Convegno a San Pietro Infine sul vecchio abitato

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Studi Cassinati, anno 2005, n. 2

Vecchio Centro di San Pietro Infine: Quale futuro?, questo il titolo del Convegno organizzato dall’Associazione Culturale “Ad Flexum”, tenutosi nel pomeriggio di sabato 25 giugno nella sala conferenze del municipio di San Pietro Infine e che ha visto impegnati relatori provenienti da varie Università italiane. Il presidente dell’Associazione, Maurizio Zambardi, nell’introdurre i lavori ha esordito ringraziando per la disponibilità e la sensibilità dei relatori che hanno, sin dall’inizio, accettato volentieri la propria partecipazione al convegno ritenendo l’argomento di notevole interesse. Dopo un breve excursus storico sul borgo medievale Zambardi ha sottolineato i principali motivi per i quali il paese, distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale, riveste un ruolo di unicità. Tra essi ha ricordato l’importante film-documentario di John Huston che immortala le varie fasi della conquista del paese girate direttamente sul campo di battaglia; ha poi ricordato che il paese è stato conservato nello stato in cui era rimasto dopo la distruzione del 1943: gli scheletrici resti rappresentano un caso forse unico al mondo di un intero paese ridotto in macerie e rimasto a testimoniare l’atrocità della guerra, monito di pace per le generazioni future. Per questi ed altri motivi agli inizi degli anni ’90 fu lanciata attraverso il quotidiano “Il Mattino” la proposta che San Pietro Infine entrasse a far parte dei beni patrimonio dell’umanità sottoposti a tutela dell’UNESCO.
I presupposti, dunque, ci sono, ha affermato Zambardi, e sono tra le finalità precipue dell’Associazione “Ad Flexum”, che intende operare in collaborazione con gli Enti pubblici locali e altre associazioni, quali Italia Nostra. A tal proposito l’architetto Annamaria Bidetti, in rappresentanza di Italia Nostra, ha comunicato, a nome del Presidente della sezione di Caserta, il pieno appoggio a tale iniziativa.
Perché il convegno? Da qualche mese una serie di consistenti interventi sul sito, con destinazioni d’uso specifiche e lo spianamento di alcuni ruderi in piazza San Nicola, hanno interessato l’opinione pubblica soprattutto per la mancanza di uno strumento esecutivo particolareggiato relativo al Vecchio Centro, come previsto dal piano regolatore adottato. Il rischio sarebbe infatti quello di innescare un irreversibile meccanismo a catena di interventi non in linea con una idonea valorizzazione del luogo. Infatti manca uno studio analitico serio e scientifico delle emergenze architettoniche e archeologiche del borgo, studio di fondamentale importanza per una corretta e definitiva progettazione che valorizzi a pieno un bene di inestimabile valore.
Il coinvolgimento di esperti e studiosi del settore è stato mosso dall’intento di affrontare pubblicamente le complesse tematiche che ruotano intorno al tema in esame, e dalla convinzione di poter giungere a delle indicazioni concrete sulla destinazione ottimale del luogo e a linee guida per una progettualità, soprattutto nell’ottica di una interazione fra enti e all’interno di un più ampio progetto che interessi l’intera area.
Il convegno ha avuto due fasi ben distinte, come ha spiegato il moderatore Prof. Aldo Zito: nella prima sono stati illustrati gli studi compiuti sulle emergenze architettoniche e storiche del paese grazie al contributo degli architetti Valeria Casella e Rossella Borrelli, che sul vecchio centro hanno svolto le proprie tesi di lauree. Poi l’architetto Cesare Crova ha trasmesso i risultati di un suo dottorato di ricerca, presso l’Università La Sapienza di Roma, relativo all’incastellamento nella terra Sancti Benedicti. Il suo intervento è stato incentrato in particolare sulle torri quadrate e le mura di cinta della San Pietro Infine medievale, che Crova ha messo in confronto con quelle della vicina San Vittore del Lazio, deducendone che le torri sono simili per forma, dimensioni e tecniche costruttive, e quindi certamente riconducibili ad un unico intento progettuale.
È seguito l’intervento dell’assessore ai lavori pubblici del comune di San Pietro Infine, Giacinto Colella, in rappresentanza del sindaco, che dopo aver elencato una serie di interventi fatti dalle vecchie amministrazioni, ha sollevato il problema prioritario dello sfruttamento del sito per creare nuova occupazione e della concreta difficoltà di reperimento dei fondi.
Si è poi passati alla seconda parte del convegno in cui l’arch. Bidetti ha illustrato le varie normative regionali in merito ai centri storici e l’importanza di un coordinamento tra gli enti e le associazioni culturali esistenti sul territorio.
L’archeologo Massimiliano Valenti ha invece portato il paragone di città antiche distrutte da eventi catastrofici quali l’isola greca di Santorini e di Pompei per poi paragonarle alla vecchia San Pietro Infine. Le tre città sono accomunate da eventi distruttivi immediati, quindi ha dedotto l’importanza dell’applicazione delle stesse metodologie di intervento. E, pur auspicandosi che il sito non diventi uno dei soliti musei “statici”, ha sottolineato l’esigenza fondamentale di rispettare e valorizzare le emergenze culturali attuali, anche se si presentano sotto forma di ruderi. Pertanto ha ravvisato la seria necessità che vengano prese concretamente in considerazione, da parte dell’Amministrazione Comunale, i lavori di tesi e di ricerche condotte da studiosi locali ed esterni che si sono occupati del Vecchio Centro. Inoltre ritiene necessaria la presenza costante della Soprintendenza nelle varie fasi di progettazione e realizzazione di futuri interventi.
Si è poi immediatamente riallacciato a tale discorso il Prof. Curuni, docente di restauro della Facoltà di Architettura dell’Università la Sapienza di Roma, il quale ha impostato il proprio intervento in simultanea con il Prof. Santopuoli dell’Università di Ferrara. Il prof. Curuni è stato il Relatore alla tesi dell’Architetto Casella, quindi esperto conoscitore del vecchio centro di San Pietro Infine.
È stata poi la volta dell’arch. Maria Maddalena Simeone, dell’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, che ha parlato del “Metodo della progettazione partecipata come strumento di salvaguardia dell’identità ambientale”, avvalendosi di esempi specifici già realizzati in Italia e all’estero. Ha ripreso il concetto della progettazione partecipata la Prof. Donatella Mazzoleni della Facoltà di Architettura dell’Università degli Studi “Federico II” di Napoli, la quale ha avuto il compito di trarre le conclusioni del convegno. Dal suo acclamato intervento, preceduto da una panoramica riassuntiva di interessanti spunti tratti dai relatori che l’hanno preceduta, ha sottolineato l’importanza e la necessità del coinvolgimento nelle scelte politiche e progettuali della popolazione – nelle sue varie fasce d’età –, delle varie associazioni, di studiosi, delle Soprintendenze, delle Università e degli Enti pubblici. Solo in questa ottica di coinvolgimento allargato possono scaturire proposte progettuali valide condivisibili da tutte le parti in causa.
Tra il folto pubblico, oltre alla gente del posto vi erano molti studiosi e rappresentanti di Associazioni Culturali. Visti il successo e l’importanza degli argomenti trattati, l’Associazione “Ad Flexum” si adopererà per pubblicarne gli atti.

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