L’Uccelliera in Casinum di M. T. Varrone L’ ornithon in una descrizione inedita del ‘500

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Studi Cassinati, anno 2010, n. 1
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di Chiara Mangiante


La lettera proviene dall’Università della Pennsylvania, dalla Lawrence J. Schoenberg Colletion of Late Medieval and Early Renaissance Manuscripts1. L’oggetto è la ricostruzione rinascimentale dell’ uccelliera di Varrone nella sua villa a Cassino, descritta nel suo trattato sull’agricoltura, il “De re rustica” (Lbro III, V-VI).

L’uso ornamentale di uccelli, animali e laghetti con i pesci fu nuovo nel mondo romano ai tempi di Varrone, e questo modello fu adottato poi con entusiasmo dagli architetti dei giardini rinascimentali. Delle grandi ville romane2 Lucullo fu il vero pionere e legò il suo nome alla ricchezza dei suoi ricevimenti. Egli iniziò a costruire i suoi giardini romani e la sua villa di campagna negli anni ‘60 a.C., quando si ritirò dalle sue conquiste in Asia Minore. Possedeva giardini e ville a Roma, sui Colli Albani, a Monte Circeo e a Baia, vicino Napoli. Questi giardini romani di Lucullo furono il prototipo di molti altri giardini a Roma e, molto presto, le colline della città divennero i siti preferiti per la costruzione di ville. La scelta del sito per i Romani aveva una grande importanza, non solo per considerazioni estetiche, ma soprattutto per motivi pratici di comodità e salute; infatti veniva studiata accuratamente l’esposizione al sole o al vento. Per gli autori classici come Varrone, era raccomandato un sito collinare che affacciasse a sud-est. Nella sua villa si incontrano utilitas (utilità) e voluptas (piacere) dell’agricoltura. Egli cessò di considerare gli animali e gli uccelli solo come forme di produzione e di allevamento destinate tradizionalmente a rifornire la tavola, ma utilizzò le qualità estetiche degli animali per intrattenere i suoi ospiti o per aspetti decorativi. Infatti la voluptas è riservata allo spazio e alle produzioni eleganti e lussuose come uccelliere e piscine. Di seguito è riportata la trascrizione della lettera cinquecentesca3.
A noi pare che l’ornithone4 di M Varrone fabricato appresso al suo museo5 et descritto nel terzo libro dei soi Dialogi, fusse alla similitudine di guesto pinto disegno6 che si manda. Dice l’authore cum habeam sub oppido Cassino flumen, quod per villam fluat liquidum et altum marginibus lapideiis, latum pedes LVII et e villa in villam pontibus transeatur7. qua discrive il fiume vinio8 qual discende dai monti di s(an)to Benedetto, et hoggi gli frati di esso santo hanno qui il suo monestiero, et godeno gli giardini et il loco dil museo con tutto quello che fu gia de Varrone et esso vinio corre per mezzo santo Germano, Loco famoso per le belle fonti, et per tante copie dacque fresche et fredde, Entra poi nel fiume Lire hoggi detto il Garigliano dice poi longum pedes DCCCCL. directum ab insula ad museum, qu(a)e est a vinio fluvio, ubi confluit alter amnis ad summum flumen, ubi est museum9. scrive il fiume vinio qual corre per il suo letto per via dritta da l’insola sine al museo et questa direttura dil fiume è longa gli piedi sopra detti la qual i(n)sola sta et est posta e iace dal vinio, dove corre un altro fiume sine alla cima della direttura dil detto vinio, dove stal (sta il) museo, come si può veder nel pinto disegno. scrive poi circum huius ripas ambulatio est sub duio lata pedes denos, ab hac in agrum versus ornithonis locus ex duabus partibus dextra et sinistra. altis maceriis conclusus10, et questo tutto si può comprender come fusse fatto per esso disegno. sogionge poi inter quas locus qui est ornithonis patet in latitudinem pedes XLVIII. deformatus ad tabul(a)e litterari(a)e speciem cum capitulo11, deformatus cioe in bona forma redotto et fatto in modo duna tavola alla similitudine de quelle, che gli fanciulli per imparar portavano alle scole al tempo antiquo la qual hal suo manico chel