RECENSIONI BIBLIOGRAFICHE

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libro-06

GAETANO DE ANGELIS-CURTIS, Gaetano Di Biasio (1877-1959). Carattere di impertinente ribelle e di sognatore …, Centro Documentazione e Studi Cassinati, Ivo Sambucci Editore, Cassino 2012, pagg. 184 + 1 disco digitale, illustr. b./n., f.to cm. 17×24; ISBN 978-88-97079-06-4; s. pr.
Il volume è edito dal Centro Documentazione e Studi Cassinati, con il patrocinio oneroso della presidenza del Consiglio della Regione Lazio e in collaborazione con il Laboratorio di storia regionale dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale e si compone, oltre al tradizione supporto cartaceo, di un disco digitale. Incentrato su una delle più importanti figure del panorama politico-amministrativo e culturale di Cassino e del Cassinate in genere della prima metà del Novecento, si apre con la Presentazione di Mario Abbruzzese, presidente del Consiglio regionale del Lazio e poi la Prefazione a firma di Silvana Casmirri, ordinario di Storia contemporanea e responsabile del «Laboratorio di storia regionale» di Uniclam. Il volume si configura come prosecuzione del Diario scritto da Gaetano Di Biasio in un arco di tempo compreso tra il 1943 e il 1957, che, recentemente pubblicato a cua di Casmirri/De Angelis-Curtis, ha indotto l’esigenza di giungere a una sistematizzazione degli aspetti biografici del personaggio i quali, assieme alle vicende personali, chiaramente riflettono le questioni, i problemi, le situazioni che hanno attraversato Cassino e il Cassinate nei primi cinquant’anni del secolo scorso. Chi, infatti, abbia modo di interessarsi di questioni di carattere storico-contemporaneistiche relative a Cassino e al Cassinate in genere, nonché alle personalità che hanno operato in tale lembo di territorio in un ambito temporale quale quello della prima metà del Novecento, finisce inevitabilmente per imbattersi nella figura di Gaetano Di Biasio, avvocato, uomo politico, amministratore (ma non solo della sua «città martire») e letterato e così è successo, ad esempio, negli studi relativi ai tentativi operati per l’istituzione della provincia di Cassino, a quelli inerenti il Tribunale di Cassino e a quelli concernenti le vicende, tristi e dolorose, dei primissimi anni successivi al passaggio del fronte bellico nel corso della seconda guerra mondiale. «Scrivere la biografia del personaggio significa, in realtà, fare un affondo nella storia politica, socioeconomica e culturale di Cassino e di quella parte della provincia di Terra di Lavoro delle cui dinamiche egli fu ampiamente partecipe dagli ultimi decenni dell’Ottocento fino all’avvento del fascismo, quando si dimise dal Consiglio provinciale (1923). Le sue scelte di campo sul piano dell’impegno politico a tutela di operai, contadini e artigiani, sopraffatti dallo strapotere dei ceti padronali si delineano precocemente, subito dopo la conclusione degli studi superiori, di rigoroso stampo umanistico, nel prestigioso Liceo Tulliano di Arpino e in parallelo con gli esordi nell’attività giornalistica sulle pagine di alcuni periodici locali. Le iniziali suggestioni di stampo libertario e anarchizzante cederanno presto il posto all’adesione al socialismo di stampo “integralista”, quindi, nel primo dopoguerra, al socialismo riformista espresso dal casertano Alberto Beneduce. Fino ad allora quello di Di Biasio è, in qualche modo, il tipico percorso di una generazione che ha saputo sottrarsi ai condizionamenti imposti dalle proprie umili origini e dal soffocante potere dei ceti dominanti facendo leva sull’emancipazione culturale, sull’impegno politico e sociale, sulla polemica aperta contro l’inadeguatezza e la corruzione delle amministrazioni comunali (egli condurrà storiche battaglie contro quella di Cassino) e sulla scelta di una professione, quella di avvocato, per sua natura orientata dai valori della giustizia, quando non interpretata, come egli non fece, quale strumento di supporto agli abusi dei potenti. Socialismo e formazione di una coscienza di classe, sostegno alle lotte operaie e contadine, sfida all’egemonia e agli interessi borghesi e alle figure che ne sono espressione tanto a livello locale che nazionale, impegno per l’affermazione di una giustizia sociale emancipatrice dei ceti più umili sono dunque le principali coordinate delle sue battaglie politiche e giornalistiche fino al primo dopoguerra quando tenterà il “salto” candidandosi, ma senza successo, alla Camera dei Deputati», cui seguì un «dignitoso e … sofferto isolamento» negli anni del fascismo nel corso dei quali si dedicò «esclusivamente alla professione e ai suoi amati studi», per offrire, dopo la liberazione operata dagli Alleati, il suo «generoso impegno per la rinascita di Cassino e di tutti i “Comuni dalle Mainarde al mare”» (S. Casmirri, Prefazione). Tuttavia accanto a una pubblicazione tradizionale che ripercorresse tali vicende, suddivise cronologicamente, si è voluto offrire anche un contributo alla conoscenza degli aspetti meno noti della poliedrica figura di Di Biasio, in particolare quelli relativi alla sua attività di pubblicista, di autore di opere letterarie e di critico letterario, essendo stato egli «uomo di ampie letture di carattere storico, letterario e filosofico e di solide competenze anche in ambito teatrale e musicale» il quale in nessuna fase della sua vita «omise la frequentazione dei grandi “classici” del pensiero, della letteratura, della poesia tanto italiani che stranieri (che leggeva in traduzione)». Per tale motivo la ricerca è stata diretta al reperimento di materiali archivistici e librari e, nonostante le considerevoli difficoltà incontrate, principalmente dovute alla loro volatilizzazione a seguito della completa distruzione patita dal territorio nel corso delle ultime cruenti vicende belliche, è stato possibile rinvenire gran parte della produzione letteraria di Di Biasio, oltre a un discreto numero di copie di riviste e periodici fondati e diretti dall’avvocato e a documentazione varia. Tutti tali materiali sono stati raccolti su un supporto informatico multimediale, risultando facilmente fruibili per chi intendesse approfondire specifici argomenti.


