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Lo spirito che anima chi, per Studi Cassinati, s’interessa dell’ultima guerra mondiale è quello indagatore dell’appassionato che ricerca approfondimenti su fonti informatiche e nei documenti ma anche, si potrebbe dire, ‘del confidente’, che raccoglie testimonianze orali e dà voce alla memoria storica degli anziani superstiti, i quali a volte ci dicono cose che l’informatica non puó dirci.
È come se ci fossero due linee guida: quella della cultura ‘alta’, che tende alla ricerca di voci specifiche e particolareggiate sulla tragedia immane che ha colpito i paesi dell’antica terra Sancti Benedicti e quella della cultura ‘bassa’, che viene dalle testimonianze di chi tale tragedia immane ha vissuto, nelle più disparate sfaccettature, sulla propria pelle.
Per quanto riguarda la ‘storia alta’, un articolo del direttore Emilio Pistilli, nel III bollettino del 2006, rileva con rammarico che, nonostante la battaglia di Cassino si sia protratta per nove mesi, “nei quali combatterono e morirono soldati di tutto il mondo, furono esplosi milioni di tonnellate di esplosivi, con centinaia di migliaia di morti tra militari e civili, con la rovina totale di decine e decine di paesi, con la distruzione del più importante complesso monastico del mondo”, pure lo spazio riservato sui libri alla tragedia di Cassino e dintorni è minimo – mezza pagina, salvo qualche eccezione – o addirittura inesistente.
Autori tedeschi, inglesi, francesi e persino un italiano, il Bonacina, nelle loro opere specialistiche sulla II guerra mondiale, trattano pochissimo l’argomento, o addirittura lo ignorano, come se nella storiografia ufficiale la nostra tragedia fosse di poca rilevanza . “ Sì – dice il Pistilli – forse gli Inglesi tentano di far opera di rimozione, essendo i responsabili della decisione di bombardare l’abbazia, ma gli Americani, che nei loro tentativi di sfondamento della linea Gustav persero più di centomila uomini, i Francesi che ne persero diecimila, i Tedeschi, che opposero un’eroica e impavida e strategica resistenza ed ebbero il merito del salvataggio dei tesori di Montecassino, avrebbero di che trattare”. Documenti, foto, resoconti, diari, statistiche, mappe che riguardano la battaglia di Cassino non mancheranno certo nei loro archivi.
Ben vengano dunque, sul nostro bollettino, gli approfondimenti di appassionati di ‘storia patria’, come Costantino Iadecola, che ha ricercato e divulgato notizie sulla linea Hitler, preparata in quel di Piedimonte, nel caso fosse stata sfondata la linea Gustav; come Sergio Saragosa che ha descritto la ‘Cavendish Road’, una mulattiera partente da Caira, trasformata dai neozelandesi del generale Freyberg, in soli sei giorni, in una strada percorribile da carri armati, per tentare di colpire nottetempo alle spalle i tedeschi, arroccati tra le macerie di Montecassino – strada di cui il 18 maggio usufruirono i polacchi del Generale Anders nell’attacco definitivo –. Ancora è doveroso citare il professore Elio Lodolini per l’approfondito articolo sul salvataggio dell’Archivio e della biblioteca di Montecassino ad opera dei tedeschi, Maurizio Zambardi per gli accadimenti in S. Pietro Infine, letteralmente dilaniata dalla guerra, Fernando Riccardi per gli approfondimenti sull’eccidio di Cefalonia, Roberto Molle che si è dedicato alla ricerca dei messaggi propagandistici inseriti nei proiettili e ‘sparati’ sulle linee nemiche sia dagli Anglo-americani che dai Tedeschi per demoralizzare i soldati e fiaccarne la volontà combattiva … Si potrebbe continuare a lungo, tanti sono i cultori ‘colti’ della storiografia locale.
Ma esiste un’altra serie di storiografi: quelli che non sanno di esserlo quando raccontano le loro tristi esperienze, non sanno che con i particolari dei loro ricordi contribuiscono ad arricchire la Storia, la Storia con la esse maiuscola. Pezzi di storia, piccole storie autentiche e documentate, ricche di dati accurati, di osservazioni ingenue e acute nello stesso tempo, che spesso ci fanno capire meglio gli avvenimenti, vuoi perché il particolare focalizza il fatto storico e lo dilata, vuoi perché la memoria storica è ricca di particolari che sembrano insignificanti solo all’apparenza, giacché fissano nelle mente immagini e concetti
Raccogliendo le loro ‘microstorie’ si intende dare voce a chi voce non ha, agli umili … a quelli che la guerra l’hanno sofferta sulla propria pelle, l’hanno subita come ineluttabile evento voluto dai ‘grandi’, come sfacelo inevitabile, vittime innocenti di disegni politici grandiosi, vittime sacrificali di una tragedia inspiegabile.
