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Il cippo
Il cippo era uno dei tanti che segnavano il confine del territorio di Sant’Elia con quello di altri paesi. La lettura ci ha invogliato ad esaminarne altri.
Uno si trova al centro dell’arco del Ponte Lagnaro, in un concio largo cm. 25 e alto cm. 70; la croce si presenta con i bracci orizzontali di cm. 10 e l’asta verticale di cm. 40.
Già il Valenti faceva rilevare nell’arco di tale Ponte “la presenza di una croce con braccia rastremate verso il centro, scolpita sul concio della chiave di volta del lato meridionale. Questo particolare, se forse non indica l’antichità della costruzione, indica probabilmente una storia più complessa della struttura”1.
In effetti tale concio segna proprio un punto in cui passava in linea retta il confine tra Sant’Elia e Cassino; il che ci è testimoniato da Marco Lanni: “Die ultimo mensis Aprilis 1577 […] al labro di esso fu posto l’altro termine a diritto degli altri, per mezzo di una via occupata si venne a ponte rotto della Bagnara, dove in faccia di una pietra della cosciatura si fissò un’altra croce col millesimo […]”2. Lo studioso ripete quanto ha rilevato nel descrivere il ponte romano all’ingresso del paese: “[…] l’uno sui confini di Cassino, non lungi dalla strada che vi mena […]”.
La prova definitiva l’abbiamo nella Delineazione dei Confini del Territorio di Sant’Elia e quello di Vallerotonda, copiata dal P. D. Innocenzo Lobelli del 1745. La linea del confine va da un cippo posto sulla Via per S. Germano, passa vicino alla parte meridionale del Ponte Lagnaro e continua verso un cocuzzolo ai piedi del “Tenimento di Terelle”3.
Altri due li abbiamo trovati grazie al prezioso aiuto e alla conoscenza dei luoghi di Pasquale D’Agostino di Via Oliveto e alla disponibilità della guida di Pietro Soave di Cese, ai quali vanno ringraziamenti e tanta riconoscenza.
Quelli delimitavano il territorio di Sant’Elia con Belmonte Castello.
Il primo si trova in località Cisternola, ad ovest di Cifalco, a 450 m. s.l.m., lungo la stradetta Pedicate-Spetina, proprio dove comincia a formarsi il Fosso Cretone, che passa sotto il ponte Alvaro. Su una rupe brecciosa è incisa una croce di cm. 12 x cm. 12, molto evidenziata dal colore rosso che gli abitanti del luogo probabilmente rinnovano continuamente.
Il secondo affiora su un poggio di monte Cifalco, a m. 670 m. s.l.m. Sulla carta citata del Lobelli la località è segnata col nome Forcella di Corrado, i Cesani la chiamano Forcella di Belmonte. La pietra è posta obliquamente sul terreno, come un leggio. È scistosa come lo sono le altre all’intorno, specie quelle che formano un lungo muro a secco di confine. Misura m. 1,30 x 1,10 e si presenta in forma piuttosto regolare con una profonda scanalatura che corre dall’alto verso il basso di cm. 9 x cm. 9. Nella parte centrale è incisa molto profondamente una croce di cm. 14 x cm. 15. A lato è la lettera B, alla cui sinistra compare una linea curva che ne è il completamento; essa potrebbe essere anche una S. Certo la pietra mostra i danni del tempo ed è destinata a sfaldarsi interamente.
Oggi, quando non è più in uso la parola patria, sostituita con molta naturalezza in ogni occasione e da tutti con un termine incolore e scarsamente partecipato di paese, appare oltremodo anacronistica e singolare questa delineazione dei confini di un territorio, che obbligava un millennio fa a verificarli.
Ma dobbiamo riportarci al castrum fin dalla sua fondazione: Leone Ostiense ricorda “Iste fecit libellum juxta tenorem Abatis Aligerni quibusdam nostratibus, et posuit eos circa S. Eliam, ut ipsam Ecclesiam a barbaris destructam restituerent, et terris in circuitu juxta terminos statutos excolerent”4; e l’Universitas considerò tali terminos statutos di fondamentale importanza nel quadro della storia dal basso Medioevo fino a qualche secolo fa.
Scrive il Fabiani: “I componenti dell’universitas sono uniti da vincoli comuni giuridicamente rilevanti, compiono insieme atti collettivi, e la volontà che esprimono è ormai quella di un corpus, di una societas iuris”5.
Dopo l’occupazione da parte delle truppe imperiali del Monastero avvenuta il 24 marzo 1239, Montecassino “fu ridotto per circa 26 anni a spelonca di ladroni e l’abate […] venne privato della sua giurisdizione civile”6.
