Sulla ricostruzione postbellica a Cassino: dagli archivi dell’Istitutos Autonomo Case Popolari di Frosinone

 

Studi Cassinati, anno 2003, n. 1

di Assunta Pelliccio*

Archivio IACP di Frosinone. Intervento di edilizia sonvenzionata nel lotto tra via Pascoli, via Verdi e via Rossini

Lo studio diacronico e/o sincronico di un edificio realizzato o di un progetto impone l’individuazione e l’analisi di almeno due linguaggi visuali: quello proprio dell’architettura, costituito da un insieme di idee generali ed elementi ideali espressi mediante forme ed immagini oltre che di trattati e testimonianze scritte che istituzionalizzano regole e giudizi, ed il linguaggio tipico del singolo manufatto architettonico che esprime la volontà del progettista di attribuire ai singoli elementi un valore spaziale per renderli un unicum significativo1.
Con queste premesse è nato l’interesse per gli interventi di edilizia sovvenzionata realizzati nella città di Cassino nel secondo dopoguerra, subito dopo la totale distruzione del centro urbano antico e della soprastante abbazia di Montecassino.
Edifici semplici che risentono della fretta con cui si voleva ricostruire la città, completamente distrutta dai bombardamenti alleati; edifici la cui composizione morfologica sembra dettata da un’ansia che travalica il mero volere progettuale e invade quasi la sfera emozionale ed emotiva, vero motore, probabilmente, della ricostruzione di Cassino e della sua abbazia.
Da un’attenta analisi degli elaborati grafici originari2 degli interventi cassinati di edilizia economica popolare emerge che queste architetture sembrano riassumere il concetto vitruviano secondo cui, ab origine, le abitazioni, ossia gli edifici destinati al vivere quotidiano, per le loro caratteristiche funzionali, non possono essere considerati “monumenti” attribuendo loro valenze artistiche ma il risultato di un lavoro artigiano, apprezzabile o meno che sia.
Eppure lo studio dei dettagli di questi progetti e in generale di tutti i progetti di edilizia economico-popolare della ricostruzione post bellica a Cassino, in Italia ma anche nel resto d’Europa, consente di tracciare un modello linguistico che trova maggiori valenze simboliche nei particolari, negli accessori, spesso non strettamente tettonici, come l’uso dei mattoncini in cotto tipico dell’architettura svedese e comunque nordica. Ricalcando il neobrutalismo britannico queste architetture percepiscono, inoltre, l’esigenza di articolare gli elementi meccanici e strutturali per attribuire loro valenza espressiva, oltre alla volontà di un uso semplice e schietto dei materiali utilizzati.
Da un lato, quindi la ricerca di una valenza linguistica grafico/architettonica3 per queste fabbriche; dall’altro un tentativo di ricostruire storicamente un territorio, come quello cassinate, per restituire ai suoi abitanti l’identità perduta del luogo, attraverso la lettura degli elaborati di progetto poiché il disegno da sempre rappresenta uno «strumento unico e suggestivo, nato con l’uomo…» che «…ci ha tramandato notizie di civiltà scomparse, testimonianze di vita vissuta, di usi e costumi, che forse in nessun altro modo sarebbero stati così vividamente riconoscibili »4. Gli eventi bellici del secondo conflitto mondiale sono stati così incisivi per la città di Cassino che sembrano avere interrotto l’idea della continuità posta alla base della storiografia, per cui il passato ed il futuro formano un consecutivo sviluppo di eventi; un continuum storico, tra l’altro, da sempre preservato dall’abbazia benedettina di Montecassino, nonostante le alterne vicende di distruzione e ricostruzione nelle varie epoche, fulcro generatore e pianificatore della città stessa e di molte altre città della Terra di S. Benedetto5 nel basso Lazio.

