Gli affreschi tre-quattrocenteschi di San Pietro Infine

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Studi Cassinati, anno 2014, n. 4
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di Maurizio Zambardi

foto-02-2Risalendo Via Colomba, una stradina fatta a gradoni in acciottolato di pietre vive, tra i ruderi di quello che una volta era l’abitato di San Pietro Infine1, a una quindicina di metri da Via San Giovanni, su una parete esterna, esposta a sud, di una casa posta in un vicolo chiuso, nascosto tra rovi ed erbe di muro, giace sconosciuto a tutti un antico affresco di epoca medievale.
L’affresco2 raffigura “Maria Regina”, assisa in trono, col Bambino seduto in grembo. Purtroppo l’affresco, che ha un intonaco molto sottile3, è molto rovinato e si presenta quasi del tutto scolorito (fig. 1). Della testa della Madonna, lievemente inclinata verso destra, cioè rivolta verso il Bambino, si percepisce soltanto l’ovale del viso, la capigliatura, raccolta ai lati dell’ovale stesso, e la corona. Quest’ultima, di colore blu tendente al verdastro, presenta tre punte trilobate, due viste di profilo e una frontalmente. Nella parte che cinge il capo, la corona contiene una sorta di perlatura realizzata con una doppia fila di puntini bianchi. La veste, che nella parte inferiore è di colore bluastro, presenta, al di sopra del petto, una bordatura di colore arancio che lascia scoperto tutto il collo, mentre una sorta di giacca, o casacca, delinea il contorno della spalla e del braccio sinistro. Si sovrappone alla casacca una stola di colore chiaro che dalla spalla scende dritta fin oltre il braccio piegato. La stola contiene al centro un disegno caratterizzato da una lunga losanga di colore azzurro dotata di tratti orizzontali che danno l’idea di una sequenza continua di croci. Da sotto la stola fuoriesce la mano sinistra, raffigurata dalla parte del dorso e con le dita chiuse. Poggia delicatamente sulla veste, che si conforma al corpo seduto. L’altra mano cinge la base del corpo del Bambino, seduto a sua volta sulle gambe di Maria. Anche se con molta difficoltà si riesce ancora a percepire che il pollice si distacca dalle altre dita, quasi a contenere e proteggere il corpo del Bambino (fig. 2).
Entrambe le sacre figure sono caratterizzate da aureole incise4 che ne esaltano e ne accentuano l’importanza. Quella della Madonna presenta una sequenza di raggi, sempre incisi, mentre l’aureola del Bambino contiene in sé una croce i cui bracci si allargano a mo’ di raggi curvi che convergono e si adattano al cerchio più esterno dell’aureola. L’aureola appare deformata sul lato sinistro quasi a suggerire che l’intenzione dell’artista era quella di dare una vista lievemente di profilo, così che il volto del Bambino fosse rivolto verso la Madre5.
Gesù Bambino, seduto sul lato destro della madre, è ricoperto di tunicella rosso bordò (colore regale), che si estende fino a coprire anche i piedi.
foto-02-1Nell’angolo superiore destro è ancora riconoscibile la cornice dell’affresco formata da tre bande di colore diverso che vanno, dal rosso, quello più interno, al bianco e al blu scuro. Nonostante sia molto rovinato si può ipotizzare che l’affresco avesse una misura complessiva pari a circa 80×120 cm, mentre la parte più bassa dell’affresco si trova a circa un metro e mezzo dalla pavimentazione in acciottolato.
Sul lato sinistro in basso è percepibile un tratto pitturato formato da cinque strette bande parallele e lievemente inclinate di colori vari che vanno dall’azzurro, al giallo ocra, al bianco, al rosso e poi nuovamente all’azzurro. Al momento, a causa della cattiva conservazione dell’affresco, risulta difficile stabilire se tale tratto colorato facesse parte della cornice, oppure del trono, o se avesse altro significato.
In origine l’affresco doveva trovarsi sotto un pontile, ora non più esistente o, altra ipotesi, è quella che poteva trovarsi sulla parete interna di un edificio religioso andato poi distrutto. È poco probabile, infatti, che un affresco venisse posto direttamente alle intemperie o esposto alla luce diretta del sole.
Dai raffronti con altri affreschi simili realizzati in paesi vicini6 e l’utilizzo nella raffigurazione della Madonna con abiti e acconciatura tipici del gusto gotico cortese consentono di poter sostenere una datazione dell’affresco attestabile intorno al XIV-XV secolo.
