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Studi Cassinati, anno 2012, n. 4
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di Adriana Letta
Martedì 4 dicembre, presso la Biblioteca Comunale “Malatesta” di Cassino, è stato presentato il libro Diario (1943-1947) di Gaetano Di Biasio, a cura di Silvana Casmirri e Gaetano de Angelis–Curtis, edito da Francesco Ciolfi, tipografo, editore e libraio in Cassino. L’evento è stato organizzato dal Laboratorio di storia regionale dell’Università degli Studi di Cassino e dal Centro Documentazione e Studi del Cassinate nell’ambito della rassegna letteraria “Cassino che Legge”. Davanti ad un numeroso e interessato pubblico, soprattutto di cassinati doc, è stato l’assessore alla Cultura Danilo Grossi a dare il saluto di benvenuto ai presenti, e la prof.ssa Casmirri a introdurre l’argomento tracciando una rapida storia del volume, iniziata anni fa quando, per implementare il Laboratorio di Storia regionale, si ebbe l’occasione di visitare la biblioteca che fu di Torquato Vizzaccaro, studioso di storia locale, e tra le carte fu ritrovato un manoscritto contenente il diario del primo sindaco di Cassino del dopoguerra, Di Biasio, a cui Vizzaccaro aveva iniziato a lavorare. Così, grazie alla sensibilità del figlio di Vizzaccaro, Giuseppe, che lo ha messo a disposizione, il manoscritto è stato studiato e analizzato e solo ora è potuto diventare un prodotto editoriale, anche grazie all’editore Ciolfi e alla Banca Popolare del Cassinate.
Gaetano de Angelis-Curtis, presidente del CDSC, ha illustrato in maniera esauriente e chiara il percorso biografico di Di Biasio, dalla nascita nel 1877 e dall’ambiente familiare, modesto e popolare (padre calzolaio e madre, “Benedetta di nome e di fatto” commerciante di frutta e articoli di maglieria da lei stessa confezionati), agli studi, Liceo Tulliano di Arpino e Università a Napoli, ai suoi orientamenti ideologici, ai suoi scritti, alle sue avventure e disavventure politiche. Fondatore della prima sezione del Partito Socialista a Cassino, subì un arresto nel 1912 per “correità in regicidio”, accusa presto smascherata ma per la quale per una settimana fu carcerato a Regina Coeli. Fu prima nominato e poi eletto sindaco di Cassino, fu brillante avvocato del Foro di Cassino. Più tardi visse anni difficili di delusione politica e di sofferenza, particolarmente dopo la morte della madre e della amata Antonietta.
In conclusione il relatore ha annunciato che la ricerca su Di Biasio, tuttora in corso, sfocerà a breve in una pubblicazione su supporto cartaceo e dvd di documenti, come strumento di consultazione anche per le scuole.
Nel suo intervento, denso e documentato, la prof. Casmirri, docente di Storia contemporanea all’Università di Cassino e del Lazio meridionale, ha subito avvertito che il diario non è proprio un diario, ma una grossa operazione in cui l’Autore parte dallo spunto della quotidianità e va a ritroso in flashback a riflettere sul suo percorso di vita alla luce dello stato dei sentimenti del momento. È il diario di un’anima, prima che di una quotidianità.
Le pagine che riguardano gli anni ‘43-’44 parlano dell’esperienza dello sfollamento, del doversi allontanare dalla amata Cassino ma anche dai suoi gatti, del senso di frustrazione nel dover dipendere dagli altri, risospinto sul confine del bisogno. Ci sono anche passaggi di tenerezza coniugale per Antonietta, il senso di gratitudine per il padre e la venerazione per la madre, sentimenti che scuotono l’autore fino in fondo. In quella peregrinazione dolorosissima c’è la registrazione molto asciutta della situazione che Di Biasio vede intorno a sé, la dimensione umana del territorio, l’angoscia perenne e continua per quello che sta avvenendo a Cassino. L’elemento militare fa da sfondo solamente, non è un diario di guerra, sebbene scritto in tempi di guerra. Il 15 febbraio, giorno della distruzione di Montecassino, ci sono accenti di disperazione estrema, che mostrano Di Biasio molto legato a Montecassino.