Arcchivio IACP di Frosinone: via Verdi-intervento INA-Casa 1957

Posta sulla linea difensiva tedesca Gustav6, la città di Cassino, è stata dunque totalmente rasa al suolo dai bombardamenti delle truppe Alleate, perdendo ogni traccia della sua struttura urbana.
Il piano di ricostruzione redatto ed approvato negli anni tra il 1947 ed il 1950, opera dell’architetto Giuseppe Nicolosi, ha rafforzato la rottura con il passato abbandonando completamente l’area di pertinenza del nucleo medioevale che si arroccava sulla mezza costa di Montecassino fino al manufatto difensivo detto Rocca Janula7, interessando l’area a valle del centro storico, lungo due direttive di sviluppo individuate da due assi di collegamento preesistenti, nord-sud rappresentato dalla via Casilina ed un nuovo asse est-ovest.
Lo studio delle vicende della “Terra di S. Benedetto” prebelliche8 e postbelliche, nelle sue varie manifestazioni, rappresenta in ogni modo, un tentativo di ricostruire una continuità storica andata perduta.
Se, infatti, la città è stata depauperata dei suoi monumenti e delle sue architetture è necessario riscattare e restituire dignità agli edifici che oggi la costituiscono, soprattutto quelli di edilizia sovvenzionata che compongono gran parte del suo nuovo tessuto urbano e che, per le modalità di realizzazione e per l’evoluzione che hanno subito nel tempo fino ai giorni d’oggi, sovente non sono state considerate “architetture” vere e proprie.
Eppure esse testimoniano il dibattito culturale del momento ed individuano una precisa sintassi di linguaggio architettonico che risulta chiaramente leggibile attraverso l’analisi di elaborati di questo tipo poiché «il disegno di progetto è una parte probabilmente la più significativa del più vasto e generale insieme costituito dal disegno d’architettura »9 .
Se si esaminano sommariamente questi elaborati sembrano quasi impersonali e privi della fase primigenia, quella in cui il progettista, attraverso schizzi preparatori a mano libera esprime la complessità ideologica dell’idea che tenta di trasformare in organizzazione spaziale.
Quasi del tutto scevri di applicazioni grafiche conducibili a normalizzazioni grafiche, questi disegni sembrano presentarsi solo come un complesso di dati tecnici ed economici necessari alla determinazione della forma, dimensione e caratteristiche costruttive organizzati per una immediata possibilità di attuazione. In nuce però essi esprimono la crisi del disegno “sancita” dall’avvento del Movimento Moderno e attualmente “sanata”: «con la frammentaria pratica rappresentativa “ingegneresca”, il disegno perde progressivamente non solo la propria autonomia, ma anche il proprio patrimonio normativo e, con essi, le radici originarie. Avviene così che con sempre maggiore frequenza il progetto di architettura, pur costituito da “disegni” tende a ripararsi dietro una terminologia riduttiva: si parla cioè di “tavole”, “studi”, “elaborati” o al più di “rappresentazioni” termine quest’ultimo già di per sé carico di ambiguità»10. È ovvio che anche temporalmente, questi disegni di progetto sono lontani dalla concezione attuale di utilizzare degli standards progettuali di elevata qualità perché si dà sempre più importanza alla diffusione delle idee attraverso immagini di varia natura e il disegno, digitale o manuale che sia, ne rappresenta lo strumento di maggiore diffusione11.

