150 anni dell’unità d’Italia – Il contributo dei Ciociari all’unità d’Italia

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Studi Cassinati, anno 2011, n. 1
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di Antonio Chiarlitti


Il 2011 è un anno importante per tutti noi Italiani: ricorrono infatti le celebrazioni del 150° anniversario dell’unità d’Italia. Insieme alle celebrazioni, che si svolgeranno nel corso dell’anno, cresceranno come è inevitabile le polemiche sul modo di come si è svolta l’unificazione del nostro paese. In particolare si discute, a distanza di tanto tempo, se tale unificazione fu una svolta positiva per le popolazioni italiane, divise come erano infatti in vari piccoli stati.
Attualmente nessuno studio storico serio nasconde misfatti o ingiustizie legate al processo di unità dell’Italia: si scrive sui libri di storia sulla repressione a volte dura di quella autentica “guerra civile” che fu il brigantaggio meridionale, come delle nuove tasse imposte alle popolazioni del mezzogiorno o le politiche del nuovo stato unitario volte alla netta subordinazione delle campagne del Sud in favore dello sviluppo industriale del settentrione. Inoltre diversi contrasti che in parte preesistevano all’unificazione stessa, come il divario fra il Nord ed il Sud, si accentuarono enormemente.
Le origini culturali, sociali e politiche di quel processo storico, da cui nasce lo stato nazionale italiano unitario, chiamato Risorgimento, vanno cercate nei nuovi fermenti introdotti dalla rivoluzione francese, sia sulla scia della propaganda rivoluzionaria, sia attraverso la reazione agli eccessi dell’occupazione francese da parte degli stessi patrioti italiani, tra i quali venne in questo modo a prendere corpo l’idea dell’Italia unita.
Certamente l’unità d’Italia fu un processo storico condizionato da quattro elementi che in modo simultaneo favorirono la soluzione unitaria negli anni fra il 1859-1861: una nuova situazione internazionale; la crisi interna dei vecchi stati italiani; la ripresa del mazzinianesimo e le critiche a Mazzini stesso che portarono alla scissione del movimento democratico senza tuttavia intaccarne le azioni; la politica di Cavour, il quale fece del Piemonte il centro di raccolta di tutte le forze liberali ed indipendentiste italiane.
La prima guerra d’indipendenza del 1848 e 1849 si risolse in una umiliante sconfitta, la quale fu prontamente riscattata dalla seconda guerra d’indipendenza del 1859 e dai plebisciti del 1860 con la conseguente acquisizione della Lombardia e delle regioni centrali. Le regioni meridionali, sotto il dominio della dinastia dei Borboni di Napoli, vengono unite al resto dell’Italia dopo la fortunata ed inaspettata spedizione dei Mille guidata da Giuseppe Garibaldi, valoroso generale e difensore dei principi di libertà ma al tempo stesso membro della massoneria.
È inesatto affermare che il Regno delle Due Sicilie fu tutto liberato dall’impresa di Garibaldi e dei suoi mille volontari. Non bisogna dimenticare infatti che l’esercito piemontese, accorso verso il Sud, prende le quattro fortezze del Regno, Capua, Gaeta, Messina e Civitella e battendo o facendo prigionieri più di cinquantaseimila soldati borbonici. Con queste imprese si arriva alla proclamazione del Regno d’Italia il 17 marzo 1861 sotto la corona di Vittorio Emanuele II.
Nel 1866 inserendosi nella guerra tra l’Austria e la Prussia, con la quale eravamo alleati, si ottiene il Veneto malgrado le sconfitte di Custoza e di Lissa. Il venti settembre del 1870 anche la città di Roma diventa italiana, mettendo fine al millenario potere temporale della Chiesa.
Le truppe italiane entrarono in Roma attraverso la breccia di Porta Pia in piccola parte la sera del 20 settembre, mentre il grosso dell’esercito fece l’ ingresso il mattino seguente. A Papa Pio IX restarono la basilica di San Pietro ed i palazzi del Vaticano nei quali dimorò senza mai uscirne, come per i suoi successori, fino al 1929.
