Pietro Annigoni tra Cassino e Montecassino.

 

Studi Cassinati, anno 2014, n. 3
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di Gaetano de Angelis-Curtis

Alcune coincidenze (il cinquantenario della riconsacrazione della Basilica di Montecassino a opera di papa Paolo VI il 24 ottobre 1964 e la beatificazione dello stesso pontefice avvenuta a Roma il 19 ottobre 2014) offrono l’occasione per presentare alcuni bozzetti, gentilmente messi a disposizione di «Studi Cassinati», eseguiti da Pietro Annigoni che con la sua opera pittorica ha ridato lustro artistico alla basilica cassinese. «L’affresco in una chiesa è un libro aperto e rappresenta la divulgazione, per sintesi di una idea, Pietro Annigoni, così grande nella umanità di artista, affidava a Montecassino il dono di un documento nuovo» (mons. Giovanni Fallani).

foto-10L’abbazia di Montecassino, con la sua splendida Basilica, il «più bell’esempio di chiese barocche» con i suoi affreschi della scuola napoletana di De Mura, Melaconico, De Mattheis, Mellin, Conca, Amiconi, Melanconico e, soprattutto, di Luca Giordano1, fu totalmente distrutta il 15 febbraio 1944.
Nel dopoguerra l’opera di ricostruzione della Badia si svolse secondo un progetto, sintetizzato nella formula «dov’era, com’era», fortemente perseguito dall’abate Ildefonso Rea2, ricordato come l’abate ricostruttore di Montecassino, huius loci restitutor.
La ricostruzione fu avviata già il 15 marzo 1945, primo anniversario della disintegrazione di Cassino, alla presenza di ministri, sottosegretari, ambasciatori, autorità civili e di mons. Costantini in rappresentanza del Vaticano. In particolare, però, si trattò della posa della prima pietra dell’edificio di San Giuseppe destinato al ricovero di una comunità di 25 monaci cassinesi che avrebbero sovrainteso alle fasi di riedificazione (va pure sottolineato che mentre già circolavano ipotesi di mutare il sito dell’abbazia per motivi di opportunità e di economicità la struttura di S. Giuseppe rappresentava il primo esempio del «dove era»). Quindi l’intera comunità benedettina fece ritorno sulla cima del monte  l’11 luglio 1946 insediandosi proprio a San Giuseppe. Subito dopo furono avviati i primi lavori che interessarono la chiesa di San Martino (tra il 24 giugno 1947 e il 15 febbraio 1948, giorno dell’inaugurazione), ma la ricostruzione vera e propria di Montecassino ebbe inizio sul piano pratico il primo aprile 1949. L’8 settembre 1952 la comunità monastica benedettina poté trasferirsi da San Giuseppe nella parte dell’abbazia ricostruita. All’interno, i primi affreschi furono quelli eseguiti nel 1951 e 1952 da Agostino Pegrassi (1900-1957) nella cella di S. Benedetto e nella cappella dei SS Monaci della Torretta e, nel 1957, nella cupola della cappelle delle Reliquie. Quindi nel 1969 Luigi Filocamo (1906-1988) affrescava le pareti della cappella superiore della Torre di S. Benedetto rievocanti episodi di vita del patriarca e di Santa Scolastica.
Quindi il 24 ottobre 1964, cinquant’anni or sono, e a settant’anni dalla distruzione, papa Paolo VI consacrò la ricostruita la basilica.