Arcchivio IACP di Frosinone: Rione Colosseo-intervento INA-Casa 1958

Da una lettura paradigmatica di questi elaborati e considerando le varie fabbriche come un anello di una “catena sintagmatica”12 si percepisce come, proprio per queste rchitetture, il linguaggio grafico e quello architettonico che sovente si muovono su percorsi paralleli stabiliscono particolari eccezioni, definendo chiaramente alcuni punti di contatto: all’inizio del secolo scorso infatti la dichiarazione del Congrés Internationaux d’Architecture Moderne – C.I.A.M.13 determina una serie di innovazioni nel linguaggio architettonico14 e partendo proprio dal presupposto del condizionamento in architettura dei problemi della vita politica ed economica, si spinge fortemente verso la razionalizzazione e standardizzazione della “industria edilizia”.
Una standardizzazione che si concretizza attraverso l’uso di forme regolari, simmetriche, quasi un ritorno al classicismo, ma che rappresenta un presupposto per aumentare la produzione di abitazioni e introdurre una produzione non più artigianale ma di tipo industriale. Nel caso in esame il processo di standardizzazione è molto spinto al punto che i progetti sono realizzati in maniera seriale anche se da mani di progettisti differenti. Si arriva addirittura a fornire agli organismi di competenza locale copie di elaborati progettuali realizzati in altre località e da eseguire in modo identico.
Si puó senza dubbio affermare che il progetto e l’edificazione di queste architetture sembrano percepire maggiormente questo nuovo linguaggio e non le esigenze costruttive, predisponendole ad essere esportate nelle varie nazioni, pur rimanendo “uguali e diverse” ma sempre identificabili.
Non deve stupire questo “straniamento” dei progetti rispetto al tessuto urbano a cui sono destinati: la distruzione di quella che ancora oggi è denominata Città Martire, fu talmente completo da rendere inutile ogni tentativo di contestualizzazione delle nuove costruzioni.
Volgendo l’attenzione in modo più dettagliato agli elaborati che da sempre sono considerati essenziali per ogni progetto in particolare per i lotti edificati nelle aree centrali di Cassino e in particolare l’area compresa tra Via Pascoli, Via Parini, per poi spostarsi nel rione Colosseo e Via Verdi, si possono individuare alcuni aspetti significativi.
L’analisi delle planimetrie, che anche nel nostro caso è l’elaborato di base e di partenza, il vero momento decisivo di tutto il processo progettuale15 è improntata da una volontà compositiva vincolata da schemi distributivi prefissati16 con la divisione netta tra i reparti notturno e diurno, e con l’uso di solo due tipologie edilizie17: la casa multipiano in linea con due alloggi per piano, continua ed isolata, e la casa a schiera ad uno o due piani.
Entrambi i tipi abitativi presentano nell’organizzazione planimetrica una forte razionalizzazione dimensionale: i disimpegni, infatti, sono quasi inesistenti o ridotti al minimo.
Il proposito di queste architetture è dunque nella ricerca stessa dell’economicità che spesso si è tradotta in una elementarizzazione e semplificazione dell’impianto distributivo e architettonico con l’uso di standard dimensionali a volte anche al di sotto del livello minimo accettabile.

P.Carbonara, Architettura Pratica interveto INA Casa su progetto degli architetti Gatti e Nicolosi 1949

Proseguendo l’esame degli elaborati e in particolare dei prospetti e delle sezioni si intuisce la sintassi di uno stile che si potrebbe ipotizzare come ispirato a quello dello stato assistenziale svedese: muri di mattoni, tetti a falde poco inclinati, finestre quasi quadrate con telai in legno e parapetti con assi verticali.
Questi elementi sono rappresentati con la stessa sobrietà con la quale essi sono stati pensati prima e realizzati poi, sebbene manchi talvolta una corrispondenza tra la simbologia utilizzata e la scala grafica di rappresentazione. Eppure sono proprio questi elaborati, intesi come disegni d’architettura, a rappresentare il metalinguaggio rispetto al linguaggio proprio dell’architettura poiché definiscono «un’attività che rimanda ad altro, designa altre cose ed è in funzione dei vari interpreti: il committente, i tecnici, le maestranze. Cosicché il disegno architettonico va considerato un linguaggio, una comunicazione attraverso segni che determinano un comportamento»18.
Si tratta di segni quindi, segni così semplici ed elementari che attualmente non avrebbero alcuna applicazione, ma con cui è stata possibile la ricostruzione, della città di Cassino, e soprattutto è stata restituita l’indentità di un luogo e ricostruita la sua continuità storica.
Una ricostruzione dovuta a cause molto singolari e particolari, ma che puó essere ricondotta ad un movimento più ampio della ricostruzione urbana e sociale che dal 1946 in poi interessa gran parte dell’Europa19 e che si concretizza attraverso l’applicazione di un apposito quadro legislativo e l’emanazione di nuovi strumenti tecnici normativi che di volta in volta si sono resi necessari.
In Italia, in particolare, nel secondo dopoguerra, si è incrementata e qualificata l’edilizia popolare20 sovrapponendo agli istituti che prima erano provinciali, un’agenzia centrale INA-Casa, poi Gescal, incaricata di acquistare terreni e progettare e finanziare i lavori, utilizzando organismi periferici come stazioni appaltanti21.
Con questi interventi realizzati dapprima con finalità assistenziali e successivamente con la logica dell’investimento e del profitto22, si sono edificate ampie parti di città che risultano tra l’altro, ormai perfettamente inserite nel contesto urbano, e le cui architetture realizzate, al di là di implicazioni estetiche o critiche, sono realizzazioni comunque interessanti e su cui riflettere23.