Il nuovo abate, Bernardo I Ayglerio, eletto il 29 marzo 1263, riaffermò i suoi diritti di possesso sui monti, pianure, pascoli, e corsi d’acqua; e la popolazione, anche se era tenuta a pagare i relativi terratici, si considerava strettamente legata alla terra che lavorava.
Poiché si verificavano degli sconfinamenti e sorgevano contese con violenti scontri, l’Abate in parola, per evitarli, fu costretto nel 1279 a fissare i confini di ciascun castrum in un apposito Regestum confinium7. Egli era anche spinto ad una tale opera dalla volontà di impostare l’incastellamento sulla base di confini chiari e precisi, così come aveva realizzato il suo immane lavoro nelle inquisizioni8. Nonostante l’attenta ricognizione eseguita, nei secoli avvenire i contrasti fra i castra confinanti si susseguirono sempre, come li elenchiamo più avanti.
I confini avevano sicché una rilevante importanza, in quanto delimitavano il territorio del castrum con la prescrizione dei compiti ai quali i cittadini erano tenuti ad attenersi. Infatti per ognuno di essi vi era lo Statuto, diverso da castrum a castrum, con le particolari disposizioni.
Il castrum era considerato una entità compatta con le prescrizioni da rispettare nei riguardi della Signoria (“[…] debere contribuire in functionibus fiscalibus cum Universitate illa, in qua remanent inclusa territoria, et possessiones […]”).
Ecco perché il compito principale dei quattro Sindaci eletti nell’Universitas di Sancto Helya, dopo aver prestato giuramento dinanzi all’altare, era quello “di adempiere fedelmente i doveri imposti dalla carica loro affidata”9. “[…] L’ufficio loro principale era quello di vegliare sugl’interessi del Comune; ed essi mettevano tutta l’intenzione a mantenere intatto il tenimento, badando che i termini non ne fossero rimossi dagli abitatori delle terre vicine”10.
Per questo motivo ai primi di gennaio di ogni anno, un incaricato da parte del Comune, accompagnato da uomini anziani, degni di fede e che conoscevano alla perfezione le vicende e la geografia del paese, andava a controllarli “uno per uno” ed accanto a quelli situati sui monti piantava un palo con “una pezza di tela”, affinché potessero venire visti facilmente “anche da lontano e rispettati” secondo le norme.
Il Lanni continua: “Se tra i Santeliani allignasse il mal seme delle fraterne nimicizie, e spesso venissero abbaruffate, come in tutte le città d’Italia, divise in fazioni, è cosa incerta. Anzi pare che gli animi tendessero a concordia, raffrenati dalla comune dipendenza; ma spesso venivano a contesa co’ paesi convicini, e per lo più per quistioni di confini”11.
Il mancato rispetto di uno di essi poteva causare uno scontro fra universitates, che a volte terminava anche con spargimento si sangue; perciò spesso, per dirimere le controversie, veniva coinvolto il Governatore di S. Germano, o addirittura lo stesso Abate ed infine l’Autorità regia.
Un fatto increscioso accadde tra l’Universitas di Sancto Helia e quella di Vallerotonda a causa della vendita di ghiande del monte S. Martino appartenente a Sancto Helia da parte del Governatore di S. Germano ad un certo Cola Pape di Vallerotonda; nell’anno successivo poi cedette la servitù di pascolo sul monte Aczi a pastori della campagna romana, senza tener conto degli usi degli abitanti del castrum. Proibì inoltre “illuc accedere” sotto pena di multa di quattro ducati e di scomunica. Quindi nel novembre 1466 sorse un grave contrasto di diritto; il Governatore di S. Germano scomunicò una trentina di pecorai e interdisse l’Università di Sant’Elia con la chiusura di tutte le chiese, costringendo i Santeliani a ricorrere all’autorità regia nella persona di Pietro de Texta, che pose termine alla fastidiosa questione12.
Un secolo dopo si scontrarono con Cassino, “e dopo fiera lite furono giuridicamente fissati i termini tra i due Comuni nel 1577. Riprodottasi la lite con pari animosità nel 1605 fu definitivamente risoluta dai Regi Consiglieri”13. Di qui il contenuto dell’articolo prima citato del Pistilli, anche se nel cippo mancano le lettere S. G. (San Germano) e S. E. (Sancto Helia). A meno che tali lettere non siano state abrase dal tempo o il cippo descritto dal Lanni sia un altro.