Sempre lungo Via Colomba, a circa sessanta metri più a valle, proprio sotto un pontile, denominato “Arco dei Baroni”7 (figg. 3, 4 e 5), si trovano i resti di un altro affresco (databile intorno al XV sec.), posto a ridosso del piano d’imposta del lato est della volta8. Dell’affresco rimangono purtroppo visibili solo la parte superiore della cornice9 che racchiudeva l’affresco e una piccola porzione delle capigliature, con relative aureole, di due figure sacre (figg. 6, 7 e 8). L’affresco doveva avere le dimensioni pari a 90×135 cm. L’aureola più grande presenta un anello nella parte più estrema, largo 1,2 cm, di colore giallo ocra marcato da piccole striature arcuate.
Caratterizzano le aureole una sequenza di piccoli fiori circolari (meglio noti come rosette) somiglianti a margherite, del diametro di un centimetro, formate da otto petali, realizzate con impressione, sull’intonaco ancora fresco, di uno stampo (o punzone), poste in asse ai raggi (fig. 9). Questi ultimi hanno una lunghezza variabile tra i 4 e i 5 cm, e sono realizzati sempre per impressione su intonaco fresco da un doppio segmento ravvicinato ottenuti con una leggera pressione di piccola lamina ripiegata in due, recante nel punto di giunzione un doppio piegamento, a creare una sorta di molletta. È probabile che l’impronta sia stata realizzata proprio dall’impressione del fianco della spatola utilizzata per stendere lo strato di tonachino.
Delle due figure sacre, una è indubbiamente riferibile a Gesù Bambino. Lo confermerebbero l’aureola, più piccola e contenente la croce, la corta capigliatura e l’unico occhio che è ancora visibile. Mentre risulta più incerta l’ipotesi su chi fosse l’altro Santo. Proviamo però a fare alcune considerazioni. La posizione elevata della testa di Gesù Bambino, che si trova alla stessa altezza di quella del Santo fa a pensare a Santi quali Sant’Antonio, San Cristoforo, San Giuseppe e anche alla Madonna stessa. Quest’ultima però si potrebbe escludere subito in quanto la testa è priva di copricapo, elemento che caratterizza le figure femminili. Potremmo anche escludere Sant’Antonio per via della capigliatura poiché, a differenza di quella corta, tipica del santo, quella dell’affresco risulta divisa in due da una riga centrale e scende fluente lungo i lati del volto. Va precisato, comunque che a poche decine di metri più a valle di Via Colomba si trovava proprio la chiesa di Sant’Antonio da Padova. Inoltre la statua raffigurante Sant’Antonio, che tutt’ora si trova presso la chiesa principale del nuovo paese è raffigurata con Gesù Bambino in piedi sul Libro ed entrambi sono sorretti sul palmo della mano di Sant’Antonio, per cui l’altezza della testa del Bambino è allo stesso livello di quella del santo patavino. Rimangono San Cristoforo e San Giuseppe. L’immagine di San Cristoforo, il gigante buono, in genere è sempre rappresentata molto più grande rispetto a quella del Bambino, inoltre, facendo le opportune proporzioni, sembrerebbe che Gesù Bambino non potrebbe stare seduto, o a cavallo, sulla sua spalla. Non rimane quindi che San Giuseppe. La capigliatura, l’aureola molto elaborata e le proporzioni con il corpo del bambino sembrerebbero indirizzare quindi la nostra ipotesi proprio su San Giuseppe.
Risalendo Via Colomba si arriva in Via San Giovanni, una strada che si sviluppa grossomodo lungo la stessa quota e attraversa trasversalmente tutta la parte alta del paese. Tra i ruderi delle murature che ancora si conservano si possono osservare alcuni frammenti architettonici, in tufo marrone, che dovevano far parte di cornici di bifore, o trifore, riutilizzati come pietre da costruzione nella muratura. Gli elementi architettonici, che presentano, tra l’altro, tracce di decorazione formate da foglie tondeggianti, terminanti a punta, e frange triangolari e intagli vari (fig. 10), dovevano far parte del Palazzo Baronale. Il Palazzo pervenne, dopo vari passaggi, alla famiglia nobile dei De Rossi e da questi alla famiglia dell’arciprete don Aristide Masia. Si ha notizia che l’edificio conservasse ancora a piano terra, in particolare nel corridoio di collegamento tra l’ingresso del palazzo e un limitrofo frantoio oleario, un sistema di botole-trappole, coperte da grossi tappeti, mentre a primo piano vi fosse un ampio salone con ampio tavolo circolare10.
