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L’itinerario percorso dai pellegrini tra Canterbury e Roma, viene fatto proseguire artificiosamente verso la Terra Santa; il progetto beneficia di un consistente “assist” della Regione Lazio, la stessa che non ha i soldi per gestire gli ospedali e riserva ai viaggiatori della Roma-Cassino carri bestiame.
La via Francigena: la via che, almeno a sud di Roma, non c’era. Ma che ora c’è! Eccome se c’è! Non si tratta, beninteso, di un’eclatante scoperta archeologica. Per carità! Piuttosto, di un’invenzione. Basta andare su internet, digitare “La via Francigena del sud” o, meglio, “Le vie Francigene del sud”, un clic e ti si aprono mille scenari nel nome di questa strada che richiama nel nome la più frequentata delle vie romee, ovvero delle strade percorse dai pellegrini per recarsi a Roma.
In origine era così. Poi, però, visto che tra le mete dei pellegrini, oltre Roma e Santiago de Compostela, c’era anche Gerusalemme, all’originale tragitto tra Canterbury e Roma qualcuno, considerato che per andare in Terra Santa bisognava necessariamente transitare a sud di Roma, ha pensato bene ad un proseguimento della via Francigena.
Se la strada da Canterbury seguiva un percorso ben preciso redatto sulla base del diario scritto nel 994 da un suo arcivescovo, Sigerico, nel quale questi annotò le varie tappe toccate durante il viaggio di ritorno da Roma alla sua diocesi, quanto all’itinerario sud il problema si è un tantino complicato vista la notoria abbondanza di strade presenti nell’Italia meridionale.
E, allora, dove far passare questa benedetta “via Francigena sud” visto che, storicamente, non passava da nessuna parte a sud di Roma?
Così, tanto per non far torto ad alcuno, si è pensato a più vie Francigene: Appia, Casilina, Prenestina, Latina, Labicana, Anagnina, eccetera, eccetera, eccetera.
Proprio cosi! Del resto, Giulia Rodano, assessore del tempo a cultura, spettacolo e sport della regione Lazio, era stata molto chiara: “Abbiamo concepito la Via Francigena come una vera e propria infrastruttura immateriale (sic!) della nostra regione: non una semplice attrazione culturale e turistica, ma una vera e propria opportunità di sviluppo. La nostra proposta è fondata sulla necessità di seguire il percorso indicato dal Consiglio d’Europa che, poiché nel Lazio tende a sovrapporsi con l’attuale tracciato della Via Cassia, va talvolta ridefinito e rimodulato, per rispettare sia la percorribilità che il tracciato originario. Ma al di là delle attività tecniche, riteniamo soprattutto che oggi occorra ritrovare la realtà profonda della Francigena come via dei pellegrinaggi, come strada per incontrare il paesaggio e i beni culturali di una tra le più belle zone della nostra regione. L’obiettivo del nostro progetto è dunque far sì che l’itinerario della Francigena sia un’occasione reale di valorizzazione delle nostre risorse naturali, paesaggistiche e culturali”1.
Se ciò riguarda uno dei segmenti reali della Francigena storica, quello a nord della capitale, la stessa ottica è stata utilizzata per gli ipotizzati, ipotetici ed “immateriali” percorsi meridionali. “Nello specifico – ha detto ancora la Rodano – le due importanti direttrici della via verso il sud […]: la Prenestina-Latina e l’Appia Pedemontana, vie emblematiche per il nostro territorio meridionale e formidabili chiavi di lettura del nostro paesaggio-costruito e non.
“Lungo queste aree di strada, e mettendo insieme le risorse e le competenze degli enti locali, la nostra Regione sta costruendo una progettazione territoriale articolata e specifica, di ampio respiro, che possa consentire alle identità e ai beni territoriali di emergere e farsi conoscere, e ai turisti, agli studiosi, ai cittadini, di apprezzare e far apprezzare, tramite il fil rouge della via, la propria terra e la sua nobile e antica storia. Proprio in virtù di queste iniziative, la valorizzazione si intreccia con gli strumenti di pianificazione territoriale: lo scopo ultimo, infatti, è sempre quello di dare giusto peso agli infiniti beni culturali presenti nella regione. Iniziamo dunque questo cammino verso un mondo di bellezza e di conoscenza, che non è solo da scoprire, ma soprattutto da vivere”2.
