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Studi Cassinati, anno 2009, n. 3
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di Robert Schomacker*
Nell’anno 1936 mio padre, come funzionario dello stato di Amburgo, fu costretto a provare la sua discendenza ariana e quella di mia madre per diverse generazioni. Allora causò qualche preoccupazione ai miei genitori il fatto che gli antenati materni di mio nonno, che provenivano da Cassino, avessero il cognome Lia, che poteva far pensare ad una discendenza ebraica. Dopo la caduta della dittatura nazista nel 1945 questo timore non era più rilevante e il tema cadde in oblio. Solo quando qualche anno fa, cominciai a fare ricerche sulla storia della mia famiglia, iniziai a dedicarmi alla questione di un eventuale passato ebraico a Cassino. In conseguenza di ciò ricercavo e analizzavo, per diversi anni, tutte le informazioni pubblicate che mi sembravano rilevanti. I risultati più notevoli vengono qui riassunti.
All’inizio del mio progetto di ricerca mi sembrava alquanto difficile ricevere informazioni concrete sul tema di un insediamento ebraico a Cassino. Le pubblicazioni sulla storia locale che mi ero procurato tacciono completamente su quest’argomento, cosicché, a prima vista, si puó avere l’impressione che a Cassino non siano mai vissute persone di origine ebraica. Anche dalle persone con quali entrai in contatto a Cassino nel 2002 non potetti ricevere informazioni rilevanti; inoltre gli Archivi comunali e ecclesiastici di Cassino erano stati distrutti durante gli avvenimenti bellici del 1943/1944.
Soltanto alla mia seconda visita a Cassino, nel 2004, entrai in contatto con diversi esperti della storia locale ben informati e molto aperti nei miei confronti. Alcuni di loro, tra altro un padre del monastero di Montecassino, mi diedero qualche suggerimento sulla poca letteratura specializzata che dicesse qualcosa su un passato ebraico di questa zona. L’opera voluminosa del Fabiani1 parla di una fiorente comunità ebraica a S. Germano. Purtroppo quest’opera finisce con il XIII secolo. Qualche altra informazione utile trovai in una pubblicazione del Lützenkirchen2. Inoltre venni a sapere che in una delle famiglie, alle quali apparteneva anche mio nonno Roberto Vittiglio, esiste una tradizione orale secondo cui vennero a Cassino (l’allora S. Germano) nel 1492 (l’anno dell’espulsione degli Ebrei dai territori della sovranità spagnola).
Il punto decisivo per continuare le mie ricerche lo trovai in un’informazione in Procaccia3. L’autrice dice che nel Lazio nel 1569 gli insediamenti ebraici “scomparvero, per lasciare memoria della loro passata esistenza nei cognomi ebraici”. Per me questa informazione fu il motivo di mettere, in primo luogo, in chiaro la questione se mai, e in quale quantità, i cognomi che si trovano a S. Germano potessero permettere una conclusione sulla presenza in loco di Ebrei o di loro discendenti.
I dati per i cognomi di S.Germano nel suo complesso sono a disposizione nei diversi catasti pubblicati degli anni 1693, 1742 e 1811. Inoltre cercai sistematicamente nella letteratura e in internet esempi, liste e spiegazioni di cognomi ebraici. Un confronto di questi cognomi, per esempio con quelli nel catasto onciario di San Germano del 1742, portò al risultato seguente:
Discendenza ebraica:
S.Germano Caira Pignataro in media
molto probabile 71 % 92 % 80 % 74 %
possibile 22 % 6 % 18 % 20 %
senza indicazione 7 % 2 % 2 % 6 %
Certamente le ricerche fatte da me andrebbero approfondite. Ma anche considerando i numeri presentati con la dovuta riserva si puó dire che la quota dei discendenti ebraici di S.Germano è molto al di sopra delle quote di altri paesi e proprio per questo la zona ovviamente rappresenta un caso particolare nella storia degli Ebrei d’Italia
Stimare la provenienza geografica degli abitanti di S. Germano di discendenza ebraica, soltanto sulla base dei cognomi, è un po’ azzardato considerando le molteplici vie di migrazioni e le stazioni intermedie dopo le loro diverse espulsioni. Comunque il tentativo, fatto con questa riserva, almeno dà una certa spiegazione. Si puó dire che la maggior parte degli immigrati venga dall’Italia meridionale, un gruppo considerevolmente grande sembra essere di provenienza iberica e pochi di provenienza dall’Italia centrale e settentrionale o dai paesi oltre le Alpi.
