Il Chronicon cassinese tradotto in italiano

 

Studi Cassinati, anno 2016, n. 1
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RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

Francesco Gigante, Leone Marsicano o Hostiense e Pietro Diacono – Cronaca Monastero Cassinese, Introduzione e traduzione a cura di Francesco Gigante, Francesco Ciolfi Tipografo-Editore-Libraio, Cassino 2016; pagg. 832, f.to cm. 12×17; ISBN 978-88-86810-81-4; € 30.00

di Emilio Pistilli

14Cosa abbia spinto il prof. Franco Gigante ad intraprendere un lavoro così complesso, addirittura scoraggiante, quale è la traduzione del Chronicon di Montecassino non riesco neppure ad immaginarlo.
Si tratta di un lavoro immane che nessuno mai aveva tentato di fare, almeno riguardo all’intera opera. Ne avevo parlato più volte col compianto d. Faustino Avagliano, archivista di Montecassino, ed egli ogni volta mi rispondeva che gli studiosi che si accostano a quell’opera non hanno bisogno di traduzioni.
Tuttavia si era consapevoli che il Chronicon – più correttamente Chronica sacri monasterii casinensis – era ed è spesso oggetto di consultazione da parte di studenti e di ricercatori di storia del nostro medio evo, non sempre adeguatamente attrezzati nella conoscenza della lingua latina. Dunque l’esigenza di una traduzione era particolarmente sentita.
Quando l’amico Franco mi informò per telefono che stava ultimando la traduzione di quel “monumento” rimasi perplesso, incredulo; ma non molto tempo dopo mi chiamò di nuovo per dirmi che il lavoro era terminato: «Mi è costato tre anni di duro lavoro» mi disse.
Finalmente mi recai presso la libreria Ciolfi di Cassino per ritirare la mia copia; quando la ebbi fra le mani dissi al titolare, editore e stampatore dell’opera, Bruno Ciolfi – vecchio compagno di liceo nel mitico “Carducci” – «Caro Bruno, questa volta l’hai fatta grossa!», intendendo dire che aveva superato se stesso nella sua produzione editoriale. Mi venivano in mente, infatti, le riedizioni di opere quali Erasmo Gattola, Pietro Diacono, Riccardo da S. Germano, Amato di Montecassino, Desiderio di Montecassino, Erchemperto, Pietro da Eboli, Goffredo Malaterra, Alfano, Nicolò Jamsilla, tanto per citarne alcuni.
Il Chronicon di Montecassino non è soltanto la storia dei primordi della gloriosa casa di Benedetto da Norcia – ma già questo lo renderebbe di grande valore –, è una delle fonti più ricche e preziose del medioevo italiano ed europeo: nelle pagine di quel testo prendono vita personaggi ed eventi che hanno fatto l’Europa e la sua civiltà: papi, imperatori, principi, duchi, regnanti del vecchio continente e dell’Asia minore, condottieri, guerre, trattati di pace, alleanze e molto altro ancora, e, al centro di tutto ciò, l’abbazia di Montecassino.
Nella vasta e prestigiosa produzione archivistica del monastero la sua Cronaca assume un ruolo di capitale importanza. E ciò è stato compreso e confermato dallo stuolo di studiosi italiani e stranieri, che in ogni epoca hanno attinto ad essa come fonte primaria, e dalle ormai numerose edizioni che si sono succedute nei secoli, a partire dalle prime cassinesi fino a quelle germaniche dei MGH (Monumenta Germaniae Historica).

