IL CASTELLO DI TROCCHIO nell’inquisizione del 1270

 

Studi Cassinati, anno 2002, n. 2

di Fernando Sidonio e Antonio Riefoli

La prima volta che si trova citato il nome del castello di Trocchio è attorno alla metà del sec. X, quando i Conti di Teano, approfittando dell’assenza dei monaci di Montecassino dal loro territorio, dopo la fuga a Teano nell’883, avevano invaso gran parte della Terra di S. Benedetto “fino al colle vicino al monastero, chiamato Torocclus”[1]. Un’altra menzione è contenuta nel diploma con cui Papa Vittore II° nell’anno 1057 confermava tutte le proprietà appartenenti all’Abbazia di Montecassino; il suddetto diploma è riportato parzialmente dal Gattola nelle “Accessiones”[2] ove tra l’altro si legge: …”Inter alia vero coenobio nostra castella haec confirmat: in primis ad pedem Montis S. Salvatoris, quod est S. Germani, S. Petri, Piniatari, Plumbarola, S. Stefani, S. Giorgii, S. Apollinaris, Vallisfrigida, S. Andreae, Bantra Comitalis, Bantra Monacisca, Junctura, S. Angeli, Turucculum, S. Victoris, S. Petri in Flia, Cervara, Vallis Rutunda, S. Heliae, Sarraciniscum, Conca Capriata, Francilione, S. Johannis, S. Benedicti Minoris, S. Johannis in Capua”. Altri diplomi e privilegi di papi e imperatori riportano ancora il nome Turucculum chiamato anche: Torroclus, Terruculi, Terrucoli, Terrucculi, Terruculo, Torocclu, Toroculi, Toroculo, Teruculum, Torocclum, Torocclus, Toroclum, Torrocolo, Toruculum. Ancora oggi è possibile leggere il nome Torocclu, insieme a quello di Cocuruzzu, Caminus, S. Johannes de Currenti, Caspuli, Rocca de Vandra, Vandra, S. Petrus in Flia, San Victor, Cervarium, e Sanctus Helias, sul terzo pannello della prima valva della Porta Bronzea dell’abbazia cassinese, fatta costruire nel 1066 dall’Abate Desiderio a Costantinopoli; su questa porta, fatta ampliare dall’abate Oderisio II nel 1124, sono riportati anche i 47 castelli e 560 Chiese di proprietà dell’Abbazia di Montecassino[3]. È nel periodo delle grandi pestilenze del XV° secolo, che colpirono l’Italia meridionale, che il nome di Trocchio non viene più citato. Lo ritroviamo nel novembre del 1601 insieme a quello della universitas di Cervaro a cui era stato annesso col nome di Cervaro-Trocchio.

Pensiamo di fare cosa gradita riportare dai “ Regesti”[4] di Bernardo I Abbate la “Inquisitio fatta in Toroculo” nell’anno 1270 con il testo originale e la traduzione a fronte.

«Inquisitio facta in Toroculo».

An. 1270, die 7 Decembris. fol. 40a.


