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Il 5 novembre 2011 si è svolta a Napoli la cerimonia conclusiva della 57esima edizione del Premio Napoli. Libro dell’anno per la sezione Letteratura italiana “Fuoco su Napoli” di Ruggero Cappuccio e “Sunset Park” di Paul Aster per la sezione Letterature straniere. Vincitori per la Letteratura italiana anche Nadia Fusini con “Di vita si muore” ed Helena Janeczek1 con “Le rondini di Montecassino”.
“Cassino era risorta cancellando tutto quel che era stata, tutto tranne l’abbazia benedettina che da sopra la montagna la guardava, metà faro, metà castello disneyano, e che come legame con se stessa e il suo passato doveva bastarle. (…) D’altronde quella gente cosa avrebbe dovuto fare? Non erano stati loro a chiamare gli aerei che avevano sganciato tonnellate di bombe sulle loro case, e quindi perché mai avrebbero dovuto preoccuparsi di conservare le memorie di quanti erano venuti a devastarle?”2
“– Ma tu sei uno storico o stai scrivendo un romanzo? -. Non è la prima volta che mia madre se ne esce con questa domanda. Domanda che, se non è proprio retorica, almeno riporta nel tono il suo giudizio, ossia che sto decisamente esagerando. Le spiego che per me la precisione è importante, le dico pure che, proprio perché non sono uno storico, ho bisogno di vedere il posto dove vive (…)”3
Queste due considerazioni, espresse una dal giovane nipote del soldato maori mentre passeggia tra le vie della città che aveva visto suo nonno combattente durante la seconda guerra mondiale e l’altra dalla giovane scrittrice israeliana alla ricerca tra i sobborghi di Tel Aviv e la città di Gerusalemme delle fonti orali per il suo romanzo, contribuiscono anche a far riflettere sugli sforzi che le pubblicazioni locali (o meglio di cultura del territorio) fanno per recuperare pezzi di storia mai narrata o narrata parzialmente e, anche se più difficilmente, quella di richiamare le responsabilità di ogni singolo cittadino verso la propria storia.
Il libro della Janeczek, attraverso giovani protagonisti dei nostri giorni, siano essi di origine israeliana o indiana o polacca o neozelandese, ripercorre le battaglie intorno alla linea Gustav e all’abbazia di Montecassino del 1944 e altri episodi riguardanti la seconda guerra mondiale mostrando come, anche tra i vincitori, vi è una gerarchia della morte, della memoria e dell’onore delle armi.
E, a conferma dell’evidente legame tra pubblicistica storica locale e romanzo, alcune delle vicende che hanno visto come protagoniste, ad esempio, le truppe neozelandesi, sono state approfondite in qualche numero di Studi Cassinati, uno tra tanti l’allargamento della “Cavendish Road”, la stretta strada sterrata che arriva nei pressi dell’Abbazia, così descritta in un passaggio da Sergio Saragosa4 “(…) i neozelandesi iniziarono i lavori per l’allargamento della mulattiera, servendosi di reti mimetiche e tenendo tutta la zona sotto cortina fumogena.” rendendo così evidente, attraverso l’umanità romanzata immaginare le fatiche private della guerra.
Il libro, peraltro vincitore nel 2010 del Premio Sandro Onofri per il “Reportage narrativo”, consente alla città di Cassino ed ai comuni che sono stati teatro degli eventi del secondo conflitto bellico, di arrivare, anche se sotto forma di romanzo, nelle case di un pubblico più vasto che potrebbe non conoscere nel dettaglio questi luoghi, queste storie. Dall’altro, ai cittadini del cassinate, di potersi rileggere attraverso gli occhi del narratore e non dello storico potendo così pensare non solo alla memorialistica o alla raccolta scientifica, ma anche a quegli aspetti di poesia, quand’anche in vicende drammatiche, che i romanzieri sanno porre.
L’auspicio conclusivo che si puó fare è che l’autrice possa raccontarci dal vivo la storia del suo libro, dell’ideazione del racconto, dei percorsi geografici seguiti direttamente o tramite internet nonché dell’interesse suscitato tra le giovani generazioni, ciò che probabilmente puó garantire il saggio perpetuarsi del ricordo storico come fanno nel romanzo il neozalandese Rapata Sullivan, il polacco Edoardo Bielinski, l’indiano Anand Gupta, l’israeliana Irena Levick.
“Minacciato alle spalle dall’ira del Vesuvio, l’esercito americano, da tanti mesi fermo innanzi a Cassino, finalmente si mosse: si buttò avanti, ruppe il fronte di Cassino, e dilagando nel Lazio si avvicinò a Roma”5. E Curzio Malaparte, in questo suo incipit, sembra anche rammentarci che in guerra ogni contrada è centro di sofferenza e momento di transito verso …
2 “Le rondini di Montecassino”, edizioni Guanda, pagg. 109 e 110.
3 Idem, pag. 171.
4 Studi Cassinati, n. 1-2 del 2004, Sergio Saragosa “Le vicende belliche in territorio di Caira nell’inverno del 1944”.
5 Pag. 247, “La Pelle”, Edizione La Biblioteca di Repubblica.
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