgimento, centro di italianità e di moderato liberalismo» che era rappresentato da d. Simplicio Pappalettere e d. Luigi Tosti fautori dei primi, seppur infruttuosi, tentativi di conciliazione tra la Chiesa e il giovane Regno d’Italia. Dunque la studiosa presuppone una iniziale formazione di Antonio a guida paterna, proseguita poi nel collegio di Montecassino dove si erano andate affermando le idee laiche dell’abate Pappalettere (che avviò Antonio Labriola agli studi filosofici) e poi quelle di d. Nicola d’Orgemont e dove «aleggiava» il ricordo di un giovane prete, Bertrando Spaventa, che era stato per un biennio docente di filosofia e matematica42.
Pure Stefano Miccolis, anch’egli rilevante studioso del filosofo, ritiene che «di certo compì i suoi studi secondari nel collegio dell’abbazia di Montecassino»43.
Parimenti anche per Emilio Pistilli il giovane Antonio «frequentò gli studi elementari e ginnasiali a Cassino, molto probabilmente nel collegio dell’abbazia di Montecassino, come ci fa intendere una cartolina, dal tenore molto familiare, nella quale il padre Francesco raccomandava alla benevolenza dell’abate il ragazzo Antonio affinché fosse seguito negli studi»44.
Diversamente, i dubbi sulla formazione cassinese fanno perno sulle difficili condizioni economiche della famiglia Labriola che parrebbero non essere compatibili a soddisfare la corresponsione della retta necessaria a frequentare il collegio di Montecassino. Per di più se il giovane Antonio avesse frequentato il collegio benedettino andrebbe considerato il possibile ritorno di immagine negativo per la scuola che Francesco Saverio aveva fondato e gestiva a San Germano-Cassino. Inoltre se i biografi sono concordi nell’individuare in d. Simplicio Pappalettere colui che avviò il giovane Antonio agli studi filosofici va tenuto in considerazione che il monaco benedettino, dopo essere stato dal 1852 al 1858 a Subiaco e a S. Paolo fuori le mura a Roma, eletto abate di Montecassino ne fece ritorno nel giugno 1858 alla vigilia di una stagione di rivolgimenti e cambiamenti che portarono alla costituzione del Regno d’Italia. Ci si dovrebbe allora chiedere se in quei frangenti gli potesse riuscire possibile spendersi anche nell’insegnamento nel collegio cassinese dovendo provvedere al disbrigo del non facile ufficio di abate, essendo molto impegnato, assieme a d. Luigi Tosti, nei tentativi di conciliazione con il nuovo Stato unitario, ripetutamente convocato dalle nuove autorità politiche a Napoli, così come fu assorbito da altre importanti questioni anche urticanti (come, ad esempio, la cosiddetta «guerra dei Te Deum» del 2 giugno 1861).
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IL TRASFERIMENTO A NAPOLI
Antonio Labriola visse a San Germano fino all’età di diciotto anni. Al termine degli studi liceali, il 22 ottobre 1861 si trasferì a Napoli. I genitori, a causa delle limitate disponibilità economiche, lo seguirono nella capitale con Francesco Saverio che si dovette “accontentare” del poco remunerativo incarico di docente di Storia del ginnasio del regio Liceo «Principe Umberto» di Napoli o dell’Istituto scolastico «Giordano Bruno» di Maddaloni45.
A Napoli il giovane Antonio avrebbe voluto iscriversi alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo partenopeo. In quei frangenti, sebbene giovanissimo, era già noto negli ambienti culturali della capitale e si era fatto già apprezzare per la sua preparazione e per i suoi studi. Antonio Tari, filosofo originario di Terelle, in alcune sue lettere lo presentava come un «valoroso giovane cultore e speranza della nostra filosofia» che era dotato di «intelligenza decisamente filosofica» e di una «ferrea volontà di studiare» e che già conosceva «originalmente Aristotile, Spinoza, Kant; e divora[va] e si assimila[va] quanto di Hegel gli capita[va] alle mani»46. Anche l’amico e compagno di studi di quegli anni napoletani, Carlo Fiorilli, diceva di lui che «sapeva benissimo di greco e di latino», che «aveva imparato il tedesco leggendo giornali e riviste di quella nazione» e che «andava all’Università quasi esclusivamente per le lezioni di B[ertrando] Spaventa; con lui entrava e con lui usciva dall’aula, e quasi sempre accompagnava a casa il Maestro»47.