* Laboratorio di Rilievo, Analisi e Rappresentazione del Territorio – RADeT Dipartimento di Meccanica, Strutture, Ambiente e Territorio – DiMSAT Facoltà di Ingegneria dell’Università di Cassino.

1 Francesco STARACE, L’esempio di Zeusi – Principi architettonici nell’età antica, CUSL Editore 1986, pag. 161
2 La ricerca condotta presso l’archivio dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Frosinone ha portato alla luce numerosi elaborati di progetto di edilizia sovvenzionata a Cassino, databili tra il 1947 ed il 1965 circa.
3 «Tra linguaggio architettonico e linguaggio grafico corrono spesso relazioni e percorsi notoriamente paralleli, talvolta divaricabili e perfino contrastanti» cfr. L. CORVAJA, A. GURGONE, Tra ragione e sentimento: disegni inediti di Luigi Moretti, in “Disegnare” Anno IV, n.6 pag. 7
4 Pasquale CARBONARA, Architettura Pratica, Utet Editore, vol.VI pag. 523.
5 Le cospicue donazioni costituite da concessioni territoriali da parte del duca di Benevento Gisolfo II e dei suoi successori come re Desiderio e Carlomagno, nel 744 d.C., delineano la “Terra Sancti Benedticti”, territorio di dominio temporale e spirituale dell’Abbazia di Montecassino.
6 Per il controllo della città di Roma e nel territorio tra Napoli e Roma l’Armata tedesca individuò tre linee difensive parallele distanti 12-18 chilometri le une dalle altre: la linea Reinhard, dalla foce del Garigliano fino all’Adriatico lungo il fiume Sangro; la linea Gustav individuata e per la morfologia del territorio e perché rappresenta il punto di minore larghezza della penisola tra il Tirreno e l’Adriatico, lungo il corso dei fiumi Rapido e Garigliano; e la linea Senger-Riegel.
7 La Rocca Janula è una struttura difensiva costruita sul monte Janulo di Cassino. Voluta dall’abate Aligerno in seguito alla sua investitura nel 949 con la funzione di un castrum militare ossia di acquartieramento delle truppe e materiale di difesa, a non molta distanza dal monastero. È una costruzione a pianta quadrangolare che ben si adatta, per la sua perimetrazione alla conformazione dell’altura su cui si colloca.
8 La ricostruzione storico-architettonica prebellica della città rappresenta ormai da anni, uno degli aspetti fondamentali della ricerca condotta dal Laboratorio di Rilievo, Analisi e Documentazione del Territorio – RADeT della Facoltà di Ingegneria di Cassino.
9 Livio SACCHI, L’idea di rappresentazione, Edizioni Kappa, 1994, pag. 119.
10 Roberto DE RUBERTIS, Il disegno dell’architettura, NIS editore, Roma 1994, pag. 189.
11 Livio SACCHI, op.cit.
12 La lettura paradigmatica valuta gli aspetti di analogie e difformità fra il segno scelto in una data opera da un autore e gli altri che pur non impiegati in quell’occasione sono ad essi associabili per costruire un rapporto illuminante. L’opera in esame viene considerata una “catena sintagmatica” in modo da evitare unilateralità e incoerenze, o peggio arbitrî e fraintendimenti nei rilevamenti critici. Raffaele MORMONE, Architettura e critica, Edisu Editore, Napoli 1992.
13 La dichiarazione di La Sarraz del 1928 afferma al IV e V punto:
