Studi Cassinati, anno 2004, n. 1/2
di Silvia Corsetti
Per comprendere le motivazioni dell’emigrazione nel nostro paese, bisogna andare indietro nel tempo.
Dall’anno 1000 e fino al 1796, le vicende di S. Angelo e del cassinate in genere, si sono sempre intrecciate con quelle di Montecassino, seguendo l’ascesa del suo prestigio e subendo le conseguenze del suo declino.
Nel 1797, con la venuta dei francesi in Italia, fu dichiarato decaduto il potere temporaledei papi; lo Stato pontificio divenne Repubblica romana; Montecassino e la pianura sottostante furono invasi dall’esercito Napoleonico e la popolazione dovette fuggire sui monti. Con la legge del 13/02/1807 furono espropriate le terre di Montecassino ed i terreni siti in S. Angelo passarono all’amministrazione dei “Reali Demani”. I beni confiscati furono venduti all’asta.
I contadini Santangelesi furono più che svantaggiati nel rispondere alle contrattazioni, che avvenivano quasi tutte a Napoli perché dovevano essi affrontare le difficoltà della distanza ed esporsi al pericolo del brigantaggio. La maggior parte dei beni Cassinesi finì nelle mani del barone Fionda, dei conti Aceti, Gizzi, Belmonte, ecc.. Il 7 maggio 1808 Sant’Angelo veniva elevata a sede comunale e fino al 1860 tutti i documenti ufficiali, quando citavano Sant’Angelo, la denominavano “Comune” di Sant’Angelo in Theodice. Ormai Sant’Angelo si trovava inserita nella provincia di “Terra di Lavoro” che faceva capo a Caserta con capitale Santa Maria Capua Vetere, ma si trovò a gestire la sua autonomia in condizioni sfavorevoli per le improvvise difficoltà.
Prendiamo il settore scolastico: proprio allora le disposizioni regie vietavano ai sacerdoti l’insegnamento. La mancanza di un gruppo docente abbassò il livello culturale della popolazione, persino il sindaco Gioacchino Panaccione firmava con un segno di croce, anche se svolse la funzione di primo cittadino con impegno e competenza.
Ormai in S. Angelo non si trovava una persona in grado di portare avanti la civica amministrazione: non vi erano giudici, né avvocati o notai, né maestri; così 500 Santangelesi chiesero l’annessione al comune di Cassino, allora denominato San Germano. Era l’11 Luglio 1860. In quel periodo gli abitanti di Sant’Angelo si dedicavano principalmente all’agricoltura, ma i grami guadagni che provenivano da tale lavoro, convinsero molti ad emigrare in Brasile o negli USA andando incontro a disagi e sofferenze di ogni genere (si sottoponevano ai lavori più umili con sacrifici indicibili, rubando tempo al sonno). Per chi rimaneva, c’era solo un’alternativa: lavorare la terra. La terra era tutto, chi la possedeva era ricco; la popolazione che non la possedeva lavorava a giornata o a mezzadria la terra del padrone: tutti gli abitanti di Sant’Angelo diventarono poveri e coloni, e molti di essi, a causa delle condizioni economiche e culturali di fondo, dall’indigenza alla disoccupazione, dalla volontà di elevare la propria situazione sociale all’attrazione di modelli di vita diversi e stabili, si sentirono invogliati ad emigrare.
1902:- Miseria e ingiustizia spingono i giovani ad emigrare in America o in Argentina; circa 27 giorni di viaggio: partono entusiasti, colmi di speranza, sicuri di immediati guadagni; vorranno al massimo dopo cinque anni di permanenza, ritornare al paese, acquistare la terra, costruirsi una casa bella o migliorare la propria attività di artigiano o commerciante. Non tutti gli obiettivi saranno raggiunti. Circostanze sfavorevoli come violenza, prepotenza di gente senza scrupoli, inganno, sfruttamento, costringeranno alcuni a stabilirsi in località impervie, vivranno in condizioni di estremo disagio economico, culturale ed umano, ed ecco lo smarrimento, la rabbia, il dolore, la disperazione: il sogno di una vita decorosa si traduce in “amara delusione”. Quanti anni di duro lavoro ed avvilenti umiliazioni!… Vai via rozzo Italiano; taci, morto di fame; vietato l’ingresso agli italiani ed ai cani; (buttandogli un osso) raccogli e mangia straniero ! Così, a causa delle ingiurie e delle offese subite (ad opera, naturalmente, di persone ignoranti e volgari), per le frustrazioni e la vergogna dovute all’insuccesso ed alla sconfitta, molti interromperanno, e per sempre, la corrispondenza epistolare con la famiglia e si renderanno irreperibili.