Tuttavia le precarie condizioni economiche della famiglia non gli consentirono la frequenza dei corsi accademici in quanto il magro stipendio di insegnante del padre riusciva a coprire a stento i bisogni quotidiani48. Così Francesco Saverio non si stancava di raccomandare al figlio la parsimonia e tutta la vita giovanile di Antonio Labriola fu tormentata da un lato dalle questioni economiche dovute alle scarse risorse finanziarie, che lo obbligavano a una «vita grama e [a una] giovinezza vissuta negli stenti», e dall’altro dalle insoddisfatte ambizioni culturali del padre. Nelle lettere scritte da padre e figlio in quei tempi venivano messi in evidenza i disagi vissuti, lo «spettro della miseria e quello dell’ingiustizia». «Francesco Saverio sentiva la sua situazione una potente ingiustizia e il figlio partecipa[va] a questo sentimento: potente ingiustizia degli uomini contro il padre, ingiustizia della società contro di lui, giovane, onesto, volenteroso, intelligentissimo»49.
Il giovane Antonio, «spinto dalle “privazioni più dure”, al fine di “vivere senza arrossire, e studiare coscientemente”», tra l’agosto 1862 e il marzo 1863 tentò, senza riuscirvi, «di ottenere un posto di bibliotecario a Napoli»50. Allora il padre si adoperò, tramite conoscenze, per fargli ottenere un impiego governativo che consentisse al figlio di conciliare il lavoro con lo studio. Interessò della questione soprattutto Bertrando Spaventa51, suo amico52 e di cui il giovane Antonio era stato allievo e sotto la cui influenza aveva aderito, inizialmente, all’idealismo hegeliano. Bertrando si rivolse, con lettera del 13 giugno 1863, al fratello Silvio53 nella quale lo sollecitava a provvedere «a soccorre quel “giovane di moltissimo ingegno” (che vive in una “miseria spaventevole”)». Grazie all’interessamento degli Spaventa ottenne, con Regio decreto 13 dicembre 1863, un posto di applicato di seconda classe presso la Questura di Napoli. Labriola prese servizio nel gennaio successivo ma accettò l’impiego «solo a titolo provvisorio» e col fermo intento di poterlo conciliare con lo studio. Tuttavia fu assegnato a un delicato lavoro che si rilevò molto gravoso in quanto lo assorbiva molto (doveva occuparsi di un fenomeno sociale molto intenso in quegli anni come quello del brigantaggio), così il giovane Antonio finì per vivere il «“meschinissimo impiego” alla questura in uno stato di “profonda scontentezza”». Ancora su sollecitazione di Bertrando Spaventa gli fu cambiata mansione per alleggerirlo di un po’ il carico di lavoro e consentirgli contemporaneamente di studiare54.
Quindi nel settembre 1865 riuscì a conseguire il diploma di abilitazione per l’insegnamento di materie letterarie nei ginnasi inferiori, avviandosi così alla carriera di docente. Iniziò a insegnare presso alcuni ginnasi pubblici o privati di Napoli nonché presso la scuola tedesca. Poi il 19 agosto 1871 conseguì la libera docenza (con una «discussione che rimase memorabile») di Filosofia della Storia presso l’Università di Napoli. Nel 1883 fu vincitore di concorso per la cattedra di Etica e di Pedagogia dell’Università di Roma cui aggiunse, nel 1887, la docenza di Filosofia della Storia lasciando, nel 1902, il primo insegnamento a favore di quello di Filosofia teoretica nello stesso Ateneo55.
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LA FIGURA DI ANTONIO LABRIOLA
Gualtiero Gnerchi, che fu un allievo di Labriola, frequentemente incontrava il «Maestro» al pomeriggio al Caffè Aragno, in Via del Corso a Roma dove lo si trovava quasi ogni pomeriggio, tra le 18 e le 19, «seduto quasi sempre allo stesso tavolino, circondato sempre da dieci, dodici, venti persone, tenendo testa a tutte le domande, a tutte le obbiezioni, a tutte le oppugnazioni altrui».
Fisicamente lo descriveva come un uomo dal «capo bellissimo per l’abbondante e ricciuta capigliatura nera». Invece dal lato umano era una persona che detestava l’affetto. «Non già che fosse di modi dolci e di facile acceso. Rude, anzi, Egli era, e mordace, e scontroso, e, talvolta violento … nelle presentazioni e nelle conversazioni, egli stracciava di gran voglia il cerimoniale insipido e barocco della buona società borghese … non c’era mai caso che una conversazione fatta con Antonio Labriola assumesse il tono placido d’un discorso espositivo: con Lui si era sempre a discutere» e «faceva quasi scambiare per altrettanti complimenti gli epiteti acuti, mordaci, e, financo ingiuriosi, di cui Egli regalava gli avversari» con uno «sguardo non mai scevro affatto d’ironia, [con] aperto il labbro ad un sorriso amichevole e gelido insieme, per quel sarcasmo, che le parole minacciavano d’avere». Tuttavia egli non era un «oratore; ma un con[versatore] inesauribile, scoppiettante»56.