I Chronica sacri monasterii casinensis, in quattro libri, sono stati redatti a più mani: iniziati dal cardinale Leone Marsicano, detto l’Ostiense, continuati per breve tempo da un monaco di nome Guido, furono condotti a termine dall’archivista cassinese Pietro Diacono. Leone Ostiense scrisse tra il 1098 e il 1100, dal libro I al capitolo 92 del II libro (a. 1057) e ancora tra il 1101 e il 1106 dal capitolo 93 del II libro al capitolo 33 del III (a. 1071 o 1075). Il monaco Guido continuò da Leone fino al 1127. Infine Pietro Diacono riprese dal 1128 alla fine (1139) dal capitolo 25 del III libro al capitolo 130 del IV.
L’opera ebbe origine dall’intento di glorificare le gesta dell’abate Desiderio, futuro papa Vittore III; fu l’abate Oderisio a darne mandato a Leone Marsicano attorno al 1098. Questi però opportunamente pensò di iniziare dalla fondazione dell’abbazia ad opera di S. Benedetto; ed è così che tra le pagine risaltano figure come lo stesso Benedetto, Petronace, Aligerno e, naturalmente, Desiderio, protagonista dell’epopea della storia cassinese che va, appunto, sotto il nome di «età desideriana».
Leone, quindi, raccolse notizie dall’archivio cassinese e dalle memorie dei monaci anziani per quanto riguarda i tempi a lui precedenti, ma narrò gli eventi anche in “tempo reale” quando giunse ai suoi tempi.
Per la prima parte poté fruire dei codici contenenti cronache precedenti, quali Anonymi Monachi Cassinensis Breve Chronicon, Chronica Iohannis abbatis, la Historia Langobardorum, di Paolo Diacono, la Historia Langobardorum Beneventanorum di Erchemperto, i Chronica Romanorum imperatorum ac pontificium, e la gran messe di privilegi, concessioni e vario altro materiale d’archivio.
Dopo Leone, come già detto, fu Pietro Diacono a continuare la cronaca avendo utilizzato anche il breve contributo del monaco Guido ma allargando l’interesse alle vicende europee dei suoi tempi.
Furono diverse le edizioni di quella Cronaca.
Già nel secolo XV vi pose mano Ambrogio Traversari, detto il Camaldolese, per restituirle una migliore forma latina: il codice, segnato col n. 727 era stato ricopiato nel 1434 da Paolo Veniero, discepolo del Camaldolese e rimase ignoto per tre secoli nella Badìa Camaldolese di S. Michele di Murano. Fu ritrovato, poi, dall’abate Erasmo Gattola, il grande archivista di Montecassino.
La prima edizione dell’Ostiense, si ebbe in Venezia nel 1513 dal benedettino Lorenzo Vicentino, senza però l’indicazione della fonte; l’opera fu nota come l’Edizione di Lorenzo.
Una seconda edizione, identica alla prima, vide la luce nel 1603, curata dal benedettino francese Giacomo Du Breul, di S. Germano dei Prati.
La terza edizione seguì di lì a poco, nel 1616, ad opera del benedettino spagnolo Matteo Laureto; questi affermò di aver trovato un manoscritto “antichissimo” nella biblioteca dell’Abbazia di Montecassino, dove aveva soggiornato a lungo; l’opera risultò alquanto difettosa e poco affidabile.
Mezzo secolo dopo (1668) fu pubblicata la 4ª edizione, curata, questa volta, dall’abate Angelo Della Noce, che volle correggere gli errori innumerevoli del Laureto1. Questi si servì di due codici che definì A e B. L’edizione di Della Noce fu riprodotta interamente dal Muratori nella prima metà del secolo XVIII2.
Nel 1846 fu pubblicata l’edizione ritenuta migliore, curata da Wilhelm Wattenbach, nei Monumenta Germaniae Historica.
Infine nel 1980 ha visto la luce l’ultima e certamente più attendibile edizione della cronaca dell’Ostiense ad opera di Hartmut Hoffmann, di nuovo nei Monumenta Germaniae Historica (Scriptores XXXIV).
Prima della presente edizione, traduzione con testo a fronte di Franco Gigante, può essere segnalato lo stralcio curato da Vinni Lucherini nel 20013 per la traduzione dei capitoli 26-33 del terzo libro dove si descrive la costruzione ex novo della basilica desideriana dell’abbazia e la sua dedicazione (a. 1071).
Altri brevi stralci di traduzione sono di scarso interesse se commisurati alla complessità dell’intera opera cui si è dedicato il Nostro.
Possiamo ben dire che Francesco Gigante ha colmato una lacuna nel quadro della storiografia cassinese; ma quanto impegno e – perché no? – quanto coraggio ha dovuto profondere nel portare a termine questo enorme lavoro!
Sì, ho detto coraggio, perché chissà quanti studiosi avrebbero desiderato farlo ma hanno desistito, anzi neppure provato, per il timore delle critiche che gli studiosi e gli accademici sono soliti profondere nei confronti di chi “osa” trattare argomenti di grosso impatto culturale ed intellettuale.
Il nostro Franco non nasconde di aver avuto tali timori, ma, armato della sua nota modestia ma anche della sua caratteristica perseveranza, è andato avanti conscio delle difficoltà e delle incertezze linguistiche che il testo propone a qualsiasi lettore.
La lingua di Leone Ostiense, infatti, pur sfoggiando una forma «limpida» e «per lo più corretta», non poteva «non risentire dell’uso e del modo di pensare dei suoi tempi», cosa che crea spesso problemi di chiarezza e di interpretazione.
Circa l’oggettività di Leone e i suoi successori il Nostro chiarisce molto bene: «… nonostante l’impegno più volte proclamato di volersi attenere al vero, all’obbiettività, ai documenti, il nostro [Leone Marsicano] cade in qualche errore o in qualche distrazione storica, come hanno ben notato i tanti critici che hanno curato commenti alla sua opera, che è essenziale per la conoscenza del nostro medioevo». E fa qualche esempio: «Così il re dei Franchi, per esempio, che si fece monaco a Montecassino non fu Carlomagno, ma Carlomanno, fratello di Pipino padre di Carlomagno».
Molti studiosi dovranno essere grati a Francesco Gigante (e non da meno al suo editore Ciolfi). Se fin dall’inizio delle mie ricerche avessi potuto disporre di un tale lavoro di traduzione non so quante ore di studio mi sarei risparmiato! Non poche volte infatti, pur traducendo il testo, mi mancava un valido conforto sull’esattezza della mia lettura, per le difficoltà cui accennavo più su.
Ora, grazie al Nostro, saranno molti a poter accedere a quelle pagine della storia del nostro medio evo e della nostra abbazia.
Mi chiedevo in apertura cosa abbia spinto l’Autore ad affrontare un simile complesso lavoro; ebbene, conoscendo l’amico da vecchia data posso affermare che tra le sue motivazioni e le sue emotive pulsioni abbia giocato un ruolo determinante l’amore per la sua terra, per la sua città, di cui è stato anche sindaco indimenticato.
Non per nulla già in passato ce ne ha dato testimonianza dando alle stampe il volume Noi c’eravamo (Ciolfi, 2006), nel quale ha voluto tramandare alle nuove generazioni la tragedia sua e della sua Cassino nei dolorosi eventi bellici del 1943-44.
Sono certo, infine, che la Cronaca Monastero Cassinese di Francesco Gigante figurerà molto spesso nelle bibliografie di storici e semplici studiosi.

1 «… Magna me caepit cupiditas novae editionis illius Chronici, sed fide meliore, magisque castigati, abolitis sublatisque mendis innumeris, quae irrepserant».
2 In Rerum Italicarum Scriptores, IV, Milano 1723, pp. 151-602.
3 Jaca Book 2001, con Appendice di Francesco Aceto.

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