Tuttavia, riedificate le strutture e rifatti gli ambienti rimanevano, per il completamento, gli affreschi. Ed «ecco che il prodigio si compie. Ancora una volta, da quella culla d’arte che è Firenze, ecco venire un Maestro, già illustre e non asservito a scuole. Egli che si è affermato nei più vari climi ed ha al suo seguito altri valenti artisti3, generosamente si è offerto a riconsacrare artisticamente questo luogo. Sì che oltre ad essere centro di spirituale vitalità sia anche espressione di quella artistica dei nostri tempi»4. Si trattava del maestro Pietro Annigoni5, artista già affermato e apprezzato in Italia e nel mondo, che aveva già avuto modo di eseguire affreschi (nel convento di San Marco a Firenze, nella chiesa di San Michele Arcangelo a Ponte Buggianese, e dopo Montecassino, nella basilica di Sant’Antonio a Padova6) in gran parte ispirati a soggetti sacri. Montecassino si era già arricchita negli anni Settanta di una sua tela, l’Apparizione di S. Benedetto al monaco Desiderio, che si trova nella quarta cappella della navata di sinistra dedicata a S. Vittore III, già abate Desiderio in cui è ritratto mentre riceve da S. Benedetto la Regola e il pastorale del governo di Montecassino.
Quindi a cavallo tra la fine degli anni Settanta e l’inizio di quelli Ottanta, nel corso del mandato dell’abate Martino Matronola (21 marzo 1977 fino al ritiro dell’8 gennaio 1983), Annigoni, a più riprese, affrescò varie parti della basilica e grazie alla sua opera il sacro monastero non è più un luogo «desolato».
Nel corso del 1979, in primavera e in autunno, Annigoni eseguì tre affreschi che sono i «più rappresentativi segni dell’apoteosi» di S. Benedetto. Essi si trovano all’interno della basilica, nella controfacciata. Due, realizzati tra il 6 e il 22 aprile 1978, sono posti nella parte alta della parete e cioè «nelle semilunette che incorniciano il finestrone centrale» e riproducono altrettanti personaggi dell’antico testamento, cioè Abramo, a sinistra, e Mosé, a destra7. Il terzo, più in basso, orna la facciata sovrastante la porta d’ingresso, lì dove, fino alla guerra, c’era il «grande quadro ricco di vita e mirabile per i colori» di Luca Giordano che rappresentava la consacrazione della chiesa da parte del papa Alessandro II nel 10718.
Invece il nuovo grandioso affresco, di notevoli dimensioni sviluppandosi per m. 8,95×6,20 per più di 35 metri quadrati, intitolato La gloria di S. Benedetto, ossia Il Paradiso benedettino, fu eseguito da Annigoni tra il 28 ottobre e il 4 dicembre 1978 e venne solennemente inaugurato il 31 marzo 19799. Nell’affresco il patriarca, quasi proveniente dagli spazi celesti e circondato da una luminosità bianca di cori angelici, si trova in apoteosi al centro di un’ampia assemblea, in un alternarsi di «ombra e luce [che] si contendono lo spazio e il carattere dei singoli volti». S. Benedetto appare, dunque, tra una «ridda di mitrie abbaziali e di monaci», attorniato a semicerchio da monaci, vescovi, monache, che hanno vissuto in santità seguendo la sua Regola, distintisi «in diversissimi campi di azione»10 e «convenuti dalle lontananze della storia, dal martirologio e calendario benedettino»11. Il santo fondatore dell’Ordine benedettino, con cocolla e piviale, avanza con la Regola e il primo personaggio che incontra è la sorella Santa Scolastica, raffigurata di spalle mentre mostra una candida colomba. Invece in basso, sempre in primo piano sotto la figura di S. Benedetto, ci sono – circoscritti in un triangolo – tre rilevanti personaggi, tre pontefici: a sinistra papa Gregorio Magno, santo, primo e degno biografo di San Benedetto, a destra papa Vittore III, già abate Desiderio e collaboratore dei papi nella grande riforma del secolo XI, più in basso, proprio sotto S. Benedetto, papa Paolo VI che viene avanti per il rito processionale appoggiato alla Croce. Solo quest’ultimo non è benedettino ma, nel corso degli eventi bellici, da sostituto della segreteria di Stato vaticana, mons. Giovanni Battista Montini, visse pienamente il dramma della distruzione di Montecassino mentre, nell’immediato dopoguerra, fu il sostenitore della ricostruzione del monastero che riconsacrò dunque il 24 ottobre 1964, proclamando nella stessa occasione, San Benedetto «celeste Patrono d’Europa».
