Studi Cassinati, anno 2006, n. 4
Dalla Rocca maetosa, Che di Giano ognor s’appella, Ove un tempo luminosa Risplendea la sveva stella, Il mio sguardo va lontano, Scorre i monti, i colli e ‘l piano Dove sorge la città. Sia che il sol da te tramonti, Sia che torni in te ‘l mattino, Rimirarti dai tuoi monti Sei pur bella o mia Cassino. Tu ridesti il mio pensiero Al ricordo lusinghiero Di tua prisca civiltà. O bel Gari, che sì muto T’apri ‘l seno, e a corso lento Porti al Liri per tributo Il tuo liquido d’argento; Quante volte in te silente |
Si specchiò quel volto ardente Del più dotto dei Roman? Col lambire or vai baciando Una terra abbandonata, Che ispirava il venerando, Che alle muse fu sacrata. Tu mirasti disdegnoso Ciò che un Console orgoglioso Profanò con l’empia man. E tu d’inclita Matrona Opra insigne, o Colosseo, Che la fulgida corona Ti strapparo come un reo; Sulla fronte tua dimessa L’orma ognor si vede impressa D’una gloria che passò. Viene il treno; il suol rimbomba, E n’echeggia il colle e il monte: Non rintrona la tua Tomba? |
Alza Ummidia la tua fronte … Ma tu all’ombra dell’alloro Dormi ignara del disdoro, Che sul cener tuo posò. E voi torri insiem legate, Che dal fondo in sulla vetta Della roccia, ve ne state Come scolte alla vedetta; Nella zuffa aspra e feroce, Chi di voi sentì la voce Di Manfredi risonar? Quando il tenero saluto Vi donò quel generoso, Presagiste che caduto Ei sarìa da valoroso? – Sventurato Ghibellino, |
Non fu solo l’Angioino La tua spoglia ad insultar! – O dolcissime memorie, Sacri templi, o poesia, O sventure, affanni e glorie Della mia città natìa; Voi soltanto confortate La mia mente, voi sedate La tempesta del mio cor. Salve o Patria!. Fra contese Di fazioni vergognose, Possa il Ciel serbarti illese Le reliquie gloriose. Sciagurato chi nol brama, Maledetto chi non ama Il tuo bene, il tuo decor. |
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