“Per sentenza della Camera della Sommaria furono determinati i confini anche con Belmonte Castello nel 1669; i Santeliani sostennero l’ultima lotta, e la più accanita, il secolo passato con Vallerotonda, i cui cittadini, secondo l’istrumento di Notar Rosa de’ 15 luglio 1735, «facendo molti e diversi aggravi, violenze, depredazioni, incisioni negli alberi, prede, dirubamenti e saccheggiamenti di seminati, ed altri gravi danni ed interessi ai cittadini di S. Elia nelle montagne e luoghi demaniali di detta università con mano armata, ne fu esposta querela nella Gran Corte della Vicaria». Ed una volta i Santeliani, respingendo la forza colla forza, inseguirono i Vallerotondesi colle armi alle reni fino alla porta del loro paese; ed aizzati dall’ira incendiarono alcune case della loro contrada Cerreto. Per lo che i Vallerotondesi li accusarono d’incendio e di uccisioni; ed è tradizione che presentassero al tribunale ossa di animali bruciate, sostenendo che fossero ossa umane, mentre niuna vittima s’ebbe a deplorare. Finalmente, dopo tanto accapigliarsi, si divenne ad un componimento, non senza grave dispendio dell’una e dell’altra parte”14
Trascriviamo in nota i verbali stilati tra i rappresentanti dell’Universitas di Sant’Elia e quelli delle Universitates vicine per definire il contenzioso esistente15.
2 Lanni M. Sant’Elia su Rapido, Napoli 1873, 1Doc. C. p. 143.
3 Delineazione dei Confini del Territorio di S. Elia e quello di Vallerotonda, copiata dal P. D. Innocenzo Lobelli del 1745, riproduzione a cura della Banca del Cassinate.
4 Chronica Monasterii Casinensis, ed. H. Hoffmann II, 13.
5 Fabiani Luigi, La Terra di S. Benedetto, I, Montecassino 1968, p.186.
6 Tommaso Leccisotti, Montecassino, Montecassino 1983, p. 71
7 Regesti Bernardi I, Romae MDCCCLXXXX, p. L, nota n. 46: “Registrum confines et determinaciones Abbaciae Casin. continens. Et omnium terrarum et castrorum existencium infra et extra dictam Abbaciam subiectarum et subiectorum eidem per has determinaciones et confines infrascriptas. […]Ad obviandum scandalis et erroribus in futurum exinde quod absit forsitan nascituris ex quo testium etas ut premittitur brevibus subsistit temporibus et inter ceteras scripturas dicti Casin. Cenobii pro memoria scripturam istam territoria castrorum prefato cenobio subditorum per infrasignatos confines declarantem iussimus inseri et misceri”. Tale Registrumm Confinium è conservato nell’Archivio Storico di Montecassino e quello riguardante S. Germano è stato pubblicato per la prima volta da F. Avagliano nella Presentazione dello Studio di G. Lena, San Germano tra antico regime ed età napoleonica, Montecassino 2000 e riportato dal Pistilli nell’articolo citato.
8 Jean-François Guiraud, Économie et société autour du Mont-Cassin au XIIIe siècle, Montecassino 1999, p. 20: “La densité de peuplement se voit dans l’étude du Registrum confinium, registre fait en 1279 sur l’ordre de l’abbé Bernard pour fixer définitivement le cadre territorial des castra de la Terra. En effett, les castra ne sont plus des points isolés, perdus au milieu de vastes espaces encore incultes, faisant partie de la réserve du monastère. En raison des défrichements du XIIe siècle, les terroirs développés à partir du castrum se touchent désormais, ce qui est à l’origine de disputes entre les communautés qui en viennent parfois aux mains, comme le déplore l’abbé dans le préambule di registre. Ce qui frappe, en effet, dans l’étude de ces limites, c’est, par rapport aux frontières naturelles (fleuves ou rivières, fossés, crêtes de montagne) la forte proportion des frontières artificielles: bornes (terminus lapideus sculptus signo crucis), voies publiques, ou même simplement moulins, églises, pressoirs ou ruines d’anciens habitats dispersés. En outre, l’étude attentive de certains tracés sur la carte au 1/25.000, ou il est possible dans quelques cas de les reconstituer avec précision, montre que les limites déecrites par les membres de chaque communauté se chevauchent parfois franchement, ce qui prouve l’âpreté avec laquelle on se disput les terres restantes. Tout l’espace disponible a été marqué et partagé par les hommes. L’exemple du massif du Monte Aquilone est à cet égard particulièrement significatif. Tous ses vallons sont partagés entre les castra de Sant’Elia, Valleortonda, Acquafondata, Viticuso et Cervaro. Chaque communauté a les siens, mais revendique également en partie ceux des autres castra[…]”.