Il suo concittadino avv. Giovanni Capaldi lo definì un «cassinate tipico: ribelle, attaccabrighe, parlatore irruente, osservatore attento e arguto»57. Nonostante fosse cultore della «ricerca minuta e filologicamente accurata» Antonio Labriola «affidava le sue idee prevalentemente alla discussione diuturna e occasionale, al dibattito serrato con geniali interlocutori, compagni di studio, giornalisti, scrittori, allievi». Fu un «autore che non amava scrivere libri» tanto che sulla rivista «Tribuna illustrata» del 4 febbraio 1904 il giornalista e politico Vincenzo Morello, che si firmava con lo pseudonimo di Rastignac, lo definì come un «Socrate moderno che diventa un don Marzio da caffè»58.
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RAPPORTI TRA CASSINO E ANTONIO LABRIOLA
Nonostante Antonio Labriola non abbia mai più fatto ritorno nella città di nascita dopo averla lasciata diciottenne, Cassino aveva mantenuto saldi legami con lui tramite «Antonio Tari (nipote dell’omonimo filosofo), Carlo Baccari e Gaetano Fornari»59 (quest’ultimo monaco a Montecassino) ed anche Gaetano Di Biasio. Quando Antonio Labriola morì il 2 febbraio 1904 a Roma60, la notizia giunse repentinamente a Cassino dove «provocò una sorta di doloroso stupore» anche se in città non si tennero per l’occasione «manifestazioni di cordoglio, né pubbliche né private». Infatti socialisti e labriolani del luogo «erano troppo pochi, troppo disorganizzati e troppo anarchicheggianti per preparare una pubblica manifestazione in onore del Maestro del socialismo scientifico»61. Ciò nonostante Labriola fu commemorato qualche mese più tardi da Gaetano Di Biasio quando fondò un Circolo Socialista, nel mese successivo riconosciuto come Sezione di Cassino del Partito socialista di Terra di Lavoro. Di Biasio volle che il Circolo, di cui assunse la carica di segretario, fosse intitolato ad Antonio Labriola al fine «di rivalutare e di popolarizzare il nome e le conoscenze filosofiche» dell’illustre concittadino e così nell’inaugurazione del Circolo tenutasi il 20 settembre 1904 lo «commemorò nobilmente».
Tuttavia per ricordare Antonio Labriola in una manifestazione pubblica bisognò attendere tre anni. Infatti solo nel terzo anniversario della scomparsa fu organizzata a Cassino una cerimonia commemorativa, voluta in particolare dal prof. Gualtiero Gnerchi, già allievo di Antonio Labriola e in quei momenti docente del Liceo-ginnasio di Cassino62. Così il 2 febbraio 1907 si tenne nel Teatro Manzoni della città una manifestazione pubblica in ricordo del filosofo. Tuttavia essa si svolse in un clima conflittuale poiché anche a Cassino, come altrove nel corso della seconda metà dell’Ottocento, si era venuta a determinare una profonda spaccatura tra ammiratori e seguaci del filosofo da una parte e antilabriolani dall’altra, con questi ultimi che si opponevano alla commemorazione dell’«eretico». Così la cerimonia al Teatro Manzoni finì per risolversi «in una sommessa conversazione quasi in famiglia» alla presenza della moglie, Rosalia Von Sprenger, dei figli Alberto Franz e Teresa e di qualche esponente della famiglia Ponari e con una partecipazione di pubblico «assai limitata», con «pochi amici» e pochi membri della sezione socialista. Il discorso commemorativo fu tenuto da Gualtiero Gnerchi e il suo intervento fu raccolto in un opuscolo di 37 pagine, pubblicato, poco dopo, dalla Tipografia Ludovico Ciolfi63. Al termine degli interventi al Teatro Manzoni si formò un corteo che si diresse verso la casa dove era nato Labriola. Tuttavia nella piazzetta antistante il palazzo si andò riunendo una «folla strabocchevole» e Gaetano Di Biasio, «dal balcone dal quale si era affacciato Labriola giovanetto», prese la parola e «da par suo, commemorò il filosofo!»64. In quell’occasione fu apposta «sulla facciata esterna della casa nella quale era nato Labriola» una «lapide-ricordo» la cui epigrafe era stata dettata da Gualtiero Gnerchi65:
