La “cisterna romana” di Atina Molti ancora gli interrogativi

 

Studi Cassinati, anno 2006, n. 4

di Giovanna Rita Bellini

A seguito di verifiche archeologiche propedeutiche alla sistemazione dell’area di Piazza Garibaldi ad Atina (Fr) prospiciente il Convento di San Francesco, è emerso, alla profondità di circa mt.5,00 dall’attuale piano stradale (al di sotto di una stratigrafia che documenta le fasi del sito in epoca moderna e in epoca medievale), un manufatto antico ascrivibile all’epoca romana, di forma circolare, con murature perimetrali in opera poligonale di terza maniera, e fondo (scoperto solo in parte) in tegole ben connesse digradanti verso il centro del piano pavimentale.
Nell’area in esame una accreditata tradizione bibliografica risalente a Tauleri pone il castellum aquae dell’acquedotto atinate: Tauleri infatti documenta come ancora esistente nel settecento un manufatto antico descritto come un “gran vaso di pietre lavorate, ancora in piedi, ove si dice Olmo della Piazza” ove l’acqua “ si congregava, per poi diramarsi con molti aquidotti di piombo in diverse parti di questa città”. Nel dopoguerra erano ancora visibili due grandi serbatoi di raccolta, successivamente colmati da detriti.
Questa notizia, la collocazione urbanistica (sulla linea delle mura della città romana e sulla probabile direttrice dell’acquedotto), le forme architettoniche (struttura circolare di notevoli dimensioni) lascerebbero propendere per l’identificazione del monumento con il castellum aquae, cioè con il ripartitore delle acque per l’immissione delle stesse nella rete di distribuzione urbana mediante fistulae di cui un’ampia esemplificazione è conservata presso il Museo civico.
È d’obbligo però una doverosa cautela, allo stato dell’indagine, soprattutto in considerazione del dato topografico ed in particolare delle quote del manufatto, molto profonde rispetto a quelle dei piani antichi circostanti (basolato su via Vittorio Emanuele, posterula della Stretta Bartolomucci, mura sotto il villino Visocchi), che farebbero piuttosto propendere per l’identificazione con una cisterna con funzione di piscina limaria per la decantazione delle acque prima dell’immissione nel castellum e quindi la ripartizione nella rete idrica urbana.
È comunque indubbia l’estrema importanza della struttura nella conoscenza della topografia e dell’urbanistica atinate sia nel caso dell’identificazione con il castellum aquae (per la conferma della notizia di bibliografia storica, per il fatto che tale conferma sarebbe il primo caso nella storia dell’archeologia ad Atina, per l’importanza della struttura nella ricostruzione dell’approvvigionamento idrico in età romana, per la non frequente attestazione archeologica di tale struttura pur nota dalle fonti letterarie antiche) sia nel caso di altra interpretazione (possibile solo dopo attenta ed accurata indagine di scavo) e, comunque, per la monumentalità del manufatto.
Qualora la struttura sia da interpretarsi come cisterna con funzione di piscina limaria (interpretazione compatibile con le quote pavimentali antiche), vista la presenza indubitabile del castellum aquae ancora visibile nel XVIII secolo, ipotizzando per quest’ultimo una collocazione nell’area immediatamente prospiciente la Porta dell’Assunta (collocazione compatibile con la conformazione orografica desumibile sia a vista, sia dall’esame delle curve di livello sulla cartografia storica), in posizione quindi sopraelevata rispetto ai piani della città romana caratterizzata da un assetto urbanistico a terrazze, saremmo di fronte ad un complesso sistema idraulico che nella attuale piazza Garibaldi vedrebbe riuniti il tratto terminale dell’acquedotto, la piscina limaria, il collegamento con il castellum aquae, il castellum aquae stesso costituito – dalla descrizione settecentesca – da un gran vaso di pietre lavorate, l’inizio della rete di distribuzione mediante fistulae in piombo che potevano costituire la condotta principale (ancora è Tauleri a ricordare fistulae in piombo rinvenute nell’area della Spianata S. Marco, al Colle, davanti alle porte di S. Giovanni in Piazza e nella via Pastena davanti alla chiesa di S. Pietro) da cui si diramavano le condotte secondarie in fistulae di terracotta, fino alle conserve d’acqua delle domus (note quelle della domus del Colle, della domus del Cimitero Vecchio, della domus del Peschio, dell’edificio di via Virilassi).
La datazione dell’acquedotto, compatibile con la tecnica costruttiva dello speco e della cisterna, da me già proposta nel 1987, è alla fine del I sec. a.C., in concomitanza o subito dopo la sistemazione urbanistica della città ad opera di Lucio Arrunzio console nel 22 a.C. (CIL X, 5055).

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