La pagina del Risorgimento, una delle principali della nostra storia, vede il contributo di italiani di diversa condizione sociale ma anche di varia provenienza regionale: anche la nostra terra, la Ciociaria ha espresso due valorosi patrioti: Luigi Angeloni che si è fatto apprezzare come pensatore politico e Nicola Ricciotti nella sua qualità di capo militare.
Luigi Angeloni nacque a Frosinone il 9 novembre del 1758 da Giovanni Zenone e da Lucrezia Contini. Il padre Giovanni era un mercante benestante e la madre proveniva da una famiglia di buon censo.
All’epoca dell’esperienza della Repubblica romana nel 1798 lo troviamo tra i tribuni, in sostanza come rappresentante del popolo. Terminato il periodo romano lo troviamo esule, in Francia, a Parigi. Nella capitale francese entrò in contatto con la massoneria.
L’Angeloni fu anche scrittore politico di una certa rilevanza. In particolare sono tre le opere puramente politiche: Sopra l’ordinamento che aver dovrebbono i governi d’Italia, uscito a Parigi nel 1814; Dell’Italia uscente il settembre 1818, stampato nel 1818; Alla valente ed animosa gioventù d’Italia, stampato nel 1837.
Nei suoi scritti egli sviluppa la sua teoria confederale in merito alla soluzione del problema unitario italiano: tutti gli stati possono restare nel loro impianto territoriale e la città di Roma, con la cacciata dello straniero, sarà al tempo stesso sede del Papato e del governo centrale della confederazione italiana.
Luigi Angeloni scrittore di cose politiche e patriota muore il 5 febbraio del 1842 esule a Londra.
Nicola Ricciotti è nato l’11 giugno del 1797 da Luigi Ricciotti e da Angela Ferretti in Frosinone. Nel gennaio del 1821 ebbe un ruolo di rilievo nella creazione a Frosinone di una sezione di carboneria. Nella sua città organizzò una rivolta che doveva scoppiare nella notte fra il 10 e l’11 gennaio del 1821.
La ribellione fallì ed i capi maggiormente compromessi, fra i quali Nicola Ricciotti, si rifugiarono nella vicina città di Pontecorvo.
Rientrato a Frosinone fu arrestato dalla polizia pontificia e condannato insieme ai suoi fratelli, Giacomo e Domenico, alla pena di morte cambiata con la galera a vita. Nelle galere pontificie rimase fino al 1831. Nel 1833 si iscrisse alla Giovine Italia del Mazzini.
Nel 1844 seguì il Mazzini a Londra ed ebbe notizia forse per la prima volta dei Fratelli Bandiera e delle loro idee di libertà ed indipendenza. Da Londra si diresse alla volta di Corfù dove fu accolto amichevolmente da Emilio ed Attilio Bandiera. Nicola Ricciotti partì con loro ed altri patrioti alla volta della Calabria.
La colonna guidata dai fratelli Bandiera e dal Ricciotti si diresse verso Cosenza, ma nella loro marcia si scontrarono, in prossimità di San Giovanni in Fiore, con le truppe borboniche. Catturati vennero condannati a morte il 25 luglio 1844.
Giuseppe Garibaldi informato delle gesta di Nicola Ricciotti, volle chiamare il suo quarto figlio, nato nel febbraio del 1847, con il nome di Ricciotti. Le sue ossa riposano a Frosinone, dal 1910, ai piedi di un monumento opera di Ernesto Biondi, innalzato in onore di lui e degli altri patrioti della Ciociaria.


Bibliografia
G. Candeloro, L’Unificazione italiana.
G. Battista Proja, Ultimi sussulti del potere temporale dei Papi, Associazione Culturale Colli, Quaderno n.6, 2001.
D. Ricciotti, In ricordo di Luigi Angeloni. Scrittori e Pensatori Politici dell’Ottocento Frusinate, Frosinone, 2009.
G. Minnocci, Il contributo della Ciociaria al Risorgimento italiano e Sisto Vinciguerra, Alatri, 2002.
C. Minnocci, Nicola Ricciotti, estratto da “Ciociaria”, 1957.

 

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