Recensione: Memorie di guerra di Maurizio Zambardi

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Studi Cassinati, anno 2004, n. 1/2

Maurizio Zambardi, Memorie di guerra. Il calvario dei civili di San Pietro Infine durante il secondo conflitto mondiale, a cura del CDSC ONLUS, Centro Documentazione e Studi Cassinati, con prefazione di Emilio Pistilli, Edizioni EVA, Venafro, 2003; pagg. 120 illustr. b./n. f.to cm. 17×24; € 13.00.

Memorie di Guerra è un piccolo grande libro, che rievoca con testimonianze precise e documentate quanto avvenne in S. Pietro Infine prima delle battaglie tra Tedeschi e Anglo – Americani a Cassino per lo sfondamento della linea Gustav. Sono trentacinque brevi capitoli con i quali Maurizio Zambardi fa rivivere, ponendo dinanzi agli occhi lucidi del lettore, le tristi vicende di quei giorni invernali del 1943 e si concludono con l’elenco delle vittime civili per le quali il libro sostanzialmente è stato scritto.
La storia, anche se ad un primo e frettoloso esame può apparire slegata e risultante dall’insieme di tante rievocazioni, è invece una narrazione continua, fittamente intessuta, di una unica vicenda che ha come protagonisti da una parte l’intera popolazione di un paese, dall’altra il dolore, la sofferenza, l’angoscia, le privazioni che tormentarono la numerosa famiglia dei Sampietresi per un tempo interminabile. È un dolore che permea tutte le pagine: a volte rimane a fior di pelle, come quando si descrivono i ricoveri con “la necessità di creare dei nascondigli, dove rifugiarsi in caso di perlustrazione dei Tedeschi”; a volte diviene più penetrante, come negli accenni all’evacuazione dalle case natie mentre giungeva notizia che gli “Americani erano arrivati a Caianello”; a volte si fa straziante, e diviene tragedia, come quando si rappresentano la morte di Don Aristide Masia, gli eccidi dei Tedeschi: Filomena e Pasquale “morirono così lungo quel fosso che li separò oltre la morte: un corpo giaceva su una sponda, l’altro dalla parte opposta”; invece Augusto e Giuseppa, “furono ritrovati più di un mese dopo ancora abbracciati”; Mariantonia e Angela lottarono da donne animose per scamparla ed aiutarsi a vicenda e ci richiamano alla mente il mitico episodio di Eurialo e Niso di virgiliana memoria; e le vittime dei cannoneggiamenti americani, durante i quali restarono straziate e irriconoscibili decine di persone. E qui, come dicevamo, il dolore è sempre il vero protagonista della narrazione, è sempre presente e attanaglia l’animo del lettore e lo avvince.
È da rilevare che l’autore non dice mai una parola di commento, non interviene mai in prima persona: egli racconta e fa emergere i sentimenti dalla narrazione oggettiva e quasi impersonale: l’esposizione dei fatti è strettamente distaccata, come se non lo riguardasse; invece gli episodi, data la fine sensibilità di Maurizio che conosciamo, lo toccano, le persone portano nomi che egli sente spesso ripetere lungo le strade.
Il libro si inizia con l’arrivo dei Tedeschi a S. Pietro Infine; qui da Napoli si era rifugiato Stanislao Pitari, come il padre di Luciano De Crescenzo, che, per sentirsi al sicuro, in un ventre di vacca, era scappato a S. Giorgio a Liri; ma proprio a San Pietro Infine cominciò il turbine della battaglia, prodromo di quelle di Cassino, che travolse Stanislao e tutte le famiglie dei Sampietresi: il Comando dei Tedeschi si sistemò nel Palazzo Brunetti, da dove diramava gli ordini. Qui infuriò la battaglia, la mitica battaglia di S. Pietro, che causò la distruzione del paese per il 98 %, 140 vittime civili e centinaia di caduti militari, soprattutto Americani: da aggiungere che proprio la terra sampietrese fu macchiata per la prima volta dal sangue fraterno italiano del Tenente dei Bersaglieri Rino Corazzini, e di altri soldati schierati nell’esercito opposto più su, a Montelungo! San Pietro Infine fu ed è dolore anche per questo!
L’autore Zambardi non ha vissuto quei fatti, ma li ha ricostruiti con meticolosità, documentandosi, interrogando, intuendo dalle parole dei sopravvissuti, e poi li squaderna in una visione continua di avvenimenti accaduti nel suo paese e nelle campagne durante l’inverno del 1943.
È una parte molto importante della storia, della nostra storia, per lo più ignorata dalla storiografia ufficiale; l’autore permette di conoscere le sofferenze e le miserie dei protagonisti di una singolare battaglia, combattuta stranamente senza piani strategici. E sì, i civili di S. Pietro Infine furono i coprotagonisti di luttuose vicende, innocenti ed inconsapevoli di quanto accadeva loro intorno; parteciparono ad una lotta, che non avevano voluto e che erano incapaci di sostenere, perché già provati da una guerra che non sentivano, perché disarmati, perché o ragazzi, o vecchi, o bambini; perché sorpresi in un momento di euforia in quanto era caduto il fascismo ed erano finite le ostilità.
Essi dovevano invece ancora obbedire, obbedire alle imposizioni dei Tedeschi e portare i muli in piazza, obbedire come aveva imposto con la sua altisonante voce il gran capo: credere, obbedire, combattere. Ma ci fu anche chi si ribellò e scappò, come Luigi che, con Carlo Fuoco e Beniamino Di Raddo, lasciò i suoi e si rifugiò lontano, negli oliveti.
E così fecero tanti Sanpietresi per non collaborare e per salvare la vita.
Il libro è maggiormente prezioso per le numerose fotografie del tempo, un vero documentario degli accadimenti, che fanno vedere l’ospedale da campo della Pietriera, gli sfollati, gli scampati alle retate dei Tedeschi, i ricoverati nelle grotte, i ruderi delle case, gli Alleati con le armi in pugno: ci fanno controllare de visu quanto è nelle pagine delicatamente descritto in una lingua piana, perfettamente accessibile e bene adatta a quanto viene narrato.

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