tolo, che scriveremo poi. forma qu(a)e est quadrata patet in logitudinem pedes LXXII12 con questa misura si dimostra l’ornithone quanto sia longo et largo excludendo fuora il tolo, qual è da se stesso longo piedi XXVII. soggionge poi ab hac, ita ut in margine quasi imfimo tabulae descripta sit ambulatio13 et questo ambulatio si vede chiarame(n)te per essa pittura. narra poi ab ornithone plumula in qua media sunt cave(a)e, qua iter in aream est14. questo passo è molto oscuro, atteso che Varrone usa questo vocabulo plumula qual hoggi non è più usato. Vitruvio15 per quanto io ho letto non lha mai usato, appresso Columella16 et altri authori plumul(a)e sono piume piccole d’uccelli. si trova anchora appresso di Apuleo17 nella fabula di psichè questo plumula, nel qual locho esso author volle mostrar una piumetta de l’ale dil dio d’amore, quali cose non si fanno qua al m(i)o proposito. Varrone ha voluto mostrar con questo suo vocabulo uno orname(n)to di sopra la porta dil muro nel frontispiccio dell’ornithone fatto nel modo dei tempi loro, come sarebbe chi a lunette o fatto involta de mattoni o a grossi cordoni o vero a tetterelli fatti di pietre lavorate che facessero capello a detto muro, nel mezzo del qual gli è una porta grande18. In qua media sunt cave(a)e. cave(a)e propiame(n)te sono gabbie d’uccelli et pollari de Galline, si piglia anchora per uno loco fatto di travetti a cancelli, et de questi se ne fanno alchuna volta pregione per gli huomeni ribaldi . Svetonio dice nella vita di Claudio Imperator perq(ue) mediam caveam sedentibus, ac silentibus cunctis descendisset19 in quello loco non volle dir altro se non che l’imperator passò per la orchestra cioe sediglii fatti per gli huomeni nobili nelli publici spettaculi, ma Varrone volle mostrar secondo l’openione mia due grandi anti di porta fatte a gelosia o vero cancelli, accio che gli forestieri passando per la via publica potessero guardar per essi cancelli nell ornithone, et veder parte delli uccelli et altri dicano che cave(a)e sono theatri fatti di legno con belle gelosie20. scrive poi in limine in lateribus dextra et sinistra sunt porticus primoribus columnis lapideiis intermediis arbusculis humilibus ordinatae21. volle mostrar che dalle parti d’oriente et d’occide(n)te gli sono fatti gli portici con le columne vaghe et belle di pietre perche primores faemin(a)e, sono le scelte per le bellezze loro et tra l’una et l’altra columna stanno piccole piante, et per mostrarle sono pinte in esso disegno benche la icnographia non comporta che si possanno vedere. Essi portici sono chiusi con le rethi dalle macerie ab epistylio ad stilobatem dalla cima delle macerie et dallo architrave delle columne sine al pedestallo de dette columne, et cosi essi portici chiusi dalle rethi sono piene d’ogni sorte d’uccelli et pasciuti per gli busi delle rethi. Et aqua rivulo tenui affluit secundum stilobatis interiorem partem dextra et sinistra ad summam aream quadratam22. questo vol dir che dal fiume vinio per condotto passano doi rivoletti dentro dei portici appresso ai pedestalli delle columne per dar bever ‘ a gli uccelli. soggionge l author. E medio divers(a)e du(a)e non lat(a)e sed oblong(a)e sunt piscin(a)e ad porticus versus23. qua si mostrano due peschere fatte acanto agli due portici sopra detti, pero dal mezzo in giu della corte dello aviario verso il tolo qual sta a mezzo giorno secondo il nostro disegno con un piccolo sentiero che separa esse peschere, et va nel detto tolo. qui est rotundus columnatus, ut est in aede catuli24; hora non si può dir come fusse la giesa di catulo, perche credo che piu non gli sia25, tutta volta questo tolo era fatto a modo dun tiburio, et sopra le columne amurato, ma aperto dalle columne in gui, et chiuso con le rethi accio che gli uccelli non potessero fuggire, et esser visti da gli huomeni che si trovanno nella selva, la qual era fatta a mano con gli arbori grandi et cinta intorno intorno de muri ut imfima perluceat26 volle chie che per esser