Le opere d’arte appena descritte sono solo alcune delle tante che si trovano abbandonate e spesso sconosciute nel vecchio centro di San Pietro Infine. Bisognerebbe attivarsi per censirle tutte, così da salvaguardarle e valorizzarle correttamente. Ma fino a quando non si capirà, o non si avrà la coscienza di riconoscere, che è necessario investire su più professionalità specifiche e fino a quando non si accetterà il concetto che i beni culturali sono patrimonio dell’Umanità e non di pochi eletti, non potrà esserci una corretta valorizzazione e conservazione del bene stesso.
Le foto e i grafici sono dell’autore.


1 Raso al suolo durante la seconda guerra mondiale, è ora «Monumento Nazionale e Parco della Memoria Storica».
2 Rinvenuto dallo scrivente nel 1992, cfr. M. Zambardi, Itinerari Sampietresi 2 – Guida Turistica culturale. Il Vecchio Centro di San Pietro Infine, Isernia 2003, p. 43.
3 Per fortuna, però, privo di “spicconate”, e cioè priva di quegli scassi che in genere si facevano, con appositi martelli da muratori, chiamati “maleppeggi”, per far aggrappare meglio un nuovo intonaco che vi si voleva sovrapporre. Il “maleppeggio” è un attrezzo edile, somigliante ad un piccolo piccone. Ha un manico di legno e una massa lavorante in acciaio. Le sezioni terminali di quest’ultima sono sagomate a punta di scalpello, con lame ortogonali tra di loro. Una è parallela al manico e serve principalmente per tagliare o scheggiare. L’altra è perpendicolare al manico e può essere usata anche come una zappa per scavare e asportare materiale.
4 L’incisione era realizzata sull’intonaco fresco utilizzando una punta metallica e apposite sagome di cartone, meglio note come “sinopie”.
5 Purtroppo a causa della non buona conservazione dell’affresco non si riesce a capire se la Madonna stesse allattando il Bambino. Se ciò fosse vero, questo elemento unito al fatto che la Madonna è seduta in trono con la corona in testa, porta a ipotizzare di essere di fronte ad una delle più antiche raffigurazioni della Madonna dell’Acqua, protettrice del paese. Come è facilmente confrontabile (ma in maniera speculare) con la statuetta lignea del XIV secolo, visibile oggi grazie ad una foto, considerato che la statuetta originale, che si conservava nella chiesa omonima, fu rubata nel 1970. Cfr. A. Pantoni, San Pietro Infine, ricerche storiche e artistiche, a cura di F. Avagliano, Montecassino 2006, p. 74.
6 Cfr. gli affreschi: «Maria Regina col Bambino tra due sante» e «Santa Margherita d’Antiochia», chiesa di Santa Maria Maggiore, Sant’Elia Fiumerapido, in G. Orofino (a cura di), Affreschi in Val Comino e nel Cassinate, Città di Castello (Pg) 2000, pp. 180 e 181.
7   L’arco, o meglio il pontile, posto a ridosso della stradina, è formato dalla sequenza di tre strette volte ogivali, di lunghezza diversa, affiancate e sfalsate, così da conformarsi alla pendenza della gradinata in acciottolato che sale. La struttura probabilmente doveva essere la porta d’accesso al castrum più antico (cfr. M. Zambardi, Sviluppo e trasformazione insediativa di un territorio: il caso di San Pietro Infine, Conferenza tenuta all’Assemblea del CDSC, il 18 novembre 2008 a Cassino, in corso di stampa). Le due volte più in basso sono anche le più antiche e sono caratterizzate da conci in tufo accuratamente sagomati, mentre la volta posta più a monte, formata da pietre rozzamente sbozzate, è chiaramente di epoca successiva. Prima della guerra la parte superiore del pontile conteneva altri piani destinati ad abitazione. A piano terra, appena superato il pontile, sia sulla destra che sulla sinistra si trovavano due frantoi oleari; cfr. M. Zambardi, Itinerari Sampietresi 2 cit., p. 44.
8  L’affresco fu rinvenuto dallo scrivente intorno agli anni ’80 del secolo scorso.
9  La cornice è formata da quattro bande di colore e spessore diverso. Partendo dalla banda più interna i colori che si alternano sono: verde (3,3 cm), arancio (1,7 cm), bianco (1,7 cm) e rosso (4 cm).
10 Riferito dalla signora Eva Anticoli, moglie dell’oculista Luigi Angelone, in un’intervista del 1999.

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