Allo scopo di ricevere altre indicazioni e riconoscimenti sulla storia degli Ebrei di Cassino, cominciai a mettere in relazione gli avvenimenti nella storia di S. Germano (documentati per esempio nei regesti dell’Archivio di Montecassino come anche in Studi Cassinati) con il contesto della storia contemporanea degli Ebrei in genere, e con le informazioni, spesso molto particolari, sulla storia ebraica di altri paesi.
Il fatto che gli Ebrei già in tempi lontani si stabilirono nel centro del vecchio S. Germano, puó essere dedotto da certe indicazioni nei regesti dell’Archivio di Montecassino. Essi documentarono che il luogo della vecchia giudecca, menzionata la prima volta nel 1232, che diede il nome alla Piazza detta ‘La Giudecca’, documentata ancora nel 1730, è identica alla ‘Piazza o Le Bucciarie’, detta anche ‘Piazza di S. Germano’, e inoltre è identica al ‘Largo Fontana Rosa’, presente nella pianta della città anteguerra. Qui, nel centro antico della città, allora in via di sviluppo, sarà stato il nucleo urbano dell’insediamento ebraico. Le sorgenti del Gari, situate qui, erano una condizione ideale per l’impianto di una mikvah [La piscina rituale della purezza familiare. N.d.r.], indispensabile in ogni comunità ebraica. Forse così anche si spiega la particolarità della costruzione della successiva chiesa S.Maria delle Cinque Torri, altrimenti difficile da interpretare.
Il Fabiani e tutti coloro che poi ripetono la sua affermazione, si sbagliano denominando la giudecca come ghetto degli Ebrei. Un ghetto, certamente, si forma non prima della seconda parte del XVI secolo, e cioè nel luogo della vecchia pianta di S. Germano dove si trova il Borgo Ebrei, sotto la chiesa S. Pietro in Castro, consistente in quattro vicoli (da ‘Vico 1° Ebrei’ a ‘Vico 4° Ebrei’). È probabile che, dopo le conclusioni del concilio tridentino, gli Ebrei, cioè coloro che fin ad allora non ancora si erano convertiti al cristianesimo, furono costretti, come avvenne dappertutto, a trasferirsi lì.
A proposito, ci sono ragioni per presumere che anche altri quartieri di S. Germano risalgano all’insediamento ebraico. Uno, per esempio, è la vecchia e popolosa zona periferica intorno al Campo dei Fiori, dove, a quanto pare, soltanto più tardi e sull’orlo del quartiere venne eretta una chiesa parrocchiale, S. Andrea.
La immigrazione degli Ebrei nella Terra di S. Benedetto ebbe luogo in parecchie fasi dal IX secolo ai primi decenni del XVI secolo. Tra i primi coloni probabilmente furono gli Ebrei di lingua greca dalla Sicilia e dalla Puglia, i quali si stabilirono nelle valli del Rapido e del Liri. Essi, tra altro, portarono con sé i loro mestieri tradizionali della lavorazione della seta e della tintoria, e probabilmente diedero inizio alla produzione tessile, importante in questa regione fino alla seconda metà del XIX secolo.