Negli anni del dopoguerra cambia il registro e la scrittura del diario, ha osservato la relatrice. Di Biasio deve misurarsi in un compito di straordinaria difficoltà in un momento drammatico. Non ha il talento politico, ma è un uomo generoso, un cittadino che ama spendersi assumendo il massimo impegno possibile. Ma è soprattutto un uomo di cultura umanistica, non solo italiana, sconfinata, ha un’ampiezza culturale straordinaria. Nel suo impegno di primo sindaco della ricostruzione, ha validi collaboratori, che poi daranno preziose testimonianze su di lui.
Proprio nelle pagine del dopoguerra gradualmente Di Biasio inframezza sempre più i riferimenti alle esperienze quotidiane ai ricordi. La mancata elezione al parlamento nel ’48 provoca delusione che lo porta ad una considerazione molto amara. Dopo essersi sacrificato in una fase molto eroica e pionieristica, vede la mancata conferma dei concittadini come un tradimento e giunge a toni quasi di rabbia e imprecazione per l’ingratitudine di «Cassino – Caino».
Dopo la ricostituzione dei partiti politici, ritiene che le masse si facciano sedurre e abbindolare, che si stiano perdendo dei valori etici e mostra nostalgia per i valori di una volta, non solo morali, ha nostalgia anche per la famiglia, le tradizioni, l’amicizia (l’amico di sempre è “Carluccio”, Carlo Baccari), per la spontaneità di vita, per i valori autentici. Può sembrare un atteggiamento pessimista, ma Di Biasio sa ben motivare le sue affermazioni.
Nel ’54, dopo la morte di Antonietta, il diario mostra una visione pessimistica, depressiva: l’autore invoca la morte che lo deve riavvicinare alla madre e all’amata Antonietta, scrive addirittura l’epitaffio per la sua tomba. Sollievo all’amarezza della vecchiaia sono i viaggi a Lecce dalla cara nipote Lidia e l’affetto della famiglia De Rubeis. Poche le persone care che nomina, neppure Torquato Vizzaccaro che pure gli fu molto vicino in quegli anni e al quale affidò il suo diario.
In queste pagine ci sono tocchi lirici, descrizioni naturalistiche, paesaggi di Cassino e Montecassino, c’è la testimonianza di una grande familiarità con i monaci e con l’Abate Diamare; il Santo del lavoro, S. Benedetto, gli era molto vicino. Montecassino era parte di sé e della sua storia.
Di Biasio era un massone, che tuttavia non ha mai utilizzato questa appartenenza alla massoneria per fini di potere e pare che poi se ne sia allontanato. Non si può dire che Di Biasio non fosse religioso, egli aveva una sua religiosità indubbia, nel Diario parla spesso di preghiera («fammi morire», «fammi ritrovare i miei libri dopo la guerra», «fammi riunire all’anima di mia madre e di Antonietta»). È però anticlericale, non ammette intromissioni della Chiesa nelle questioni politiche. Di Biasio, ha concluso la Casmirri, ha un senso religioso profondo che affascina.
Il linguaggio del Diario muta spesso: ha toni lirici, sereni, pacati, ma quando ricorda i torti subiti, usa un linguaggio molto forte, violento, incisivo. Quando ricorda scene di vita usa il dialetto per l’efficacia e l’immediatezza.
Verso l’ultimo periodo, ha osservato ancora la relatrice, il linguaggio del Diario si va inaridendo. C’è sempre meno cronaca e sempre più rifugio nella cultura, verso i padri fondatori della sua cultura umanistica. Dante la fa da padrone, come balsamo ricostruttivo di una situazione che lo lacera e va a lenire il suo affanno.
