Luca Lancia di San Germano (sec. XVI)

 

Studi Cassinati, anno 2001, n. 1
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> Janques Debergh, Luca Lancia – scultore
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Lo studioso belga, dott. Jacques Debergh, bibliotecario presso l’Istituto reale per il Patrimonio artistico a Bruxelles, nel 1990, quando dirigevo la rivista Spazio Aperto, mi fece avere, tramite il preside Giovanni Petrucci, un suo studio sullo scultore cassinate Luca Lancia, vissuto nella prima metà del cinquecento, del tutto sconosciuto a noi locali. Il testo, tratto dalla rivista in lingua   francese “Revue Belge d’Archéologie et d’Histoire de l’Art” (LIX – 1990), fu pubblicato in traduzione italiana nel 1991 come supplemento a Spazio Aperto (III – n. 1) grazie al contributo personale del sig. Ciro Rivieccio. Luca Lancia, probabilmente figlio di Bernardino Lancia di S. Elia Fiumerapido, morì nel 1553 ed attualmente riposa nel cimitero di Binche in Belgio. La sua origine  cassinate  è  testimoniata dall’epigrafe del monumento funebre nella quale, tra l’altro, si legge “qui fut natif de St Germain du reaulme de Naple”. Il prof. Debergh, della Libera Università di Bruxelles, non ha mai smesso di interessarsi alla figura del nostro artista, né ha mai mancato di aggiornarmi sulle novità acquisite nelle sue ricerche. La nota che qui pubblichiamo è una messa a fuoco in appendice allo studio sullo scultore Jacques Dubroeucq, contemporaneo e “padrone” di Luca Lancia, opera del dott. Robert Didier, specialista belga di scultura medioevale e rinascimentale (Ars Libris, Bruxelles 2000, pagg. 68-69). Il comune di Cassino ha voluto ricordare il suo illustre concittadino intitolando gli una strada presso la frazione Caira (delib. Cons. Comun. 21/9 del 29.05.1995).

e. p.


 