«Eodem anno die dominico. VII. Decembris. XIIII. Ind. Inquisitio facta in Castro Toroculi de mandato dicti domini Abbatis de iuribus et conditionibus suprascriptis. ad petitionem et instantiam dicti Magistri Bruni archidyaconi Sancti Germani yconomi, syndici et procuratoris dicti Monasterii, presente Landone Iohan. De Raymundo syndico dicti Castri. – Iohannes de Notario iuratus et interrogatus de iuribus et condicionibus hominum Castri Toroculi in quibus predicti homines generaliter astricti sunt et obligati Monasterio seu Curie Casino. Ex municipali et antiqua consuetudine seu lege optenta in eodem Castro necnon et de redditibus eorundem. et quibus etiam possessiones ipsorum hominum astricte sunt eidem Monasterio. dixit quod homines eiusdem Castri qui habent boves tenentur annuatim (ad easdem operas ac Castrum Cervarium). Item et ille qui habet boves tenetur eidem Curie annuatim prestare duas gallinas et unam spallam porci, si habet porcum, in Nativitate domini. Si vero caret porco nichilominus tenetur ad predictas duas gallinas et eodem modo in resurrectione domini tenetur prestare alias duas gallinas eidem curie et casatam unam et duos panes. Si autem caret bubus tenetur tantummodo Prestare eidem Curie gallinam unam in Nativitate domini pro domo sua spallam unam porci si habet porcum et aliam unam gallinam in resurrectione domini et nichilominus casatam cum predictis duobus panibus. Item homines eiusdem Castri exceptis illis exinde habent fracitiam (sic) tenentur prestare eidem Curie glandaticum de porcis. videlicet quatuor grana pro scrofa et pro porco magno quatuor grana, excepto de illo porco quem habet deputatum et destinatum pro domo sua ad occidendum eum. de quo reddit spallam eidem Curie ut dictum est. nec reddit de eo grana predicta. Item reddunt glandaticum de porcis parvulis qui vadunt extra cum porcis Magnis ad pascendum eodem modo pro quolibet ipsorum parvulorum prestantur et redduntur duo grana que prestatio fit in festo Sancte Marie de Augusto. Ante vero quam vadant extra ad pascendum nichil solvunt pro eisdem parvulis. Item generaliter homines eiusdem Castri qui non habent exinde francitiam tenentur eidem Curie prestare… terraticum de possessionibus de grano, ordeo et milio; … in magisia … deducentur granum ab ipsis farris et de ipso grano prestatibur terraticum. Item de vineis … tenentur prestare terraticum musti … de tribus partibus unam partem … Nullus Homo … potest seu debet construere montanum seu molendinum sine mandato seu licentia Maioris Curie Casinensis». Curia potest pro aedificiis suis incidere de lignaminibus hominum Castri. Tenentur semel in anno praestare procurationem abbati ad Castrum venienti, et pecuniam pro consecratione abbatum; tenentur etiam servire in exercitu abbatis. «Ipse recordatur predicta a tempore sui recordi quod est de octaginta annis.»

Presbiter Blasius addidit de subventione danda Abbati ad Pontificem vel Regem vocato, de tertiara sumenda de bonis quae integre venditit homo derelinquens castrum, si vero bona partim vendit non sumiter tertiaria, nisi de ultima particula quando a praedicto distrahitur. Eadem lex servatur de bonis possessis in castro seu territorio ab is qui extra abbatiam habitant. Non redduntur operae nisi de bobus domitis; ratione glandatici quatuor grana pro scrofa quae filios habet, pro porcastra filios non habente duo grana praestantur; pro parvulis porcellis quando extrahuntur extra in campis unum granum, anno vero completo quatuor grana dantur. Sequuntur testes archipresbyter Landus, Girardus, presbyter Landus, Simeon de Florecta, Benedictus Iohannis de Alfusso, Nicolaus de Alfusso, presbyter Matheus, Nicolaus de Onufrio, Leonardus de Laurentio, qui de arboribus incidendis per dominos Casinenses dixit hoc non licere nisi de voluntate hominum castri, Matheus de Notario, Iohannes de palmer., Matheus de Maynar., Iacobus de Antonio, et Nicolaus Marrosa qui «dixit se nichil scire nisi ex auditu quia iuvenis erat».

