Studi Cassinati, anno 2004, n. 1/2
Tra le figure eroiche del nostro territorio raramente si ricorda un valoroso partigiano trucidato dai tedeschi mentre era in attività nel settore della Val Varaita, tra Saluzzo e il confine francese. Cercheremo di tracciare un breve profilo dell’uomo e del soldato attraverso gli schedari delle organizzazioni partigiane e il ricordo della figlia Giovanna, che vive a Cassino. Il suo sacrificio, che chiuse una intensa attività di resistenza con le brigate “Garibaldi”, non ha mai avuto l’attenzione che meritava, mai un riconoscimento che lo ponesse al pari di altri valorosi combattenti decorati dalla Repubblica italiana.
È inevitabile che si faccia il raffronto con il destino del fratello maggiore Giovanni, morto eroicamente qualche anno prima sul fronte opposto nella guerra di Spagna e decorato con medaglia d’oro al valor militare sia in Spagna che in Italia.
Purtroppo nell’enfasi dell’esaltazione dell’eroismo partigiano del dopoguerra, quando tanti furbastri si fecero rilasciare attestazioni di appartenenza partigiana (dietro pagamento, dicono voci da marciapiede, di alcune lire) per fruire di agevolazioni nella ricerca del lavoro o semplicemente per farsi una “facciata”, ci si è dimenticati di chi ha testimoniato con la morte la propria fede nella libertà della Patria.
Ma, come si dice, non è mai troppo tardi: ci auguriamo che qualche istituzione pubblica, magari i Comuni di Cassino e S. Pietro Infine – se gli amministratori non sono impegnati in altre faccende – facciano qualche passo ufficiale per dimostrare a Nicandro Conte la gratitudine della Patria. (e. p.)
La scheda
CONTE Nicandro Ernesto di Pietro e Troianelli Elvira. Nato il 26.09.1915. Coniugato con Allisiardi Giuseppina. Residente in Costigliole Saluzzo (Cn). Tenente in S.P.E. della Guardia alla Frontiera – IV Settore G.A.F. – Sottosettore IV/B Val Varaita. Partigiano delle Brigate Garibaldi – Comando Valle Varaita (Poi XIª Div: Garibaldi Cuneo – 181 ª Brg. – “Morbiducci”). Nome di battaglia “Tacito”.
Fucilato a Biatoné di Paesana il 2 Aprile 1944. Atto di morte del Comune di Paesana n° 45 parte 1ª, 1944.
Catturato in data imprecisata durante il rastrellamento della valle Varaita (iniziato il 25 Marzo 1944) viene condotto il 2 Aprile 1944 a Paesana con altri 9 rastrellati (poi fucilati al cimitero lo stesso giorno) da un reparto tedesco dell’SS Polizei Rgt. 15 -14ª Pz. Jg. Kp.
Da Paesana condotto al Biatonè viene costretto a gettarsi nel bacino della centrale legato ad una corda per recuperare le trote uccise con bombe a mano dai soldati.
Viene successivamente fucilato e abbandonato sul posto. La salma verrà trasportata, probabilmente da valligiani, al cimitero di Calcinere e ivi sepolta.
Note: Non si conosce perché lui solo sia stato portato al Biatonè dai Tedeschi, forse, sapendo che si trattava di un comandante, pensavano conoscesse l’ubicazione di basi partigiane? I tedeschi sapevano infatti della presenza nella zona di Oncino di parte della Brigata Garibaldi “Pisacane” che si era ritirata dalla zona di Bagnolo/Montoso.
La salma è stata traslata il 2 giugno 1945 da Paesana (cimitero di Calcinere) a Costigliole Saluzzo, (come da atti del Comune di Paesana) e posta nell’area cimiteriale dedicata ai Caduti Partigiani ov’è tutt’ora (come da atti e informazioni rese dal responsabile servizi cimiteriali di Costigliole Saluzzo).
La testimonianza della figlia Giovanna
«Secondo di tre fratelli, mio padre sale al seminario di Montecassino insieme a Giovanni, il fratello maggiore (i miei nonni tenevano gelosi “in pectore” almeno una vocazione a San Benedetto) e ne esce con la licenza liceale, che trasforma poi in diploma magistrale.
Le strade dei due fratelli si dividono: Giovanni va in Spagna, dove si distingue e si sacrifica; mio padre Nicandro va a Salerno, alla scuola militare. Da qui viene mandato a Prazzo (1200 mt s.l.m.) a circa 15 chilometri dal confine con la Francia.
Tra le righe nelle lettere che scrive a mia madre, con cui nel frattempo si è fidanzato, leggo l’apprensione per l’approssimarsi del conflitto: «Si stanno concentrando tante truppe, qui, come non ho mai visto, mezzi e munizioni che fanno temere il peggio. Prega anche tu il buon Dio …».
Proprio su quelle montagne, pur essendo nato e vissuto nella dolcezza del clima mediterraneo, ben si adatta alla vita alpina militare dei 2000 metri.
Diventa l’aiutante maggiore del Col. Farina di stanza a Saluzzo, al 44° Btg., oggi centro di cultura, ex caserma “Musso” e continua in Val Varaita a supportare la logistica dei campi estivi.
La conoscenza geografica dei luoghi, la familiarità con la gente delle borgate (ancora oggi i vecchi valligiani lo ricordano) gli servono di aiuto quando, dopo l’8 settembre 1943, salirà con i “suoi” per gli ultimi freddi mesi della sua lotta partigiana.
L’entusiasmo, il cuore, la giovinezza, il suo darsi senza riserve, sono rimasti lassù, tra larici e betulle, dove ormai in mano ad una squadra di tedeschi veniva torturato per una decina di giorni. Oggi, nei luoghi dove ha trascorso le sue ultime giornate di sofferenza, sorgerà un camminamento per la memoria partigiana; nel laghetto dove era costretto a calarsi nonostante l’acqua gelida vengono ancora a dissetarsi i caprioli.
Su tutto il parco dove egli è stato e che ai primi di aprile doveva ancora svegliarsi dal gelo, domina il Monviso, e sicuramente guardandolo prima di essere fucilato, gli sarà tornata alla mente la sua terra natìa, tiepida con i suoi ulivi, le querce e la ginestra ormai prossima a fiorire».
Il corpo di Nicandro Conte rimase per alcuni giorni insepolto su quei monti; si racconta che fu un cagnolino, che riportò a valle il suo cappello, a farlo ritrovare.
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