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Studi Cassinati, anno 2008, n. 1
di Patrizia Patini
Nel mio libro dal titolo: “Atina, Artigianato, Tradizioni Popolari e Cannardizie” a cura del Centro Studi Saturnia Atina – Tipografia Pontone 2002 – Cassino, ho ripreso alcune notizie sul fagiolo Cannellino di Atina. Mi sono accorta che questo particolare prodotto aveva rivestito una fondamentale importanza per oltre 200 anni, infatti già nei primi dell’Ottocento veniva classificato come legume tipico dell’Alta Terra di Lavoro. La sua ricostruzione cronologica mi ha resa consapevole dei dati sostanziali che riguardavano la rendita nei mercati in rapporto all’economia del territorio; ma, soprattutto, mi ha aperto gli occhi sulla prospettiva culturale che è stata ampiamente riconosciuta al cibo, quale mezzo di responsabilità per la formazione e la comunicazione sociale. Entrare nel merito territoriale di un prodotto come il Cannellino di Atina significava esaminare la vita dei suoi coltivatori e consumatori evidenziando anche gli usi e i costumi “puri” della civiltà contadina che è sempre stata la madre di tutte le civiltà. Da quel momento ho scoperto in archivio un mondo diverso dal mio che dovevo assolutamente ritrascrivere e divulgare, sia attraverso quelle che sarebbero poi state le mie ricerche (Il peperone di Pontecorvo, Il Maiale Nero Casertano in Terra di Lavoro, Il Decennio Francese, La cucina dell’Antichità, La cucina del Pellegrino, Borghi e pietanze in Terra Ciociara), sia con le attività di promozione culturale enogastronomica dell’associazione “Le Cannardizie”. La ricerca sulle veridicità del “tipico” era infatti l’occasione per incontrare le tradizioni più sane della nostra provincia ed analizzarle per una conferma della nostra identità. Credo di poter affermare con certezza che in molti libri sfogliati o studiati non ho trovato solo la miseria delle genti contadine, purtroppo rilevata oggettivamente dagli esperti di statistica ed economia, ma anche quella pace e quella preziosa dimensione che non torneranno mai più.
Oggi il fagiolo Cannellino di Atina è un prodotto tipico italiano in fase D.O.P, come altri prodotti di questa nostra provincia, ed è frutto della storia di un comprensorio che puó avvalersi di tradizioni uniche ed importanti. Esso è un piccolo seme che ci permette di ereditare la saggezza, i sacrifici e le battaglie dei nostri predecessori; è una staffetta consegnata ai posteri con l’auspicio di resistere alle avversità della omologazione; è il vanto per una nuova economia che, spero di tutto cuore, potrà cogliere il buono e il giusto anche dalle mie piccole e modeste osservazioni.
Dal libro: Artigianato Tradizioni Popolari e Cannardizie:
[…] Nel 1811 ne parla il De Marco (Relazione di Terra Di Lavoro) considerando il cannellino di Atina come fagiolo di ottima qualità; nel 1857 (Relazione sul Comprensorio di Sora per la città di Atina) il Cirelli lo classifica come prodotto ampiamente coltivato in due specie, rossi e bianchi cannellini, che costituiscono un capo di rendita non indifferente per Atina; nel Tomo I (Relazione sul Regno Di Napoli “Terra Di Lavoro”) del 1908 ne parla il Bordiga affermando che si registra un incremento di consumo in tutto il comprensorio di Sora, specificando, anche, che la qualità precedente è stata sostituita in maggior parte dal cannellino“Sulmona”, di più facile coltura, inserito già dal 1840 per ovviare alla mancanza di seme, distrutto da larve di lepidotteri. Da quel momento sono state inserite varie qualità d’ibridi, anche se il Cannellino a forma di rene e il bottoncino piccolo e più tondo (salvati dalla moria) rimangono stabili nella produzione per il consumo personale e per eventuali doni. […] In relazione al fatto che il povero si cibava di circa 600 grammi di fagioli al giorno, e che proprio per questo motivo la zona del circondario di Atina ne usava grandi quantità, la vendita a terzi era limitata, ma ugualmente redditizia poiché vi era una forte richiesta. (Sempre dall’Inchiesta Bordiga).
Ad Atina è sempre stata rinomata l’eccezionale morbidezza dei cannellini che si ottiene grazie all’attenzione del coltivatore, sia per quanto riguarda la semina sia per l’irrigazione; infatti i fagioli si seminano solitamente dal 24 al 29 Giugno in solchi ben umidificati nel focaleto (terreno ghiaioso ricco di manganese) e s’innaffiano in tempi precisi evitando l’escursione termica, una volta ogni otto giorni. Le zone principali di coltura sono sempre state quelle di Mollarino, Pontelapietra, Pontenuovo, Forme, Cesapiana, Esperimentale (vicino alla Cartiera) e Focaleto (San Marciano) anche per le produzioni miste (zone di coltura dell’Azienda Visocchi intorno al 1885). Si trovano altre qualità di fagioli come: i fagioli con la mosca, un formato piccolo, ovale, bianco con una macchiolina nera in superfice; i fagioli di fratta, dalla forma tonda, bianchi e bombati. Con i fagioli della buona terra nostrana, coltivati senza usare alcun concime chimico, si possono preparare tante buone ricette. Conditi con olio e prezzemolo, come piatto unico, oppure cotti per le minestre con “glië mugnëlë” (broccoletti) e con “glië tagliolinë” (listarelle di acqua e farina) i famosi cannellini rappresentano una fonte proteica alternativa. […] I fagioli Cannellini di Atina si cucinano in molta acqua nella maniera tradizionale, cioè con l’uso della Pignata di coccio nel camino, senza “gli’addisturbà” (senza alcun disturbo) e senza “glië girià” (senza mai girarli). Se piace, durante la cottura vi si aggiunge del sedano a lunghi costoni.[…]
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