È la storia ‘bassa’ che serve a capire quella ‘alta’, nel senso che ogni racconto rappresenta un tassello del grande puzzle della Storia. È quella microstoria che non sta sui libri di scuola: una cartolina, una foto, una notizia familiare trovata in un vecchio documento o in un armadio o nei cassetti della memoria …
Puó trattarsi delle foto scattate a S. Pietro Infine – e parlano da sole delle sofferenze della popolazione – o della lettera inviata da mio zio Vittorio dalla lontana Russia, lui giovane ufficiale dell’ARMIR che spiega ai familiari la nobiltà dell’intervento italiano: combattere il bolscevismo, prova inconfutabile dell’indottrinamento fascista … Puó essere il diario di guerra di un reduce da Cefalonia o il racconto di uno scampato al bombardamento di Rocca d’Evandro, di Caira o di Cassino.
I protagonisti delle nostre storie sono gente semplice ‘senza qualità’ eccezionali se non quella di essere se stessi, con le paure e le astuzie dettate dalle necessità della sopravvivenza.
Dalle storie di casa nostra emergono anche le figure degli invasori e dei cosiddetti ‘liberatori’ spesso sotto una luce diversa da quella stereotipata di ‘tedeschi cattivi e alleati buoni e gentili’. Accanto al cinico soldato tedesco che, ‘per dare un avvertimento’, spara alle donne intente ad attingere l’acqua a S. Pietro Infine, c’è il medico tedesco che, a S. Lucia di Trocchio cura con costanza i civili feriti ammassati sotto i ricoveri di fortuna o il semplice soldato che si rivolge a una donna anziana appellandola ‘mamma’, quasi a voler sottolineare il bisogno umano, intimo, irrefrenabile di pronunciare una parola familiare, che sa di pace.
C’è il soldato americano che distribuisce cioccolata e scatolette di carne, ma c’è l’altro che vigliaccamente spara al cumulo di terra che ricopre un soldato nemico morto.
Compaiono episodi di tragedie, di stragi, di insperati salvataggi, di espedienti fantasiosi e persino di piccole rivincite, a volte addirittura beffe, nei confronti del tedesco oppressore, come il ragazzo che a S. Vittore riesce a sgusciar via dal cappotto strattonato o il giovane Mario che, invocando la Madonna della Pietà, emette un urlo così forte e improvviso da destabilizzare i due soldati che gli puntavano il mitra … e li disarma …
E ci sono episodi di bontà tra le barbarie: una sincera amicizia con un tenente algerino a S. Elia, ospitalità e soccorso a soldati inglesi sbandati a Vallerotonda … per non parlare del generoso altruismo verso gli ebrei a S. Donato Val Comino.
Non mancano, poi, sul nostro bollettino, segnalazioni di gesta eroiche di carabinieri, partigiani, medici militari, semplici soldati, originari delle nostre zone, che in altri luoghi lontani si sono distinti per valore e hanno dato onore – a volte riconosciuto, a volte no – alla terra natìa. Né sono meno interessanti le notizie che riguardano rifugi di guerra – grotte e ricoveri di fortuna – e i sacrari militari, molto visitati dagli stranieri, i quali tutti conoscono il nome di Cassino, e non per averlo letto sui libri di storia, bensì per averci un familiare seppellito.
Sul nostro bollettino vengono spesso segnalate le visite che gli ex combattenti fanno nei luoghi che li hanno visti sfidare la morte: non solo Montecassino, ma anche monte Sambucaro, monte Cifalco, monte Trocchio, monte Lungo, le rive del Gari a S. Angelo in Theodice. Spesso questi ex combattenti, o figli di combattenti qui periti, americani, tedeschi, inglesi, contribuiscono con interventi scritti a raccontare le loro storie, esperienze vissute o documentate da racconti epistolari. E sono anch’essi tasselli del puzzle della Storia.
Come il capitolo sul sacrificio delle nostre genti: quello della ‘Diaspora dei Cassinati’ sfollati nelle regioni italiane; e l’elenco si preannuncia lungo almeno quanto quello del Martirologio di Cassino, di cui Studi Cassinati puó vantarsi di essere stato ideatore e, soprattutto, ostinato e volenteroso realizzatore.
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