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Gaetano Di Biasio si ritrovò poi a partecipare anche alla manifestazione di celebrazione svoltasi a Cassino il 12 dicembre 1954 in occasione del cinquantenario della morte del filosofo. Anche in tale circostanza l’evento fu accompagnato da forti critiche con Gaetano Di Biasio che annotava nel suo Diario: «Povero grande Maestro» che un «triste o reo destino [lo] volle far nascere qui [a Cassino] in questa bolgia di cani, di vipere»66. La manifestazione si svolse presso il Teatro Arcobaleno. In apertura dei lavori furono letti i messaggi augurali pervenuti (fra cui quello del presidente della Repubblica Luigi Einaudi e quello di d. Gaetano Fornari, «vecchio allievo di Labriola»). Fu Gaetano Di Biasio a tenere il primo intervento, ricordando la «prima celebrazione che Cassino fece di Labriola, nel 1907», cui seguì il discorso commemorativo del prof. Luigi Dal Pane dell’Università di Bologna. Al termine i partecipanti si spostarono nella piazza che veniva intitolata ad Antonio Labriola dove altri interventi furono tenuti dall’on. Giuseppe Saragat, vice presidente del Consiglio dei ministri, e dal sen. Pier Carlo Restagno, sindaco di Cassino, il quale, dopo aver ricordato che la Cassino dell’anteguerra si fregiava di una lapide dedicata al filosofo andata però «travolta con le macerie della città», lesse il testo (redatto dal prof. Dal Pane) della nuova lapide apposta sulla facciata del Palazzo di giustizia che si affaccia appunto su «Piazza Antonio Labriola»:
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ANTONIO LABRIOLA . |
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Parteciparono all’evento anche i senatori Cesare Merzagora, presidente del Senato, e Nicola Vaccaro, il segretario nazionale del Partito comunista on. Palmiro Togliatti con i parlamentari del Pci Nilde Jotti, Aldo Natoli, Giuseppe Berti e Angelo Compagnoni, quindi il segretario nazionale del Partito socialista Pietro Nenni, il socialdemocratico Giovanni L’Eltore, il democristiano Augusto Fanelli, il prof. Perna presidente dell’Amministrazione provinciale di Roma67 nonché Angelica Balabanoff (1878-1965), attivista ucraina e militante socialista che all’inizio del Novecento aveva seguito a Roma le lezioni sul marxismo di Antonio Labriola68.
Infine a Cassino, in occasione del centenario dalla morte, nei giorni 7, 8 e 9 ottobre 2004 si è tenuto un convegno di studio sulla figura Antonio Labriola organizzato dall’Università degli Studi sul tema Antonio Labriola filosofo e politico.
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NOTE
1 La città abbandonò il nome medievale di San Germano per adottare quello di Cassino con delibera del Consiglio Comunale del 23 maggio 1863 cui fece seguito l’autorizzazione sovrana concessa con R.D. 26 luglio 1863 n. 1425.
2 Francesco Saverio, due giorni dopo la nascita del figlio Antonio, iniziò la stesura di un manoscritto nel quale ripercorre brevemente la storia della famiglia Labriola: Libretto di domestiche memorie di Francesco Saverio Labriola Iuniore. Incominciato a‘ 4 luglio 1843. In Sangermano (in Arch. Dal Pane).
3 S. Miccolis, Labriola Antonio, ad nomen, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 62, Romagraf 2004, pp. 804-814 (cit. in Ivi, p. 804).
4 Francesco Mario Pagano nato a Brienza l’8 dicembre 1748, è stato un giurista, filosofo, scrittore, politico. Fu uno dei maggiori rappresentanti dell’Illuminismo italiano e un precursore del positivismo. Nel 1799 divenne uno dei principali artefici della Repubblica Napoletana quando il generale francese Jean-Étienne Championnet lo nominò tra quelli che dovevano presiedere il governo provvisorio nonché fu estensore del disegno di costituzione repubblicana. Con la caduta della Repubblica venne arrestato e rinchiuso nella «fossa del coccodrillo», la segreta più buia e malsana del Castel Nuovo, quindi fu trasferito nel carcere della Vicaria e ai primi di agosto nel Castel Sant’Elmo. Giudicato con un processo sommario, Pagano venne condannato a morte per impiccagione. A nulla valse l’appello di clemenza da parte dei regnanti europei, tra cui lo zar Paolo I, che scrisse a re Ferdinando: «Io ti ho mandato i miei battaglioni, ma tu non ammazzare il fiore della cultura europea; non ammazzare Mario Pagano, il più grande giurista dei nostri tempi». Fu giustiziato in Piazza Mercato il 29 ottobre 1799 assieme ad altri patrioti come Domenico Cirillo, Giorgio Pigliacelli e Ignazio Ciaia (https://it.wikipedia.org/wiki/Francesco_Mario_Pagano).
5 Era nato a Brienza nel 1756.
6 Nicastro dal 1968 è riunito con Sambiase e Sant’Eufemia a formare il Comune di Lamezia Terme.
7 Fu battezzato nella Chiesa parrocchiale di S. Giovanni Battista della cittadina siciliana, padrini furono i «virtuosi coniugi» barone Spada-Fora e baronessa Lena.