Nel XIII secolo, ovviamente per la prima volta, la persecuzione degli Ebrei nel mezzogiorno è la causa per un rinforzato movimento di migrazione. Dopo la fine della sovranità degli Svevi e con la diffusione degli ordini mendicanti nel regno, si succedono dal 1270 in poi campagne diffamatorie e atti di violenza contro gli Ebrei, i quali, per le loro abilità e il loro benessere relativo, spesso destarono l’invidia della popolazione cristiana, per lo più povera, e spesso si rendono odiati come esattori delle imposte. Una plebe fanatizzata religiosamente lascia una sola alternativa: ‘morte o battesimo’. Innumerevoli famiglie ebraiche fuggirono dal regno di Napoli per il nord, ovviamente molti di essi nella Terra di S. Benedetto.
Dopo la cosiddetta riconquista della penisola iberica da parte dei sovrani cristiani arriva la catastrofe per gli Ebrei sefardi, suscitando nuove fiumane di profughi. Il culmine è la completa cacciata di tutti gli Ebrei dalla Spagna nel 1492. Ma anche molti dei ‘conversos’ vengono mandati al rogo per aver professato il giudaismo in segreto. Parecchi di loro riuscirono a fuggire. L’esodo degli Ebrei sefardi, dei cripto-ebrei e dei marrani dalla penisola iberica si estende su un periodo lungo dal XIV secolo al XVII secolo. Sebbene la parte più grande dell’ondata di profughi, “una vera migrazione di popolo, si riversa nel dominio dello stato Ottomano”4, però un considerevole numero di questi non va oltre l’Italia.
Quasi simultaneamente alla totale espulsione dalla Spagna, comincia la definitiva e completa espulsione di tutti gli Ebrei dalla Sicilia e dalla Sardegna Il Renda5 calcola un numero di 30-35.000 Ebrei dalla Sicilia, i quali allora rappresentano il 50% della popolazione ebraica italiana. Qualche comunità ebraica, rifiutando il battesimo, emigra completamente. Con la vittoria sull’Aragona e l‘avvento al potere degli Spagnoli nel regno di Napoli, le comunità ebraiche anche qui sono condannate al declino definitivo.
Allo scopo di capire perché molti degli Ebrei in fuga siano immigrati nella Terra di S. Benedetto, ci si deve chiedere, se, perché e come là il trattamento degli Ebrei si possa distinguere dagli altri paesi del regno di Napoli. Ci sono due ragioni perché il piccolo ‘Stato Benedettino’, sebbene parte del Regno di Napoli, assuma una posizione fondamentale diversa in riferimento agli Ebrei. Una ragione è la relativa autonomia della signoria monastica. Il papa ha il controllo di tutto ciò che accadde, e lo difende con i privilegi dell’Abbazia contro il regno, i vescovi e i conti vicini. Certamente non è sbagliato considerare la Terra di S. Benedetto di fatto come una exclave dello Stato della Chiesa. E là in quel tempo (prima del 1555) non è cominciata la cacciata degli Ebrei dai loro quartieri ereditari d’abitazione.
L’altra ragione decisiva per il trattamento degli Ebrei nella Terra di S.Benedetto è che i Benedettini di Montecassino, a differenza degli ordini mendicanti, non dovrebbero essere interessati alle idee rivoluzionario-sociali e alle rivolte popolari. Essendo proprietari di terre estese (non soltanto nella Terra di S. Benedetto) e essendo l’autorità secolare di un piccolo stato, sono abituati a mantenere la loro signoria e la pace tra gli abitanti con una politica ragionevole ed equilibrata. Sotto la signoria cassinese l’influsso dei ‘Frati minori’ nella popolazione è soggetto a controllo da parte dell’abate.
L’insediamento degli Ebrei fuggiti dal sud nel territorio di S. Germano inoltre viene promosso dal fatto che gli immigrati vi trovano (secondo il Fabiani) una “fiorente comunità ebraica”, cioè una infrastruttura religiosa e culturale pronta per i loro bisogni, e oltre a ciò, nella Terra di S. Benedetto c’è un fabbisogno di lavoratori.