libro-07GAETANO DE ANGELIS-CURTIS, Le variazioni della denominazione dei Comuni dell’alta Terra di Lavoro. Riflessi secondari dell’Unità d’Italia, Centro Documentazione e Studi Cassinati, Cassino 2013, pagg. 160,  illustr. b./n., f.to cm. 17×24; ISBN 978-88-97592-15-0; s. pr.
Il volume è edito dal Centro Documentazione e Studi Cassinati-Onlus in collaborazione con il Laboratorio di storia regionale dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Si tratta di uno studio su un aspetto particolare e apparentemente secondario verificatosi negli anni immediatamente successivi all’Unificazione nazionale e relativo alle variazioni parziali o totali della denominazione dei Comuni. La costruzione del nuovo Stato unitario pose molte e importanti questioni di stampo politico, amministrativo, economico, territoriale ecc., al pari di quelle relative all’uniformità degli ordinamenti legislativi. Tuttavia accanto a tali rilevanti questioni se ne vennero a prospettare anche altre di un’importanza relativamente secondaria. Un esempio è rappresentato dai casi di coincidenza della denominazione di città e paesi che entravano a far parte della nuova entità statuale italiana. Infatti il passaggio al nuovo regno d’Italia fece emergere la «necessità di una maggiore determinatezza nei nomi dei comuni» una volta facenti parte degli Stati preunitari, perché le molte omonimie erano causa «di frequenti disguidi e di altri inconvenienti». Per porre rimedio all’inconveniente, il ministero dell’Interno sollecitò, giungendo, in alcuni casi, a porre più volte la questione, gli amministratori locali dei vari centri ricadenti in una situazione di omonimia a deliberare «se non di cambiare affatto l’attuale denominazione, farvi almeno qualche aggiunta che desumere si potrebbe dalla speciale situazione topografica secondo che il comune si trova nel monte o nel piano, al mare, o sopra un fiume o un torrente». La questione della modifica della denominazione dei Comuni toccò anche la storica provincia di Terra di Lavoro, o provincia di Caserta e finì per interessarne, tra quelli ubicati nella sua parte più settentrionale, complessivamente ventotto di cui ventidue preferirono aggiungere al loro nome un suffisso di identità, uno lo cambiò parzialmente, mentre i restanti cinque optarono per la modificazione totale. In tale volume, oltre alla ricostruzione delle vicende che portarono alla modifica, sono riproposte, in copia, le deliberazioni dei Consigli comunali dei Comuni interessati alla questione e che, per la maggior parte, non sono più conservate nei rispettivi archivi comunali in seguito alle distruzioni e dispersioni patite nel corso della seconda guerra mondiale, nonché i Regi decreti d’autorizzazione. I Comuni interessati e la tempistica delle modifiche apportate furono:

Comune     Delibera di Consiglio       Regio Decreto
Comunale

S. Elia    01.08.1862    14.09.1862 n. 825
Monticello    02.08.1862    14.09.1862 n. 825
20.12.1862    18.01.1863 n. 1134
Castelnuovo    09.08.1862     14.09.1862 n. 825
Fratte    22.08.1862    21.09.1862 n. 866
Schiavi      04.09.1862    09.10.1862 n. 903
Conca    16.10.1862    09.11.1862 n. 977
Pignataro     11.10.1862     09.11.1862 n. 977
S. Vittore     11.10.1862     09.11.1862 n. 977
Agnone     17.10.1862     09.11.1862 n. 977
Belmonte     19.10.1862     14.12.1862 n. 1078
Castelluccio    01.11.1862     14.12.1862 n. 1078
Coreno     19.10.1862     14.12.1862 n. 1078
Piedimonte di S. Germano     15.10.1862     14.12.1862 n. 1078
S. Donato    26.10.1862     14.12.1862 n. 1078
S. Andrea     19.10.1862     14.12.1862 n. 1078
Fontana    20.11.1862     22.01.1863 n. 1140
S. Ambrogio    12.12.1862     22.01.1863 n. 1140
Viticuso    19.12.1862    22.01.1863 n. 1140
S. Giorgio     20.10.1862     22.01.1863 n. 1140
Villa S. Lucia    14.12.1862    22.01.1863 n. 1140
Spigno     23.10.1862
16.11.1862     22.01.1863 n. 1140
Marzano    20.12.1862    26.03.1863 n. 1218
Palazzolo     21.12.1862    26.03.1863 n. 1218
S. Germano    23.05.1863    26.07.1863 n. 1425
Campoli     01.05.1863    26.07.1863 n. 1425
Isola     05.11.1862    26.07.1863 n. 1425
San Biagio    01.05.1864    23.10.1864 n. 1998
Sessa    30.05.1864    23.10.1864 n. 1998


 