8 Il «Real Collegio Vibonese» oggi «Convitto Nazionale Gaetano Filangieri», ospitato in un antico convento nel centro di Vibo Valentia, è la scuola più antica della Calabria e ha da poco festeggiato i suoi 400 anni di vita.
9 Libretto di domestiche memorie … cit.
10 Francesco Fuoco (Mignano 1774 – Napoli 2 aprile 1841) ordinato sacerdote dopo gli studi nel seminario di Teano, si trasferì a Napoli per coltivare la sua vocazione di educatore. Durante la rivoluzione giacobina del 1799 si mostrò incline alla Repubblica partenopea e fu colpito dalla successiva reazione borbonica ancor di più per la sua qualità di insegnante. Fu arrestato e inviato nel carcere di Pantelleria, condannato pare all’ergastolo e poi graziato. Tornato a Napoli riprese a insegnare e nel 1818 ottenne la licenza per fondare una sua scuola (un «pensionato per allievi» che arriverà a contare 300 allievi) nella quale privilegiò i campi della filologia, della matematica, della geografia (nel frattempo stampò sedici sue opere concernenti grammatica italiana, latina, greca, francese, inglese, geografia e matematica). Con la restaurazione borbonica successiva ai moti del 1820-21, cui non rimase estraneo, dovette prendere la via dell’esilio spostandosi prima a Trieste e quindi a Parigi dove cominciò a frequentare le lezioni di economia industriale. Nel 1826 poté far ritorno a Napoli, assieme a diversi altri esuli, in seguito alla salita al trono di Francesco I. Nella città partenopea svolse un’intensa attività pubblicistica, e, allo stesso tempo, riprese l’insegnamento nella sua scuola privata, che nel 1832 ottenne l’elevazione a «istituto letterario». Proprio per l’impegno pedagogico, Fuoco vantava a metà degli anni Trenta buona notorietà e stima in Napoli e fuori. Numerosi furono i seminari, convitti, scuole, fondati in tutte le parti del Regno e basati sul suo «metodo» pedagogico (F. Di Battista, Fuoco Francesco, ad nomen, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 50, 1998, pp. 752-760).
11 Libretto di domestiche memorie … cit.
12 Il rito fu celebrato dal parroco d. Gaetano de Lieto (registrato al n. 144 del Libro dei battesimi), madrina fu Anna Baldaci (come da certificato rilasciato il 22 luglio 1838 dal parroco d. Martorelli).
13 La chiesa di Santa Maria di Montesanto e l’annesso monastero vennero costruiti a Napoli da una comunità di Carmelitani siciliani originari di Montesanto. I lavori vennero completati nel 1680.
14 Federico Ponari, figlio di Andrea, originario di Napoli, di anni 77 era morto a S. Germano il 27 ottobre 1797 e il giorno seguente il suo cadavere era stato sepolto nella chiesa. Prima di morire si era confessato e aveva ricevuto l’unzione (come da certificato rilasciato in data 6 novembre 1797 da d. Domenico Lena, parroco della Chiesa Maggiore di S. Germano). La famiglia Ponari era imparentata con la «nobile famiglia De Vio di Gaeta» (S. Miccolis, Labriola Antonio … cit., p. 804).
15 Figlia di Gennaro e di Vincenza Lamberti, di professione proprietaria, vedova in prime nozze di Antonio Maria Lucarelli, aveva sposato in seconde nozze Tommaso Ponari.
16 Dichiarazione di morte rilasciata al sindaco Mauro Pegazzani da Giuseppe Venditti (di anni 24, farmacista) e Angelo Masciolo (di anni 26 estimatore).
17 Dichiarazione rilasciata al sindaco Giovanfrancesco Belmonte da Filippo Cafaro (di anni 39, proprietario) ed Enrico Iucci (di anni 21, proprietario).
18 Testimoni furono Francesco Ranaldi (di a. 49, proprietario) Francesco Marselli (di anni 44, di professione percettore di fondiaria), Giovanni Francesco Belmonte (di anni 42, proprietario) e Raffaele De Luca (di anni 21, proprietario).
19 I dati biografici e familiari riportati sono stati tratti dalle carte del processetto matrimoniale reperibile in Archivio di Stato di Caserta, Stato civile napoleonico e della restaurazione, San Germano (oggi Cassino), Registro dei matrimoni 1838, atto n. 44.
20 Cfr. L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica e nella cultura italiana, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1975.
