Il «Museo vivo della memoria» di Colle San Magno

 

Studi Cassinati, anno 2013, n. 4
> Scarica l’intero numero di «Studi Cassinati» in pdf
> Scarica l’articolo in pdf
.

di Grazia Iannelli

4-15Il 5 ottobre 2013 è stato inaugurato a Colle San Magno il «Museo vivo della memoria» che si propone di portare alla luce le sofferenze, i lutti, i sacrifici patiti dalla popolazione locale durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato dopoguerra. Infatti il paese, proprio in ragione della sua posizione strategica essendo ubicato alle pendici del monte Cairo, costituì, per nove lunghi mesi tra il 1943 e il 1944, una delle principali retrovie tedesche del fronte lungo la «linea Gustav» e la linea scelta dai curatori del Museo è stata quella di mettere al centro della ricostruzione storica la popolazione civile attraverso il racconto diretto dei testimoni che hanno vissuto quei drammatici avvenimenti. In tal modo i ricordi dei singoli escono dal chiuso della memoria familiare nel quale sono stati confinati fino ad ora per essere invece riconnessi a livello comunitario e diventare «memoria condivisa» intesa come bagaglio di esperienze e significati.
La realizzazione della struttura museale è stata resa possibile grazie alla concessione di un finanziamento europeo. Con l’inaugurazione del Museo arriva infatti a compimento un percorso iniziato nel 2011 con la partecipazione del Comune di Colle San Magno a un bando indetto dal GAL – Versante laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo – per la selezione e il finanziamento di “Attività turistiche” promosse da enti pubblici e volte alla valorizzazione e alla promozione del territorio che il 9 dicembre 2011 deliberò la concessione al Comune montano un finanziamento di € 84.787,20 pari al 100% della somma richiesta.
La cerimonia di inaugurazione è iniziata con il taglio del nastro da parte del sindaco Antonio Di Nota alla presenza di numerose autorità: l’ambasciatore neozelandese in Italia Trevor Donald Matheson, gli europarlamentari Francesco De Angelis e David Sassoli, il sottosegretario ai rapporti col Parlamento, Sesa Amici, la senatrice Maria Spilabotte, l’assessore alla cultura della regione Lazio Lidia Ravera, i consiglieri regionali Mauro Buschini, Mario Abbruzzese e Marino Fardelli, il presidente del GAL – Versante laziale del PNA Loreto Policella, il presidente del Comitato scientifico del Museo Silvana Casmirri, il presidente del Museo storico della liberazione di Roma Antonio Parisella e il presidente del Comitato del 70° anniversario delle Battaglie di Cassino Danilo Salvucci.
La cerimonia è poi proseguita nella cornice della chiesa parrocchiale in cui si sono susseguiti una serie di interventi moderati da Elena Pittiglio. Il sindaco Di Nota ha espresso la sua soddisfazione per il risultato raggiunto, definendo quella in corso una giornata «storica e memorabile» per la sua comunità con l’apertura di un Museo che vuole essere anche un omaggio allo spirito della «collaccianità» nonché uno stimolo al «risveglio delle coscienze» in questo particolare frangente storico. Un Museo «bellissimo e commovente» è stato definito dall’assessore Lidia Ravera che ha voluto esprimere il suo personale apprezzamento per il carattere «narrativo» della nuova realtà museale, per il suo essere non un semplice contenitore di eventi, date, fatti, ma raccoglitore di storie di vita, nomi, volti e sguardi e, in tal senso, “vivo”. La Direttrice scientifica del Museo, Cecilia Mastrantonio, ha spiegato il taglio che si è inteso dare al Museo, che offre cioè una lettura degli eventi sulla base del racconto fatto da testimoni ancora in vita. Al riguardo la prof.ssa Silvana Casmirri ha avanzato alcune considerazioni di carattere metodologico sull’uso delle fonti orali, sottolineando il «valore aggiunto» dato alla ricerca storica da questo tipo di fonte (che è in grado di riferirci come i fatti sono stati vissuti dai testimoni, restituendoci la componente emotiva insita nel racconto) ma anche i rischi insiti in un suo utilizzo privo di riscontri con le fonti istituzionali.