Pietro Annigoni tornò a Montecassino nel 1980, dal 24 maggio al 18 giugno, e poi nel 1981, per affrescare la cupola della Basilica sopra l’altare con le sue quattro vele (in tutte è raffigurato San Benedetto), quattro pennacchi (in cui sono rappresentati i quattro voti che giurano i monaci) e gli otto medaglioni con altrettanti personaggi, e poi l’abside della Cappella della Pietà, posta accanto al sepolcro di S. Benedetto e Santa Scolastica.
Negli anni seguenti l’abbazia cassinese si è arricchita di altri affreschi12 e dunque anche per Montecassino, come per altre situazioni13, si è fatto e si è dovuto far ricorso ad artisti contemporanei. Nonostante tali interventi, nella navata centrale e nelle pareti laterali della basilica di Montecassino sono presenti numerosi spazi “vuoti” per i quali è stata adottata, nel momento in cui è «prevalso il sentimento di rinuncia al [loro] completamento», una «tinta neutra chiara e cromaticamente oscillante tra i possibili toni dell’ambiente circostante»14.


1 Pittore (1634-1705) della scuola napoletana, dipinse in un solo anno, tanto era bastato al «procelloso Giordano ad imprendere e condurre a fine i molti affreschi» (L. Tosti, Storia della Badia di Montecassino, vol. III, L. Pasqualucci editore, Roma 1889, p. 264), gran parte della navata centrale della basilica benedettina mentre altre sue opere ornavano alcune delle otto cappelle laterali e la cripta.
2 D. Ildefonso Rea (1896-1971) originario di Arpino e già abate di Cava dei Tirreni fu eletto abate di Montecassino il 21 novembre 1945.
3 «All’opera del Maestro si affiancava l’operosità dei discepoli, e Ben Long dava tre dipinti alla cappella di S. Giovanni Battista, Silvestro Pistolesi una tela alla cappella di S. Pietro (S. Pietro liberato dal carcere, 1979), Ugo Ugolini e Nando Bernardini iniziavano la teoria dei papi benedettini che muovevano verso il sacro luogo del sepolcro del Patriarca» (T. Leccisotti, Montecassino, Pubblicazioni Cassinesi, Badia di Montecassino 1983, p. 207), poi Romano Stefanelli nel 1984 affrescava le pareti del coro e la volta (La predica di S. Benedetto agli abitanti di Cassino; S. Benedetto consegna la regola ai monaci; S. Tommaso d’Aquino; S. Bruno abate di Montecassino e vescovo di Segni).
4 T. Leccisotti, La basilica cassinese. Luogo sacro al culto e alla civiltà, in AA.VV., Annigoni a Montecassino, Ed. La Gradiva, Roma s.d., p. 13.
5 Pietro Annigoni (7.6.1910-28.10.1988), milanese di nascita e fiorentino d’adozione, è stato un artista di forte carisma. Le sue notevoli capacità tecniche gli hanno permesso di realizzare opere gigantesche non meno che minuscole incisioni. Nel corso del ventennio fu osteggiato dal regime per il suo antifascismo. Quindi nel 1947 sottoscrisse il «Manifesto dei Pittori Moderni della Realtà» in aperto conflitto con l’arte astratta e le varie correnti informali sorte in quegli anni. La rivista «Time» gli ha dedicato ben sette copertine.