libro-08EMILIO PISTILLI, La Torre campanaria di Cassino, Centro Documentazione e Studi Cassinati, 2ª edizione riveduta e ampliata, Tip. Ugo Sambucci, Cassino 2013, pagg. 165, illustr. col. e b./n., f.to cm. 17×24; ISBN 978-88-97592-12-9; s.pr.
Si tratta delle seconda «editio altera aucta et emendata» di uno studio che era già stato già pubblicato da Emilio Pistilli nel 1984 a Cassino a opera dell’editore Lamberti. Questa seconda edizione oltre alle Presentazioni, firmate da Enzo Mattei e Aurelio Pietro Ranaldi all’epoca, rispettivamente, sindaco di Cassino e presidente della A.A.S.T. di Cassino, e all’Introduzione alla prima edizione, si apre con il saluto del presidente della Banca Popolare del Cassinate, Donato Formisano, la Presentazione del presidente del CDSC-Onlus Gaetano de Angelis-Curtis e la Prefazione dell’arch. Giuseppe Picano. Un’operazione editoriale come la ristampa di un volume contiene in sé un’accezione estremamente positiva in quanto veicola la validità e la bontà dell’opera andata esaurita, doverosamente bisognosa di essere ripubblicata affinché possa continuare a diffondere il proprio messaggio nei vari circuiti storico-culturali e tale è il merito precipuo degli studi di Emilio Pistilli.
La trilogia di opere pistilliane rappresentate da questo volume su La torre campanaria di Cassino e dalle pubblicazioni su Il Riparo e su Le chiese di Cassino appaiono di fondamentale importanza per la conoscenza dei monumenti tardo medievali  esistenti nell’area intorno alla Chiesa Madre … soprattutto perché i resti di quei monumenti sono ormai invisibili o sconosciuti ai più». Infatti anche la Torre campanaria, unico simbolo che ha resistito per un ventennio alla distruzione della «città martire», quasi muto monito delle atrocità perpetrate a questo territorio e alle sue genti, a metà degli anni Sessanta è stato abbattuto. Le vicende storiche di tale importante manufatto e simbolo per secoli della città sono state considerate in questo volume nella loro complessità a tutto tondo, con un’accurata ricerca condotta sugli assetti costruttivi, fisici e materiali della struttura in sé, sulla molteplicità degli aspetti storici, fino a quelli simbolici, considerati, in particolare, rispetto alla data spartiacque del 15 marzo 1944. Una struttura millenaria già risorta una volta dalla distruzione. Dall’originale e, come sembra, suggestivo campanarium gisolfiano della metà dell’Ottocento, la riedificata torre campanaria, forse desideriana d’inizio primo millennio, ha vegliato sulla città per nove secoli, restaurata, consolidata, ristrutturata, sopraelevata, fino a essere dotata di nuove funzioni. Il volume, dunque, si sviluppa partendo dalle suggestive ipotesi relative alla datazione e alla struttura fisica della prima costruzione, per presentare, della successiva torre campanaria, prospetti architettonici, disegni, fotografie, comparazioni con manufatti similari, e poi vicende storiche approfondite attraverso puntuali indagini archivistiche, anche con testimonianze se del caso, relativamente, ad esempio, al basamento, ai vari piani, alle campane, fino alla sua demolizione ripercorsa anche attraverso un’abbondante documentazione, il tutto accompagnato, al contempo, da un apparato storico e documentario di rispetto, dagli inventari secenteschi all’importante carteggio con l’insigne monaco cassinese e ingegnere d. Angelo Pantoni. In sostanza la torre campanaria, ubicata nel cuore della Cassino che fu, vegliando direttamente sul polo giudiziario (il Tribunale) e su quello religioso (chiesa madre e palazzo abbaziale) e a poca distanza da quello amministrativo (Comune) e scolastico (Liceo-ginnasio), con i suoi quattro o cinque ordini di piani, più quello soprelevato all’inizio del Novecento per installarvi l’orologio, con le sue cinque campane, con i suoi trenta metri di altezza ha scandito per un millennio i ritmi di vita della città fino alla sua distruzione del 15 marzo 1944 cui ha fatto seguito l’abbattimento avvenuto un trentennio più tardi. Il rimpianto per la doppia perdita di uno dei simboli di Cassino, la prima dovuta agli eventi bellici e la seconda alla demolizione degli anni Sessanta, è un elemento portante del volume da cui traspare un’amarezza di fondo sia per la decisione in sé di giungere all’abbattimento di quel che restava della torre campanaria sia, soprattutto, per l’inerzia e l’immobilismo successivo che hanno prodotto, da un lato la dispersione fisica del manufatto, fino alla quasi sua totale scomparsa, e dall’altro una sorta di damnatio memoriae, perché «ciò che non poté la guerra poté l’incuria».


 