Il lavoro condotto, ha rivelato infine la studiosa, mi ha affascinato ed anche emozionato, cosa non facile. È stata fatta una complessa operazione critica, tanto che il libro è “mostruosamente” ricco di note, ma necessarie. È stata una bella esperienza sia sul versante professionale sia su quello umano. Di ciò, ha concluso, sono grata a Vizzaccaro ma anche a Gaetano Di Biasio. Con questa nota personale la professoressa ha chiuso la sua ricca relazione. E a chiusura di una serata così intensa c’è stata la testimonianza limpida e toccante di Mario Alberigo, già sindaco di Cassino, oggi 90enne, e il ricordo personale di Donato Formisano, presidente della Banca Popolare del Cassinate, all’epoca ragazzino, ma con un’immagine nitidissima dell’avv. Di Biasio stampata nella memoria.
Gaetano de Angelis-Curtis, presidente del CDSC, ha illustrato in maniera esauriente e chiara il percorso biografico di Di Biasio, dalla nascita nel 1877 e dall’ambiente familiare, modesto e popolare (padre calzolaio e madre, “Benedetta di nome e di fatto” commerciante di frutta e articoli di maglieria da lei stessa confezionati), agli studi, Liceo Tulliano di Arpino e Università a Napoli, ai suoi orientamenti ideologici, ai suoi scritti, alle sue avventure e disavventure politiche. Fondatore della prima sezione del Partito Socialista a Cassino, subì un arresto nel 1912 per “correità in regicidio”, accusa presto smascherata ma per la quale per una settimana fu carcerato a Regina Coeli. Fu prima nominato e poi eletto sindaco di Cassino, fu brillante avvocato del Foro di Cassino. Più tardi visse anni difficili di delusione politica e di sofferenza, particolarmente dopo la morte della madre e della amata Antonietta.
In conclusione il relatore ha annunciato che la ricerca su Di Biasio, tuttora in corso, sfocerà a breve in una pubblicazione su supporto cartaceo e dvd di documenti, come strumento di consultazione anche per le scuole.
Nel suo intervento, denso e documentato, la prof. Casmirri, docente di Storia contemporanea all’Università di Cassino e del Lazio meridionale, ha subito avvertito che il diario non è proprio un diario, ma una grossa operazione in cui l’Autore parte dallo spunto della quotidianità e va a ritroso in flashback a riflettere sul suo percorso di vita alla luce dello stato dei sentimenti del momento. È il diario di un’anima, prima che di una quotidianità.
Le pagine che riguardano gli anni ‘43-’44 parlano dell’esperienza dello sfollamento, del doversi allontanare dalla amata Cassino ma anche dai suoi gatti, del senso di frustrazione nel dover dipendere dagli altri, risospinto sul confine del bisogno. Ci sono anche passaggi di tenerezza coniugale per Antonietta, il senso di gratitudine per il padre e la venerazione per la madre, sentimenti che scuotono l’autore fino in fondo. In quella peregrinazione dolorosissima c’è la registrazione molto asciutta della situazione che Di Biasio vede intorno a sé, la dimensione umana del territorio, l’angoscia perenne e continua per quello che sta avvenendo a Cassino. L’elemento militare fa da sfondo solamente, non è un diario di guerra, sebbene scritto in tempi di guerra. Il 15 febbraio, giorno della distruzione di Montecassino, ci sono accenti di disperazione estrema, che mostrano Di Biasio molto legato a Montecassino.
Negli anni del dopoguerra cambia il registro e la scrittura del diario, ha osservato la relatrice. Di Biasio deve misurarsi in un compito di straordinaria difficoltà in un momento drammatico. Non ha il talento politico, ma è un uomo generoso, un cittadino che ama spendersi assumendo il massimo impegno possibile. Ma è soprattutto un uomo di cultura umanistica, non solo italiana, sconfinata, ha un’ampiezza culturale straordinaria. Nel suo impegno di primo sindaco della ricostruzione, ha validi collaboratori, che poi daranno preziose testimonianze su di lui.