esse piante frondose solamente nella cima et per esser il resto dil tronco soglio senza frondi ch’el sole non può penetrar nella selva per la cima deg[ ] arbori tanto spessi et frondosi, ma che penetra piu basso, et cosi ess[ ] selva è chiara dal mezzo gli arbori in giu. In Ferrara nel bel [ ] veder dil Duca si vede quasi una simile selva piantata de arbori grandi et solamonti frondosi nella cima. Tolus appresso [ ] Virgilio est forma tereti cui affigimtur omnes tigni ex quibus conficitur tectum rotundum, onde dice suspendi ve tolo. ma questo di Varrone, era fatto con doi ordini de columne, quelle di dentro di legno et quelle verso la selva sono di pietre, et tra questi dui ordini de columne gli è uno spaccio di cinq(ue) piedi et per ogni columna gli sono sediglii per gli uccelli, gradarmi cioe di grado in grado et de loco in loco con gli soi modioni chiamati da noi mesere. theatridion grece cioe fatti a modo di piccolo theatro et lacqua di bever gli è data per canaletti et il cibo sotto le rethi [ ] Dice poi subter columnarum stilobatem est lapis a falere pedem et dodrantem altus27. qua dimostra come sotto o per dir meglio piu abasso del pedestallo delle columne dil tolo gli è una pietra alta uno piede et uno dodrante che fanno poco meno de doi piedi il Falere è poi alto dui piedi dallo stagno et largo cinq(ue) piedi ut in culcitas et columnellas conviv(a)e pedibus pedibus circumire possint28. Dice ch’è fatto in modo che le Anetre coniuvati puonno andar con soi piedi intorno Intorno et sotto le columnette atteso che questo falere è sotto busato et sustentato da piccole columnette et dentro di esso falere gli sono gli nidi, perche volle mostrar per culcitas gli nidi delle Anetre. Il falere era alquanto procluie et erto, et sopra lastricato con alquanti busi [ ] le Anetre sopra il falere et passar sotto dal falere nel stagno al qual il margine gli è lontano uno piede, et in mezzo dil stagno gli è una insoletta. circum falere et natatilia sunt excavata anatum stabula29 cioe che intorno al falere gli sono lochi per star et riposar le anetre. ex suggesto faleris ubi solent esse peripetasmata prodeunt anates in stagnum ac nant30. peripetasmata dice alchuno che sono quelle cose di tela o di panno et tapezarie che si metton per ornar uno loco ad pompam, et sono anchora quelli lochi dove gli Nobili antiqui soghanno metter gli rittratti et imagini di soi maggiori, ma Columella ne fa veder nel suo anatrario che questi lochi sono fatti per far ombra alle anetre dove si piantano qualchi piccoli arbuscelli, come sariano mirti et bussoli, quali non avanzano di grandezza gli muri di essi lochi et nel mostra con queste sue parole. sint q(ue) post hunc agri modu(m) circa maceriam, lapide fabricata et expolita tectoriis pedalia in quadratum cubilia, quibus nidificent aves, eaq(ue) contegantur intersitis buxeis aut mirteis fruticibus, qui non excedant altitudine(m) parientu(m) ma nel loco di Varrone per esser coperto il tolo di muro delle columne in su, non gli erano arbuscelli. Dal stagno esce un rivolo che passa nelle due peschere, et gli pesci piccoli vanno dalle peschere nel stagno et allor voglia ritornare per esso rivolo dal stagno nelle peschere. Non sarà poco a chi potrà trovar il vivo et propio nome di questo vocabulo falere. Molti galanti huomeni credeno che l’author il componesse da se stesso, gia ch’appresso d altri non si trova. Il panteo veronese31 fa mentione di questo falere allegando varrone in questo loco, et dice che falere propiamente volle significar cosa alta et rotunda et ch’el viene a Fale che grece vol dir c(a)elum con voler mostrar che questo falere representava il modello d’una torretta, il qual era sotto busato con piccole columnette sustentato, et certo che questo non è fuora di proposito pur non restarò di dir quello in ha detto un mio amico grande et litterato dice che crede che Varrone formasse questo falere a falerides che sono una specie d’anetre molto miglior al gusto et piu grosse di corpo delle