Studi Cassinati, anno 2016, n. 2
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di Erasmo di Vito
Passata la guerra e iniziata la ripresa economica e sociale in tutta Italia la radio cominciò a fare il suo ingresso, anche se sempre timidamente, nelle case degli italiani; si pensava principalmente a ricostruire case e morale. Tuttavia proprio tale lentezza indusse la nuova RAI – Radiotelevisione italiana ad avviare una massiccia, poderosa, intensa campagna di sensibilizzazione a favore dell’acquisto degli apparecchi radio e di abbonamento ai programmi radiofonici. Dipendenti dell’ente radiofonico si portavano nei Comuni interessati, facevano interviste, scattavano fotografie, distribuivano capillarmente il foglio informativo «Radiostampa» su cui poi finivano quelle interviste e quelle foto.
Nel Cassinate la campagna di fidelizzazione si concretizzò tra il 27 giugno e il 31 agosto del 1961 e sul foglio «Radiostampa» distribuito in quell’occasione fanno da straordinaria cornice alcune foto che riportano indietro nel tempo, efficace sintesi di usi e costumi dell’immediato dopoguerra, e che offrono un suggestivo spaccato di vita quotidiana dei nostri paesi.
I Comuni interessati furono: Cassino (29 giugno, 11-12 luglio), Cervaro (2 luglio), Pico (8 luglio), Piedimonte (3 luglio), Pignataro (10 luglio), Pontecorvo (9 luglio), S. Ambrogio (5 luglio), S. Andrea (4 luglio), S. Apollinare (6 luglio), S. Elia (30 giugno), S. Giorgio (7 luglio), S. Vittore (28 giugno), Vallerotonda (1 luglio) e Villa S. Lucia (27 giugno).
Quella del Cassinate fu l’ottava serie di manifestazioni del ciclo «la Radio è necessaria», voluta dalla Rai in una zona «in cui si registra l’utenza più bassa. Tolto il capoluogo, infatti, nei Comuni circostanti le famiglie abbonate alla radio non superano in media il 25%». Solo a Cassino si superava il 51% mentre negli altri Comuni si passava da un minimo del 15% di S. Andrea del Garigliano a un massimo del 39% di S. Giorgio a Liri. Una così modesta percentuale di abbonati era dovuta, come scriveva su «Radiostampa» il sindaco di Cassino Domenico Gargano, anche «alla mancanza di una rete elettrica che solo adesso è in via di completamento ed al basso tenore di vita di molti comuni dell’interno. Penso tuttavia che per ottenere una massiccia diffusione della radio si debbano prima superare le difficoltà di ordine economico». Contemporaneamente annunciava che l’apparecchio radio donato dalla Rai alla «città martire» sarebbe stato installato in una scuola elementare delle contrade più lontane. «Penso che sia giusto fare così perché altrimenti molti di questi bimbi avrebbero poche occasioni di ascoltarla».
Su «Radiostampa» realizzato in quell’occasione finirono per essere pubblicate varie interviste raccolte nei Comuni limitrofi.
«Da Pignataro, Antonio Cerbone, che era già assiduo ascoltatore della radio, chiedeva che le trasmissioni per gli emigrati fossero più complete e riteneva bello poter ascoltare le voci dei cari lontani ma vorrebbe poter parlare a sua volta.
Ascoltati anche Romualdo De Santis, il vigile urbano del paese (che ascolta preferibilmente notiziari d’informazione), i figli Antonio, Gino e Maria (interessati dai programmi di rivista, musica leggera e sportive), il loro cugino Antonio Evangelista (ascoltatore in particolare del terzo programma e non perde una trasmissione di Tribuna politica).
Giuseppina Tiseo, Antonietta D’Amendola e Concetta Ferraro si divertono anch’esse ai programmi leggeri. Sono molto giovani e le canzoni e la rivista riescono a farle ‘lavorare di fantasia’.
A Pignataro c’è un asilo che ospita molti bambini. La madre superiora è una suora molto gentile che trova utilissima la radio per le scuole. Fa ascoltare spesso ai piccini, che frequentano questo asilo retto dalla suore Catechiste del Sacro Cuore, le trasmissioni per i bambini ch’ella trova formative».