Nei movimenti migratori ebraici di quell’epoca tuttavia non si tratta esclusivamente di profughi. Anche i banchieri ebrei romani alla ricerca di nuove piazze per l’impiego dei loro capitali si sistemano in tutto il Lazio meridionale e probabilmente anche a S. Germano, dove certamente sono benvenuti perché considerati utili allo sviluppo economico.
Per quanto riguarda la responsabilità patriarcale sociale dei Benedettini nei confronti della popolazione delle loro terre, le esposizioni fatte dal Prosperi6 su altre Abbazie benedettine verso la metà del XVI secolo, certamente valevano anche per Montecassino. Egli scrive: “Il loro contatto con le pratiche religiose correnti e col modo di ragionare della gente comune avveniva attraverso i contadini che lavoravano le loro terre e il numeroso personale di servizio […] rendeva l’Abbazia simile a un’impresa economica di vaste dimensioni. […] La gestione benedettina fu caratterizzata dalla costruzione di case per i contadini eccezionalmente confortevoli per l’epoca”.
È da desumere che l’agricoltura nella Terra di S. Benedetto, in gran parte, se non in prevalenza, è condotta da Ebrei, sia come lavoratori o affittuari, sia come proprietari. In queste epoche la proprietà terriera degli Ebrei non è inconsueta. Ma gli Ebrei immigrati, già prima della loro espulsione dagli altri paesi, sono anche esperti in molti altri mestieri, portando con sé a S. Germano le loro pratiche e capacità, e spesso il loro capitale. Tra i mestieri esercitati da essi oltre a quelli già menzionati (il lavoro della seta, la tintoria, e il prestito a pegni) sono soprattutto il commercio con paesi lontani, il rifornimento di viveri (incluso la macelleria e la panetteria anche per la popolazione cristiana), i lavori tessili, la conceria, la produzione di carta, la stamperia, l’arte degli orafi e argentai, la produzione di aghi, armi e ceramiche, i mestieri di musicista e la medicina.
Con l’insediamento di commercianti, artigiani e laureati ebraici e con lo sviluppo dell’attività economica nella terra governata dal monastero si costituisce a S. Germano, fino alla fine del XIII secolo, la nuova classe della borghesia, della quale soprattutto gli Ebrei dovrebbero far parte. Probabilmente gli Ebrei si trovano anche tra i dotti della legge a S. Germano, se non persino in predominanza, perché in questa epoca è richiesto molto il loro livello d’istruzione e l’abilità nel leggere e scrivere. Allora l’educazione degli Ebrei in genere si distingue da quella della popolazione cristiana, in maggior parte analfabeta. È da notare che anche nell’amministrazione del Regno di Napoli, ancora dopo il 1492, prevalentemente i sefardi, battezzati o no, occupano cariche importanti
Inoltre è da rilevare che fra i diversi gruppi di Ebrei insediati nella Terra di S. Benedetto, in parte, ci sono differenze molto grandi: le lingue popolari usate nei paesi di provenienza (Siciliano, Greco, Spagnolo, Arabo), differente livello d’educazione, conoscenze professionali, e quella che una volta era la posizione finanziaria e sociale occupata. A proposito è notevole che tutte le lingue, menzionate sopra, si riflettono nel dialetto cassinese.
Per gli Ebrei nella Terra di S. Benedetto né su una forzata separazione sociale dagli abitanti cristiani, né su qualche particolare restrizione legale per essi (eccetto i cosiddetti forestieri) né sulla loro espulsione, si trovano informazioni concrete. Inoltre le informazioni disponibili non riportano niente a proposito di qualche conversione al cristianesimo nel territorio della signoria cassinese. Secondo le condizioni dell’ambito storico conosciute, certamente si puó dedurre che, almeno fino alla metà del XVI secolo, anche nella zona di S. Germano esistano comunità che, più o meno apertamente, professano l’ebraismo. Se dopo questa data e in quale quantità ancora qui vivano gruppi di Ebrei nella loro tradizione incessante secondo la legge mosaica, nessuna informazione è disponibile. È da considerare inoltre che i ‘marrani’, immigrati dalla penisola iberica, avevano ricevuto il battesimo già prima della fuga, e quindi, almeno ufficialmente, non sono Ebrei.
