Antonio Grossi e la ricostruzione di Cassino

 

Studi Cassinati, anno 2006, n. 3

Passata la bufera della guerra, i Cassinati in diaspora per tutta l’Italia, la città di Cassino cancellata irrimediabilmente, cosa restava da fare? Chinare la testa al fato e voltare pagina volgendosi altrove. Macché! I Cassinati (quelli di allora …) non erano gente da abbandonarsi al pianto ed all’autocommiserazione. Il pensiero forte, il primo pensiero, fu: diamoci da fare e ricominciamo da capo: la nostra Cassino deve risorgere.
Il 24 febbraio 1944 Dan fu portato, insieme ad altri, in una fattoria tedesca a lavorare in un campo di patate. La fattoria si trovava a Wusterwitz, in Germania, vi lavoravano da 18 a 26 prigionieri americani. Il 15 febbraio 1945, si misero in viaggio verso Hannover. Camminarono per due mesi e, il 15 aprile del 1945, si scontrarono con una pattuglia americana che sparava su di loro credendoli nemici. Ma poi i tedeschi si arresero e loro furono finalmente riconosciuti e liberati. Furono formati tre gruppi di prigionieri composti ciascuno da 500 tedeschi. Poi vennero deportati con i camion a Le Havre, in Francia, qui presero una nave e salparono per Southapton, in Inghilterra. Da qui, dopo una breve sosta e dopo aver affidato circa 500 feriti gravi ad un ospedale militare, proseguirono poi per New York. Il viaggio per mare durò dieci giorni. Le navi con cui tornarono in patria, ci racconta Dan, erano state requisite ai tedeschi ed erano le stesse che avevano avuto un ruolo fondamentale durante la Prima Guerra Mondiale. E per quell’epoca, ci dice Dan, erano navi di gran lusso. Qui finisce il racconto di Dan Geelan. Ma prima di congedarsi da noi, Dan ha voluto lasciare per ricordo all’Associazione culturale Ad Flexum il suo berretto – con la scritta “36esima Divisione Texas” -, ringraziandoci oltre che per la calorosa accoglienza, anche per averlo aiutato a ricordare.Ne è prova il ritorno immediato, sulle macerie ancora fumanti (come si suol dire), dei primi Cassinati già nel mese di maggio (il fronte era passato con la battaglia del 18 maggio 1944, ma era ancora nei paraggi); ne è prova questo stralcio della lettera che l’avv. Antonio Grossi (Totonno per amici e familiari) scrisse da Roma al fratello avv. Tancredi il 5 dicembre 1944.
“[ … ] Domenica ci siamo riuniti una quindicina di Cassino e abbiamo creato il “Comitato per la ricostruzione”: appena in possesso del piano regolatore, che chiederemo al Sindaco (e se non è stato fatto chiederemo sia subito fatto), il Comitato è in grado di far costruire: 1) la casa comunale; 2) un edificio scolastico; 3) un palazzo di giustizia; 4) una chiesa; 5) un edificio per uffici vari; 6) un piccolo ospedale, con farmacia. Attorno a questo nucleo di costruzioni, fatalmente, e gradatamente, sorgerà il nuovo paese. Ti porterò poi copia del piano d’esecuzione: vedremo se il Comune ci seguirà!”.
Il Comune non li seguì.
In quel periodo aveva le funzioni di sindaco l’avv. Gaetano Di Biasio, affiancato in Giunta da Toselli Saragosa, Augusto Toti, Benedetto Turcano, Angelantonio Di Mambro; segretario comunale Enrico Casatelli. Ma a sostituire Di Biasio, che risiedeva in Arpino, era proprio l’avv. Tancredi Grossi, almeno fino a metà settembre, dopo di che si dimise.
Antonio (1898-1971), che ormai viveva a Roma, lo rivedremo ben presto alla guida del settimanale “Il Rapido”, dal 1945 al 1949, con le sue veementi battaglie per la ricostruzione e la moralizzazione della gestione della cosa pubblica.

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