“Acquafondata e Casalcassinese” 16 maggio 2004: presentazione del libro di Emilio Pistilli

 

Studi Cassinati, anno 2004, n. 4

di Gaetano De Angeli Curtis

Panorama di Acquafondata

Ricordare a partire dalle origini, a partire dalla fondazione, a partire dai primi documenti in cui appare il nome del paese per poi andare a verificare come si sono sviluppate le vicende relative alla popolazione di questo comune nel corso dei secoli e fino ai nostri giorni, con un obiettivo immediato ed importante: consegnare questo ricordo, queste testimonianze, questi documenti alle generazioni future perché ne facciano tesoro e perché facciano tesoro della storia di questo comune inteso in senso lato, della gente che ha popolato nei secoli questo territorio. Ecco dunque la validità di un’operazione culturale come quella effettuata da Emilio Pistilli con il suo volume su “Acquafondata e Casalcassinese”.
Ci sono, inoltre, altri aspetti che vanno sottolineati.
Primo: il volume vuol essere soprattutto uno strumento di lavoro, un utile strumento di lavoro. Il libro riporta, in abbondanza, le fonti documentarie. Si tratta di documenti stampati per la prima volta, oltretutto proposti in forma estremamente leggibile (chi fa ricerca d’archivio sa quanto sia faticosa la lettura di documenti originali scritti in latino o in un italiano così diverso rispetto a quello di oggi, scritti a mano di cui molto spesso non si riesce a comprendere le parole o talvolta il significato della frase e bisogna continuamente andare a cercare riscontri sulla veridicità di quanto letto in essi). Quest’opera, dunque, deve fungere da stimolo, da sprone per chi ama questo territorio per continuare nelle ricerche, per continuare nelle indagini sugli aspetti di vita del passato. Il volume è uno spaccato di vita sociale, di credenze, di disposizioni degli organi amministrativi, di ordini, inquisizioni, richieste, petizioni, il tutto basato su un’accurata ricerca d’archivio, su un’indagine attenta. Insomma il volume “Acquafondata e Casalcassinese” vuol essere un punto di partenza poiché presuppone una continuazione negli studi e nelle pubblicazioni (ad esempio meritano approfondimenti delle problematiche come quelle relative alle terre demaniali di Casalcassinese, oppure la questione relativa alla strada Vallerotonda-Acquafondata).
Secondo: il volume va a colmare un vuoto. Un po’ tutti i comuni di questa zona hanno un libro dedicato alla loro storia, alle loro tradizioni, alle vicende che di cui sono stati protagonisti nel corso dei secoli, ed ecco che finalmente anche Acquafondata e Casalcassinese hanno un loro libro relativo alla loro storia. Dalle origini, dalla fondazione dei due centri, dall’etimologia dei due toponimi di Acquafondata e Casalcassinese, alle donazioni fatte, alle inquisizioni, all’appartenenza allo stato cassinese come territorio di confine e quindi soggetto a usurpazioni e influenze di autorità laiche e religiose limitrofe, al catasto onciario del 1748 (e vi posso garantire che non sono molti i comuni che hanno a disposizione i dati relativi a questo importantissimo documento), alle vicende dell’Ottocento e Novecento fino a giungere ai giorni nostri. La popolazione di Acquafondata e Casalcassinese ci si ritrova tutta nel libro di Pistilli, un’opera che contiene storia e tradizioni del passato ma allo stesso tempo è come una istantanea, una fotografia un po’ più ricca, abbondante, particolareggiata e esauriente delle altre, che sembra fermare il tempo in un preciso momento.
Terzo: il volume attraverso le fotografie di manifestazioni svolte negli anni passati vuol essere, o almeno credo che voglia essere, un incentivo al futuro di Acquafondata e Casalcassinese, un tentativo di ricerca per un possibile sviluppo economico e sociale del comune che si vada a basare sul turismo, sul richiamo delle bellezze naturali di questo territorio e sulle attività culturali e aggregative che le amministrazioni comunali vorranno e sapranno attuare nel futuro a breve e medio termine .
Sugli aspetti storici e sulle vicende legate ad Acquafondata e Casalcassinese vanno focalizzati alcuni punti. Uno di questi è relativo all’appartenenza del comune allo Stato cassinese, situato, però, in territorio di confine e quindi soggetto a usurpazioni e influenze di autorità laiche e religiose limitrofe. Da alcuni documenti del secolo scorso si evince che tale influenza si è protratta a lungo nel tempo: il 1848 è stato l’anno dei tentativi rivoluzionari scoppiati un po’ in tutta l’Europa ed anche in Terra di Lavoro – in quei tempi facente parte del Regno delle due Sicilie governato dai Borbone – che fu percorsa da fremiti rivoluzionari. Se da una parte c’era la borghesia, quella delle professioni (avvocati, notai, medici) e delle attività industriali che reclamava più spazio, più partecipazione all’amministrazione della cosa pubblica a livello locale e nazionale, dall’altra parte c’erano i contadini, i lavoratori della terra che protestavano utilizzando uno dei pochissimi strumenti di contestazione a loro disposizione: l’occupazione delle terre. Anche la zona di Acquafondata e Viticuso fu percorsa da agitazioni contadine nel 1849-1849 come è dimostrato dai numerosi, anche se minimi, reati forestali (disboscamenti, appropriazione di legno e prodotti) e soprattutto dal fatto che proprio molti ‘naturali’ di Acquafondata (come venivano definiti a quel tempo i residenti del comune) nel 1849 inviarono una lettera di supplica al vescovo di Venafro per chiedere perdono per aver occupato delle terre senza il permesso delle autorità legittime, e per aver iniziato a dissodare e coltivare questi fondi che poi erano rimasti incolti. Se negli anni del medioevo l’amministrazione temporale spettava al vescovo di Venafro, come dice Pistilli, mentre i beni materiali erano di proprietà Montecassino, ora, nel 1848, bisogna presupporre che anche le autorità ecclesiastiche di Venafro avevano possedimenti ad Acquafondata e Casalcassinese.