6 Nel 1981 Annigoni realizzò, nella Cappella delle Benedizioni nella basilica di S. Antonio a Padova, l’affresco S. Antonio predica ai pesci e nel 1982 quello di  S. Antonio incontra Ezzelino da Romano. Apprestandosi a iniziare il lavoro descrisse minuziosamente la preparazione del muro da affrescare («Il primo intonaco o arriccio dovrebbe essere applicato quanto prima usando buona calce di fornace a legna, spenta bene e passata a setaccio, mescolata in proporzione con sabbia di fiume ben lavata, una parte di calce, due di sabbia»; «La superficie dell’arriccio deve essere ruvida, e questo lo si ottiene mediante fitte striature fatte con una forchetta») augurandosi «che il nuovo arricciato venisse fatto con buona calce cotta a legna, alla vecchia maniera». Qualche tempo prima, per gli affreschi della basilica cassinese, aveva avuto modo di utilizzare un tipo di calce che egli stesso giudicava «ottima». Reperita nei pressi dell’abbazia, all’interno di fosse scavate nel terreno, era risultata di ottima qualità essendo rimasta a stagionare indisturbata per molto tempo prima del fortuito rinvenimento. Poiché dubitava che nei pressi di Padova ci fossero ancora in attività fornaci a legna dedite alla produzione di calce, per l’arriccio delle pareti della basilica patavina Annigoni prospettò la possibilità di farla giungere da Montecassino («calce ce l’hanno a Montecassino, e forse se ne potrebbe ottenere il quantitativo necessario», scriveva). Effettivamente nel marzo del 1981 da Padova informavano Annigoni che «l’arricciato è stato fatto con la calce e la sabbia da Lei indicate» ovvero con quella proveniente da Montecassino («Forum Italiano Calce News», n. 4, aprile-settembre 2011).
7 Prima della distruzione le due semilunette contenevano altrettanti affreschi sempre di Luca Giordano: a destra S. Benedetto scaccia il demonio (con un segno di croce pone in fuga il demonio che gli impediva di smuovere un sasso), a sinistra S. Benedetto spegne un incendio (il patriarca che dissipa le fiamme sviluppatesi nella cucina del monastero).
8 T. Leccisotti, Montecassino, Vallecchi editore, Firenze 1946, pp. 193-194. La grande composizione a olio, di 50 metri quadri, era considerata il capolavoro di Luca Giordano se non della scuola napoletana. Il dipinto era stato già notevolmente danneggiato dai colpi d’artiglieria nei giorni precedenti la distruzione di Montecassino.
9 T. Leccisotti, Montecassino … cit., p. 206. Il lavoro eseguito da Annigoni fu illustrato «magistralmente» da mons. Giovanni Fallani, presidente della Commissione di Arte Sacra in Italia. A giudizio di quest’ultimo l’opera di Annigoni «non è la movimentata scena del Giordano con i costumi caratteristici dell’epoca, ma una visione di pace che si apre “quale anelito dell’uomo verso l’empireo e la gloria dei Santi”» (G. Fallani, Annigoni a Montecassino, in AA.VV., Annigoni … cit., p. 38).
10 B. D’Onorio, Gli affreschi, in AA.VV., Annigoni … cit., pp. 25-26.
11  G. Fallani, Annigoni … cit., p. 38.
12 Ad esempio nel 1982 Dante Ricci per i dipinti nella cappella di S. Giuseppe, e, nel 1984, Romano Stefanelli per la volta e le pareti del coro (La predica di S. Benedetto agli abitanti di Cassino; S. Benedetto consegna la regola ai monaci; S. Tommaso d’Aquino; S. Bruno abate di Montecassino e vescovo di Segni).
13 Anche per la barocca chiesa del 1636 del Gesù di Casa Professa di Palermo, nella quale il crollo della cupola e parte della navata centrale aveva causato la distruzione di affreschi sei-settecenteschi, si è giunti, tra il 1954 e il 1956, al riaffrescamento di alcune parti a opera di Federico Spotore (T. Breccia Fratadocchi, La ricostruzione dell’abbazia di Montecassino, Gangemi Editore, Roma 2014, p. 162).
14 Per taluni studiosi tale soluzione è apparsa «scarsamente convincent[e]». A loro giudizio andrebbe preferita la «proposta, sempre più diffusa in Europa, che si avvale di immagini di “cieli” essenziali e colori sfumati che riconducano la fantasia alle suggestioni dello spazio celeste» (T. Breccia Fratadocchi, La ricostruzione … cit., p. 162).

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