libro-09ANGELO NICOSIA, a cura di, Quaderni Coldragonesi, 3, Comune di Colfelice 2012, Tipogr. Arte Stampa, Roccasecca 2012; pagg. 118 illustr.  b./n., f.to cm. 29,6×21; ISBN 978-88-906464-6-1; s. pr.
Si tratta del terzo numero di «Quaderni Coldragonesi», un periodico fortemente voluto dal sindaco di Colfelice, prof. Bernardo Donfrancesco e dall’Amministrazione comunale locale che esce con cadenza annuale. Il volume si compone delle Presentazioni di Bernardo Donfrancesco e di Donato Formisano, presidente della Banca Popolare del Cassinate, della Prefazione del curatore Angelo Nicosia e di nove articoli che, come si legge in quest’ultima, trattano di argomenti «diversi per cronologia e per geografia, tutti comunque accomunati territorialmente dalla baricentricità della valle dell’antico fiume Liris e dalla storica appartenenza ai territori di confine del fu regno di Napoli» e relativi a studi epigrafi, sulle industrie locali, su ipotesi di interventi di ingegneria idraulica e su questioni territoriali oltre a spunti di diari di viaggio. I saggi sono:
– Rosalba Antonini, Osservazioni sul graffito all’esterno della scodella dai regna Maricae Minturno LT (in cui è proposta «un’analisi comparativa e meticolosa … di un’interessante graffito inciso “all’esterno di una scodella di impasto depurato di tipo buccheroide” rinvenuta nel santuario extraurbano» ubicato presso la foce del Garigliano);
– Alessandra Tanzilli, Sparsa ac disiecta membra sorana (tratta di alcuni rinvenimenti archeologici nel sorano, in particolare di vari altari scoperti nella chiesa di S. Maria Assunta che portano a formulare un’ipotesi di abbassamento della datazione del tempio romano di Sora, al pari di un cippo terminale a carattere funerario ritrovato alla confluenza del torrente Lacerno con il fiume Liri, della “riscoperta” dell’epigrafe CIL X, 5723 e di un cippo individuato in località Madonna della Quercia);
– Carlo Molle, L’iscrizione romana dietro la “stella marmorea” dell’altare maggiore di Montecassino (un’indagine su un frammento tra le macerie del monastero benedettino distrutto il 15 febbraio 1944 e ora conservato nel Museo di Aquino. Il frammento, che riporta alcune lettere di un’iscrizione romana, faceva parte di una lastra intarsiata, un «piccolo capolavoro di arte marmoraria … quasi certamente realizzato in occasione della ricostruzione seicentesca dell’altare da parte dell’atelier» del celebre scultore e architetto lombardo Cosimo Fanzago);
– Angelo Nicosia, Iscrizioni di Età Moderna a Pontecorvo (si tratta di un repertorio epigrafico delle 21 tra iscrizioni, blocchi di marmo, steli, pietre e lastre calcaree, lapidi marmoree del centro urbano pontecorvese, di cui solo dieci rimaste, sulle complessive 33 attestate nella città);
– Lialina Corina Tucu, Alla scoperta dell’Antichità: diari di viaggio di Antonio Canova e Giannantonio Selva nel percorso Roma-Napoli (vengono riproposte le annotazioni di viaggio dei due giovani veneti che, partiti da Roma il 22 gennaio 1780 per raggiungere Napoli, seguendo la via Appia visitarono Terracina e Fondi, guadarono con le scafe il Garigliano, si fermarono a Capua. Giunti a Napoli ripartirono il 24 febbraio soffermandosi alla Reggia di Caserta e fare poi il percorso inverso fino a Roma. I due diari sono riproposti affiancati l’uno all’altro in Appendice allo stesso saggio con quello dell’architetto Selva che si differenzia notevolmente rispetto al contestuale scritto dell’amico scultore Canova, apparendo «veramente molto sintetico»);
– Fernando Riccardi, Industrie e manifatture della media valle del Liri: dopo l’Unità il crollo (in cui viene ripercorso un «problema ampiamente dibattuto» cioè quello «incentrato sulla crisi» venutasi a determinare subito dopo l’Unità d’Italia che travolse «in particolare il polo industriale della media valle del Liri del settore cartario e tessile», in cui erano impiegati circa 12.000 operai pari al 25% dell’intera forza lavoro dello specifico settore nell’ex Regno delle Due Sicilie, e le cui cause sono rintracciate dall’autore nella politica economica attuata dai “Piemontesi”, «tutta indirizzata a favorire l’industria e lo sviluppo delle attività manifatturiere» settentrionali con la sottrazione delle commesse statali, nello specifico militari, e l’adozione di una politica economica di stampo liberista);
– Costantino Jadecola, Un “Canal Grande” per la valle del Liri (in cui vengono trattate le vicende legate a un «singolare progetto» predisposto nel 1865 dall’ing. Raffaele Padula del Genio Civile di Napoli relativo alla costruzione, tuttavia mai realizzata, di un canale di irrigazione nel tratto tra Arce e Cassino allo «scopo di favorire il settore agricolo», in modo da «avvicinarlo, quanto meno, ai parametri minimi di quelli di altre regioni d’Italia» ubicate, in particolare, nel settentrione, nonché utilizzare la portata dell’acqua come forza motrice capace di consentire l’impianto di «ben quaranta opicifici»);
– Bernardo Donfrancesco, L’istituzione del Comune di Colfelice: delimitazione territoriale e ripartizione patrimoniale (in cui si ripercorrono le fasi che portarono le due frazioni di Coldragone e Villa Felice a staccarsi da Roccadarce per riunirsi in un nuovo Comune denominatosi Colfelice, la cui autonomia amministrativa fu riconosciuta con R.D. 6 dicembre 1923 n. 2703. Dopo aver affrontato alcuni cenni storici preliminari, l’autore si sofferma sui rapporti intercorsi tra Roccadarce, Coldragone e Case, sulle questioni della delimitazione territoriale e della ripartizione patrimoniale, su un aspetto specifico e particolare rappresentato dalle «spedalità romane» e, infine, sulla sede municipale e sullo stemma);
– Ferdinando Corradini, La questione delle Quartora fra i Comuni di Roccasecca e Rocca d’Arce/Colfelice (in cui sono trattate le pertinenze territoriali e le relative competenze giurisdizionali delle comunità locali relativamente a una storica controversia di confini determinatasi, nel corso degli anni, tra il Comune di Roccasecca e quello di Roccadarce prima e poi, al memento della sua istituzione, di Colfelice).
Il volume è stato presentato mercoledì 9 febbraio 2013 presso la Sala consiliare del Comune di Colfelice dalla prof.ssa Silvana Casmirri, ordinario di Storia contemporanea dell’Università degli Sudi di Cassino e del Lazio Meridionale.