altre. volendo mostrar questo suo loco esser uno anatrario chiamato da Columella et da Paladio Nessotrophio ma esso Varrone gli parve nomarlo di tale nome per haver in q(ue)sto suo anatrario molte di queste anetre falerides et non falarides come alchuni scriveno32. gli sono molte specie di anetre cioe falerides boschides, chenelopeces, o verquedule(s), et molte altre che non occorre hora nomarle. Narra poi Varrone In insula est columnella in qua intus axis qui pro mensa sustinet rotam radiiatam, ita ut ad estremum ubi orbile solet esse acutum, tabula cavata sit, ut tympanum in latitudinem duos pedes et semipedem, in altitudinem palmum33. volle dimostrar che in cima della columnetta gli è il polo cioe uno bastone di ferro qual sta et sustenta in loco duna mensa una ruota radiata et fatta con gli canoni et tubuli busati pero nel fine cioe all’estremità dove la cima et la ponta suole esser acuta gli è una tavola concavata. come è uno tiburo che sia doi piedi et mezzo in larghezza et uno palmo in altezza. h(a)ec ab uno puero qui ministrat, ita vertitur ut omnia una ponantur ad bibendum et ad edendum, et admoveantur ad omnes convivas34 questa ruota si volge per uno fanciullo o vero fa meglio il qual ministra a dette anetre in uno medesimo tempo di mangiar et di bever. In primis radiis esse epistomiis versis ad unum quemque factum, sic ut fluat in convivam. epistomion propie è il buso dove esce l acqua ma qua vol dir quello instromento che serra gli busi de detti tuboli et canaletti, appresso noi si chiamano galetti perche sono fatti simili alla testa dun gallo, et così il fanciullo chiude et apre essi busi et ministra et da’acqua calda et fredda all’Anatra che se fa convivante. Intrinsecus sub tolo stella Lucifer interdui noctu hesperus ita circumeunt ad infimum hemisperium ac moventur, ut indicent quot sint hore35. dice ch’entro dil tolo intorno al muro gli sono poste con gli contrapesi soi et fatti a lor modo gli dodeci segni delle hore dil giorno et dodeci della notte, et in cerco a q(ue)ste hore a loro usanza questa stella Lucifer gira, et nel tramontar del sole è gionto al segno de l ultima hora dil giorno, et Hesperus gira poi tutta notte et nel cominciar dil giorno ha cercato gli soi dodeci segni delle hore della notte. antiquamente in tutto l anno erano hore dodeci del giorno et dodeci della notte, nel verno l hore del giorno erano brevi, nell’estate longe. Varrone in cambio d una mano come hoggi si usa, volse usar dette stelle. In eodem hemispherio medio circum cardinem est orbis ventorum octo, ibiq(ue) eminens radius a cardine ad orbem ita movetur, ut eum tangat ventum qui flet, ut intus scire possis36. Dimostra che nel buso della cima del tolo gh è posto uno radio che si mostra fuora al scoperto, come sarebbe a dire una banderola fatta di sotile ramo con la sua verga di ferro messa in cima d uno camino n(ost)ro, quale banderolo se volge ad ogni vento che spira, et entro al tolo appresso al cardine cioe alla cima dil buso et in cerco in cerco al muro alto dil tolo, gli sono pinti gli otto venti, et ogni volta che nasce un vento, detto radio o vero banderola si volge, et col suo manico di ferro accapinato et fatto quasi alla similitudine d’un spedo che mena il rosto, tocca dentro dil tolo il segno d un vento pento scritto, et fatto a loro modo, et subito si cognosce qual è quello vento ch’alhora sia per nascer. nell’antiqua eta si fa mentione se non di quattro venti subsolanus, auster, favonius et Boreas, et cosi Homero scrive se non di quattro, molti anni avanti Plinio nostro cittadino gli furono agionti otto, al nostro tempo sono trentadui, ma in questo loco non occorre far mentione di venti, il Bordone scrive de tutti questi nel suo Insulario. Il tolo non si manda in prospettiva per esser facile d’intender come era fatto dalle columne in su, et cosi non si manda in pittura la ruota radiata per esser cosa triviale, et ogni mastro di Donzena è buono a fabricar essa ruota e darla intender ad ogni galant’huomo.