Sempre a Pignataro gli inviati di «Radiostampa» parlano anche con il sarto Mario D’Amendola, colto di fronte casa sua mentre provava un gilè a uno dei figli del vigile urbano.
«In casa mia – dice – la radio è sempre accesa, anche adesso che sono in strada, sentite, sta suonando. Quando lavoro preferisco la musica leggera perché non impegna molto. Se devo scegliere però cerco una stazione che trasmetta musica classica».
A San Giorgio a Liri, invece, fu intervistato il parroco don Guglielmo, entusiasta dell’idea della Rai che «oltretutto serve a richiamare l’attenzione sul paese e sulla mia chiesa che ha bisogno di riparazioni». Il postino Eugenio Leone si avvicina agli inviati di «Radiostampa» e si mostra anche lui entusiasta dell’iniziativa Rai. Nel negozio di tessuti di Mario De Bellis, in quel momento la radio trasmetteva un programma di canzoni e lui, orgoglioso, dichiara: «Sentite? In casa mia è tutto il giorno così. La radio fa tanta compagnia e senza la sua voce ci sentiremmo veramente soli». Poi, riflettendo sulla spesa elettrica afferma che: «quando si acquista una radio non si pensa tanto alla somma da sborsare per avere l’apparecchio quanto al suo costo di esercizio».
Nel Ccomune di Cassino si giunse all’organizzazione di una mostra della Radio e di uno spettacolo conclusivo «con la partecipazione di noti cantanti, attori e dei migliori dilettanti locali». In particolare il 12 luglio si tenne lo spettacolo Evviva la radio diretto da Manfredo Matteoli, scritto da noti autori radiofonici del tempo come Paolini e Silvestri, e condotto da attori della compagnia di prosa di Radio Roma con la collaborazione dell’Orchestra diretta da Franco Riva. Alla campagna era legata anche una estrazione a premi riservata ai cittadini residenti nei citati Comuni che avrebbero sottoscritto un abbonamento «per uso familiare» nel periodo 27 giugno, 6-31 agosto 1961; in palio un motoscooter 125 cc, una macchina da cucire e un frigorifero da 50 litri. Questo un passaggio delle motivazioni inserite nel fondo di presentazione della campagna: «… sapendo quale ricca messe di programmi fornisca la radio ogni giorno e quanta parte dei programmi stessi sia riservata agli agricoltori, alle massaie, ai giovani e alle ragazze, agli scolari e agli studenti di qualunque ceto e condizione sociale, riteniamo giusto suggerire l’acquisto della radio proprio a coloro che la ritengono un inutile peso finanziario, anche se modesto; proprio a coloro che abitano in piccoli centri o nelle frazioni, o in casolari sparsi … Una volta la radio era un lusso … questo è invece il tempo delle grandi trasformazioni nell’agricoltura, nell’industria, nel commercio e la radio propone ogni giorno i fatti e i personaggi di questo rapido movimento. Si fa capire anche da chi non è provvisto di studi e si fa acquistare anche da chi suda il piccolo risparmio».
«Radiostampa» era completato da articoli di promozione turistica riguardanti l’abbazia di Montecassino, l’Anfiteatro, il Teatro Romano e le Terme Varroniane.
Infine, inspiegabilmente ma provvidenzialmente, vi fu riportata una «nota autobiografica di Dante Troisi» in cui il magistrato-scrittore, richiamando la figura di un semplice cittadino di Cassino ferito dalla guerra, traccia un ritratto tanto breve quando intenso, esplicativo delle sofferenze patite da Cassino e dal Cassinate nel corso del conflitto bellico e dal quale emerge formidabile la grande speranza che, nonostante tutto, animava la popolazione locale. Quella speranza che si è efficacemente trasformata in impegno e voglia di fare che hanno portato alla ricostruzione e alla rinascita.
