La chiesetta della Madonna delle Grazie di Atina

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Studi Cassinati, anno 2017, n. 3
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di Lucia Fargnoli

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La statua lignea della Madonna delle Grazie.
La statua lignea della Madonna delle Grazie.

Dopo un lungo e accurato restauro curato dalla brava Valentina Mattei, la settecentesca statua lignea della Madonna delle Grazie, opera di uno sculture napoletano, è rientrata nella sua chiesetta in Atina, un evento che suscitato molto gaudio tra la popolazione locale, da sempre a Lei devota. Assieme al restauro della statua, anche l’interno della chiesa è stato fatto oggetto di lavori di risanamento e miglioramento, senza, tuttavia, alterare la natura originaria. Nel periodo del restauro gli arredi sacri appartenenti alla chiesa sono stati messi in sicurezza onde evitare furti.

La chiesetta della Madonna delle Grazie ha forma rettangolare. La parete esterna presenta una porta in legno con fregi in ferro battuto. Nella lunetta sovrastante la porta è stata posta una bella ceramica raffigurante la Madonna delle Grazie, opera dell’artista Enrico Todisco da Cervaro. All’interno si trova un importante altare in marmi policromi che ha ai due lati due grandi statue ligneee dei Santi Stefano e Michele arcangelo, mentre, al di sopra, si trova la nicchia in cui è conservata la statua della Madonna restaurata. Sul soffitto si evidenziano delicate decorazioni mentre nello zoccolo i recenti lavori si restauro hanno riportato a vista le pietre originali.

L’ingresso della chiesetta.
L’ingresso della chiesetta.

L’attuale chiesetta è ciò che rimane di un più importante edificio sacro, appunto la chiesa di S. Maria delle Grazie, che era stata edificato, come testimonia lo storico atinate Palumbo (1570-1640) a inizio del Seicento ad opera del canonico Leandro Mancini, al tempo del preposto Bernardino Mancini (1601-1636). Quando fu terminata la «fabbrica» della chiesa «si ripose in essa la statua di detta Vergine, di tanta magnificenza e maestria, che, per bellezza, muove alla devozione chiunque la rimira».

La chiesa era ubicata prospiciente «alla piazza più importante della città» (poi intitolata largo Garibaldi), aveva una lunghezza di m. 11,20 e una larghezza di m. 6,70 con retrostante vano adibito a sagrestia di m. 5,60 x m. 4,10. L’intero manufatto, ab origine, era di juspatronato di tal Bonaventura Renzi e così la si ritrova registrata nella Relazione della visita pastorale effettuata dal vescovo di Aquino e preposito di Atina, mons. Giuseppe de Carolis, nel 1703-1704 (Archivio Diocesano di Sora). Poi il 10 aprile 1881 Luigi Renzi fu Bonaventura di Sora con atto notaio Giuseppe Spinelli di Atina cedette la sua quota di proprietà, pari ai 4/5 complessivi, a Giandomenico Elia fu Luigi . Tre giorni più tardi, il 13 aprile, sempre con atto notar Spinelli, Leopoldo Renzi fu Felice cedette al Comune di Atina la «quinta parte dei diritti che egli vantava sulla suddetta Cappella Madonna delle Grazie, non riportata in catasto. Di guisa che i condomini di detta Cappella con l’annessa Sagrestia, statua in legno a mezzo busto della Madonna delle Grazie ed altre decorazioni in legno del rispettivo altare sacro» risultavano essere per i 4/5 la famiglia Elia e per il restante 1/5 il Comune di Atina.

Lastra posta a cura di Giandomenico Fargnoli nel luglio 2011 nel lato destro della parete posteriore con i nomi di coloro i quali, con il proprio lavoro e con preziosi consigli, hanno contribuito al restauro della cappella: «Marco Amata, Gianfranco Barillari, Bruno Bastianelli, Gino Di Camillo, Giacomo Martini, Valentina Mattei, Enrico Orlando, Achille Rossilli, Filippo Tamburrini, Enrico Todisco ed Immacolata Valente».
Lastra posta a cura di Giandomenico Fargnoli nel luglio 2011 nel lato destro della parete posteriore con i nomi di coloro i quali, con il proprio lavoro e con preziosi consigli, hanno contribuito al restauro della cappella: «Marco Amata, Gianfranco Barillari, Bruno Bastianelli, Gino Di Camillo, Giacomo Martini, Valentina Mattei, Enrico Orlando, Achille Rossilli, Filippo Tamburrini, Enrico Todisco ed Immacolata Valente».

