La scomparsa dello storico dell’alta Terra di Lavoro

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Studi Cassinati, anno 2014, n. 4
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Ricordo di Eugenio Maria Beranger

foto-12A poco più di un anno dalla scomparsa di don Faustino Avagliano, il dottissimo archivista di Montecassino, eccoci qui a piangere la perdita di un altro pezzo da novanta della storia e della cultura del Lazio meridionale o, meglio, dell’alta Terra di Lavoro, come lui stesso amava definire questo verde lembo di territorio ricompreso tra Roma e Napoli, un tempo prospero e ricco, oggi, ahimè, desolato e sempre più marginale: stiamo parlando di Eugenio Maria Beranger, storico, archivista, scrittore, saggista, giornalista, archeologo, ricercatore, raffinato conferenziere e molto ma molto di più. Aveva, ad onta della folta ed imponente barba e del suo impegno instancabile nel promuovere e fare cultura, quella vera e non di facciata come si usa spesso oggi giorno, appena sessantadue anni. Troppo presto per chiudere gli occhi e salire fin sulla casa del Padre a godere del riposo eterno. Ma la sorte cinica e bara che ha preso le sembianze di una malattia breve ma inesorabile lo ha portato via in una fredda giornata di inizio gennaio. Proprio come don Faustino con il quale aveva una amabile e fruttuosa frequentazione. Quando mi è stata comunicata la ferale notizia ho immediatamente percepito una strana e quasi irreale sensazione di vuoto. Ho fatto fatica a mettere a fuoco la situazione, non volevo credere a ciò che avevo appena sentito. E così la mente si è messa velocemente in moto cercando di ricordare i tanti convegni e le innumerevoli conferenze seduti fianco a fianco al tavolo dei relatori. Eugenio era uno studioso rigorosissimo, attento a tutti i particolari, anche i più insignificanti, un formidabile topo di archivio e di biblioteca, un vero enciclopedico capace di spaziare tra le varie branche dello scibile umano senza difficoltà alcuna e sempre con cognizione di causa. E poi non c’era una pubblicazione riguardante la storia della nostra terra che lui non conoscesse: era capace, anche su due piedi, di fornire tutte le informazioni bibliografiche ed erano sempre precisissime al millesimo. I suoi innumerevoli saggi, i suoi articoli, i suoi scritti, ne sono stati contati più di 250 suoi e di certo il numero sarà errato per difetto, hanno costituito e costituiranno un sicuro e ineludibile punto di riferimento per quelli che si sono cimentati, e lo faranno in futuro, nello studio della storia, antica e moderna, della nostra terra. Ma Eugenio Maria Beranger era, anche e soprattutto, una persona straordinaria dal punto di vista umano. Affabile, gentile, compito, di una educazione tipica di altri tempi malgrado la vastissima cultura, era sempre pronto ad accorrere in aiuto di chi lo cercava, da un capo all’altro della penisola, per suggerimenti, consigli, indicazioni. E lui, ad onta dell’aspetto di serioso professore, non si negava mai. Anzi aveva la buona abitudine di seguire passo passo i lavori dei suoi assistiti, come un maestro fa (o, forse, faceva) con i suoi studenti più piccoli. Ed Eugenio era un vero maestro, di quelli dei quali si è perso lo stampo. E non solo di cultura. Mai come per lui, infatti, si può parlare, senza tema di essere smentiti, di magister vitae. Tanti sono stati gli amici che si sono recati domenica 11 gennaio nell’austera abbazia di Casamari, dove è stata allestita la camera ardente, per tributare l’ultimo saluto al caro Eugenio. Così come molti sono stati quelli che hanno seguito il mesto corteo funebre in direzione del piccolo cimitero di Roccadarce dove è stato tumulato per sua espressa volontà. «Da qui – era solito dire – si può seguire con lo sguardo tutta o quasi l’alta Terra di Lavoro». E qui, in questo ameno angolo di Paradiso, Eugenio, grande studioso e uomo straordinario, riposerà in eterno. Per quel che mi riguarda non posso che ringraziarti per quanto mi hai dato e per tutto quello che mi hai insegnato. Non si può negare, però, che la tua è stata una vera mossa a sorpresa: te ne sei andato in silenzio, in punta di piedi, quasi per non disturbare. Proprio come aveva fatto don Faustino. E, francamente, due perdite così pesanti in così breve lasso di tempo, sono difficili da sopportare. È vero c’è sempre il ricordo a mantenere viva la fiammella, e quello, si sa, rimane in eterno. Però, comunque la si voglia mettere, è innegabile che ad ognuno di noi, tuoi amici da sempre, mancherà qualcosa. Anzi molto più di qualcosa.

Fernando Riccardi

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Il nome di Eugenio Maria Beranger era legato oramai da tempo alla nostra Terra, quell’arcaico Latium in cui ritroviamo la “Gente di Ciociaria” e l’Alta Terra di Lavoro, le valli da lui predilette (quella del Liri, quella di Comino senza però dimenticare la confinante Valle di Roveto con Civitella, dove tornava spesso e volentieri) e i siti archeologici e storici dei quali, giovane neolaureato, aveva iniziato a trattare appassionatamente già nella metà degli anni settanta. Con tutto il patrimonio delle antiche tradizioni da lui poi studiate a fondo; con le figure di una “storia locale”, personaggi illustri o gente comune, a cui ha ridato voce e risalto grazie a minuziose ricerche archivistiche; con quella cultura enogastronomica genuina e contadina della quale era diventato paladino. Ma di Eugenio e della sua personalità si è scritto tanto e tanto certo si scriverà. In questa breve memoria si sottolinea solo come egli abbia voluto ancor più legare il proprio nome al Lazio meridionale. Lui, che era nato ed ha abitato per sessantadue anni in pieno centro di Roma nell’avito palazzo di Via della Croce, sul far della sera dell’undici gennaio, finita la semplice, toccante cerimonia circondato da tanti amici nell’amata Abbazia di Casamari, ha infatti raggiunto la sua ultima dimora: quel cimitero di Rocca d’Arce dove aveva chiesto d’esser portato dopo quello che definiva “l’incontro con Sorella Morte”.
Così da quel momento Eugenio Maria Beranger riposa nell’ultimo, più alto loculo in fondo al piccolo Camposanto: luogo estremamente suggestivo che sulla cima dell’imponente sperone roccioso – protetta da quelle mura poligonali di cui egli era uno dei grandi esperti – domina, come nei secoli hanno fatto prima la probabile arx fregellana e poi il Castello medievale che ospitò Federico II, una larga parte della nostra Terra!
E qui mi piace immaginare Eugenio mentre continua, infaticabile ricercatore, a scrutare e studiare quella che è ormai diventata la sua Terra!

Daniele Baldassarre

A nome del Centro Documentazione e Studi Cassinati-onlus esprimo il profondo cordoglio dell’associazione per la scomparsa di Eugenio Maria Beranger, già socio del CDSC. Sempre disponibile, sempre interessato e sempre interessante nei suoi interventi, con la sua scomparsa il territorio ha perso un validissimo punto di riferimento umano e scientifico essendo stato un attento studioso, uno scrupoloso ricercatore e un profondo conoscitore di questioni di storia patria in campi d’interesse dall’ampio ambito cronologico e dall’ampio spettro tematico della storia, della società, delle arti, dell’archeologia, dell’antropologia, dell’epigrafia ecc.

Gaetano de Angelis-Curtis presidente del Centro Documentazione e
Studi Cassinati-onlus

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