Studi Cassinati, anno 2013, n. 4
> Scarica l’intero numero di «Studi Cassinati» in pdf
> Scarica l’articolo in pdf
.
di Antonio D’Angiò
La mostra dei Capolavori del Museo di San Gennaro che si tiene in questi mesi a Roma (prorogata al 2 marzo 2014) offre l’opportunità di conoscere più approfonditamente «uno dei più importanti e ricchi tesori d’arte orafa al mondo», ma, al tempo stesso, dà l’occasione per ricostruire le vicende legate al salvataggio dei beni artistici e culturali di Montecassino o depositati in abbazia, avvenute esattamente settant’anni fa, anche in omaggio ai protagonisti di allora che con la loro opera hanno consentito alle generazioni successive di poter fruire di quei patrimoni. In più è proposta, in conclusione, una testimonianza.
.
Dal 30 ottobre 2013 al 16 febbraio 2014 si svolge a Roma (palazzo Sciarra) una mostra dedicata a «Il Tesoro di Napoli – I Capolavori del Museo di San Gennaro»1.
Il Tesoro di San Gennaro, andatosi formando nel corso di «sette secoli» attraverso le «donazioni di papi, imperatori, re, uomini illustri e persone comuni», è stato portato alla luce e all’ammirazione del pubblico solo da dieci anni con l’apertura di un Museo a Napoli e quest’anno, per la prima volta, una parte rappresentativa è uscita dalle mura partenopee per una esposizione organica che ha voluto far comprendere innanzitutto perché e come si sia formato uno dei più importanti patrimoni artistici e culturali del mondo, superiore a quello della Corona d’Inghilterra, e cosa rappresenti per i napoletani, da sempre i veri custodi di questi capolavori. Dunque il «leggendario Tesoro di San Gennaro», assieme a documenti originali, dipinti, sculture, disegni e arredi sacri, viene presentato per la prima volta al di fuori della città di Napoli, restituendo la «straordinaria storia di un culto, una città, un popolo», ma coprotagonista dell’evento appare Montecassino con i suoi luoghi e la sua storia poiché tra argenti e ori si ritrovano, in un filmato d’epoca, le immagini del suo trasferimento, nel maggio del 1943, da Napoli all’Abbazia benedettina prima del suo successivo spostamento a Roma.
Per comprendere la bellezza di tale Tesoro bisogna partire dal culto di San Gennaro e dalla sua storia,
spesso in bilico tra devozione e pregiudizio, fede e incredulità, legata indissolubilmente a quella della città partenopea, fino a una identificazione tra il santo protettore e le pulsioni psicologiche di un popolo periodicamente minacciato da catastrofi naturali ed eventi storici. Questa fede e il determinante ruolo della Deputazione, l’antica istituzione laica sorta con il voto della città il 13 gennaio 1527, sono stati capaci non solo di custodire, ma anche di commissionare e di guidare le scelte pretendendo il meglio che la produzione artistica offrisse e da cui si è formato il Tesoro di San Gennaro.
Il percorso espositivo ha avuto come fulcro i due più straordinari capolavori del Tesoro: la Collana di San Gennaro e la Mitra.
La Collana di San Gennaro, in oro, argento e pietre preziose, è uno dei gioielli più preziosi esistenti al mondo e la sua storia si intreccia indissolubilmente con il percorso della costante devozione tributata al Santo dalla città e dai regnanti nel corso dei secoli. Nel 1679 i Deputati decisero di utilizzare alcune gioie (tredici grosse maglie in oro massiccio
al quale sono appese croci tempestate di zaffiri e smeraldi) per creare un magnifico ornamento per il busto, dando mandato a Michele Dato, cui si affiancarono altri artigiani, per consentire la realizzazione di un pezzo così impegnativo nell’arco di soli cinque mesi.
Attualmente la Collana comprende anche altri gioielli di diversa fattura e datazione e di provenienze illustri: una croce donata nel 1734 da Carlo di Borbone, una croce offerta dalla regina Maria Amalia di Sassonia, una ciappa in tre pezzi con diamanti e smeraldi, una croce di diamanti e zaffiri del 1775 donata da Maria Carolina d’Austria, una spilla a forma di mezza luna del 1799 donata dalla Duchessa di Casacalenda, una croce e una spilla in diamanti e crisoliti offerte da Vittorio Emanuele II di Savoia e altri oggetti ancora.
La Mitra, di cui nel 2013 si è celebrato il 300° anniversario della
realizzazione, venne commissionata dalla Deputazione per essere indossata dal busto durante la processione in occasione dei festeggiamenti nell’aprile del 1713. Vede la luce nell’Antico Borgo Orefici, voluto dai sovrani angioini, una vera fucina di talenti, fra cui l’autore: il maestro orafo Matteo Treglia. Il valore della mitra è enorme, sia per quanto concerne la materialità dell’oggetto, sia per la forte simbologia di cui è intrisa.
La Mitra, in argento dorato, risulta ornata da 3964 pietre preziose, tra cui 3326
diamanti, 164 rubini, 198 smeraldi e 2 granati, secondo una tradizione di costruzione di oggetti ecclesiastici legata alla simbologia delle pietre: lo smeraldo rappresentava l’unione della sacralità del Santo con l’emblema dell’eternità e del potere, i rubini il sangue dei martiri e i diamanti il simbolo della fede inattaccabile.
1 La Mostra, promossa dalla Fondazione Roma, è stata organizzata dalla Fondazione Roma Arte-Musei in collaborazione con il Museo del Tesoro di San Gennaro di Napoli.
(447 Visualizzazioni)