4. La produzione più efficace deriva dalla razionalizzazione e dalla standardizzazione . la razionalizzazione e la standardizzazione agiscono direttamente sui metodi di lavoro sia dell’architettura moderna concezione che dell’industria edilizia realizzazione.
5. La razionalizzazione e la standardizzazione reagiscono in tre modi: a. esigono dall’architetto concezioni che comportano una semplificazione dei metodi di lavoro sul cantiere e nella fabbrica; b. significano, per le imprese edilizie, la riduzione delle organizzazioni di mestiere; portano a impiegare una mano d’opera meno specializzata, inquadrata da elementi di alta capacità tecnica; c. si aspettano dal consumatore cioè da colui che ordina la casa o che la abita una revisione delle proprie esigenze, nel senso di un adeguamento alle nuove condizioni della vita sociale. Un tale adeguamento si manifesterà mediante la riduzi0one di certi bisogni individuali ormai senza vere ragioni, e il beneficio di queste riduzioni favorirà la più ampia soddisfazione possibile dei bisogni attualmente repressi dalla grande massa.
14 Kenneth FRAMPTON, Storia dell’architettura moderna, Zanichelli Editore Bologna, 1990, pag. 312.
15 Mario DOCCI, Manuale di disegno architettonico, Laterza, Roma-Bari, 1990, p.V.
16 Nel 1949 venivano fissati alcuni standard dimensionali per l’edilizia sovvenzionata: 30-45-60-75-90 mq. Successivamente con l’emanazione di ulteriori norme, come la legge 14.02.1963 n.60 che istituiva la GESCAL, furono ampliati i minimi dimensionali e aumentato il numero dei vani utili.
17 Interessante, infatti, risulta, per una diversa tipologia utilizzata, l’intervento della cortina edilizia sul corso della Repubblica a Cassino, realizzato dagli architetti Giuseppe Nicolosi e Alberto Gatti nel 1951, un edificio per negozi, uffici ed abitazioni finanziato dall’Istituto Nazionale Assicurazioni. Questo edificio prevede una sovrapposizione di alloggi simplex e duplex.
18 Renato DE FUSCO, Il progetto d’architettura, Laterza Roma-Bari, 1984, pag.1.
19 Basti pensare che in Inghilterra nel 1946 è emanata la New Towns Act che ha portato alla realizzazione di dieci New Towns sul modello della città-giardino di Letchworth.
20 L’idea dell’edilizia economica popolare nasce con al legge Luzzati nel 1902 che affida ad enti autonomi istituti provinciali per le case popolari, anziché amministrazioni locali come avviene in altri paesi europei, la realizzazione di porzioni del tessuto urbano. Questi enti ricevono fondi dal governo che utilizzano solo in minima parte nel progetto.
21 Leonardo BENEVOLO, Brescia S. Polo- Un quartiere di iniziativa pubblica, Morcelliana Editrice, Brescia, 1978, pag. 10.
22 Affidare ad istituti autonomi il compito di realizzare edilizia sovvenzionata ha limitato sempre più l’incidenza dell’intervento pubblico e quindi gli organismi nominati hanno interpetrato il loro compito solo in senso produttivo secondo la logica dell’investimento piuttosto che normativo disciplinare con l’intervento pubblico una parte di città.
23 Vincenzo ESPOSITO, Laura LANDI a cura di, Qualità urbana: la fatica di un mosaico, Fondazione Giovanni Michelacci, La casa USHER editore, pag. 36

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