24 maggio 1915:- La grande guerra. Si chiudono le frontiere; i trasferimenti all’estero sono impediti, restano invece aperte le frontiere per il rientro degli emigranti italiani maschi: potenziali soldati combattenti, sparsi per il mondo. A pace conclusa, con i risparmi dell’America, alcuni acquistano dei terreni e ridiventano agricoltori.
Primavera 1920: Primo dopoguerra. I nostri disoccupati giovani ed anziani, si recano nel Veneto e nel Trentino per le prime attività di ricostruzione.
Dal 1922 al 1928 Aumenta il flusso migratorio. Il numero delle partenze è molto elevato e sarà superato solo nel secondo dopoguerra. Nel nostro paese, quasi ogni settimana c’è una partenza per il grande porto italiano: il porto di Napoli.
1929 Crisi mondiale con tristi conseguenti situazioni disastrose e drammatiche. Fallisce la banca italo-americana “Banca Berardino”, molti nostri conterranei perdono i loro risparmi depositati nell’istituto di credito di New York; diminuiscono le rimesse dell’emigrante; la disoccupazione si fa disperata; è preclusa ogni possibilità di emigrare anche a causa della guerra d’Africa, di sanzioni, ecc. Presto chiuderanno le frontiere.
1930-1940 La situazione economica del decennio precedente il secondo conflitto è penosa. I grandi avvenimenti mondiali precipitano. Scoppia la guerra. La vita si ferma a Sant’Angelo e nel Cassinate.
Settembre 1943 – Invasione Tedesca. Il fronte di guerra si stabilizza per nove mesi, è il periodo più triste della nostra storia. Qui è la prima linea del fronte, la Linea Gustav, caposaldo imprendibile delle truppe alleate provenienti dal sud. La popolazione si rintana in ricoveri scavati sotto terra o in grotte naturali: disagi, stenti, sofferenze atroci, terrore, ferite, morte.
Piano piano la gente si disperde, viene inviata nei centri di raccolta dove resterà fino a giugno 1944. Gli emigranti seguono angosciati gli avvenimenti per radio, giornali e riviste ignorando la sorte dei loro cari.
Maggio 1944. La liberazione. Il paese è un cumulo di macerie, le campagne sono minate, ovunque ordigni inesplosi. A poco a poco, la gente torna, la vita piano piano riprende.
1945. Corrispondenza epistolare. Si riallacciano le comunicazioni con parenti ed amici residenti all’estero: cominciano ad arrivare lettere e pacchi dono; rinasce la speranza. I pacchi recano vestiario, biancheria, dolciumi, olio, sale, ma anche messaggi di benessere, sicurezza e soprattutto pace. I lutti, le sofferenze, la deportazione, le ferite hanno generato nella popolazione un senso di insicurezza, di timore per possibili guerre ed ecco il bisogno di allontanarsi dal paese alla ricerca di posti tranquilli.
Inizia il periodo della grande emigrazione di massa che raggiungerà il suo apogeo nel 1958: Americhe, Argentina, ecc. Gli USA favoriscono l’immigrazione agli Italiani che hanno avuto danni dalla guerra.
Agli emigranti si richiedono: l’atto di richiamo, il contratto di lavoro, l’assistenza e l’alloggio, che devono essere garantiti da persone che abbiano la cittadinanza o la residenza americana. Moltissimi gli oriundi Santangelesi disposti ad inviare l’atto di chiamata a parenti ed amici.
1958. Spostamenti a carattere transitorio. Il flusso migratorio devia il suo corso tradizionale e si ramifica: verso l’Australia, il Venezuela, il Canada, il Brasile e maggiormente verso i paesi europei: Germania, Svizzera, Francia, Belgio; ma gli spostamenti verso queste ultime direzioni sono a carattere transitorio.
