Studi Cassinati, anno 2001, n. 3
A volte mi chiedo cosa sarebbe stata Cassino se la sorte le avesse conservato intatti i suoi più prestigiosi monumenti dell’antichità: il teatro romano e l’anfiteatro. Ma mi chiedo anche cosa sarebbe ora se il tempo e le guerre ne avessero cancellato ogni traccia, così come hanno fatto con la stessa città.
In realtà, se non fosse passato da queste parti all’inizio degli anni Trenta un giovane archeologo, di nome Gianfilippo Carettoni, Cassino starebbe ancora a riscoprire le tracce del suo glorioso passato sulle rare testimonianze di storici romani.
Il teatro romano, di recente restaurato e reso fruibile per le moderne rappresentazioni teatrali, fu riportato alla luce grazie agli scavi e agli studi del Carettoni, fatti nel 1936 con un precedente sondaggio del 1934 voluto dal soprintendente della Campania Amedeo Maiuri.
L’archeologo e storico dell’antica Casinum con le sue ricerche e con le sue pubblicazioni – per tutte basti ricordare Casinum del 1940, fondamentale per la conoscenza archeologica di tutto il Cassinate – costituisce una pietra miliare nel patrimonio culturale della Città Martire; è senza dubbio uno dei maggiori benemeriti di Cassino che non sia disceso dal “sacro monte”.
Ma queste cose, purtroppo, le sanno solo gli addetti ai lavori. Gli stessi amministratori della città del dopoguerra spesso ne hanno ignorato l’importanza.
Consci del grave debito che i Cassinati hanno nei confronti di Carettoni, noi del CDSC abbiamo proposto lo scorso anno di intitolare a lui il rinato teatro romano e al custode Gaetano Fardelli, suo stretto collaboratore, il piazzale antistante il teatro. La proposta è stata del tutto ignorata; qualcuno addirittura (pace alla sua ignoranza) ha esclamato: ma chi è questo Carettoni! Da qualche parte si è obiettato che non si usa intitolare un teatro romano, e questo è tutto da verificare. Nessuno ha pensato a cercare una alternativa che rendesse omaggio e giustizia al personaggio. Sempre noi del CDSC abbiamo proposto alla Soprintendenza Archeologica del Lazio di intitolargli almeno il locale museo archeologico nazionale, che custodisce gran parte dei ritrovamenti dello stesso Carettoni, e almeno in questo abbiamo trovato appoggio nell’attuale Amministrazione comunale.
Ad ogni modo abbiamo pensato di proporre qui, all’attenzione degli studiosi, ma soprattutto dei cittadini, un documento inedito che rendesse, sia pure in minima parte, l’idea della tempra e dello scrupolo dell’archeologo fin dall’inizio della sua attività scientifica: il diario manoscritto degli scavi del teatro romano, Il giornale di scavo del 1936. Il documento non è di grande rilevanza scientifica dal momento che lo stesso studioso qualche anno dopo, nel 1939, ne pubblicò il contenuto in “Notizie degli scavi” (fasc. 4, 5, 6) dell’Accademia dei Lincei.
Per noi Cassinati, però, ha un valore soprattutto affettivo: il rivivere giorno per giorno i momenti entusiasmanti del riaffiorare di strutture, del riemergere di epigrafi, statue, capitelli, colonne, stucchi dipinti, da quello che era solo un pendio boscoso la cui area era “ridotta a servire da aia alle vicine case coloniche”[1], è cosa certamente edificante e, perché no, anche commovente; così come puó essere commovente ritrovare oggetti personali tra le macerie della propria casa abbattuta da un disastro.
Gran parte del materiale ritrovato fu provvisoriamente custodito nel cortile dell’abitazione di Gaetano Fardelli, ma i reperti più importanti presero la via di Napoli senza far più ritorno.
Il nostro augurio è che quanto prima giunga nella casa comunale di Cassino un amministratore che non chieda chi fosse Carettoni e che si faccia carico di ricostituire il patrimonio archeologico disperso nei musei di Roma (Pigorini), Napoli, Copenhagen, Karlsrhue – questi ultimi recentemente segnalati dall’archeologo M. Valenti[2] –, e chissà quanti altri ancora, ai quali si potrebbe aggiungere la preziosa raccolta custodita (per fortuna) a Montecassino.
e. p.
[1] Così scrive Carettoni in Notizie degli scavi, cit. pag. 99.
[2] Alcune annotazioni sul patrimonio disperso di Cassino, in “Universitas Civium”, Archeoclub d’Italia, Sede Latium Novum di Cassino, Atti 2000-2001, pag. 35 sgg.
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