La diaspora dei Cassinati – Notizie di Aquinati costretti allo sfollamento

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di Sergio Macioce

Con le notizie in seguito riportate voglio dare un contributo all’iniziativa di raccogliere notizie sulla diaspora dei cassinati nelle varie regioni d’Italia.
Il 9 gennaio del 1944 la popolazione di Aquino fu sfollata dai tedeschi. Molte persone si nascosero e rimasero in loco. La gran parte fu caricata su camion militari e allontanata. La famiglia di Vincenzo Di Brango rimase divisa in due: il capofamiglia con i figli Raffaela e Oreste furono portati al nord, in provincia di Cremona. La moglie Libera Merolle, con la figlia Anna e il marito di costei, Giorgio Baglieri rimasero ad Aquino. Passato il fronte questi tre, causa la malaria e la mancanza di lavoro, si trasferirono in Sicilia, a Modica (Ragusa), paese del Baglieri.
Il giorno prima della loro partenza incontrai Libera Merolle che mi disse: “Domani partiamo per la Sicilia, io non tornerò viva, me lo sento nel cuore, quando tornerà Oreste, dagli un bacio da parte mia”, mi baciò e s’allontanò piangendo. Mi diede quest’incarico perché con il figlio mi legava, oltre che la parentela, una profonda amicizia. Libera Merolle morì a Modica e riposa in quel cimitero.
Alla fine della guerra Oreste andò in Sicilia per pregare sulla tomba della madre e riportare in Aquino la famiglia della sorella.
Due famiglie si trasferirono a Todi (Perugia), Mattia Antonio e Vittorio. Allo scoppio della guerra Antonio fu richiamato come carabiniere e prestò servizio in quella stazione C.C. : il 9 gennaio 1944 la moglie Angelina, i figli Domenico, Caterina, Giacomo, Vera, Vincenzina e Mario furono trasportati a Ferentino.
Nel violento e ben noto bombardamento di questa città da parte dell’aviazione anglo-americana Rina morì sepolta fra le macerie di un palazzo. I fratelli Domenico e Giacomo, allora giovanetti, scavando fra quelle macerie, ritrovarono il corpo della sorella che fu seppellito in quel cimitero; ora riposa in quello di Aquino.
Antonio Mattia rimase in Aquino perché provvedeva al funzionamento dell’acquedotto ed era provvisto di un lasciapassare. La sua famiglia era composta dalla moglie Marietta Macioce e dai figli Rina, Oscar, Domenico, Nello, Anna, Ezio, Adriano e dalla sorella Carmela.
Nonostante il lasciapassare, nel caos di quel giorno, i figli Oscar e Domenico, furono presi dai tedeschi e caricati su due camion diversi e avviati verso il nord.
Domenico, con l’aiuto di un soldato russo che prestava servizio ai tedeschi, riuscì a fuggire e ritornò in famiglia. Oscar invece, fu portato in provincia di Cremona. I superstiti della famiglia di Vittorio, dopo il seppellimento di Caterina, tornarono a piedi ad Aquino e si unirono a quella di Antonio. Vissero alcuni giorni sotto le grotte delle “pentime” e poi, caricata un po’ di roba su di un carretto spinto a mano, lasciarono Aquino e si stabilirono a Frosinone, nei pressi della stazione F.S.
Qui il figlio di Antonio, Domenico, si ammalò gravemente e gli fu diagnosticata una fine imminente a causa del tifo. Ma tifo non era. Le febbri violente erano causate da una piccola scheggia conficcata in una spalla che gli fu scoperta in Australia in età adulta.
Vittorio Mattia intanto partì in bicicletta da Todi per Aquino in cerca della sua famiglia, ma giunse dopo la partenza dei suoi; gli fu detto che probabilmente erano a Frosinone.
Mi sia consentito aprire una parentesi: in quel tempo in cui non funzionava nessun mezzo di comunicazione, attraverso un misterioso passaparola si sapeva dove erano sfollate le persone. La mia famiglia dal febbraio 1944 era sfollata a Ripi e sapevamo che i nostri parenti paterni erano in provincia di Cremona, quelli della mia matrigna a Roma e sapevamo notizie di tante altre famiglie.
Mentre Vittorio Mattia era in viaggio, un figlio di Antonio Mattia si ammalò e si temeva per la sua vita come ho già scritto. La madre, Maria Macioce, nipote di mio padre, mandò il figlio Nello e il nipote Domenico a chiamarlo. Era venuta a conoscenza della nostra presenza nella vicina Ripi, e voleva che fosse preparata una cassa da morto, mio padre andò a Frosinone, ma non ritenne opportuno prepararla e promise che si sarebbe recato spesso a prendere notizie. Domenico, detto Mimì, sopravvisse e dal 1952 risiede in Australia.
Intanto Vittorio, sempre in bicicletta, giunse a Frosinone e ritrovò la famiglia. Saputo che eravamo a Ripi, venne a salutare mio padre, sul posto c’era la famiglia di Gaetano Pesce. Mio padre, Vittorio e Gaetano festeggiarono l’incontro scolando una damigiana di vino. Nel ripartire Vittorio pregò vivamente mio padre di seguirlo a Todi, ma l’invito fu rifiutato. Le due famiglie Mattia, viaggiando su un camion tedesco raggiunsero Narni e da qui proseguirono a piedi fino a Todi. Furono accolti molto bene e tutti trovarono lavoro. Dopo il passaggio degli alleati la famiglia di Vittorio tornò ad Aquino, quella di Antonio rimase nella cittadina umbra. Alla fine della guerra, Antonio si recò in bicicletta a Cremona, nella città di Soresina ritrovò il figlio Oscar. Riunita la famiglia, Antonio rimase a Todi fino all’estate del 1949, quando rientrò in Aquino. Nel 1957 sposai la figlia Anna.
Molte altre famiglie di Aquino furono sfollate nella provincia di Cremona, ne fornisco un elenco incompleto:  Macioce Antonio; Macioce Loreto; Cifù Giuseppe; Evangelista Loreto; Del Vecchio Giuseppe; De Cesare Canneta e la sorella Tommasina rimasta divisa dal marito; Loreto Mattia; Macioce Maria Palma; Salera Guglielmo; i familiari di Dante Salera, combattente in Africa Orientale; Della Posta Vincenzo; Evangelista Giuseppe; Di Folco Marcantonio; Pietrantuono Pasquale.
Capirci Celestino e la moglie Antonietta Della Posta che prestava servizi nelle cucine da campo dei tedeschi, furono da questi lasciati a Foligno durante la ritirata, ivi si stabilirono e ivi morirono.

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