Tutti “concetti” che, per la cronaca, hanno avuto subito l’adesione dell’amministrazione provinciale di Frosinone, quella attuale e quella precedente, perché, ormai, quando si parla di progetti trovi un sacco di porte aperte, e non solo queste; se, invece, produci qualcosa di concreto, ad esempio pubblichi un libro, non ti si fila nessuno, o quasi.
Comunque sia, le “considerazioni” della Rodano hanno il “pregio” di riportare il pensiero al “gran percorso della memoria” di rambaldiana intuizione che ha fatto la fine che ha fatto, visto lo stato attuale dei cosiddetti “fogli della memoria”, talvolta identificati come bacheche ed in certi casi utilizzati davvero come tali, dei segnali stradali che avrebbero dovuto ricordare agli occasionali viaggiatori di trovarsi in un territorio caratterizzato da “una sua identità storica”, e dei “totem geo-informativo”, il tutto a suo tempo posizionato nei comuni coinvolti nella “battaglia di Cassino”.
Non ce ne voglia chi se lo è inventato ma il progetto delle “Francigene sud” sembra andare nella stessa direzione. Ed è anche per questo che se ne parla. Ma se ne parla soprattutto perché il progetto in questione si è, come dire? materializzato agli occhi dei comuni mortali nell’estate da poco conclusa attraverso l’esposizione di uno di quei cartelli che si è soliti affiggere nei cantieri edili con le varie e sintetiche informazioni relative all’opera da realizzare.
È comparso, il cartello in questione, sul muro perimetrale della cartiera Cerrone di Aquino, ad un tiro di schioppo dalla chiesa della Madonna della Libera. Poteva essere il mese di luglio di quest’anno di grazia 2011 quando esso è stato affisso, peraltro in piena curva, in modo tale, cioè, da far correre seri rischi a chi avesse avuto l’ardire di fermarsi a leggerlo. Causalità, negligenza o volontarietà?
Sta di fatto che dalle informazioni contenute nel cartello, che è riferito alla “Valorizzazione della via Francigena sud direttrice via Prenestina-via Latina”, si apprende che l’iniziativa gode di un finanziamento (legge 40/99) della regione Lazio (“Area integrata ‘Valle del Liri’”) il quale consiste in una cifra che si aggira sui 477mila euro quale “importo progetto” e circa euro 326mila quale “importo del contratto”.
Niente male per tempi di carestia quali, si dice, siano quelli che stiamo attraversando e che, proprio perché tali, avrebbero costretto la stessa regione a chiudere alcuni ospedali del territorio o non consentirebbero un miglioramento del trasporto regionale su rotaia sulla tratta Roma-Cassino dove i vagoni distinti dal logo dell’ente presieduto da Renata Polverini hanno un aspetto che poco, anzi per niente, si confà a quella che dovrebbe essere la loro destinazione d’uso.
Non quadrano, poi, sempre sullo stesso cartello, i tempi operativi: vi si legge, infatti, “data consegna lavori: 10/06/2010” e durata degli stessi “350 giorni”. La qualcosa, considerato che il cartello è stato affisso a luglio 2011, desta qualche perplessità.
Ora, a meno che non si tratti di un umanissimo errore di scrittura, come si spiega l’arcano? Forse il cartello è stato affisso a lavori ultimati? Ma se così fosse, quali sarebbero i lavori eseguiti?
Non a caso, chi scrive è un frequentatore quasi quotidiano di quei posti. Dove, per l’appunto, non sembra ci siano state, in un tempo più o meno recente, variazioni strutturali degne di nota.
1 AA.VV. Roma-Gerusalemme. Lungo le vie Francigene del Sud. Associazione Civita. 2008, pp. 170-171 (Sponsor: Banco di Napoli e Finmeccanica).
2 Idem.
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