21 Federico Iucci (Cassino 11 dicembre 1806-?), garibaldino e fervente patriota (T. Vizzaccaro, Cassino breve monografia con cenni sui cittadini illustri, Società Editrice Laziale, Roma s.d., p. 85), avvocato, fu sindaco di Cassino dal 1834 al 1836 (T. Vizzaccaro, Cassino dall’Ottocento al Novecento, Sel. Ed., Roma, p. 387) e consigliere provinciale tra il 1861 e il 1867 (D. De Francesco, a cura di, La provincia di Terra di Lavoro oggi Caserta, Amministrazione Provinciale, Caserta 1961, p. 167), coniugato con Elisabetta Vecchione ebbe quattro figli: Giovanni, Stanislao (11.10.1841-?, avvocato, sindaco di Cassino e presidente dell’Ospedale civile), Alfredo (ingegnere 24.3.1844-27.01.1942) e Aurelio (23.1.1846-?).
22 A Brienza, era nato nel 1781, Cataldo Iannelli o Jannelli, figlio di Prospero e di Luisa [Luigia] Labriola. Cataldo, oggi ricordato come validissimo archeologo nonché per essere stato «fautore del metodo critico dello studio della storia, precursore del Comte nella determinazione del compito e dell’importanza della sociologia, continuatore del Giannone e del Vico», fu bibliotecario della Nazionale di Napoli e segretario dell’Accademia ercolanese di storia e archeologia. Cataldo Jannelli era dunque cugino di Francesco Saverio Labriola il quale in una lettera scriveva di essere seguace delle dottrine di filosofia della storia del suo parente. Così «Francesco Saverio Labriola era unito a Cataldo Jannelli non solo da vincoli di parentela ma di amicizia e di ammirazione» (M. Giazzi, Filosofia e politica di Antonio Labriola, Elison Publishing, Novoli, Lecce, 2016).
23 Probabilmente collaborò alla stesura del decimo volume (il CIL X: Inscriptiones Bruttiorum, Lucaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae Latinae) dedicato alle iscrizioni del settore occidentale dell’Italia meridionale.
24 L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica … cit. L’attività di ricerca archeologica fu portata avanti da Francesco Saverio anche dopo il trasferimento a Napoli.
25 Angela Raffaela Labriola era nata il 22 agosto 1839. La dichiarazione di nascita fu rilasciata al sindaco Giovanni Vertechj dai testimoni Giovanni Varlese (di anni 27, sacerdote), e Benedetto Casciano (di anni 31, armiere). Venne battezzata nella Chiesa di S. Pietro in Castro il 26 agosto 1839 (Archivio di Stato di Caserta, Stato civile napoleonico e della restaurazione, San Germano, oggi Cassino, Registro dei nati 1839, atto n. 210). Morì a Santa Maria Capua Vetere.
26 Teresa Maria Labriola era nata il 10 marzo 1848. La dichiarazione di nascita fu rilasciata al sindaco Guglielmo Capocci dai testimoni Francesco Patini di anni 57, e Pasquale Martucci di anni 40, ambedue proprietari. Venne battezzata nella Chiesa di S. Pietro in Castro il 15 marzo (Archivio di Stato di Caserta, Stato civile napoleonico e della restaurazione, San Germano, oggi Cassino, Registro dei nati 1848, atto n. 61), padrini di battesimo furono una cugina della mamma, Eufemia Nacci assieme al figlio Pietro Fiorentini («amatissimo discepolo» di Francesco Saverio Labriola). Morì l’11 giugno 1853.
27 Nell’atto incluso nel Registro delle nascite, Francesco Saverio è indicato come «maestro di scuola»; testimoni della dichiarazione di nascita presentata al sindaco Francesco Ranaldi furono Raffaele Casciano (di anni 27 armiere) e Alfonso Ponari (di a. 47 proprietario). A margine dell’atto di nascita è annotato: «Antonio Labriola ha sposato Rosalia Sprenger a’ 23 aprile 1867 in Napoli (Stella)» (Archivio di Stato di Caserta, Stato civile napoleonico e della restaurazione, San Germano, oggi Cassino, Registro delle nascite 1843, atto n. 176).
28 Libretto di domestiche memorie … cit.
29 Rosalia von Sprenger (1840-1926) figlia di Ferdinando Carlo Augusto e Margherita Teresa a Roben, era una palermitana di origini tedesche e di confessione evangelica che a Napoli dirigeva la Scuola Garibaldi.
30 Fu battezzato il 7 ottobre 1869 nella parrocchia di S. Liborio alla Pignasecca quantunque fosse nato nella villa Barberio ubicata a Capodimonte.
31 Scriveva il nonno Francesco Saverio che il piccolo Francesco Michelangelo «colmo di grazia, ferventissimo, acuto, di spirito irrequieto ma tenero, oppresso da difterite tossica, non conosciuta su le prime, moriva con indicibile dolore di tutta la famiglia che non dimenticherà mai quella cara, bella, nobile creatura».