Questa lettera era indirizzata al Cardinale Rodolfo Pio da Carpi (1500-1564). Egli fu Vescovo di Faenza (1528), nunzio apostolico in Francia nel 1530 ed ebbe incarichi diplomatici fino al 1535. Il pontefice Paolo III lo elevò al rango di Cardinale nel 153637. Nelle cronache del tempo viene descritto come un riformatore e un ottimo amministratore diocesano, mecenate e amante delle arti e dell’archeologia. Fu protettore di moltissimi artisti e lui stesso fu un esperto collezionista di statue, libri, codici e medaglie. Non si conosce il motivo della missiva. Forse il Cardinale era interessato all’ “uccelleria” della villa varroniana o più in generale alla struttura dei giardini romani. Nel corso del ‘500 il fenomeno collezionistico si estende a famiglie nobili o semplicemente ricche ed influenti. Le collezioni di antichità in questi anni si vanno configurando secondo differenti tipologie: gli studioli, i giardini (o horti) e le gallerie. Roma diventa capitale dell’antico grazie all’incremento di scavi, alla promozione papale e di personalità influenti nel campo della cultura e del mecenatismo. Le principali collezioni sono legate ancora all’area di scavo: appezzamenti di terreni intorno al Quirinale, Vaticano e Palatino, vengono acquistati dalle grandi famiglie aristocratiche per potervi estrarre opere d’arte antica. È proprio Pio da Carpi a realizzare nel suo palazzo urbano in Campo Marzio la prima collezione di pezzi antichi, suddivisi in tre diversi ambienti denominati studi. Gli horti erano allestiti semplicemente con architetture vegetali, fontane, grotte e piccoli edifici, costituendo così il primo nucleo da cui si svilupperanno cortili, gallerie e studioli. Il giardino archeologico nasce con gli orti, destinati a divenire modelli anche per le ville suburbane38. Gli orti più celebri nei primi anni Quaranta del ‘500 sono quelli posti sul Quirinale e comprendevano una vasta area di verde e di antichità (area che dalla piazza dei Dioscuri arrivava fino alle terme di Diocleziano). Il prototipo degli orti è costituito dal giardino “letterario” degli umanisti della Roma Leonina39, a cui presto si affiancarono quelli di Rodolfo Pio da Carpi o di Ippolito d’Este e dei Cesi vicino al Vaticano, maggiormente orientati in senso collezionistico ed archeologico. Gli orti di Carpi ed Ippolito d’Este si evolveranno in quelli Farnese sul Palatino mentre l’antiquarium Cesi fornisce un modello per le ville urbane e suburbane della seconda metà del Cinquecento. La lettera è anonima, però, attraverso alcuni elementi, si può cercare di identificare l’autore. Un’ipotesi potrebbe essere Paolo Giovio (1483 ?-1552)40, umanista di Como41. Ebbe sicuramente vari contatti con il Cardinale da Carpi, che forse conobbe a Roma; infatti nella Biblioteca Ambrosiana di Milano sono conservate almeno tre lettere di Paolo Giovio indirizzate proprio al Cardinale da Carpi42. Inoltre ebbe rapporti con la famiglia d’Este43, forse anche attraverso la figura del Cardinale da Carpi, e proprio nella lettera l’autore dice di aver visto il Belvedere del duca a Ferrara. Nonostante questi elementi la questione dell’attribuzione della lettera è ancora aperta e altre ipotesi potrebbero essere formulate in futuro.


1 La lettera fu acquistata da E.K. Schreiber nel Marzo del 2000 (Spring List 2000), ma già la ritroviamo in un’asta di Christie’s del 4 Marzo 1998 a Roma, dove veniva battuta all’asta la IV parte della biblioteca di Giannalisa Feltrinelli, di cui questa lettera doveva far parte.
2 In questo senso le ville includevano non solo la casa e il giardino, ma anche l’intera tenuta.
3 Nella trascrizione sono solo state sciolte le abbreviazioni e trascritti i nomi propri di persona con la lettera maiuscola. Il resto è stato trascritto così come era riportato nel testo.
4 Termine greco che designava l’uccelliera.
5 Deriva dal termine greco mouseion, luogo sacro alle Muse, protettrici delle arti e delle scienze, che ospitava anche libri ed opere d’arte.