9 Lanni Marco, ibidem, p. 61.
10 Lanni Marco, ibidem, p. 61.
11 Lanni Marco, ibidem, p. 66-67.
12 De Tummulillis A., Notabilia Temporum, Roma 1890, Cap. CLXXI, p. 142: “Quia sepe ubi esse solet integritas instigante dyabolo nascitur varietas, unde, quia hiis temporibus aprilis prime indictionis dominus noster N. de Liecta episcopus Mutunensis et apostolicus gubernator abbatie Cassinensis vendiderat || primo de mense novembris glandes montis Santi Martini pertinentie Sancti Helie cuidam Cole Pape de Vallerotunda exclusis hominibus Sancti Helie, in quo monte ipsi homines pascere consueverant inpune et sine aliqua fide; et similiter ipse dominus de mense aprilis vendiderat herbagium montis Aczi quibusdam pastoribus Romanis, et homines Sancti Helie prohibuit illuc accedere tempore estatis sine fida et sui licentia petita et obtenta, et hoc sub pena ducatorum quatuor et sub excommunicationis pena late sententie; de quibus mandatis dicta universitas Sancti Helie adpellavit ad sacram regiam maiestatem et eius sacrum consilium, eo quod ipsa universitas asserebat et probare intendebat quod semper fuerat et est solita pasculare in dicto monte cum animalibus suis cum prestatione .XXIIII. piczarum casey pro qualibet massaria pecudum, nil aliud prestando seu solvendo; quibus exceptionibus non auditis, dictus dominus gubernator excomunicavit omnes pecudarios, circa .XXX., et ipsam universitatem interdixit donec hobediret suis mandatis predictis. propter quod ecclesie fuerunt clause, divinum officium subspensum et pulsatio campanarum interdicta per septem hebdomadas tamquam infidelis et pagana. nec ipse dominus potuit turbari et revocari a predictis monitis et cohortantibus regiis nec aliter, donec semel bis ter quater fuit sibi supplicatum pro revocatione dicte excomunicationis et interdicti, et benedictione postulata et obtenta. que excomunicatio et interdictum duravit a die martis .XXI. iulii usque in diem mercurii .XXVII. mensis iulii prime indictionis, non preiudicando tamen iuribus cause que pendet neutri partium predictarum, ymmo procedatur ad sententiam si licet pascere in dicto monte Aczi ante novembrem || de quibus omnibus fuit factus hinc inde ordinatus processus et examinati fuerunt testes per strenuum illustrem doctorem dominum Petrum de Texa regium consiliarium et commessarium in hac parte in Sancto Helia; quem processum dominus rex dicitur misisse ad dominum papam de predicto mense iulii, et sic sopita fuit dicta questio nec aliud immuttatum”.
13 Lanni Marco, ibidem, p. 66-67.
14 Lanni Marco, ibidem, p. 66-67.
15 Lanni Marco, ibidem Doc. C: ”Questo documento, e gli altri due seguenti sono stati estratti dall’originale Archivio Cas. Fasc. Scripturae pro Universitate, et Particularibus Castri S.Eliae. Die ultimo mensis Aprilis 1577. Essendomi conferito io Gio. Felice Scalabone Regio Consigliere, e Commissario per la differenza, che verte tra 1’Università, e uomini della città di S. Germano, e 1’Università di S. Elia ex altera parte, sopra i confini del loro territorio, una insieme con D. Gasparo Pinario similmente Regio Consigliero, per apponere i termini e fini in la differenza predetta, per esecuzione della sentenza del S. R. Consiglio, ed essendoci portati nel luogo in mezzo del fossato Ladrone, tanto di quello dimostrato per gli uomini di S Germano, che di S. Elia, fu ritrovata una gran pietra, la quale fu designata per termine, che divide il territorio di S. Germano da quello di S. Elia, e vi furono scolpiti i segni di ordine dei Signori Consiglieri con farci incidere e scolpire le lettere S. G. che significano S Germano con croce, e S. E. S. Elia. Da questa pietra fu diretto il cammino all’altro termine in un territorio, che si possedeva da Girolamo Grimaldi di S. Elia, dove ci erano più alberi di noce, e sopra la montagna in un’altra pietra grande fu fissato 1’altro termine con altre lettere consimili; da questo per diretto ci portammo ad un territorio, che si possiede dal Vescovo di S. Germano
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