32 Alberto Franz (1871-1938), laureatosi in Legge nel 1894, inizialmente si avviò alla carriera giudiziaria per poi passare a quella diplomatica, lavorando nelle ambasciate di Berlino e Berna.
33 Teresa (1873-1941), si laureò in Giurisprudenza e fu la prima donna a ricevere l’incarico di libera docenza di Filosofia del diritto presso l’Università di Roma. Si occupò della questione femminile per la quale rivendicò, «solitaria voce in Italia, la dignità di corrente di pensiero e solidità di teoria». Inoltre si dedicò alla storia del pensiero politico e «da una iniziale e sostanziale condivisione del socialismo» andò maturando «via via una critica del marxismo che si farà sempre più serrata, e che intrecciandosi con avvenimenti quali lo scoppio della prima guerra mondiale», con l’assunzione di posizioni interventiste, «e la rivoluzione d’ottobre, la porterà ad aderire pienamente ad un nazionalismo nutrito di antisocialismo e antibolscevismo» confluendo nel fascismo (F. Taricone, Teresa Labriola, FrancoAngeli, Milano 1994, p. 36).
34 G. Gnerchi, Antonio Labriola. Commemorando il Filosofo, nel Teatro Manzoni di Cassino, il terzo anniversario della morte, Tip. Ludovico Ciolfi, Cassino 1907, pp. 6-7.
35 M. Giazzi, Filosofia e politica … cit.
36 Carlo Fiorilli (1843-1937), nato ad Afragola, laureato in storia e filosofia nel 1861 e poi nel 1866 anche in giurisprudenza, ricoprì l’incarico di Direttore generale dell’istruzione primaria del ministero della Pubblica Istruzione e poi quelli di Direttore generale della Antichità e belle arti. Ebbe modo, negli anni dell’Università, di conoscere Antonio Labriola «al quale sarà legato da una lunga e sincera amicizia per tutta la vita» (A. Romano, Biografia di Carlo Fiorilli in www.salvisjuribus.it). Rievocò la frequentazione con il filosofo di Cassino in un articolo intitolato Antonio Labriola. Ricordi di giovinezza, in «Nuova Antologia di lettere, scienze ed arti», s. 5, v. 122, 1 marzo 1906, pp. 59-63.
37 Arturo Graf (1843-1937), poeta e critico letterario italiano, nato ad Atene si trasferì a Napoli nel 1863 dove si laureò in Giurisprudenza per poi dedicarsi all’insegnamento universitario in Lettere.
38 Cfr. A. Ciampani, Pappalettere Simplicio, ad nomen, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 81, 2014, pp. 261-263.
39 Cit. in S. Miccolis, Labriola Antonio … cit., p. 804.
40 G. Gnerchi, Antonio Labriola. Commemorando … cit., pp. 6, 8.
41 L. Dal Pane, Antonio Labriola nella politica … cit., p. 1213.
42 M. Giazzi, Filosofia e politica … cit. La studiosa precisa, comunque, che non si possano dare risposte sui tempi di entrata e uscita da Montecassino a causa delle carte andate perse nella distruzione dell’abbazia avvenuta nel corso della Seconda guerra mondiale.
43 S. Miccolis, Labriola Antonio … cit., p. 804. Stefano Miccolis ha curato, non senza difficoltà, il riordino e la stampa, in cinque volumi, del Carteggio di Antonio Labriola oltre a tutta una serie di approfonditi studi sul filosofo di Cassino.
44 E. Pistilli, Antonio Labriola cittadino di Cassino, in «Studi Cassinati», n. 4, a. VI, ottobre-dicembre 2006, p. 218.
45 Il preside dell’Istituto scolastico di Maddaloni auspicava il passaggio di Labriola dalle classi del ginnasio a quelle del liceo giudicandolo uomo di «esperienza e di merito» (M. Castelli Patini, Il Convitto nazionale “Giordano Bruno” di Maddaloni, in Silvana Casmirri, a cura di, Lo Stato in periferia. Élites, istituzioni e poteri locali nel Lazio meridionale tra Ottocento e Novecento, Università degli Studi di Cassino, Cassino 2003, p. 337).
46 «La Critica», 1910, p. 214, cit. in S. Miccolis, Labriola Antonio … cit., p. 804.
47 Ivi, pp. 804-805.
48 A giudizio di alcuni biografi non risulta che Antonio Labriola «abbia conseguito la laurea: di certo non fa riferimento a essa tutte le volte che produce i suoi titoli al ministero» (Ivi, p. 804). Diversamente per Gualtiero Gnerchi, suo allievo, Antonio Labriola si laureò all’Università di Napoli (G. Gnerchi, Antonio Labriola. Commemorando … cit., p. 7).
