Studi Cassinati, anno 2012, n. 2
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Caro Direttore, ho letto con interesse, nel numero scorso, l’articolo di Fernando Riccardi dedicato agli “infoibati” sul Carso, taluni oriundi dalla nostre province. Su quella terribile tragedia, che nella sua immensità coinvolse, come indica Riccardi, anche nostri conterranei, a mio avviso bisognerebbe attenersi scrupolosamente a un giudizio storico, la qual cosa significa spogliarsi da posizioni assolute, personali o di gruppo, che si limitano, sia pur giustamente, a condannare un singolo gravissimo episodio di una guerra che peraltro ha visto atrocità inenarrabili, fino a giungere ai campi di sterminio nazisti e a due città cancellate con la bomba atomica. La tragedia degli “infoibati”, senza che si vogliano trovare impossibili giustificazioni, hanno a monte la perfida politica xenofoba antislava esercitata durante il fascismo nei territori di confine bilingui (furono cancellati perfino i cognomi oltre che i toponimi slavi), ma soprattutto dalle atrocità commesse durante la guerra dagli occupanti italiani soprattutto in Slovenia e in Croazia (qui come complici degli ustascia), ma anche nelle altre ex repubbliche autonome, che hanno poco da invidiare a quelle commesse dai nazisti tedeschi. Noi non siamo stati degli innocenti: ricordiamoci dei crimini di guerra commessi su vari fronti da generali come Graziani, Badoglio o Roatta. I nostri compatrioti gettati nelle foibe o deportati in massa dalle loro case sono stati le vittime innocenti di un odio che avevamo contribuito a seminare.
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