Nonostante il fatto che, come prova la situazione presente, pressoché tutti gli Ebrei di S. Germano nel corso dei secoli si siano convertiti al cristianesimo, sarebbe da ipotizzare che, come si sa di altri paesi, anche a S. Germano fossero non poche famiglie, nelle quali, persino molto tempo dopo il battesimo, professassero, più o meno di nascosto, i riti e le prescrizioni tradizionali (la circoncisione, le istruzioni per i cibi, le regole per il sabato, ecc.) che sono caratteristiche fondamentali di una identità ebraica.
Le ragioni per la conversione in parte possono essere state differenti nelle diverse epoche e regioni, variando anche individualmente. Vorrei escludere, almeno dopo tutto quello che ho saputo, che nel territorio della signoria benedettina si siano eseguiti battesimi con la forza da parte della autorità e contro il volere degli aspiranti (come per esempio in Portogallo), o che un popolaccio fanatizzato religiosamente avesse impiegato la forza (come per esempio in Italia del sud o in Spagna). Nella Terra di S. Benedetto le costrizioni – forse anche si potrebbe dire ‘gli stimoli’ – potrebbero essere stati più sottili, e quindi, probabilmente, con più successo.
Dunque, se nella Terra di S. Benedetto si esclude l’impiego della violenza, lo spettro degli stimoli o delle costrizioni che provocano la conversione è sempre vario. ci sono tanto l’onesta e convinta adesione al cristianesimo, quanto ragioni opportunistiche, come per esempio l’aspettativa di una carriera, l’evidenza di svantaggi sociali, la liberazione dagli obblighi monetari, o lo sfuggire al divieto di esercitare una professione. In alcuni casi potrebbero concorrere diversi motivi. Da altri paesi si sa che numerosi rabbini furono in testa delle loro comunità nel prendere il battesimo. A loro e ai loro allievi dotti, grazie alle loro capacità di leggere e scrivere e della loro conoscenza profonda della ‘scrittura sacra’, fu aperta una carriera allettante nella chiesa cattolica.
C’è ragione di credere che sotto la signoria cassinese, almeno fino alla metà del XVI sec., ci sia stata un’atmosfera intellettuale e sociale che facilitò uno scambio aperto di conoscenze e d’idee che non si esaurì nei confini ristretti di dottrine fondamentali e razionalizzate della fede cristiana o ebraica. In queste circostanze evidenziate si puó supporre che il clima dell’umanesimo, la formazione di un nuovo modo scientifico di pensare e “l’interesse comune per l’antichità” abbia stimolato lo scambio intellettuale, possibile in queste epoche solamente in pochi luoghi, nei testi dotti dei Benedettini e nell’élite non meno dotta degli Ebrei e dei ‘conversos’, “lasciando passare in secondo piano le differenze religiose”7. Non sorprenderebbe in ogni modo, che nel mondo affascinante del discorso intellettuale anche a Montecassino ci fosse stato il ‘miracolo’ di legare mentalmente uomini di differenti tradizioni della fede.
Se per gli Ebrei in questo clima intellettuale e sociale si promovesse anche la disponibilità al battesimo, si lascia solamente supporre. Ma alla fine il cambiamento incondizionato delle idee potrebbe aver causato, soprattutto per la classe elevata – forse spesso stretta in una prassi religiosa ebraica troppo rigida e pedante –, l’abbandono della propria ortodossia ebraica, e, considerando le condizioni d’allora, la partecipazione a una società cristiana moderna formata dall’umanesimo, con un conseguente effetto di liberazione: questo potrebbe essere stato un fattore importante per la loro assimilazione. Anche negli aspetti religiosi, infatti, l’assimilazione, malgrado la dominanza di una parte, non necessariamente deve essere una strada a senso unico. Ma la rinuncia alla fede tradizionale spesso anche è una via dolorosa per l’individuo e per i suoi familiari, e l’abiura provoca le incrinature più dolorose nelle famiglie, e le divide fino alla morte delle persone toccate. Qualche informazione su l’un o l’altro conflitto violento in certe famiglie di S. Germano potrebbe essere in rapporto con questo.