 

libro-10ANGELO NICOSIA, a cura di, Aquino e oltre. Studi e Scritti sul Lazio meridionale, Ager Aquinas. Storia e archeologia nella media valle dell’antico Liris, VI, Pubblicazioni del Museo della Città, Aquino 2012, Tipogr. Philia s.r.l., Castrocielo 2012; pagg. 160 illustr. col. e b./n., f.to cm. 21×30; ISBN 978-88-906464-3-0; s. pr.
Si tratta del sesto volume pubblicato nella collana Ager Aquinas edita dal Museo della Città di Aquino che viene stampata dal 2006 con cadenza annuale ma con eccezione per il 2008. La pubblicazione si apre con la Presentazione del sindaco di Aquino, prof. Antonino Grincia, definito l’«inventore e realizzatore» delle manifestazioni culturali aquinati svoltesi nell’ultimo decennio, e con la Prefazione del curatore nonché direttore del Museo, Angelo Nicosia. Il volume, miscellaneo, è dedicato a studi e a ricerche sul Lazio meridionale, con particolare riferimento a quell’area appartenuta nel Regno di Napoli e poi anche con l’Unità d’Italia alla storica provincia di Terra di Lavoro, o di Caserta, per essere aggregata alla provincia di Frosinone nel 1927. La pubblicazione, come scrive Angelo Nicosia, «si caratterizza per una preponderante presenza di articoli di carattere epigrafico», che risultano essere ben sei sui nove complessivi che compongono il volume, cui si aggiunge una interessante Appendice. Si tratta, a giudizio del curatore, di un aspetto positivo in quanto «rilancia l’interesse e le aspettative locali per questa tematica che sembrava essere in declino». Apre la pubblicazione il saggio di Rosalba Antonini Bolli vascolari coloniali. Contenuti e contesti: prospettive per la ricerca, in cui è proposta la «stimolante, e se si vuole provocatoria, rilettura di alcuni particolari stampini epigrafici nominali impressi a rilievo nei fondi interni di alcuni vasi “a vernice nera”, quindi di età romana repubblica, provenienti dalle antiche colonie di Fregellae e di Interamna Lirenas». Segue il saggio di Alessandra Tanzilli su Materiali inediti della cattedrale di S. Maria Assunta a Sorama, ma la stessa studiosa firma anche un altro articolo intitolato La commutatio loci dell’iscrizione CIL X 5150a e tutti e due «rifanno ordine nella “topografia” epigrafica del territorio nella città di Sora in età romana». Marco Sbardella nel suo saggio L’iscrizione del portali di ingresso di Santa Maria della Libera di Aquino: un’ipotesi interpretativa propone, in maniera «interessante e ben condotta linguisticamente», una «rilettura dell’epigrafe nel portale della chiesa aquinate». Il curatore Angelo Nicosia si cimenta con un saggio su La media valle del Liri nel Medioevo: note di epigrafia, di arte e di topografia, uno studio condotto su «due iscrizioni tardomedievali ancora fortunatamente conservate in due chiesa extraurbane di Arce e di Santopadre» con l’obiettivo di tendere alla valorizzazione dei «documenti epigrafici medievali» di questo territorio. Prettamente di stampo storico locale l’accurato saggio di Costantino Jadecola, Aquino nei secoli bui, nel quale vengono tratteggiate le vicende della città che pur essendo riuscita a superare brillantemente la forte crisi seguita alla caduta dell’impero romano divenendo capitale della contea dei D’Aquino, iniziò la sua decadenza nel 1252 con la distruzione patita per mano di Corrado IV e che si protrasse anche in età moderna «nonostante il tentativo di risanamento operato da Giacomo Boncompagni». Vincenzo Palleschi tramite due saggi, di cui uno, Immagini multispettrali e in microspia digitale su un dipinto murale nella Chiesa della Madonna della Pietà a Santopadre (Fr) è posto in appendice all’articolo di Angelo Nicosia, mentre l’altro, autonomo, si intitola Analisi e classificazione di reperti metallici archeologici del Museo della Città di Aquino, «presenta i risultati di una collaborazione tra il Museo di Aquino e il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Pisa, nel quale lo stesso studioso opera» con l’utilizzo di particolari e sofisticate tecniche di indagine. Laura Coletti, con Un’epigrafe ritrovata: CIL X 5541, si sofferma ad analizzare un testo inserito in un CIL proveniente da un territorio «che ha sollevato, e ancora solleva, dubbi se in età romana rientrasse nel territorio di Aquino o in quello di Cassino». Infine il volume si chiude con un’interessante Appendice nella quale viene proposto, nella traduzione italiana affiancata dal testo in lingua originale, il capitolo dedicato alla visita fatta da uno degli ultimi viaggiatori del Grand Tour, l’inglese Augustus J.C. Hare, ad Aquino e più brevemente a Pontecorvo attorno al 1870..
Il volume è stato presentato il 20 aprile 2013 nella Sala consiliare del Comune di Aquino.


