Il film algerino “Indigènes”: un’occasione persa

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Studi Cassinati, anno 2010, n. 1
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di Piero Ianniello


C’è un film francese del 2006, mai uscito in Italia, dal titolo Indigènes1 che ripercorre le vicende dei soldati dell’impero francese durante la seconda guerra mondiale. La storia è incentrata intorno ad un gruppo di soldati del nord Africa, seguiti dalla telecamera sin dal momento in cui si sono arruolati volontari nell’esercito francese, credendo nei valori di liberté, égalité e soprattutto di fraternité. Dopo l’arruolamento i soldati vengono trasferiti in Italia, dove, seppur usati da cannon fodder2, dimostrano attaccamento e fedeltà a quella patria che non era neanche la loro, per venire subito dopo trasferiti al fronte in Francia, nell’Alsazia.
Nonostante le svariate ingiustizie a cui sono sottoposti durante gli anni di militare, i soldati danno prova di coraggio e ubbidienza. Alla fine molti di loro muoiono eroicamente nella strenua difesa di una posizione conquistata dagli americani, posizione che riusciranno a consegnare inespugnata all’esercito regolare francese, il quale se ne prenderà tutti gli onori.
Il tema del film è dunque l’abnegazione e la solidarietà che i soldati arabi hanno offerto all’esercito francese, pagando un tragico tributo in vite umane, senza tuttavia riuscire ad ottenere i meriti che invece andrebbero loro ascritti. E senza riuscire a raggiungere mai realmente quella fraternité coi francesi.
Un messaggio chiaro, rivolto alla Francia per quell’integrazione che in secoli di dominio, prima politico poi sociale, non si è mai compiuta pienamente. I soldati nel film sono infatti inquadrati da un punto di vista profondamente umano, e le loro stesse azioni sono sempre molto corrette. Solo una qualche notazione culturale sull’amore per il commercio, la contrattazione e qualche piccola, bonaria truffa. Quel che manca, soprattutto agli occhi di uno spettatore ciociaro, è la parte relativa alle scorribande di quell’esercito nelle nostre terre.
Eppure il film si sofferma per qualche breve tempo nelle zone che dovrebbero corrispondere ai nostri monti, Aurunci, Ausoni e Lepini. Ma al di là del fatto che i nostri monti risultano irriconoscibili (si potrebbero dire più siciliani che ciociari), non c’è neanche il più pallido accenno alle scorrettezze perpetrate da quell’esercito sulle nostre terre.
Certo, il film vuole dare un’immagine umana di quelle persone, che sicuramente hanno combattuto con valore, ma sottacere una pagina talmente tragica della storia rende un’immagine assolutamente falsata.
Se proprio non poteva essere l’occasione di fare i conti col passato, e magari anche un mea culpa, perché non era questo lo scopo del film, si poteva però almeno tentare di discutere circa la famigerata carta bianca concessa dal generale francese Alphonse Juin. Carta bianca da cui, secondo una certa lettura psicologica, è poi scaturita la violenza dei soldati contro le nostre popolazioni.
Insomma, un’occasione persa per fare un po’ di chiarezza, o per dare un’immagine completa di quell’esercito che ha ferocemente ferito le nostre terre. E pensare che nella colonna sonora del film c’è una composizione intitolata proprio Monte Cassino3. Chissà perché mai, visto che poi nel film non esistono né scene né accenni all’abbazia.
Sarà il caso di chiederne spiegazioni al regista o al produttore del film?
A quanto pare il film ha sortito l’effetto di far aumentare le pensioni ai soldati nord-africani superstiti. Ma la Ciociaria si sarebbe almeno aspettata di essere ricordata in maniera più veritiera e rispettosa.

Nota del regista Rachid Bouchareb: “Mio padre è arrivato in Francia nel 1947 dall’Algeria, io sono nato in Francia. Da qualche anno ho cominciato a cercare nel passato e ho scoperto storie di guerra e di eroismi che non sono raccontate nei libri di Storia. Così è nato il mio sesto film, Indigènes, sul contributo di vite e di sacrifici dei soldati africani e magrebini nella seconda guerra mondiale. Il film comincia con la guerra in Italia, è lo stesso contesto del film La Ciociara, film che non ho visto, ma ho sentito parlare dei comportamenti malvagi di alcuni soldati marocchini. In Indigènes non ne parlo, non avevo una documentazione precisa e del resto il film è costruito fedelmente sui racconti dei quattro personaggi. I quali credevano nei principi di libertà, uguaglianza e fraternità, si sono battuti per l’indipendenza della Francia, hanno contribuito alla vittoria e, se al ritorno sono stati acclamati dalla popolazione, subito dopo sono stati dimenticati. Anche all’interno dell’esercito francese erano trattati con disparità. Tutto è documentato, compenso dimezzato rispetto ai francesi, permessi concessi con minore facilità, nella divisa portavano i sandali, non avevano scarponi nè indumenti pesanti neanche in pieno inverno. Eppure hanno combattuto sempre in prima linea come gli altri. Eppure non ho trovato rancore nei racconti dei sopravvissuti, nessuno di loro si è pentito del suo sacrificio, tutti dicono che ne valeva la pena.”


1 Il film è diretto da Rachid Bouchareb, tra gli attori principali si ricordano: Jamel Debbouze, Samy Naceri, Sami Bouajila, Roschdy Zem, Bernard Blancan.
2 Cannon fodder significa letteralmente: foraggio per i cannoni. Vengono così chiamate quelle truppe inviate allo sbaraglio sotto il fuoco nemico, spesso con scarsissime possibilità di rimanere in vita. È una pagina scura per l’esercito francese, accusato di aver spesso usato in questa maniera i soldati arabi. E a ciò si richiama anche la parte finale del film, in cui i soldati arabi vengono inviati in una missione particolarmente pericolosa e muoiono praticamente tutti

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