Verso la metà del XVI secolo, probabilmente anche a S. Germano la relativa tolleranza nei confronti degli Ebrei sta per finire. Alla crisi intellettuale, morale e della potenza politica del papato, seguono le conclusioni del concilio tridentino e la controriforma, che portano a una costante decadenza sociale e economica delle comunità ebraiche, che nello Stato della Chiesa è totale. Si puó desumere che i decreti del Concilio con tutte le restrizioni e incarichi legali, diretti contro gli Ebrei, siano messi in atto anche nella Terra di S. Benedetto. Questo in sostanza riguarda la censura della stampa ebraica, il ghetto obbligatorio, il divieto di possedere immobili, la partecipazione alla predica obbligatoria, il divieto di rapporti fra ebrei e cristiani (anche circa i neoconvertiti, persino se sono figli o altri famigliari stretti) le istituzioni della casa dei catecumeni e del monastero delle convertite, il divieto per i medici ebraici di curare i cristiani, il divieto di vendere ai cristiani pane, carne e altri alimentari, il divieto di commerciare in roba nuova, il divieto di tutte le banche ebraiche, finalmente la restrizione per tutte le attività economiche degli Ebrei al solo commercio minuto tessile e la distribuzione di merci di scarsa importanza. Per diverse di queste misure ci sono indizi che lasciano presumere che fossero in vigore anche a S. Germano. Per tre centinaia di anni gli Ebrei, che non si convertirono al cristianesimo, abitano nel ghetto, sono limitati nelle loro attività sociali ed economiche e quindi vengono esposti al definitivo impoverimento.
Al contrario i loro ex fratelli in fede, una volta convertiti al cristianesimo, molto probabilmente rimangono senza molestie nella Terra di S. Benedetto. Ci sono ragioni presumere che, a differenza dello Stato della Chiesa e del regno di Napoli, essi non sono esposti ai sospetti permanenti, alle accuse e alla tortura da parte della inquisizione gesuita, perché i gesuiti lì mai potevano prendere piede. Del resto – a differenza della mania spagnola della ‘purezza di sangue’, e prima della versione criminosa tedesca della barbarie fascista – in Italia dalla parte dello stato non esisteva una persecuzione razzista degli Ebrei o degli ex Ebrei convertiti al cristianesimo.
In Italia la liberazione e equiparazione legale degli Ebrei ha luogo soltanto nel XIX secolo. Mi sembra notevole che anche dopo di ciò, a differenza di diversi altri paesi d’Italia, a Cassino, come pare, non si verifica una emancipazione persistente del gruppo degli Ebrei, forse piccolo, ma ovviamente ancora esistente. Puó essere così, che dopo l’entusiasmo iniziale, dopo le speranze deluse per una fine delle soppressioni (1799, 1814), e in conseguenza della ostilità da parte delle forze dominanti, prevalentemente conservatrici, si siano rassegnati? Un’altra ragione sarebbe, che nell’aspirazione ad una società illuminata e secolare, e forse anche sotto l’influsso del movimento operaio, prevalentemente ateo, la propria tradizione religiosa nel frattempo per molti di loro sia divenuta trascurabile.
In ogni caso la assimilazione praticamente intera delle famiglie di Cassino, una volta ebraiche, infine ha provocato, come prova il presente, che oggi non appaiono più come un proprio gruppo di popolo con una tradizione particolare, e sembra che nei loro discendenti, almeno in maggioranza, non più esiste una cognizione della propria storia. Mi domando se finora nessuno ha cercato d’informarsi e di prendere nota per iscritto dei ricordi individuali, forse ancora esistenti, di qualche vecchio abitante di Cassino e dintorni, e delle tradizioni nelle famiglie circa un passato ebraico.