Proprio nelle pagine del dopoguerra gradualmente Di Biasio inframezza sempre più i riferimenti alle esperienze quotidiane ai ricordi. La mancata elezione al parlamento nel ’48 provoca delusione che lo porta ad una considerazione molto amara. Dopo essersi sacrificato in una fase molto eroica e pionieristica, vede la mancata conferma dei concittadini come un tradimento e giunge a toni quasi di rabbia e imprecazione per l’ingratitudine di «Cassino – Caino».
Dopo la ricostituzione dei partiti politici, ritiene che le masse si facciano sedurre e abbindolare, che si stiano perdendo dei valori etici e mostra nostalgia per i valori di una volta, non solo morali, ha nostalgia anche per la famiglia, le tradizioni, l’amicizia (l’amico di sempre è “Carluccio”, Carlo Baccari), per la spontaneità di vita, per i valori autentici. Può sembrare un atteggiamento pessimista, ma Di Biasio sa ben motivare le sue affermazioni.
Nel ’54, dopo la morte di Antonietta, il diario mostra una visione pessimistica, depressiva: l’autore invoca la morte che lo deve riavvicinare alla madre e all’amata Antonietta, scrive addirittura l’epitaffio per la sua tomba. Sollievo all’amarezza della vecchiaia sono i viaggi a Lecce dalla cara nipote Lidia e l’affetto della famiglia De Rubeis. Poche le persone care che nomina, neppure Torquato Vizzaccaro che pure gli fu molto vicino in quegli anni e al quale affidò il suo diario.
In queste pagine ci sono tocchi lirici, descrizioni naturalistiche, paesaggi di Cassino e Montecassino, c’è la testimonianza di una grande familiarità con i monaci e con l’Abate Diamare; il Santo del lavoro, S. Benedetto, gli era molto vicino. Montecassino era parte di sé e della sua storia.
Di Biasio era un massone, che tuttavia non ha mai utilizzato questa appartenenza alla massoneria per fini di potere e pare che poi se ne sia allontanato. Non si può dire che Di Biasio non fosse religioso, egli aveva una sua religiosità indubbia, nel Diario parla spesso di preghiera («fammi morire», «fammi ritrovare i miei libri dopo la guerra», «fammi riunire all’anima di mia madre e di Antonietta»). È però anticlericale, non ammette intromissioni della Chiesa nelle questioni politiche. Di Biasio, ha concluso la Casmirri, ha un senso religioso profondo che affascina.
Il linguaggio del Diario muta spesso: ha toni lirici, sereni, pacati, ma quando ricorda i torti subiti, usa un linguaggio molto forte, violento, incisivo. Quando ricorda scene di vita usa il dialetto per l’efficacia e l’immediatezza.
Verso l’ultimo periodo, ha osservato ancora la relatrice, il linguaggio del Diario si va inaridendo. C’è sempre meno cronaca e sempre più rifugio nella cultura, verso i padri fondatori della sua cultura umanistica. Dante la fa da padrone, come balsamo ricostruttivo di una situazione che lo lacera e va a lenire il suo affanno.
Il lavoro condotto, ha rivelato infine la studiosa, mi ha affascinato ed anche emozionato, cosa non facile. È stata fatta una complessa operazione critica, tanto che il libro è “mostruosamente” ricco di note, ma necessarie. È stata una bella esperienza sia sul versante professionale sia su quello umano. Di ciò, ha concluso, sono grata a Vizzaccaro ma anche a Gaetano Di Biasio. Con questa nota personale la professoressa ha chiuso la sua ricca relazione. E a chiusura di una serata così intensa c’è stata la testimonianza limpida e toccante di Mario Alberigo, già sindaco di Cassino, oggi 90enne, e il ricordo personale di Donato Formisano, presidente della Banca Popolare del Cassinate, all’epoca ragazzino, ma con un’immagine nitidissima dell’avv. Di Biasio stampata nella memoria.
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