49 M. Giazzi, Filosofia e politica … cit.
50 S. Miccolis, Labriola Antonio … cit., p. 805.
51 Bertrando Spaventa (1817-1883), filosofo, sacerdote, precettore, educatore, abruzzese di famiglia imparentata con quella di Benedetto Croce, fondò anch’egli una scuola di filosofia nella capitale borbonica ma fu costretto a lasciare Napoli dopo le vicende del 1848. Si trasferì a Torino dove depose l’abito sacerdotale. Inizialmente fu pubblicista e poi ottenne degli incarichi universitari presso l’ateneo di Modena (cattedra di Filosofia del diritto), di Bologna (cattedra di Storia della filosofia) e poi con l’Unità d’Italia tornò a Napoli dove, dal 1861, iniziò a insegnare Filosofia nella Università partenopea (A. Savorelli, Spaventa Bertrando, ad nomen, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 93, 2018).
52 Francesco Saverio «aveva avuto il merito di indurre Bertrando Spaventa» a trasferirsi «a Cassino ad insegnare» filosofia e matematica (G. Gnerchi, Antonio Labriola. Commemorando … cit., p. 7).
53 Silvio Spaventa (1822-1893), patriota e uomo politico, in quei momenti aveva assunto la carica di ministro di Polizia della Luogotenenza napoletana di Eugenio di Savoia-Carignano. Fu poi deputato (1861-1869), segretario del ministero dell’Interno e quindi ministro dei Lavori pubblici nel 1873 (F. Cammarano, Spaventa Silvio, ad nomen, in Dizionario Biografico degli Italiani, Vol. 93, 2018).
54 S. Miccolis, Labriola Antonio … cit., p. 805.
55 G. Gnerchi, Antonio Labriola. Commemorando … cit., pp. 7-8.
56 Ivi, pp. 5-6.
57 G. Capaldi, Riscoperta di A. Labriola, in «Il Giornale», ora in M. Giordano (a cura di), Cassino vent’anni dopo: testimonianze e documentazioni, SEL, Roma 1964, p. 151.
58 G. De Liguori in www.giornaledifilosofia.net.
59 G. Capaldi, Riscoperta di A. Labriola … cit. p. 152.
60 Antonio Labriola si spense presso l’Ospedale tedesco di Roma per un tumore alla laringe e volle essere sepolto nel Cimitero dei protestanti (oggi Cimitero acattolico) nel quartiere Testaccio della capitale.
61 G. Capaldi, Riscoperta di A. Labriola … cit. p. 152.
62 Durante gli anni della Prima guerra mondiale il prof. Gnerchi fu impegnato in un’opera di supporto culturale del Comitato provinciale per la propaganda del Prestito Nazionale. In occasione del lancio del Quinto prestito furono organizzate in provincia di Caserta varie conferenze allo scopo di sensibilizzare la popolazione ad aderire al prestito. A tal proposito il 21 aprile 1918 il prof. Gualtiero Gnerchi parlò al «Politeama Vanvitelli» di Caserta su La missione della Dante Alighieri (G. de Angelis-Curtis, La Prima guerra mondiale e l’alta Terra di Lavoro. I caduti e la memoria, Centro documentazione e studi cassinati-Onlus, Cassino 2018, p. 41).
63 G. Gnerchi, Antonio Labriola, commemorando il filosofo, nel Teatro Manzoni di Cassino, il Terzo anniversario della sua morte, Tip. L. Ciolfi, Cassino 1907. In occasione della manifestazione tenutasi il primo luglio 2022, il volumetto di Gualtiero Gnerchi è stato ristampato in anastatica a opera della Tipografia di Bruno e Francesco Ciolfi.
64 G. Capaldi, Riscoperta di A. Labriola … cit., pp. 153-154.
65 La lapide è andata distrutta con l’immobile e tutta la città di Cassino nel corso degli eventi bellici della Seconda guerra mondiale. L’epigrafe dettata dal prof. Gnerchi è stata incisa su una nuova lapide ricollocata a cura del Cdsc-Aps e della Famiglia Ciolfi, appunto il primo luglio 2022.
66 G. Di Biasio, Diario (1943-1957), a cura di Silvana Casmirri e Gaetano de Angelis-Curtis, F. Ciolfi ed., Cassino 2021, pp. 263-264. Alcune forze politiche («fascisti e monarchici e democristiani») avevano manifestato, tanto a Cassino quanto nel Consiglio provinciale di Roma, contro l’evento commemorativo.
67 «L’Unità», a. XXXI, n. 49, lunedì 13 dicembre 1954.
68 C. Jadecola, Mal’aria, Centro Studi Sorani «V. Patriarca», Sora 1998, p. 433.
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