Finalmente va precisato, che il mio tentativo qui descritto a larghi tratti, nato dalla ricerca della mia storia familiare, certamente si basa su fatti oggettivi, ma in prevalenza procede con ipotesi che mi sembrano plausibili e con domande nuove, ancora senza alcuna risposta. Considerando il tempo, i mezzi e le conoscenze a mia disposizione il mio tentativo è destinato a rimanere frammentario ed incompleto. Quindi finora non posso considerare il risultato delle mie ricerche come un lavoro concluso. Ma spero che ci siano storici più professionali che possano portare questo tema ad una conclusione più soddisfacente.
Nonostante le riserve fatte sopra, e sebbene diversi particolari esposti da me non possano passare come prova senza lacune, giungo alla conclusione che, tutto sommato, la tradizione ebraica nella storia di Cassino e del suo circondario occupa notevolmente più spazio di quanto finora gli veniva concesso nella descrizione storica. La fiorente colonia di Ebrei di S. Germano del XIII sec. – secondo il Fabiani – dovrebbe essersi ingrandita fortemente dal XIV sec. fino alla metà del XVI sec., avendo contribuito in misura notevole allo sviluppo economico e sociale del paese. Penso di poter fare questa deduzione in base alle diverse circostanze e correlazioni mostrate nel mio lavoro.
Mentre mi occupavo di questo aspetto specifico della storia di Cassino mi sono reso conto di quanto fosse spinoso il tema che avevo toccato. Forse questo spiega la riservatezza con la quale alcuni abitanti del luogo trattano questo capitolo della loro storia locale. Proprio perciò è importante per me dire che in nessun modo era mia intenzione usare le norme d’oggi per condannare ovvero per giustificare gente dei tempi passati formatasi secondo le tradizioni e lo spirito della loro epoca. Lo scoprire il passato e il pensarci non dovrebbe servire né a far girare all’indietro la ruota della storia, né a dare credito a leggende. Per me si tratta di comprendere la storia della quale anche i miei antenati italiani sono una parte, e di imparare da quello che è accaduto a persone vissute prima di me. Soltanto chi vuole conoscere l’intero passato, chi ricerca senza riserve e chi sopporta scoperte talvolta indesiderate, riuscirà ad imparare veramente qualcosa. Spero che il mio lavoro renda giustizia al ricordo onorevole di miei antenati italiani ed avi ebraici.
* Robert Schomacker, che vanta origini cassinati, vive ad Amburgo ed è autore di una corposa ricerca sulle origini e sulla presenza degli ebrei a Cassino dal titolo “Quanto si sa di un passato ebraico a Cassino? – Accenni per l’apertura di una storia non ricercata”, in lingua tedesca con italiano a fronte, in attesa di pubblicazione. Ha gentilmente concesso a Studi Cassinati, un breve estratto di quel lavoro, che ci auguriamo vada in stampa quanto prima perché costituisce un prezioso arricchimento alla conoscenza della storia passata e recente di San Germano/Cassino.
1 Fabiani L., La terra di S. Benedetto, vv. 2, in Miscellanea Cassinese, 33-34, Montecassino, 1968, vol. III, Miscell. Cass., 42, Montecassino, 1980.
2 Lützenkirchen, Procaccia e altri, Gli Ebrei a Ferentino e nel Lazio Meridionale, Ferentino 2001.
3 Lützenkirchen, Procaccia, op. cit.
4 Beuys Barbara, Heimat und Hölle, Reinbek 1996, ISBN 3498005901.
5 Renda Francesco e altri, L’inquisizione e gli Ebrei in Italia, Bari 1994, ISBN 8842044989.
6 Prosperi Adriano, L’eresia del Libro Grande, Milano 2000, ISBN 8807102978.
7 Beuys Barbara, op. cit.
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