libro-11FERNANDO RICCARDI, Costanzo Pompei da Pico arciprete-brigante e carbonaro, Arte Stampa editore, Roccasecca 2013; pagg. 101 illustr. col. e b./n., f.to cm. 15,3×20,8; ISBN 978-88-95101-36-1; s.p.

Fernando Riccardi, giornalista, scrittore, direttore e capo redattore di vari periodici locali, autore di ricerche e pubblicazioni di carattere storico, prevalentemente contemporaneistico, come i vari saggi dedicati al brigantaggi postunitario, si cimenta, in questo volume, nella ricostruzione delle «tumultuose e controverse» vicende di un singolare personaggio vissuto a cavallo tra 1700 e 1800 in un periodo, cioè, molto turbolento dal punto di vista sociale e istituzionale. Si tratta di Costanzo Pompei nato a Pico nel 1764, che abbracciò il sacerdozio divenendo arciprete nel suo paese natale. Erano ancora vivi gli echi della Repubblica Napoletana del 1799 e del passaggio delle «orde galliche» del generale transalpino Championnet, del piantamento e della rimozione degli alberi della libertà, degli eccidi di regnicoli e patrioti repubblicani, della restaurazione borbonica, quando, nel 1806, le truppe francesi ripreso la strada per Napoli, questa volta sotto le insegne imperiali dei napoleonidi, rimanendovi per tutto il cosiddetto «decennio francese». Il ritorno dopo il congresso di Vienna del re di Napoli coincise con la definitiva strutturazione e organizzazione della Carboneria, a cui si iscrisse anche d. Costanzo e numerosi altri prelati del Mezzogiorno, e che, di fronte alla revoca della Costituzione siciliana da parte di re Ferdinando e alla perdita di autonomia del regno isolano (Ferdinando IV di Borbone riunì le corone napoletana e siciliana assumendo il titolo di Ferdinando I re delle Due Sicilie) «assunse un aspetto rivoluzionario e sovversivo, con l’obiettivo di destabilizzare la monarchia regnante». La prima insurrezione fu promossa a Nola il 2 luglio 1820 e si esaurì l’anno successivo di fronte all’intervenuto asburgico che portò alla condanna a morte di numerosi carbonari. Anche d. Costanzo prese parte ai moti giungendo ad arruolare i briganti nelle società segrete e facendo da intermediario tra le forze militari costituzionaliste e il capo brigante Alessandro Massaroni al fine di contrastare l’esercito austriaco. Inoltre innalzò la «bandiera della libertà» a Pico dove si combatté «accanitamente tra i soldati austriaci e i costituzionalisti locali», cui seguirono «giorni di lutto» con 14 condannati a morte (alcuni si avvelenarono prima di essere giustiziati mentre per gli altri, «che dovevano essere impiccati», giunse la grazia sovrana commutando la pena capitale in carcere). Per tale attività d. Costanzo fu sospeso a divinis dal vescovo di Sora, Aquino e Pontecorvo che lo inviò «a fare gli esercizi spirituali di riparazione a Balsorano e Falvaterra». Quindi nel 1823 fu processato con l’accusa di appartenere alla setta carbonara denominata «Nuova Riforma di Francia». Il processo si concluse con la condanna a morte di tre persone (Antonio Ferraioli, calzolaio, nativo di Roccadarce ma domiciliato a Lenola, e i roccaseccani Raffaele Giovinazzi e Benedetto Patamia) giustiziati «col laccio sulla forca» il 23 novembre 1823 a Santa Maria Capua Vetere, mentre d. Costanzo fu condannato a venti anni di carcere. Non dovette scontare interamente la pena detentiva presso il bagno penale di Favignana (isole Egadi, in provincia di Trapani) che, dopo qualche anno, dovette essere tramutata, probabilmente, in soggiorno obbligato finché nel 1840 lo si ritrova a Pico, «libero da qualsiasi vincolo restrittivo», dove conduceva «vita esemplare», andando «in chiesa frequentemente». Lì si spense il primo febbraio 1848 e la scomparsa avvenne proprio mentre a Napoli si stavano vivendo momenti di entusiasmo e di fermento, «in un continuo tripudio di feste e di evviva», dopo l’annuncio reale del 29 gennaio di concessione della Costituzione, poi promulgata, primo fra i vari sovrani d’Italia, da Ferdinando II di Borbone il 10 febbraio successivo. La morte di d. Costanzo appare, dunque, come una «profetica anticipazione di quello che di lì a qualche settimana sarà il 1848 capace di sconvolgere l’intero continente europeo con suoi rigurgiti rivoluzionari».
In definitiva l’intenzione dell’autore è quella di «porre rimedio ad una dimenticanza» nel rievocare una singolare figura come quella di d. Costanzo Pompei «sacerdote costituzionalista, brigante, carbonaro e poi settario e rivoluzionario», dotato di «indole inquieta» e di una «ardente passione per la politica, specialmente per quella di stampo reazionario», che aveva finito per modificare «radicalmente la sua esistenza».
Il volume è stato presentato il 4 maggio 2013 nella Sala consiliare del Comune di Pico.