LUCA LANCIA UNO SCULTORE NAPOLETANO A BINCHE

di Jacques Debergh
I documenti d’archivio menzionano, senza molto insistervi, collaboratori ed aiutanti che si affaccendano attorno a Jacques Dubroeucq. Tra quelle ombre un certo Luca Lange (lo si trova scritto Lucius, Luca(s), Lucq(u)e, Lancia, Lance o Lanche) presenta qualche consistenza: il suo nome compare a più riprese, le sue opere e le sue realizzazioni sono descritte con relativa precisione; notizie biografiche, infine, figurano su un monumento funebre di Binche, riconosciuto nel 1920 da un membro del Circolo Archeologico di Mons, M. Sailly. Nato a San Germano, l’attuale Cassino, che faceva parte allora del Regno di Napoli, Luca Lancia va a stabilirsi in Hainaut su richiesta della reggente dei Paesi Bassi, Maria d’Ungheria. Giunse il 23 luglio 1550 a Binche dove morì il 14 di un mese, di cui si è perso il nome, dell’anno 1553. Luca Lancia, molleur en plattre de figures d’anticquaiges, apparteneva verosimilmente ad una linea di scultori operanti a Carrara, a Napoli e a Venezia nel corso del XV secolo e la prima metà del XVI: Simone da Lancia, d’origine genovese, è attestato a Carrara nel 1490, dove suo figlio Bernardino, nato a S. Elia nel territorio dell’abbazia di S. Germano [Montecassino, n.d.t.], è anch’egli presente nello stesso anno. Inoltre Vasari tra gli allievi del Sansovino cita un altro “Luca Lancia da Napoli”, probabilmente il “Lucha Scultor” il cui nome compare in un documento del 12 dicembre 1537. Tutti sembrano essersi particolarmente distinti nella lavorazione del marmo. Allo stato della  documentazione, riconoscere il nostro uomo nell’apprendista del Sansovino resta una congettura, così come l’identificazione che ne propose J. Duverger con un Luc Blanche, stuccatore, collaboratore del Primaticcio a Fontainebleau nel corso dell’anno 1540. Luca Lancia era al servizio di Maria d’Ungheria, a Binche e a Mariemont, ma fu autorizzato a lavorare per Giovanni di Hennin-Liétard, signore di Boussu, nelsecondo semestre del 1552. Le fonti d’archivio fanno luce sulle sue opere, lavori in stucco ad imitazione del marmo, copie di opere antiche i cui originali erano stati oggetto di calchi e creazioni all’antica di modelli esistenti o di cui egli era l’ideatore, non sappiamo, perché nessuno di esse ha resistito agli insulti del tempo e degli uo- mini. I soggetti delle statue antiche, tanto per Binche che per Maryemont, da cui Giovanni di Hennin-Liétard ottenne dei “tirages des têtes” [effigi ottenute mediante forme in gesso – n.d.t.], sfuggono: certamente imperatori romani e divinità, particolarmente apprezzati nel Rinascimento. Avevo suggerito, con prudenza, di collegare il nome di Luca Lancia alla serie di sculture e rilievi che Adriano di Montigny ha raffigurato al primo piano nelle tempere degli Albums de Croÿ, rappresentante l’ala meridionale del castello di Boussu nel 1607. Niente affatto. Krista De Jonge ha di recente stabilito che quegli elementi appartenevano ad una fontana all’italiana tratta, verso la metà del 1530, da un’officina genovese dove lavorava, tra gli altri scultori, Guglielmo della Porta; passò, in seguito, al castello di Gaasbeek dove, smontata, si trova tuttora. Dal canto suo Hedicke aveva supposto che erano di mano di  Lancia  le  grandi  terrecotte raffiguranti Francesco I e Carlo V che ornarono il castelletto d’ingresso di Boussu fino alla fine della seconda guerra mondiale: sottoposti all’analisi della termoluminescenza, i frammenti, riportati alla luce di recente, si sono rivelati della fine del XVIII o dell’inizio del XIX secolo. Ci si muove su di un terreno un po’ più sicuro con i documenti relativi alla Cleopatra, in realtà una Arianna dormiente, e al Nilo, destinati al “nuovo giardino” del palazzo di Binche. Si tratta in effetti di copie di capolavori conservati nel famoso cortile del Belvedere in Vaticano. Su richiesta del Primaticcio, ne erano state prese le forme, nel 1540 e nel 1545, destinate ad abbellire Fontainebleau: l’Arianna fu colata in bronzo, non il Nilo. Maria d’Ungheria, che voleva che il suo palazzo di Binche non fosse per nulla inferiore alla “nouvelle Rome” che edificava il cognato Francesco I, ottenne gli stampi che la morte del re di Francia, nel 1547, aveva lasciati in abbandono. Leone Leoni, che aveva fatto le parti dell’intermediario, dovette passarli in bronzo; malgrado le promesse in materia lasciò, nell’ottobre 1549, i Paesi Bassi, che proprio non apprezzava, per Milano. L’approvazione definitiva di Enrico II giunse il 17 dicembre 1549. Sembra lecito collegare  l’arrivo  del  molleur  en plattre Luca Lancia a Binche, nel luglio 1550, alla defezione di Leone Leoni: le due statue furono realizzate ed ultimate tra l’autunno 1550 e l’estate 1552. Se Lancia fu lo stesso “garzone” del Sansovino e se Dubroeucq ha effettivamente fatto tappa a Venezia durante il suo viaggio in Italia, si puó immaginare che fu quest’ultimo a suggerire il suo nome alla governante dei Paesi Bassi; se Lancia apparte neva  all’équipe  del  Primaticcio  a Fontainebleau,  avrebbe  potuto  accompagnare Eleonora, sorella di Maria di Ungheria,  e vedova di Francesco I, nel novembre 1548 le forme della Cleopatra/Arianna e del Nilo nel dicembre 1549 (benché il primo testo che lo menziona precisi […] il XII giorno di luglio 1550 che giunse a Binche). Gli archivi precisano che Luca Lancia percepì successivamente 798 libbre tornesi e 410 libbre e 8 soldi tornesi, per 14 e 9 mesi di trattamento e di paga a copertura dei periodi dal 23 luglio 1550 al 22 settembre 1551 e dal 23 settembre 1551 al 23 giugno 1552; ci sfugge la somma percepita nel 1553. Tali sono le riflessioni di ordine essenzialmente storico che ispirano i documenti a disposizione. Resta da sperare che gli scavi archeologici effettuati a Binche e a Boussu riveleranno un giorno tracce concrete dell’attività di Luca Lancia, sì da consentire un giudizio sull’arte di questo collaboratore “antichizzante” di Du Broeucq.

 

 

 

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