Scriveva Troisi: «Da undici anni sono a Cassino e incontro ogni mattino, nel tratto di strada da casa all’ufficio, un uomo anziano, bianco di capelli, il viso deformato da una ferita riportata nel bombardamento della città ma illuminato da pacifici occhi azzurri. Mi osserva con così evidente fiducia che ormai sono io da un pezzo ad anticipare il saluto, anche quando per una impreveduta distrazione, mi volge le spalle. Egli è convinto che io svolgo una funzione utile: il mio essere giudice e vedermi andare a farlo, lo rafforza nella speranza di un giorno buono per lui. È buono e quindi non ha niente da difendere oltre la speranza. Gli sono molto grato di questo sentirsi riparato da me».
Segue, quindi, una pagina di ricordi in chiave poetica in cui, rivivendo gli anni della sua prigionia in Texas, manifesta il suo attaccamento per Cassino e per il coraggio dei suoi abitanti. Infatti Troisi dopo essersi laureato in Giurisprudenza presso l’Università di Bari, fu destinato, con lo scoppio della guerra, in Africa settentrionale. Combatté in Libia e poi in Tunisia dove fu fatto prigioniero nel 1943 e finì internato nel campo di concentramento di Hereford, in Texas (USA) dove rimase fino al 1946. Nel campo seguiva le vicende belliche italiane ma soprattutto gli capitò di interessarsi a quelle riguardanti il Cassinate e la città di Cassino perché diversi soldati provenienti da tale territorio erano prigionieri insieme a lui.
«Ogni mattina arrivavano i giornali nel campo di prigionia: anche chi ignorava l’inglese li scorreva in cerca dei nomi dei paesi che le truppe alleate, dopo lo sbarco in Italia, venivano occupando o liberando, come si diceva a seconda delle tendenze e convinzioni politiche.
E ogni giorni i nomi cambiavano, tanto rapidamente i soldati risalivano la penisola.
Poi i giornali cominciarono a parlare di Cassino.
C’era della gente di Cassino e dei paesi vicini, tra noi.
Era autunno, allora, e nel campo di prigionia situato in un altipiano deserto non vi erano alberi, e deserto anche intorno al reticolato per miglia.
A Cassino, invece, … montagne, boschi uliveti: così dissero i giornali l’indomani, e poi per alcuni giorni ancora.
La prima volta che indugiavano a parlare dettagliatamente di una contrada, e sul momento i cassinati prigionieri ne provavano quasi compiacimento.
Leggevano o si facevano tradurre tutti i giornali, andavano in giro con una sorta di orgoglio, come se la sosta fosse un omaggio alla bellezza dei loro posti.
Tuttavia le corrispondenze trascuravano l’Abbazia; era la loro gloria e nessuno ne parlava.
Quando cominciarono a parlare, ammutolirono; la guerra vi si era fermata.
E qualche tempo dopo bastava gridare Cassino a una sentinella perché imbracciasse il fucile, con aria minacciosa e umiliata.
C’era del rancore nelle notizie dal fronte; il paese e i monti che fermavano i soldati fuori di Roma divennero selvaggi, brulli, ostili.
Spesso, accanto alla reclame dei nuovi tipi di aspirapolvere che le stesse industrie di guerra avrebbero poi messo in commercio, i giornali pubblicavano fotografie di soldati a riparo di muri pericolanti o affondati nel fango, e sullo sfondo la collina dell’Abbazia.
I prigionieri le inchiodavano sulle pareti di legno delle baracche accanto a vecchie cartoline illustrate.
Intanto era inverno sull’altopiano, livido era il deserto, il vento scrollava le baracche; i giornali che parlavano di Cassino come di un deserto, a poco a poco sembrò parlassero di noi e allora ci sentimmo come a Cassino.
Per lunghi mesi noi nel Texas fummo come a Cassino, giorno dopo giorno, e ne conoscemmo ogni metro a nord o a sud di Cassino, ma tutti dello stesso paese, e così anche ci consideravano le sentinelle. Dante Troisi».
Quasi un segno del destino considerato che poi sarà destinato a prestare servizio presso il Tribunale di Cassino dove svolse, per oltre un decennio, la sua attività di giudice e nella «città martire» visse dal 1950 al 1961.
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