libro-12MAURIZIO ZAMBARDI, Le società di Mutuo Soccorso a San Pietro Infine tra ‘800 e ‘900, Centro Documentazione e Studi Cassinati, Edizioni Eva, Venafro 2013,  pagg. 115 illustr.  b./n., f.to cm. 17×24; ISBN 978-88-96028-72-8; € 15
Il volume si apre con la Presentazione di Giuseppe Vecchiarino, sindaco di San Pietro Infine, la Prefazione di Americo Iannacone e l’Introduzione di Gaetano de Angelis-Curtis, presidente del Centro Documentazione e Studi Cassinati. L’autore si è cimentato nella ricerca e nello studio, sfociati come esito finale nella pubblicazione del presente volume, di un importante fenomeno sociale sviluppatosi  prepotentemente nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento, quale quello relativo all’istituzione di sodalizi di stampo mutualistico come le Società operaie di mutuo soccorso (Soms). Lo scopo principale delle società mutualistiche era quello di erogare sussidi in caso di malattia e agli inabili al lavoro, anche se, parallelamente, perseguivano altri intenti quali quelli propri di istituzioni cooperative (concedendo prestiti sull’onore e depositi, distribuendo prodotti attraverso magazzini, rivendendo a prezzi ridotti macchinari e strumenti, costruendo case operaie), o quelli di contribuire all’istruzione dei soci (attivando scuole serali o festive, di disegno, d’arte e mestieri, approntando biblioteche), o quelli di provvedere al tempo libero dei soci (organizzando circoli e luoghi di ricreazione). Le prestazioni diventano un diritto acquisito ed erano erogate come corrispettivo a un pagamento di contributi. Si trattava, insomma, di uno spirito solidaristico tra lavoratori che rappresentò un sistema previdenziale di stampo privatistico anticipatore di quello statale. Il mutualismo operaio si venne a sviluppare prepotentemente anche della storica provincia di Terra di Lavoro e in molti suoi Comuni furono fondate delle Società operaie. Anche a San Pietro Infine ne fu fondata una nel 1883 e oltre a perseguire obiettivi mutualistici disponeva di un magazzino cooperativo di alimenti ed erogava prestiti sull’onore.  Rimase in attività per una ventina d’anni, nel 1904 non appare più ricompresa tra quelle censite dalle Statistiche ufficiali nazionali. Invece nel 1909 ne sorse una nuova.

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