Altro aspetto da considerare è dato dai motivi che hanno determinato prima la fusione di Acquafondata e Casalcassinese con Viticuso e poi la riacquisizione dell’autonomia amministrativa. Emilio Pistilli ce li spiega molto bene anche perché poi si occupa degli strascichi e delle problematiche aperte dalla separazione (soprattutto quelli inerenti i confini tra i due comuni che, a quanto pare, ancora non hanno trovato una sistemazione definitiva). L’accorpamento avveniva quando un comune non soddisfaceva una serie di requisiti soprattutto quelli relativi al numero degli abitanti (almeno mille) e al numero di ‘eleggibili’ (quelle persone che possedevano i requisiti per essere incluse nelle liste elettorali e quindi potevano reggere le cariche comunali). L’accorpamento tra Acquafondata e Viticuso si ebbe nel corso del cosiddetto decennio francese, e dette vita ad un comune inizialmente denominato «Viticuso-Acquafondata». Il Consiglio comunale, riunitosi in seduta il 12 novembre 1862, deliberò che tale nome dovesse essere modificato sulla base della considerazione che Acquafondata «non è una frazione né un villaggio ma bensì nel 1812 fu aggregato a questo comune di Viticuso», per cui la nuova denominazione doveva essere quella di «Viticuso ed Acquafondata». La fusione si protrasse per novant’anni, finché il 26 giugno 1902 Acquafondata e Casalcassinese riebbero la loro autonomia amministrativa. Un’autonomia che rischiarono di perdere di nuovo poco dopo quando il fascismo operò una profonda ristrutturazione amministrativa che riguardava gli enti locali e cioè le province e i comuni. All’inizio del 1927, con un unico decreto il fascismo creò 17 nuove province (fra cui quelle di Frosinone, Rieti e Viterbo per dare fisionomia al Lazio), spostando parti di territorio: ad esempio, Acquafondata, Cassino ecc., che avevano fatto parte del circondario di Sora della provincia di Terra di Lavoro, vennero aggregati a Frosinone che fino a quel momento aveva fatto parte della provincia di Roma; poi nel marzo del 1927 una nuova legge stabilì la soppressione di circa 1000 comuni minori oppure lo spostamento di frazioni da un comune all’altro. Anche Acquafondata e Casalcassinese in un primo momento vennero interessate da questo movimento di accorpamento, ipotizzando una nuova riunificazione con Viticuso in un nuovo comune dal nome di Montelittorio.
Nel periodo relativo alle drammatiche vicende della seconda guerra mondiale, Acquafondata e Casalcassinese seguirono il corso delle vicende belliche del territorio. I tedeschi decisero di fortificare le postazioni e la popolazione subì rastrellamenti per essere utilizzata nelle opere difensive, così come subì razzie da parte dei militari tedeschi e lo sfollamento, anche se preferì correre gravi rischi pur di non abbandonare le proprie case, i propri averi e rimanere lì nella speranza che la guerra passasse velocemente. Pistilli ricorda l’azione valorosa di figli di questa terra nel corso della guerra mondiale come quella del sottotenente Agostino Papa che riuscì a fornire agli alleati delle informazioni, rilevatesi importanti, sulle batterie difensive dei tedeschi. Acquafondata e Casalcassinese furono liberate nel gennaio 1944 e divennero zone delle immediate retrovie dell’esercito alleato. Inizialmente vi si installò il Corpo di Spedizione francese in cui erano inquadrati soldati marocchini, algerini. Per più di due mesi esse sperimentarono in piccolo ciò che le truppe di colore attueranno in grande stile ad Esperia, Pico Pontecorvo ecc. dopo lo sfondamento del fronte, alla fine di maggio 1944. Poi Acquafondata e Casalcassinese divennero la sede operativa dei polacchi del gen. Anders.
Un ultimo aspetto che andrebbe indagato e che merita un’approfondita riflessione è quello legato al calo demografico e al lento, progressivo, inesorabile spopolamento di Acquafondata e Casalcassinese: dai 1200-1600 abitanti di qualche secolo fa, ai circa 1.100 di metà dell’Ottocento, ai 935 residenti nel 1943, fino ai 289 di oggi. Sicuramente l’effetto dell’emigrazione (in particolare quella del secondo dopoguerra perché nel trentennio precedente più delle leggi e della volontà del fascismo poté la crisi del 1929), e lo spopolamento della zona, come è avvenuto un po’ in tutti i comuni di montagna italiani, è stato inesorabile ed inarrestabile, paradossalmente in un momento in cui, come si dice, le distanze sembrano essersi accorciate e la tecnologia ha messo a disposizione sempre più efficienti e veloci mezzi di trasporto. Quest’ultima fatica di Emilio Pistilli si presenta, dunque, anche come un’iniziativa che possa contribuire ad una inversione di tendenza.

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