6 Il disegno della ricostruzione dell’uccelliera è andato perduto, poichè non si trova traccia tra i fogli che compongono la lettera.
7 “Io ho nei pressi della città di Cassino un fiume limpido e profondo, che passa per la mia villa tra margini di pietra, largo 57 piedi ed è attraversato da ponti da una parte all’altra della villa”.
8 Il fiume Rapido.
9 “lungo 950 piedi in linea retta dall’isola che è nella parte inferiore del fiume, dove un altro corso d’acqua si getta in esso, alla parte superiore dove è il museo”.
10 “Intorno alle due rive del fiume vi è una passeggiata scoperta larga 10 piedi da una parte e dall’altra. Tra questa e la campagna vi è il luogo dove sorge l’uccelliera chiusa da due parti, a destra e a sinistra, da alti muri”.
11 “Tra di essi vi è l’uccelliera larga 48 piedi, a forma di una tavoletta da scrivere sormontata da una copertura rotonda”.
12 “Che è di forma rettangolare lunga 72 piedi”. Qui l’autore si riferisce sempre all’uccelliera, che è di forma rettangolare, lunga 72 piedi e larga 48 piedi; mentre la parte rotonda della copertura è di 27 piedi.
13 “Inoltre, come disegnato nel margine inferiore della tavoletta c’è un ambulacro”
14 “Dall’interno dell’uccelliera, a metà di esso vi sono delle gabbie attraverso le quali si entra nell’area dell’aviario”. Secondo l’autore questo è uno dei passi più oscuri. Infatti andando avanti nella lettura della lettera, si sofferma sui termini “plumula” e soprattutto “caveae”.
15 Architetto e scrittore romano del I secolo a.C. Fu autore del trattato “De architectura”.
16 Scrittore del I secolo d.C. di agricoltura. La sua opera, il “De re rustica” in dodici volumi, è la maggior fonte di conoscenza sull’agricoltura romana, grazie al suo approccio scientifico e ai consigli pratici in essa contenuti.
17 Scrittore, filosofo e retore romano di scuola platonica del II secolo.
18In Columella e altri autori il termine “plumula” viene ad indicare piccole piume d’uccello. Per colui che scrive la lettera, invece, Varrone con questo termine voleva indicare una decorazione posta sul muro d’entrata dell’ “ornithon”, su cui si apriva una grande porta.
19 “Da dove discese lungo le gradinate, tra gli spettatori seduti e silenziosi”,da:”De vita Caesarum”, liber V, Divus Claudius.
20 “caveae” sono le gabbie per uccelli o pollame. In questo caso forse Varrone si riferisce a due grandi ante della porta d’entrata dell’uccelliera, fatte come persiane composte da stecche (a gelosia), o cancelli, in modo tale che i passanti potessero vedere dentro l’ “ornithon”.
21 “All’ingresso principale, a destra e a sinistra, vi sono dei portici costituiti, nelle file esterne, da colonne di pietra; nelle file di mezzo ci sono alberelli bassi”.
22 “E l’acqua scorre in un piccolo ruscello. Seguendo la parte interna della base continua del colonnato, a destra e a sinistra, e sino all’estremità dell’area rettangolare”. I portici, dall’architrave fino alla base delle colonne, erano chiusi da reti ed erano pieni d’uccelli. Dal fiume Rapido partiva un piccolo ruscello che, seguendo la base del colonnato, portava da bere agli uccelli.
23 “Partendo dal centro vi sono due piscine, allungate e strette, in direzione contraria verso il porticato”.
24 “che è una rotonda circondata da un colonnato come è nella rotonda di Catulo”. Dal centro della corte dell’uccelliera parte un piccolo sentiero che arriva alla tholos e separa le due piscine. Qui l’autore fa riferimento alla tholos di Catulo, che si trova a “Largo di Torre Argentina”, a Roma. Nella tholos di Varrone il colonnato era chiuso con reti, in modo tale che gli uccelli non potessero fuggire.
25 Gli scavi nell’area di Largo di Torre Argentina furono effettuati nel 1909.
26 “In modo che la luce penetri nella parte inferiore”.