Il Museo, ubicato al primo piano di un edificio collocato nel cuore del borgo medievale, è composto di cinque sale allestite con pannelli esplicativi, fotografie, oggetti di vita quotidiana e reperti militari. All’interno del Museo non c’è luce naturale, per favorire la fruizione dei contenuti multimediali, ma anche per invitare i visitatori alla partecipazione e all’immedesimazione nella storia. Ogni sala presenta un “tema” principale, richiamato dai pannelli e dagli oggetti in essa contenuti. La prima sala presenta una panoramica delle tappe e degli eventi principali della seconda guerra mondiale e una breve rassegna delle vicende storiche che hanno riguardato il paese di Colle San Magno dalle origini. Segue quindi la «Sala dell’assenza» nella quale viene richiamata, anche attraverso l’esposizione di oggetti di vita quotidiana, l’attenzione del visitatore sul forte impatto che la guerra ebbe, in termini di privazioni, disagi, paure, sulla popolazione civile, costretta a trascorrere lunghi mesi in rifugi di fortuna (come le “pagliare”, o come le grotte disseminate sulle montagne circostanti il paese) o condotta dai tedeschi in campi di raccolta. Uno spazio più ristretto, quasi a esortare il visitatore al raccoglimento, occupa invece la «Sala della memoria», nella quale sono riportati i nominativi – accertati – delle vittime civili e militari di Colle San Magno, compresi coloro che morirono nel dopoguerra a causa dei numerosi residuati bellici presenti sul territorio. Nella quarta sala vengono ripercorse le tappe principali delle quattro (o tre secondo la ricostruzione degli storici militari tedeschi) «Battaglie di Cassino», con particolare riferimento agli eventi che coinvolsero direttamente Colle San Magno. Qui sono conservati gli oggetti di natura militare (elmetti, proiettili, armi) che sono stati donati o rinvenuti localmente. L’ultima è la «Sala delle testimonianze» nella quale è possibile vedere e ascoltare vari filmati di interviste. Il progetto del Museo ha inteso, appunto, valorizzare in primo luogo le fonti orali, pur senza escludere altre tipologie di fonti. Del resto – ha precisato Cecilia Mastrantonio, Direttrice scientifica del Museo – l’intenzione dei curatori era quella di non dare vita a un generico museo di storia locale né a uno di storia militare che ripercorresse le pur importanti vicende belliche intorno alla linea Gustav, ma di impostare la ricerca e l’allestimento stesso sull’importanza che riveste la memoria orale ai fini della ricostruzione storica ponendo in primo piano la popolazione civile che si trovò in quei mesi a subire le conseguenze dell’occupazione tedesca (razzie, rastrellamenti di uomini, uccisioni di singoli e veri e propri eccidi) e la violenza degli Alleati (manifestatasi sotto forma di bombardamenti sistematici su tutto il territorio per culminare poi, al momento dell’agognata liberazione, nello stupro di massa a opera delle truppe francesi). Tale approccio metodologico – che vede nei civili i destinatari principali della violenza bellica e conferisce crescente centralità alle loro esperienze di guerra e alla memoria che singoli e comunità conservano della drammatica “guerra in casa”, degli occupanti e degli Alleati – è condotto avvalendosi ampiamente dell’utilizzo di fonti orali e adottando quindi un punto di vista dal basso, interno agli avvenimenti narrati.
Dunque il coinvolgimento della popolazione popolazione (già chiamata in causa per la donazione di reperti civili e militari), si è rivelato fondamentale per la fase di raccolta delle testimonianze con le giovani collaboratrici della Pro-loco che si sono adoperate nell’individuazione dei testimoni e nell’organizzazione degli incontri-intervista. Particolare attenzione è stata riservata alla distribuzione geografica dei testimoni cercando, cioè, di “coprire” tutte le contrade del paese. Infatti le esperienze di guerra vissute risultano essere profondamente differenziate a seconda del punto geografico: abitare nella frazione Forma o nella contrada opposta, Varciosa, dava luogo a situazioni e a rischi diversi in ragione della maggiore o minore vicinanza al fronte, della presenza più o meno concentrata di truppe tedesche, della maggiore o minore esposizione ai bombardamenti, delle modalità di sfollamento utilizzate e delle destinazioni riservate agli sfollati. Complessivamente son state realizzate una quarantina di interviste sulla base di una griglia di domande elaborata in collaborazione con la cattedra di Storia contemporanea dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio meridionale. Tali domande hanno riguardato molteplici aspetti dell’esperienza bellica vissuta dagli abitanti di Colle San Magno, incentrandosi sulla memoria dei bombardamenti, delle conseguenze dell’occupazione tedesca, del rapporto tra la popolazione locale e l’esercito occupante, dei lutti subìti, dei disagi legati alla fame, al freddo, alla perdita della casa e degli averi, dello sfollamento, dell’immagine degli Alleati.