Il castello di Trocchio: particolare delle mura

“Nello (stesso) anno 1270, nel giorno di Domenica 7 Dicembre. XIV indizione, fu effettuata una inquisizione nel castello di Trocchio su incarico del Maestro Bruno arcidiacono e amministratore di San Germano, procuratore e rappresentante del Monastero, alla presenza di Giovanni Landone di Raimondo, sindaco dell’università in questione eletto per l’università dello stesso castello. Giovanni, dopo aver prestato giuramento, e dopo essere stato interrogato da un Notaio sui diritti e le condizioni degli uomini del castello di Trocchio cui sono generalmente legati ed obbligati nei confronti del Monastero e della Curia Cassinese, per antica consuetudine municipale o per legge concessa al castello anche sui loro redditi e su quali dei loro possedimenti sono legati al Monastero. Il (sindaco) riferì che gli abitanti del castello che posseggono buoi sono obbligati a dare ogni anno le stesse prestazioni degli abitanti di Cervaro. Chi possiede dei buoi è tenuto a dare alla Curia ogni anno due galline e, se possibile un maiale, anche un prosciutto nel giorno di Natale. Chi poi possiede un maiale è comunque tenuto a dare le due galline e allo stesso modo a Pasqua è tenuto a dare altre due galline, una forma di formaggio e due pagnotte alla stessa. Curia. Se poi non ha buoi è obbligato comunque a dare alla Curia una gallina a Natale per la propria casa e un prosciutto se possiede un maiale, e un’altra gallina a Pasqua oltre al formaggio e alle due pagnotte. Allo stesso modo gli abitanti del castello, eccetto coloro che hanno l’esenzione, sono tenuti a versare alla Curia il glandatico sui maiali vale a dire a versare quattro grani per ogni scrofa e quattro per ogni maiale grande ad eccezione di quel maiale che è stato scelto per essere ucciso per la propria casa del quale consegna il prosciutto alla Curia come è stato precisato in precedenza e non paga dunque per questo maiale i quattro grani. Ugualmente paga il glandatico per i piccoli maiali che escono all’aperto al pascolo con i maiali grandi e allo stesso modo per ognuno di questi stessi maialini vengono pagati due grani che vengono versati nel giorno di Santa Maria di Agosto [15 Agosto]. Invece nulla viene pagato per i maialini che ancora non vanno al pascolo. Ancora, generalmente, gli abitanti della città, che non hanno esenzione, sono tenuti a dare alla Curia il terratico sui possedimenti sul grano, orzo e miglio; nella maggese si separi il grano dal farro e su quello stesso grano sia dato il terratico. Ugualmente, per ciò che riguarda i vigneti, sono tenuti a dare il terratico sul mosto nella misura di un terzo. Nessun cittadino puó né deve costruire frantoi o mulini senza un ordine o l’autorizzazione della Curia Maggiore di Cassino. La Curia puó, per i propri edifici, tagliare legna degli abitanti del castello. Questi, poi, sono tenuti una volta l’anno, quando l’abate si reca in città, a preparare una cerimonia e a versare del denaro per la consacrazione degli Abati. Essi sono per altro tenuti a prestare servizio nell’esercito dell’Abate. «Lo stesso ricorda che le cose riferite risalgono al tempo dei suoi ricordi cioè a 80 anni». Il sacerdote Blasio aggiunge, inoltre, un contributo che deve essere dato all’Abate quando è convocato presso il Pontefice o presso il Re e, ancora, che una parte dei beni, venduti integralmente da un cittadino che lascia la città, deve essere acquistata nella misura di un terzo. Se, invece, i beni sono venduti a “pezzi” non viene acquisito il terzo se non sull’ultima particella quando è venduta dal predetto cittadino. La medesima legge va osservata sui beni posseduti nel castello o nel territorio da coloro che abitano fuori dai confini dell’Abbazia. Non vengono prestati servigi se non sui buoi domestici; per il glandatico vengono pagati quattro grani per ogni scrofa con piccoli e due grani per una senza piccoli; per i piccoli maiali bisogna pagare un grano quando vengono fatti uscire fuori nei campi, mentre quattro grani al compimento di un anno. Seguono nella veste di testimoni gli arcipreti Lando e Girardo, il presbitero Lando, Simeone di Foresta, Benedetto Giovanni di Alfonso, il presbitero Matteo, Nicola di Onofrio, Leonardo di Lorenzo il quale, riguardo agli alberi da tagliare dai Signori Cassinesi [abati], dice che ciò non è consentito se non per volontà degli abitanti del castello. [Ancora come testimoni] Matteo di Notario, Giovanni di Palmer., Matteo di Maynar., Giacomo di Antonio e Nicola Marrosa il quale «disse di non sapere nulla se non per sentito dire poiché era troppo giovane».

[1] Chronica Sacri Monasterii Casinensis, di Leone Ostiense, in M.G.H., 34, a cura di H. Hoffmann, Hannover, 1980; II, 1, pag. 166-167: “ … usque ad monticulum monasterio proximum, qui Torocclus dicitur”.
[2] E. Gattola, Ad historiam Abbatiae Cassinensis Accessiones, Venetiis, Coleti, 1734; pag. 157.
[3] H. Bloch, Monte Cassino in the Middle Ages, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1986, I, pag. 193.
[4] A. M. Caplet, Regesti Bernardi I Abbatis Casinensis Fragmenta, Roma 1890, n. 84, pag. 37 sg.

(212 Visualizzazioni)