27 “Al livello più basso dello stilobate vi è un rialzo di pietra di un piede e 3/4 di altezza al di sopra del falere”.
28 “In modo che i commensali possano camminare intorno tra i cuscini dei sedili e le colonnine”.
29 “Attorno al falere sono scavati come dei porticcioli, stazioni per le anatre”. Qui l’autore scrive “natatilia” mentre dovrebbe essere “navalia”.
30 “Dal falere, su cui di solito si distendono dei tappeti (peripetasmata), le anatre si tuffano nel laghetto e nuotano”. Segue nel testo la spiegazione sui possibili significati della parola greca peripetasmata: panni di telo o più in generale la tappezzeria; luogo dove i nobili antichi ponevano i ritratti e le immagini degli antenati; luoghi per far ombra alle anatre e dove venivano piantati piccoli alberi (come esempio prende l’ “anatrario” descritto da Columella).
31 Dovrebbe riferirsi a Giovanni Antonio Panteo, umanista veronese del Quattrocento.
32 In questo passo inizia la discussione sul significato del termine “falere”. Per alcuni è un termine coniato dallo stesso Varrone; per altri indica invece una torretta alta e rotonda, oppure Varrone lo fa derivare da “falerides”che è una specie d’anatra più pregiata delle altre.
33 “In mezzo all’isoletta vi è una colonnina con dentro un’asse, che invece di una mensa sostiene una ruota a raggi fatta in modo che all’estremità dei raggi, che sono chiusi da un cerchio, vi è una tavola vuota dentro, a guisa di timpano, larga 2 piedi e mezzo e alta un palmo”.
34 “Quest’apparecchio manovrato dallo schiavo che serve a tavola, ruota in modo che ci si possano imbandire tutte le vivande e tutte le bevande insieme, e girino davanti a tutti i convitati”. Poi un particolare dispositivo fa in modo che a ciascun commensale arrivi l’acqua calda e fredda girando come dei rubinetti.
35 “Internamente, sotto la rotonda si vede di giorno la stella del mattino Lucifero e di notte la stella della sera Espero, che con il loro movimento rotatorio sino al punto più basso dell’emisfero segnano le ore”.
36 “Al centro dello stesso emisfero e intorno al suo asse è dipinta la rosa degli otto venti, e qui una lancetta sporgente spostandosi dal centro alla circonferenza si muove in modo da toccare la figura del vento che soffia, così che tu puoi saperlo senza bisogno di uscire”.
37 Nel 1537 ricevette il titolo di S. Prudenziana, poi optò per il titolo di Santa Prisca. Fu cardinale protettore del Regno di Scozia, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini e della Compagnia di Gesù. Nel 1543 optò per il titolo di San Clemente e nel 1544 per il titolo di Santa Maria in Trasvere. Nello stesso anno rinunciò alla diocesi di Faenza e fu nominato amministratore apostolico della diocesi di Agrigento e in seguito arcivescovo di Salerno, entrambe le cariche furono mantenute fino alla sua morte.
38 Le diverse tipologie in cui i giardini si vanno configurando possono essere divise in: il giardino archeologico o l’orto; il giardino suburbano; il giardino urbano.
39 La vigna di Angelo Colocci sul Quirinale ospitava Bembo, Tebaldeo, Castiglione e Ariosto; c’erano poi le vigne di Goritz sulla collina opposta del Campidoglio e quella di Blosio Palladio dietro il Vaticano.
40 È stato un medico, storico, vescovo cattolico e biografo italiano. Nasce a Como e studia all’università di Pavia. Durante la sua vita entra a contatto con grandi personalità artistiche, politiche (famiglia de Medici e Farnese) e pontefici (Clemente VII, Adriano VI,Paolo III) risiedendo a Roma, Firenze, Como ed Ischia. Fu autore di molte opere (Historiae ed Elogia, ad esempio) e a lui si deve la creazione di una villa-museo a Borgovico.
41 Nella lettera Plinio viene citato come concittadino. Plinio era originario di Como.
42 Le lettere sono datate: 1) 20 Agosto 1535; 2) 28 Dicembre 1535; 3) 3 Dicembre 1552.
43 Scrisse la “Vita di Alfonso d’Este” duca di Ferrara.

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