Fine anni ’50. Imprese Italiane all’estero. Si trasferiscono in Argentina 88 imprese Italiane con 24 mila dipendenti. Si muoveranno anche Fiat, Olivetti, Pirelli. Alcune industrie farmaceutiche: Carlo Erba, Farmitalia, Lepetit. E la Liquoristica: Cinzano, Martini, Gancia, Branca che fino agli anni ’80 avranno come rivale soltanto l’America.
1965. Il movimento migratorio Santangelese e Cassinate puó considerarsi esaurito o, comunque, stabilizzato.
1967. Inversione di tendenza. Si verificano rientri dalle Americhe, dal Canada, dal Venezuela, dall’Australia, ma maggiormente dalle nazioni europee.
1980. Emigrazione di Élite. Si rafforza il primato degli italiani nel campo industriale ed edile. Gli italiani non vogliono più fare i contadini: si cercano terre incolte per installare cooperative di contadini italiani. Il fatto nuovo dell’emigrazione italiana è che essa include una borghesia (ingegneri, impresari, ecc.) che si muove alla testa di imprese e ravvisa nell’emigrazione un semplice trasferimento di sede, un momento di carriera. In Argentina i nuovi italiani non si mescolano con i vecchi né con i figli dei vecchi italiani. Essere emigrati prima degli anni ’60 voleva dire essere povero. L’emigrazione di élite sfata l’identificazione tra emigrazione e povertà e annuncia un’Italia ricca e all’altezza dei tempi.
Fine anni ’80. I ritorni superano le partenze: finisce la storia dell’emigrazione italiana; una storia che è durata un secolo e mezzo, troppo! L’Italia, quasi senza accorgersene, si trova nel campo contrario: quello dei paesi di “accoglienza”.
Alcune considerazioni a margine
Il nostro tempo: un’epoca che pone in relazione tutte le parti del pianeta. Si assiste ad un evento nuovo: una sorta di unificazione del genere umano, e ciò, nonostante le differenze ed i conflitti fra culture, religioni, etnie. Questa unificazione del pianeta riguarda ogni aspetto dell’esperienza umana.
Degrado ambientale: i fattori climatici, l’inquinamento, la distruzione delle foreste, causano la fuga di intere popolazioni dai paese di origine: si tratta di migranti per cause ambientali, che migrano all’interno dello stesso sud del paese.
Europa: intere popolazioni del sud del mondo, migrano verso i paesi dell’occidente sviluppato. In Europa risiedono circa 12 milioni di immigrati cosiddetti extracomunitari. E nell’unione europea, l’Italia è al quarto posto per numerosità di immigrati dopo Germania, Francia e Gran Bretagna. Gli immigrati rappresentano la testimonianza vivente e sofferta delle crisi economiche, politiche, sociali che dilaniano il pianeta. L’Italia sembra essere diventata una società multiculturale.
Interculturalità: in questa realtà, i governi dell’unione europea dovranno essere in grado di favorire l’integrazione dei cittadini di diversa nazionalità: si comincia a parlare di educazione interculturale per sostenere l’inserimento degli allievi stranieri nella scuola e per proporre un approccio educativo rivolto sia agli stranieri che agli italiani; per promuovere la capacità di convivenza, il rispetto del diverso, il riconoscimento della sua identità, la ricerca del dialogo, visto come reciproco arricchimento.
Solidarietà: la scoperta dell’altro chiama in causa il concetto di solidarietà.
1970 – Già negli anni ’70, è stato previsto l’insegnamento delle lingue nazionali di origine per allievi immigrati, in funzione di un ritorno in patria, ma che favoriva contemporaneamente l’adattamento alla scuola.
1980 – Negli anni ’80 viene suggerito l’approccio interculturale come strumento per lottare contro le disuguaglianze e ridurre le difficoltà che i figli dei lavoratori immigrati incontrano nel loro percorso di scolarizzazione.