Il terremoto di Avezzano del 13 gennaio 1915 danneggiò totalmente il fabbricato adibito a cappella, sia nella volta «con larghe lesioni [sia] negli angoli frontali con sensibile distacco» tanto da far temere un suo possibile crollo e quindi la sezione del Genio Civile di Atina, per «ragioni di pubblica incolumità», ne decise e ne effettuò la demolizione. Invece non subì danni strutturali il locale adibito a sagrestia. L’edificio sacro si trovava allora addossato a un immobile di proprietà comunale che, al primo piano, ospitava la Pretura e proprio al di sopra della sagrestia si trovava un locale adibito ad archivio degli Uffici giudiziari.

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Litografia di Nicola Mautone: «S. Marco martire primo vescovo della città di Atina e protettore di essa», con l’abitato e fuori le mura le chiese di S. Nicola e S. Rocco (sx), S. Marco (dx) e al centro il Convento de’ Minori osservanti e Santa Maria delle Grazie.

Stante la situazione determinatasi, il Consiglio Comunale di Atina, deliberò, con atto del 27 ottobre 1916, l’espropriazione per pubblica utilità del suolo occupato dalla cappella al fine di annettere lo spazio risultante «alla vicina piazza del mercato per opportuno suo incremento». Prima di promuovere il relativo decreto prefettizio di esproprio, l’Amministrazione Comunale ritenne opportuno, per tentare di giungere ad una soluzione di divisione bonaria, interpellare i comproprietari e cioè gli eredi di Giandomenico Elia, che era nel frattempo deceduto, e quindi la vedova signora Lucia Lebon, in qualità anche di madre e amministratrice delle figlie minori Maria e Giuseppina. Per determinare il valore dei beni da dividersi fu nominato un perito, nella persona del geometra Federico Tamburrini, il quale stimò in L. 1.125,70 il valore del suolo su cui sorgeva la cappella e in L. 4.502,40 quello dell’immobile adibito a sagrestia nonché propose l’assegnazione delle quote in relazione ai rispettivi titoli di proprietà. Riconosciuta la perizia «equa e

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Atina (circa 1910). In secondo piano, sulla sinistra, la chiesa di S. Maria delle Grazie con, accanto, il Convento francescano.

giusta», le parti si dichiararono favorevoli a sciogliere la comproprietà. Il 28 marzo 1920 in Atina, in casa degli eredi Giandomenico Elia a piazza S. Giovanni, davanti al notaio Filippo Amata intervennero il sindaco Giuseppe Visocchi e la signora Lucia Lebon vedova Elia. Alle signorine Maria e Giuseppina Elia, a tacitazione dei diritti che vantavano sulla cappella della Madonna delle Grazie, veniva assegnato l’intero vano adibito a sagrestia, la statua lignea della Madonna, provvisoriamente ricoverata nel convento, e tutti gli arredi sacri. Al Comune andava l’intera area dove sorgeva la cappella, lungo la strada Roccasecca-Atina-Isernia, da destinare ad uso pubblico e con il patto di non potersi elevare fabbriche di qualsiasi genere, nonché tutti i materiali di risulta derivanti dalla demolizione. Inoltre il Comune, se avesse voluto effettuare il consolidamento del piano superiore di cui era proprietario, effettuando lavori di speroni, cornicioni ed altro sui lati del vano della sagrestia, si sarebbe dovuto far carico di tutte le spese. Il locale che una volta era adibito a sagrestia, venne trasformato dalla famiglia Elia nell’attuale chiesetta. Più volte ristrutturata, in essa continua l’antica tradizione dell’omaggio alla Madonna delle Grazie che si tiene il 2 luglio di ogni anno quando mons. Domenico Simeone vi celebra la messa alla quale i fedeli partecipano con profonda devozione.

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Schizzo planimetrico allegato alla perizia.
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Interno della chiesetta oggi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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