Le interviste, trascritte integralmente da Cecilia Mastrantonio, accompagnate da una scheda di corredo e digitalizzate, hanno assicurato al Museo una preziosa base documentaria da integrare con gli altri materiali e apparati documentari presenti nella struttura. Tuttavia allo scopo di ricordare alle giovani generazioni che la fine del conflitto non significò, nell’immediato, un miglioramento sensibile delle condizioni di vita, le testimonianze raccolte non tralasciano il dopoguerra. L’eredità delle vicende belliche fece sentire a lungo il suo peso e gli abitanti di Colle San Magno dovettero affrontare una lunga e penosa serie di difficoltà legata alle distruzioni subìte, alla fame, alla disoccupazione, alla diffusione di malattie come malaria e tifo, allo scoppio di ordigni che, disseminati nel territorio, resero difficoltosa, e spesso mortale, la ripresa delle attività agricole. Per superare questo stato di cose ci volle una forza di volontà e uno spirito di sacrificio e di adattamento non comuni, che meritano pertanto di essere richiamati all’attenzione dei giovani come importante insegnamento morale.
Alla fase di raccolta delle testimonianze è seguita quella della messa a confronto dei contenuti delle stesse con altre tipologie di fonti. Per la necessità di non assolutizzare le fonti orali i racconti raccolti sono stati incrociati con fonti di diversa natura (la bibliografia sulla seconda guerra mondiale e sulle vicende belliche che hanno riguardato in particolare il Cassinate; le fonti archivistiche tratte da archivi internazionali; le fonti archivistiche locali, reperite soprattutto presso l’Archivio Storico Comunale; i testi di riferimento sull’utilizzo, le peculiarità e le sfide poste dalle fonti orali; la memorialistica; le memorie locali riguardanti il periodo bellico e il dopoguerra prodotte nei paesi dell’area circostante). Alla fine l’accostamento delle testimonianze orali alle altre fonti ha consentito, in molti casi, una ricostruzione più puntuale di alcuni aspetti e/o avvenimenti del periodo di riferimento. Per esempio, è stato possibile stabilire in maniera sufficientemente precisa molti aspetti relativi al lungo periodo dell’occupazione tedesca, come le modalità dell’occupazione, le sedi scelte come deposito di armi e munizioni, l’ubicazione dei posti di pronto soccorso, l’esatta distribuzione delle numerose cucine sparse nel territorio. In qualche caso il confronto fra i racconti degli intervistati ha dimostrato la sopravvivenza di ricordi contrastanti con il racconto dominante all’interno della comunità oppure sono emerse storie nascoste e, per certi aspetti, impreviste (ad esempio la presenza di soldati originari di Colle San Magno nella categoria degli IMI, Internati Militari Italiani), così come è stato possibile ricostruire gli elenchi dei morti civili e militari del paese.
Nelle intenzioni dei curatori, il «Museo vivo della memoria» non deve “limitarsi” a conservare intatta la memoria del recente passato contestualizzandola all’interno di un quadro più generale ma deve aspirare a diventare una realtà dinamica, che svolga un ruolo attivo nell’ambito della promozione di iniziative culturali quali potrebbero essere mostre, proiezioni di filmati o documentari, studi, ricerche e pubblicazioni sul territorio e sull’esperienza storica della comunità. In tal senso una particolare attenzione verrà posta all’organizzazione di visite guidate ai luoghi della memoria ma l’obiettivo generale deve tendere alla riscoperta del patrimonio naturalistico di Colle San Magno che può e deve essere valorizzato e promosso sotto il profilo turistico. L’individuazione di percorsi di ecostoria che oltre a toccare i luoghi interessati dal passaggio della guerra offrano l’occasione per la valorizzazione di luoghi importanti sul piano del recupero e/o della trasmissione dell’identità collettiva (la “miniera”, la vecchia cava d’asfalto che ha rappresentato, nella prima metà del secolo, una risorsa economica considerevole per una popolazione dedita quasi esclusivamente all’agricoltura di montagna, alla pastorizia, alla raccolta della legna e del carbone, per trasformarsi nei mesi di guerra in rifugio per decine di persone) ha l’obiettivo di contribuire all’attivazione in loco di attività economiche non delocalizzabili – legate al turismo, alla promozione della cultura locale, delle attività e delle tradizioni (anche enogastronomiche) – per contribuire alla crescita economico-culturale del territorio.

(140 Visualizzazioni)