1990 – Negli anni ’90 la maggior parte degli immigrati si esprime in favore dell’ipotesi del rientro nel paese di origine. Bisogna perciò promuovere lo sviluppo economico e sociale nei paesi di origine degli immigrati, quali la liberalizzazione del commercio e la riduzione del debito (i diversi li abbiamo tra noi e i loro ed i nostri problemi si intrecciano). È necessario rafforzare il ruolo dell’educazione civica per promuovere l’attaccamento ai valori ed alla pratica della democrazia e del pluralismo; alla tolleranza ed al reciproco rispetto tra gli esseri umani nonché al senso di responsabilità civica; favorire l’apprendimento delle lingue. Indurre un apprendimento precoce della storia contemporanea per trasmettere un’immagine esatta dei crimini commessi dai totalitarismi e soprattutto dagli atti di genocidio.
Inserimento scolastico: oggi gli stranieri sono presenti nella società e nella scuola, è necessario perciò promuovere ricerche per l’inserimento scolastico di allievi stranieri sul piano cognitivo, affettivo, motivazionali e relazionale. Promuovere effettivamente l’educazione interculturale significa promuovere abiti di accoglienza negli allievi italiani. Bisogna garantire agli immigrati il riconoscimento del diritto all’istruzione e alla cultura, la salvaguardia della lingua e delle tradizioni e il mantenimento dei rapporti con la madrepatria. Quello che importa è: rendere possibile lo scambio culturale, la reciproca conoscenza, il rispetto vicendevole tra immigrati e autoctoni. L’educazione crede nell’aiuto reciproco per lo sviluppo e la qualità umana di tutti e di ognuno.
Accettazione: il fenomeno migratorio suscita reazioni oscillanti tra pietà e paura; solidarietà e rifiuto, quando non siamo abituati ad accettare costumi e tradizioni diverse. Tale cultura dell’accettazione deve penetrare nei cuori e nella mente della gente, per rispondere alla domanda esistenziale: di che colore è la pelle di Dio.
Perché migrano: l’abbandono della terra di origine di grandi masse è rivelatore di ingiustizie e disuguaglianze tra i popoli; gli stranieri che vengono a cercare condizioni migliori di vita e di lavoro, sono spinti dalla speranza di incontrare una società aperta, espressione di crescita democratica.
Integrazione: l’integrazione dello straniero implica la promozione della lingua e degli usi dei paesi di provenienza; la salvaguardia dell’identità culturale; l’esercizio e il rispetto delle credenze religiose, agevolando il dialogo fra religioni diverse. Per rendere effettiva la solidarietà verso gli immigrati occorre grande sensibilità per cogliere quelle forme di povertà fatte di solitudine, di paura, di esclusioni. Occorre capire che tale sofferenza puó essere vinta solo in una comunità che si fa più fraterna e più solidale.
Cultura della solidarietà: l’impegno educativo deve distruggere la cultura dell’egoismo, della vendetta, dell’odio in favore della cultura della solidarietà, unica strada certa che porta alla pace e allo sviluppo di ogni uomo.
Con la solidarietà si superano: l’emarginazione, la solitudine, i vari pregiudizi. La solidarietà non è un atteggiamento rivolto verso i meno fortunati, essa si dirige a ogni uomo poiché ogni uomo ha bisogno dell’altro uomo. Il valore della solidarietà umana è necessario non solo per la convivenza pacifica ma anche per la sopravvivenza stessa dell’umanità; la solidarietà ha un fondamento cristiano che se si interpreta alla luce della fede se ne comprende il significato più profondo “l’amore”.
Bibliografia
Donato D’Epiro, Sant’angelo in Theodice, Erresse Pubblicità, Rocca D’Evandro, 1994.
Plinio Silveri (a cura di), L’Americ’annalla’ – Microstorie di un paese d’Abruzzo, Vecchio Faggio Editore s.a.s. CHIETI, 1989.
Ludovico Incisa di Camerana, Il grande esodo – Storia delle emigrazioni italiane nel mondo, Corbaccio, Milano, 2003.
Rita Giannandrea, Stranieri come noi. Dal pregiudizio all’interculturalità, Tesi di laurea, Relatore Annibale Pizzi, Università degli studi di Cassino Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea – Scienze dell’Educazione, a. acc. 2004.
Ringraziamenti a Italo Delli Colli per la battitura del testo.
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